Diritto Bancario e Finanziario


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 23727 - pubb. 13/06/2020

Conto corrente, eccezione di prescrizione del correntista e onere di allegazione gravante sull'istituto di credito

Tribunale Ravenna, 16 Marzo 2020. Est. Farolfi.


Rapporti bancari – Conto corrente – Eccezione di prescrizione del correntista – Onere di allegazione gravante sull'istituto di credito – Diffida ad adempiere



Il principio affermato da Cass. civile sez. un., 13/06/2019, n.15895, secondo cui l'onere di allegazione gravante sull'istituto di credito che voglia opporre l'eccezione di prescrizione al correntista che abbia esperito l'azione di ripetizione di somme indebitamente pagate … è soddisfatto con l'affermazione dell'inerzia del titolare del diritto e la dichiarazione di volerne profittare senza che sia anche necessaria l'indicazione di specifiche rimesse solutorie, va esteso - per una elementare regola di parità delle armi ed in ossequio ai principi costituzionali degli artt. 3 e 24 Cost. - al correntista che riceva una pretesa di pagamento da parte dell’istituto di credito o cessionario del medesimo.

La diffida ad adempiere per costituire valido atto interruttivo della prescrizione deve rivestire forma scritta e, pur nella libertà delle forme espressive, deve contenere la inequivoca pretesa del titolare del credito di far valere il proprio diritto nei confronti del soggetto indicato, con l'effetto sostanziale di costituirlo in mora. Ne deriva che la produzione di un documento collazionato in cui da un lato compare una busta postale e, dall’altro, una cartolina di ricevimento (nel caso sottoscritta da un soggetto terzo), senza allegazione dello scritto contenuto - in caso di contestazione - non costituisce idoneo atto di costituzione in mora. (Redazione IL CASO.it) (riproduzione riservata)


 


N. R.G. 3061/2018

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

TRIBUNALE ORDINARIO di RAVENNA

SEZIONE CIVILE

Il Tribunale, nella persona del Giudice dott. Alessandro Farolfi

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

 

FATTO E DIRITTO

1.

La presente decisione viene redatta con le modalità di cui al combinato disposto degli artt. 132 c.p.c. e 118 disp.att. c.p.c., come modificati dalla legge di riforma n. 69/2009 entrata in vigore il 4 luglio 2009 ed applicabile negli articoli richiamati anche ai procedimenti in corso, in virtù di quanto disposto dall’art. 58 c. 2 della stessa legge.

 

2.

Con ricorso per decreto ingiuntivo la I. s.r.l., agendo attraverso il procuratore K. Italia s.r.l. ha richiesto ed ottenuto ingiunzione di pagamento nei confronti del sig. C. Fulvio, per la somma complessiva di Euro 16.973,77 oltre interessi e spese del monitorio.

L’ingiunto ha proposto opposizione chiedendo la revoca del provvedimento monitorio eccependo l’intervenuta prescrizione di ogni credito ed il difetto di titolarità attiva del rapporto, deducendo di aver intrattenuto un rapporto con U. s.p.a. risalente a circa venti anni prima.

Si è costituita l’opposta contestando le avverse pretese e la nullità per indeterminatezza dell’avversa opposizione, concludendo invece per la conferma del decreto ingiuntivo.

Alla prima udienza è è stata concessa la provvisoria esecuzione ed assegnati i termini di cui all’art. 183 co. 6° c.p.c..

All’esito dello scambio di memorie e dell’udienza di discussione delle richieste istruttorie del 17/07/2019, la causa è stata rinviata per la precisazione delle conclusioni su concorde richieste di entrambe le parti.

La causa è stata infine trattenuta in decisione dallo scrivente magistrato all’udienza dell’11/12/2019, previa concessione dei termini per il deposito di comparse conclusionali e repliche.

 

3.

In via del tutto preliminare occorre rilevare come l’opposizione a decreto ingiuntivo non costituisca un procedimento di impugnazione in senso proprio, ma un giudizio di accertamento dell’esistenza del credito portato dal provvedimento monitorio. La circostanza che la sua instaurazione sia per così dire, “ribaltata” (in relazione all’esigenza generale di più celere formazione del titolo esecutivo), non toglie che l’opponente sia in senso sostanziale un convenuto, mentre spetti all’opposto la qualità sostanziale di attore.

Trattasi di un principio granitico, in forza del quale “Nel procedimento per ingiunzione per effetto dell'opposizione non si verifica alcuna inversione della posizione sostanziale delle parti nel giudizio contenzioso, nel senso che il creditore mantiene la veste di attore e l'opponente quella di convenuto. Ciò esplica i suoi effetti non solo nell'ambito dell'onere della prova ma anche in ordine ai poteri e alle preclusioni processuali rispettivamente previsti per ciascuna delle parti” (Cassazione civile, sez. I, 29/10/2015, n. 22113; da ultimo Cassazione civile sez. I, 6 giugno 2018 n. 14640).

Ciò posto si deve osservare in via pregiudiziale che appare infondata l’eccezione di nullità per genericità relativa al libello introduttivo attoreo.

Occorre considerare che già la Cass. a S.U. ha avuto modo di rilevare che “la nullità della citazione, ai sensi dell'art. 164, quarto comma, c.p.c., può essere dichiarata soltanto allorché l'incertezza investa l'intero contenuto dell'atto, mentre, allorché sia possibile individuare uno o più domande sufficientemente identificate nei loro elementi essenziali, l'eventuale difetto di determinazione di altre domande, malamente formulate nel medesimo atto, comporta l'improponibilità solo di quelle, e non anche la nullità della citazione nella sua interezza” (Cassazione civile sez. un., 22/05/2012, n.8077).

Ora, tale arresto va posto in collegamento con una recentissima decisione delle stesse S.U. che, proprio con riferimento all’eccezione di prescrizione nei rapporti bancari hanno statuito quanto segue:

“L'onere di allegazione gravante sull'istituto di credito che, convenuto in giudizio, voglia opporre l'eccezione di prescrizione al correntista che abbia esperito l'azione di ripetizione di somme indebitamente pagate nel corso del rapporto di conto corrente assistito da una apertura di credito, è soddisfatto con l'affermazione dell'inerzia del titolare del diritto e la dichiarazione di volerne profittare senza che sia anche necessaria l'indicazione di specifiche rimesse solutorie” (Cassazione civile sez. un., 13/06/2019, n.15895).

Tale statuizione, per una elementare regola di parità delle armi ed in ossequio ai principi costituzionali degli artt. 3 e 24 Cost., non può che essere estesa al correntista che riceva una pretesa di pagamento da parte dell’istituto di credito (o cessionario del medesimo, come nel caso di specie).

Ciò posto, si può quindi ritenere che la parte dell’atto introduttivo dell’opponente in cui si contesta l’intervenuta prescrizione del diritto di credito sia perfettamente valida e non assolutamente indeterminata, se si considera che l’opposta si è difesa puntualmente nel merito, potendo essa stessa individuare il rapporto bancario da cui trae origine al pretesa e persino indicare la data di decorrenza del termine decennale di prescrizione nel 10/01/2002 (come da lettera di revoca pure allegata).

A questo punto di deve considerare, tuttavia, che soltanto in data 06/07/2018 il decreto ingiuntivo è stato – come ammesso – notificato al presunto debitore, occorrendo perciò individuare nel decennio anteriore un valido atto di interruzione del decorso del termine prescrizionale.

Di tutti i documenti prodotti dall’opposta, a ben vedere, deve in definitiva ritenersi che l’unico astrattamente idoneo sia una asserita diffida e messa in mora del dicembre 2010, posto che gli atti precedentemente posti in essere da U. (un decreto ingiuntivo e l’intervento in una esecuzione forzata sono assai risalenti in questa sede: la stessa opposta produce un decreto ingiuntivo del 22/05/2002 con cui sarebbe stato svolto nel 2004 un intervento in una procedura esecutiva a carico del sig. C., conclusasi nel 2006 con la vendita di un immobile e l’assegnazione delle somme ad altri creditori preferiti).

Pertanto al più dal 2006 deve ritenersi decorrente un nuovo termine prescrizionale decennale.

Resta perciò solo da affrontare, con valutazione a cognizione piena, il valore dell’atto interruttivo pretesamente posto in essere nel dicembre 2010. Il documento depositato al riguardo in via telematica, consultabile quale doc. 10 del fascicolo dell’opposta, non è tuttavia idoneo allo scopo.

 Esso non comprende infatti né il testo dell’asserita messa in mora, non essendoci alcuna nota o lettera, quindi manca il contenuto stesso dell’atto notificato, così come il plico postale che lo conteneva. E’invece presente un documento collazionato che comprende da un lato l’indirizzo del sig. C. Fulvio e quello del mittente (U. Credit Management Bank s.p.a.) con l’indicazione numerica della raccomandata, e dall’altro una parte di cartolina di ricevimento nel quale non compare alcun numero di raccomandata mentre è presente una firma che è certamente non riconducibile al C. Fulvio, ma a tale sig.ra Ce., che tuttavia ha firmato per esteso quale ricevente, senza indicare che riceveva e per quale qualità (coniuge, convivente, parente…) rispetto al sig. C. Anzi, non è neppure arguibile che questa parte di cartolina riguardi proprio il C., posto che non vi è alcuna certezza che sia il retro di quel fronte nel quale compare il nominativo e l’indirizzo del sig. C. Fulvio, del quale a tergo, nella parte sottoscritta da un soggetto diverso, non è ripetuto quale destinatario.

Ancor prima, a fronte della contestazione di parte attrice di non aver ricevuto intimazioni di pagamento, spettava all’opposta produrre il contenuto del preteso atto di messa in mora, ossia la nota con cui senza formule solenni ma in modo non equivoco si richiedeva il pagamento del credito poi a distanza di anni oggetto del decreto ingiuntivo qui opposto, considerato che anche laddove si ritenesse che il citato doc. 10 fosse effettivamente destinato al C. e da questi regolarmente ricevuto attraverso un soggetto idoneo,  nondimeno risulterebbe impossibile una valutazione specifica del dedotto – ma non prodotto - atto di messa in mora.

Si è infatti osservato che “in tema di interruzione della prescrizione, un atto, per avere efficacia interruttiva, deve contenere, oltre alla chiara indicazione del soggetto obbligato (elemento soggettivo), l'esplicitazione di una pretesa e l'intimazione o la richiesta scritta di adempimento, idonea a manifestare l'inequivocabile volontà del titolare del credito di far valere il proprio diritto nei confronti del soggetto indicato, con l'effetto sostanziale di costituirlo in mora (elemento oggettivo). Quest'ultimo requisito non è soggetto a rigore di forme, all'infuori della scrittura, e, quindi, non richiede l'uso di formule solenni né l'osservanza di particolari adempimenti, essendo sufficiente che il creditore manifesti chiaramente, con un qualsiasi scritto diretto al debitore e portato comunque a sua conoscenza, la volontà di ottenere dal medesimo il soddisfacimento del proprio diritto” (Cass. 28/11/2016, n.24116).

Pur nella libertà espressiva, perché un atto abbia valore di messa in mora deve presentare perciò due requisiti concorrenti: a) forma scritta; b) manifestazione non equivoca della pretesa di pagamento. Ciò è tanto vero che anche recentemente la Cassazione ha ritenuto che l’invio di distinte o riepiloghi del credito non costituisca idonea forma di messa in mora (cfr. Cass. 10/04/2019, n.9991).

Nel caso di specie tali requisiti difettano entrambi. Non vi è infatti alcuno scritto o nota di diffida, sì che anche ove si ritenesse che il citato doc. 10 fosse effettivamente riferibile ad un atto spedito al sig. C. e da questi ricevuto, comunque non si potrebbe stabilire in alcun modo – a fronte della contestazione di parte opponente – che il contenuto fosse rappresentato da una vera e propria diffida ad adempiere, piuttosto che, ad esempio, altra comunicazione bancaria o semplice riepilogo del dare avere di rapporti bancari, et similia. 

Pertanto, in definitiva, poiché a fronte dell’eccezione di prescrizione, l’onere di provare l’effetto interruttivo di un termine certamente superiore al decennio incombeva sull’opposta, il difetto della relativa prova conduce all’accoglimento dell’opposizione, con conseguente revoca del decreto ingiuntivo opposto.

Segue condanna alla refusione delle spese di lite, come da liquidazione in dispositivo.

 

P.Q.M.

Il Tribunale di Ravenna, in composizione monocratica, definitivamente pronunciando nella causa sub 3061/2018, ogni diversa istanza domanda od eccezione respinta,

Revoca il decreto ingiuntivo n. 774/2018 emesso a carico del sig. Cavina Fulvio su istanza di Itacapital s.r.l., così come rappresentata da Kruk Italia s.r.l.;

Conseguentemente, condanna l’opposta alla rifusione delle spese del presente giudizio in favore di parte opponente, che liquida in Euro 4.835 oltre spese generali, IVA e CPA se dovute, come per legge.

Ravenna, 16 marzo 2020

 

Il Giudice

Dott. Alessandro Farolfi