Esecuzione Forzata
Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 12875 - pubb. 24/06/2015
Credito di valore minimo e di interesse patrimoniale: interesse irrilevante. Nessun accesso alla giurisdizione
Cassazione civile, sez. III, 03 Marzo 2015, n. 4228. Pres., est. Salmè.
Esecuzione forzata in genere – Credito azionato di valore minimo e non connesso con interessi di natura non patrimoniale – Interesse all’azione esecutiva – Irrilevanza giuridica
Frazionamento del credito unitario – Abuso del processo – Sussiste – In particolare: frazionamento di credito ed interessi
L'interesse a proporre l'azione esecutiva, quando abbia ad oggetto un credito di natura esclusivamente patrimoniale, nemmeno indirettamente connesso ad interessi giuridicamente protetti di natura non economica, non diversamente dall'interesse che deve sorreggere l'azione di cognizione, non può ricevere tutela giuridica se l'entità del valore economico è oggettivamente minima e quindi tale da giustificare il giudizio di irrilevanza giuridica dell'interesse stesso. Poiché la giurisdizione è, notoriamente, risorsa statuale limitata ben può la legge, esplicitamente o implicitamente, limitare il ricorso al giudice per far valere pretese di natura meramente patrimoniale, tenendo anche conto che il numero delle azioni giudiziarie non può non influire, stante la limitatezza delle risorse disponibili, sulla durata ragionevole dei giudizi, che è bene protetto dall'art. 111 Cost. e dall'art. 6 della CEDU. (Nella specie, il creditore, dopo aver ricevuto il pagamento della complessiva somma portata in precetto, pari ad euro 17.854,94, ha ugualmente avviato la procedura esecutiva, deducendo l'esistenza di un residuo credito compreso tra euro 12 e 21, a titolo di interessi maturati tra la data di notifica del precetto e la data del pagamento). (Redazione IL CASO.it) (riproduzione riservata)
Non è consentito al creditore di una determinata somma di denaro, dovuta in forza di un unico rapporto obbligatorio, di frazionare il credito in plurime richieste giudiziali di adempimento, contestuali o scaglionate nel tempo. a) la regola di correttezza e buona fede, che specifica all'interno del rapporto obbligatorio la necessità di soddisfare gli "inderogabili doveri di solidarietà", il cui adempimento è richiesto dall'art. 2 Cost., regola che viene violata quando il creditore aggravi ingiustificatamente la posizione del debitore; b) la garanzia del processo giusto e di durata ragionevole di cui al novellato art. 111 Cost., la quale esclude, innanzi tutto, che possa ritenersi "giusto" il processo che costituisca esercizio dell'azione in forme eccedenti, o devianti, rispetto alla tutela dell'interesse sostanziale, che segna il limite, oltreché la ragione dell'attribuzione, al suo titolare, della potestas agendi, mentre l'effetto inflattivo che deriverebbe dalla moltiplicazione di giudizi si pone in contrasto con la "ragionevole durata del processo", per l'evidente antinomia che esiste tra la moltiplicazione dei processi e la possibilità di contenimento della correlativa durata. Inoltre, in ipotesi di frazionamento soggettivo delle azioni giudiziarie (ravvisabile ove più soggetti promuovano contemporaneamente distinte cause di identico contenuto nei confronti dello stesso soggetto, con identico patrocinio legale, e quindi connesse per l'oggetto e il titolo) tale comportamento costituisce un abuso del processo, idoneo a gravare sia lo Stato che le parti dell'aumento degli oneri processuali, avuto riguardo all'allungamento dei tempi processuali derivanti dalla proliferazione non necessaria dei procedimenti e all'eventuale lievitazione dei costi a carico della parte soccombente; alle stesse conclusioni si perviene nel caso in cui (sentenza n. 6664/2013) ottenuto con un primo precetto il pagamento spontaneo della somma intimata, accettata senza riserve, venga effettuata la notifica di un nuovo precetto per il pagamento di una ulteriore somma, calcolata sulla base del medesimo titolo giudiziale posto a fondamento del precedente. (Redazione IL CASO.it) (riproduzione riservata)
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