Esecuzione Forzata
Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 19514 - pubb. 17/04/2018
Opposizione all’esecuzione del terzo detentore dell’immobile
Cassazione civile, sez. III, 19 Gennaio 2018, n. 1259. Est. Uliana Armano.
Esecuzione forzata - Consegna o rilascio - Terzo detentore dell’immobile in forza di diritto personale di godimento - Mezzo di tutela esperibile - Opposizione all’esecuzione - Ammissibilità - Separata azione di cognizione - Inammissibilità
Nell'esecuzione forzata per rilascio intrapresa in forza di decreto di trasferimento, il terzo detentore dell'immobile in forza di un diritto personale di godimento è legittimato ed ad un tempo tenuto ad esperire opposizione all'esecuzione, sicché non è ammissibile una azione di cognizione per l'accertamento di tale diritto proposta fuori dal procedimento esecutivo. (massima ufficiale)
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SPIRITO Angelo - Presidente -
Dott. ARMANO Uliana - rel. Consigliere -
Dott. SCODITTI Enrico - Consigliere -
Dott. ROSSETTI Marco - Consigliere -
Dott. PELLECCHIA Antonella - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
Svolgimento del processo
La Corte di appello di L'Aquila, sezione specializzata agraria, con sentenza depositata il 11 gennaio 2014, ha confermato la sentenza di primo grado che ha dichiarato inammissibile la domanda proposta da A. e R.S. nei confronti di C.L., aggiudicatario a seguito di procedimento esecutivo immobiliare di alcuni terreni,volta ad ottenere il riconoscimento dell'opponibilità del loro diritto di godimento derivante da due differenti contratti d'affitto agrario sui terreni oggetto dell'aggiudicazione.
Avverso questa decisione propongono ricorso A. e R.S. con sei motivi.
Resiste con controricorso C.L. e presenta successiva memoria.
Il Procuratore Generale ha concluso per il rigetto del ricorso.
Il collegio ha invitato l'estensore a redigere una ordinanza con motivazione semplificata.
Motivi della decisione
1. La Corte d'appello ha ritenuto che tutte i motivi proposti dai R. con l'atto di impugnazione erano diretti a contrastare l'immissione in possesso del nuovo proprietario nel fondo che si era aggiudicato a seguito di procedura esecutiva, opponendo il loro diritto di godimento derivante da due contratti di affitto agrario.
La Corte ha affermato che tali tematiche dovevano essere fatte valere dai R. nell'ambito del procedimento esecutivo, in quanto l'ordinamento giuridico non riconosce a chi detiene il possesso di un bene immobile in base ad un diritto di godimento la possibilità di contrastare l'immissione in possesso nel bene del titolare del diritto di proprietà al di fuori del procedimento esecutivo Ha ritenuto quindi preclusa ogni altra questione sollevata dagli appellanti e, con riferimento al risarcimento del danno, non ha ravvisato alcun profilo di illiceità nel comportamento dell'aggiudicatario dell'immobile che, in sede di procedimento esecutivo, aveva ottenuto il rilascio del bene in proprio favore.
Di da ciò la inammissibilità dell'autonoma domanda proposta dai R. davanti alla sezione agraria, in quanto essi nel corso del processo esecutivo non avevano fatta valere la detenzione dei terreni in base ai due contratti di affitto agrario, contratti di affitto che del resto non erano neanche opponibili al nuovo proprietario, alla luce della disciplina dell'art. 2923 c.c..
2. Con il primo motivo di ricorso si denunzia violazione degli artt. 615 e 586 c.p.c., n. 3 e art. 24 Cost., artt. 2923 e 1599 c.c., e art. 2967 c.c..
I ricorrenti censurano l'affermazione della Corte d'appello che ha ritenuto che i diritti di godimento derivanti dai contratti agrari potevano essere fatti valere solo nell'ambito della procedura esecutiva e non anche quando questa si era conclusa con autonomo giudizio.
2. Il motivo è infondato.
Infatti secondo il costante orientamento di legittimità la tutela del terzo detentore qualificato dell'immobile trasferito forzosamente che invoca l'opponibilità del proprio titolo all'acquirente deve realizzarsi mediante l'opposizione ex art. 615 c.p.c..
Infatti nell'esecuzione forzata diretta non è ammessa l'opposizione di terzo "ex" art. 619 c.p.c., sicché il terzo detentore dell'immobile sottoposto a rilascio deve ritenersi legittimato a proporre opposizione all'esecuzione ove voglia porre in discussione il diritto del creditore di esperire l'azione esecutiva in pregiudizio del suo anteriore diritto di godimento sul bene. Cass sent. n. 13664/2003.
Ed ancora a tutela dell'eventuale prevalente suo diritto a permanere nell'immobile, al terzo, nei cui confronti l'esecuzione di fatto si rivolge, è dato il rimedio dell'opposizione all'esecuzione ex art. 615 c.p.c. (Cass., n. 603/98; Cass., n. 1173/90) per sostenere che la sua condizione di attuale detentore non è pregiudicata dalla pronuncia di rilascio a favore di altri, con la conseguenza che l'opposizione sarà accolta se risulterà provato che l'opponente detiene l'immobile in base ad un titolo autonomo e prevalente rispetto a quello in virtù del quale è stata pronunciata la sentenza di rilascio posta in esecuzione. Ne consegue che è irrilevante che la parte istante non abbia notificato il titolo di sfratto al terzo detentore e che costui si trovi a conoscere dell'intrapresa esecuzione solo nel momento dell'accesso dell'ufficiale giudiziario, potendo comunque il terzo contro il quale l'esecuzione di fatto si svolge proporre opposizione all'esecuzione (art. 615 c.p.c.), provando di detenere l'immobile in base ad un titolo autonomo e prevalente rispetto a quello in virtù del quale è stata pronunciata la sentenza di rilascio posta in esecuzione Cass 9024/2005.
3. Nessuna compressione del diritto personale di godimento vantato dal terzo si può quindi ravvisare stante il rimedio a questi concesso nel momento in cui l'esecuzione per rilascio viene azionata.
Non concorre con il rimedio dell'opposizione all'esecuzione alcuna altra azione esterna rispetto all'esecuzione forzata per rilascio a differenza di ciò che accade a tutela del terzo che vanti un diritto reale di godimento, sempre invocabile sia ex art. 619 c.p.c., nell'ambito del processo esecutivo, sia con una autonoma azione di rivendicazione anche posteriore all'espropriazione forzata.
4. Pertanto la Corte d'appello si è conformata ai principi affermati dalla giurisprudenza di legittimità in materia e gli attuali ricorrenti non hanno colto la possibilità che avevano di svolgere le loro difese nell'ambito del processo esecutivo, nel corso del quale,come affermato dalla Corte di merito, hanno solo dedotto genericamente la loro qualità di conduttori, senza fare alcun riferimento all'esistenza di contratti di affitto agrari che solo oggi, dopo che la procedura esecutiva, si è conclusa intendono far valere.
5. I motivi secondo e terzo, che censurano la decisione là dove ha ritenuto non opponibili i contratti di affitto agrario al terzo acquirente e ripropongono i motivi già svolti nell'atto di appello, senza alcuna effettiva censura critica nei confronti della sentenza impugnata, sono inammissibili.
5. Il motivo di terzo e quarto, relativi alla tardività delle eccezioni formulate dal C. in appello, ed il quinto e sesto motivo, relativi alla domanda risarcitoria per illiceità dell'azione esecutiva intrapresa dal resistente, sono assorbiti dal rigetto del primo.
Le spese del giudizio seguono la soccombenza. Non è dovuto il raddoppio del contributo unificato trattandosi di materia agraria.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali liquidate in Euro 5.200,00, oltre Euro 200,00 per esborsi, accessori e spese generali come per legge.
Rilevato che dagli atti del processo risulta esente, non si applica il D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.
Motivazione Semplificata.
Così deciso in Roma, il 26 settembre 2017.
Depositato in Cancelleria il 19 gennaio 2018.