Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 6769 - pubb. 01/08/2010

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Cassazione Sez. Un. Civili, 20 Luglio 2011, n. 15880. Est. Rordorf.


Giurisdizione civile - Straniero (giurisdizione sullo) - In genere - Istanza di fallimento nei confronti di società, già costituita in Italia - Trasferimento fittizio della sede legale all'estero - Conseguenze - Giurisdizione del giudice italiano - Sussistenza - Fondamento - Fattispecie.



Spetta al giudice italiano la giurisdizione con riguardo all'istanza di fallimento presentata nei confronti di società di capitali, già costituita in Italia che, dopo il manifestarsi della crisi dell'impresa, abbia trasferito all'estero la sede legale, nel caso in cui i soci, chi impersona l'organo amministrativo ovvero chi ha maggiormente operato per la società, siano cittadini italiani senza collegamenti significativi con lo Stato straniero, circostanze che, unitamente alla difficoltà di notificare l'istanza di fallimento nel luogo indicato come sede legale, lasciano chiaramente intendere come la delibera di trasferimento fosse preordinata allo scopo di sottrarre la società dal rischio di una prossima probabile dichiarazione di fallimento. (massima ufficiale)


 


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONI UNITE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ELEFANTE Antonino - Primo Presidente f.f. -
Dott. TRIOLA Roberto Michele - Presidente Sezione -
Dott. MAZZIOTTI DI CELSO Lucio - Consigliere -
Dott. PICCIALLI Luigi - Consigliere -
Dott. RORDORF Renato - rel. Consigliere -
Dott. SPAGNA MUSSO Bruno - Consigliere -
Dott. MAZZACANE Vincenzo - Consigliere -
Dott. CHIARINI Maria Margherita - Consigliere -
Dott. TIRELLI Francesco - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso 12579/2010 proposto da:
INTERNETNO BRATSTVO IN MREZA D.D. - NETFRATERNITY NETWORK D.D. (già NETFRATERNITY NETWORK S.P.A.), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA SILVIO PELLICO 16, presso lo studio dell'avvocato GARCEA FRANCO, che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati DE GAETANO GIORGIO, MANTOVANI FRANCESCO, per delega a margine del ricorso;
- ricorrente -
contro
PESSI OLIVIERO EDOARDO, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DELLE QUATTRO FONTANE 20, presso lo studio dell'avvocato AURICCHIO ANTONIO, che lo rappresenta e difende unitamente all'avvocato GNIGNATI PAOLO, per delega a margine del controricorso;
DI MAJO ALESSANDRO, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA G. AVEZZANA 6, presso lo studio dell'avvocato SQUARCIA EMANUELE, che lo rappresenta e difende, per delega in calce al controricorso;
- controricorrenti -
per regolamento di giurisdizione in relazione ai giudizi pendenti n. 52/2009 e 67/2009 del TRIBUNALE di NAPOLI;
udito l'avvocato Emanuele SQUARCIA;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 14/06/2011 dal Consigliere Dott. RENATO RORDORF.
FATTO E DIRITTO
Il relatore designato a norma dell'art. 377 c.p.c., ha depositato una relazione del seguente tenore:
"1. Con decreto emesso il 24 giugno 2009 il Tribunale di Napoli ha dichiarato il proprio difetto di giurisdizione in ordine alle istanze di fallimento presentate dai sigg.ri Oliviero Edoardo Pessi ed Alessandro Di Majo nei confronti della società Internetno Bratsvo In Mreza d.d. - Netfraternity Network d.d. (già Netfraternity Network s.p.a., in prosieguo indicata solo come Netfraternity). La Corte d'appello di Napoli, chiamata a pronunciarsi sul reclamo proposto dai creditori istanti, si è però mostrata di contrario avviso, ritenendo che non fosse effettivo il trasferimento in Slovenia della sede dell'indicata società; sicché, con decreto emesso il 26 marzo 2010, ha disposto la trasmissione degli atti al tribunale per la dichiarazione di fallimento.
La Netfraternity, insistendo nel sostenere che spetta al giudice sloveno la giurisdizione in ordine alla richiesta di fallimento, ha proposto ricorso a questa corte per regolamento preventivo di giurisdizione.
I due creditori istanti per il fallimento hanno resistito con controricorso facendo presente che frattanto, con sentenza del 26 maggio 2010, il Tribunale di Napoli ha dichiarato il fallimento della Netfraternity.
2. Il relatore osserva che il presente ricorso per regolamento preventivo di giurisdizione potrebbe risultare inammissibile, alla stregua del principio già altre volte affermato secondo cui una tale istanza di regolamento non può essere proposta in relazione a procedimento per la dichiarazione di fallimento una volta che il tribunale si sia pronunciato in merito al ricorso (sez. un. n. 10736 del 2003). La circostanza che, nel caso in esame, la dichiarazione di fallimento ad opera del tribunale sia intervenuta qualche giorno dopo la notifica del ricorso per regolamento non modifica i termini della questione, essendosi già in passato chiarito che il regolamento è inammissibile per sopravvenuta carenza di interesse allorché, successivamente alla sua proposizione e nelle more del procedimento di cassazione, il giudice abbia, nel relativo giudizio, pronunciato sentenza di merito (sez. un. n. 6057 del 2009).
3. Qualora il collegio delle sezioni unite condividesse tali rilievi, il ricorso in esame dovrebbe quindi essere dichiarato inammissibile". Pur in assenza di obiezioni da parte della ricorrente, che non ha depositato memorie, la corte deve farsi carico dell'esistenza anche di un orientamento giurisprudenziale diverso da quello richiamato nella relazione, secondo il quale, in difetto di sospensione del processo pendente a norma dell'art. 367 c.p.c., la pronuncia sul regolamento non è preclusa dalla sentenza di primo grado, neppure se questa sia passata in giudicato, trattandosi di sentenza condizionata al riconoscimento della giurisdizione da parte della corte di cassazione (si vedano Cass. n. 10703 del 2005, Cass. n. 10531 del 2011 ed altre conformi).
Essendo stata la sentenza dichiarativa di fallimento emessa dal tribunale (a seguito del decreto della corte d'appello L. Fall., ex art. 22), quando il regolamento di giurisdizione era stato già proposto, è perciò d'uopo esaminarlo nel merito.
Ma l'esito di un tale esame non può che ricalcare i rilievi già operati dalla corte d'appello nel menzionato decreto L. Fall., ex art. 22, nel quale è stato messo bene in evidenza come, a fronte di elementi documentali di dubbia significatività prodotti dalla difesa della Netfraternity, sono stati acquisiti in causa dati da cui è lecito desumere che il trasferimento in Slovenia della sede di detta società non ha coinciso con l'effettivo spostamento in quello stato del centro principale dei suoi interessi, atteso che a tal proposito deve aversi soprattutto riguardo al luogo in cui effettivamente si forma la volontà dell'ente ed in cui, perciò, abitualmente si trovano ed operano i soggetti dai quali tale volontà in concreto promana. Ragione per cui, come già rilevato nel menzionato decreto della corte d'appello, nel caso in esame assume valenza decisiva la cittadinanza italiana e la mancanza di significativi collegamenti col territorio sloveno dei soci, di chi impersona l'organo amministrativo della società e dell'impiegata che risulta esser stata la persona che ha maggiormente operato per la società stessa. Elementi questi che, considerata anche la difficoltà di notificare l'istanza di fallimento nel luogo indicato come sede della debitrice in Slovenia ed unitamente al fatto che la delibera di trasferimento all'estero della sede sociale è intervenuta in un momento in cui la situazione di crisi che ha poi determinato il fallimento già era sicuramente percepibile da parte degli organi sociali, lasciano chiaramente intendere come tale delibera di trasferimento sia stata adottata proprio per sottrarre la società al rischio di una prossima probabile dichiarazione di fallimento. Il che consente di superare la presunzione di corrispondenza tra la sede sociale dichiarata ed il centro effettivo di interessi della società. Il ricorso, pertanto, dev'essere rigettato, con dichiarazione di giurisdizione del giudice italiano e conseguente condanna della ricorrente al pagamento, in favore dei due controricorrenti, delle spese del presente procedimento, liquidate, per ciascuno, in Euro 3.000,00 per onorari, e 200,00 per esborsi, oltre alle spese generali ed agli accessori di legge.
P.Q.M.
La corte, pronunciando a sezioni unite, rigetta il ricorso, dichiara la giurisdizione del giudice italiano e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali, che liquida, per ciascuno dei controricorrenti, in Euro 3.000,00 per onorari e 200,00 per esborsi, oltre alle spese generali ed agli accessori di legge. Così deciso in Roma, il 14 giugno 2011.
Depositato in Cancelleria il 20 luglio 2011