Civile
Il Caso.it, Sez. Articoli e Saggi - Data pubblicazione 07/02/2016 Scarica PDF
Il nuovo volto dei reati contro la P.A.: concussione, induzione indebita e corruzione
Ilenia Torre, Avvocato in Barcellona Pozzo di GottoSommario: 1. Premessa – 2. La metamorfosi del reato di concussione: tra costrizione ed induzione– 2.1 (Segue): la linea di demarcazione tra le due fattispecie – 2.2 (Segue): e l’intervento delle Sezioni Unite nel 2014 – 3. Tra vecchia e nuova concussione: abrogatio o abolitio criminis? – 4. Fattispecie concussive e corruttive a confronto.
1. Premessa
La L. n. 190/2012, rubricata “Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell’illegalità nella pubblica amministrazione”, rappresenta un provvedimento omnibus, che abbraccia svariati settori e rispetto al quale non sono mancate le critiche di chi, evidenziando la scarsa chiarezza ed esaustività di alcune parti del testo normativo, ha messo in luce la difficoltà di coordinamento tra diverse norme.
L’intervento legislativo del 2012, come si evince dalla relazione di accompagnamento alla legge, ha preso spunto dalle raccomandazioni formulate all’Italia dagli organi che monitorano la conformità della normativa interna di contrasto alla corruzione agli standard internazionali, in particolare dall’OCSE[1] e dal Consiglio d’Europa.
L’obiettivo finale perseguito dal legislatore era, certamente, quello di rafforzare l’efficacia e l’effettività delle misure di contrasto al fenomeno corruttivo, puntando ad uniformare il nostro ordinamento giuridico alle discipline sovranazionali già ratificate nel nostro Paese[2].
Tra le principali novità introdotte dal legislatore, particolare interesse suscitano, per un verso, la nuova disciplina relativa al reato di concussione, oggi soggetto ad una diversa regolamentazione a seconda che si ravvisi un’ipotesi di concussione per costrizione (art. 317 c.p.) o per induzione (art. 319 quater c.p.)[3] e, per altro verso, l’introduzione della corruzione per l’esercizio della funzione[4].
2. La metamorfosi del reato di concussione: tra costrizione ed induzione
Ciò che immediatamente si evince dalla lettura delle disposizioni del libro II, titolo II, c.p. è, da un lato, la nuova formulazione dell’articolo 317 che, a differenza del testo previgente, è stato depurato della fattispecie induttiva e, dall’altro, l’introduzione dell’articolo 319 quater, che disciplina la nuova fattispecie di “Induzione indebita a dare o promettere utilità”.
Più specificamente, fino al 2012 il legislatore aveva previsto un’unica ipotesi di concussione, nell’ambito della quale venivano parificate le condotte di costrizione e di induzione a dare o promettere utilità.
Con la L. n. 190/2012, invece, sono state introdotte due nuove fattispecie delittuose: la prima, disciplinata all’articolo 317 c.p., conserva i crismi della precedente ipotesi di concussione per costrizione; l’altra, di cui all’articolo 319 quater c.p., fa riferimento ad una condotta concussiva di tipo induttivo.
Dunque, ciò che subito appare evidente è la volontà del legislatore di sdoppiare il reato di concussione in relazione alle condotte tenute a monte dal soggetto agente, diversificando i casi in cui il soggetto passivo del reato venga “costretto”, da quelle in cui lo stesso venga “indotto”.
In tal modo sono state create due nuove ipotesi di reato: la prima, disciplinata dall’articolo 317 c.p., conserva i caratteri della precedente fattispecie di concussione per costrizione, limitata, però, quanto alla qualifica soggettiva al solo pubblico ufficiale e con un aumento del limite edittale minimo della pena[5]; la seconda, di cui all’articolo 319 quater c.p., fa riferimento all’indebita induzione a dare o promettere utilità, ed è una condotta scorporata dall’articolo 317 c.p.[6] e che si caratterizza oggi, a differenza del passato, per l’introduzione della punibilità del privato.
Invero, la dottrina si è a lungo interrogata in merito alla ratio sottesa a tali modifiche normative e la tesi prevalente sembra essere quella che riconduce “lo spacchettamento” della concussione alla necessità di adeguarsi alle sollecitazioni esterne di provenienza europea ed internazionale, necessità che hanno spinto il nostro legislatore a rimodulare i rapporti tra i reati di concussione e corruzione, per far sì che venisse garantito un più efficace sistema repressivo della corruzione in ambito commerciale internazionale[7].
Per altro verso, anche in Italia era stata manifestata la necessità di introdurre una nuova fattispecie di reato dalla quale si evincesse la distinzione tra colui che è vittima autentica della pubblica prevaricazione e colui che, diversamente, può identificarsi come sostanziale concorrente di un mercimonio.
Da qui, evidentemente, la necessità di distinguere, sotto il profilo delle sanzioni, la posizione di chi, non potendosi identificare come concorrente di un mercimonio, non viene punito (ipotesi di cui all’articolo 317 c.p.) e quella di chi, diversamente, assume le vesti di “concorrente” del reato e deve essere punito (ipotesi di cui all’articolo 319 quater, comma II, c.p.).
2.1 (Segue): la linea di demarcazione tra le due fattispecie
All’indomani dell’entrata in vigore della L. n. 190 uno dei primi dubbi su cui l’interprete ha dovuto interrogarsi è stato quello di comprendere quale fosse la linea di demarcazione tra la fattispecie concussiva e quella di induzione indebita a dare o promettere utilità, in particolar modo per l’importanza che tale distinzione determina sotto il profilo della successione delle leggi penali nel tempo.
All’uopo, si sono contrapposti tre diversi orientamenti nella giurisprudenza di legittimità.
Per un primo indirizzo interpretativo[8] la distinzione era riconducibile alla diversa intensità della pressione prevaricatrice e, quindi, ai diversi effetti psicologici prodotti sul privato: in un caso il soggetto passivo del reato era vittima di una pressione intensa e perentoria (costrizione), nell’altro il comportamento del pubblico ufficiale o dell’incaricato di un pubblico servizio si perfezionava in forme di persuasione più blande (induzione). Tale orientamento, secondo autorevole dottrina, sembrerebbe essere in linea con la volontà del legislatore nella parte in cui lo stesso, nelle nuove disposizioni incriminatrici, ha utilizzato le stesse definizioni previste anche ante riforma del 2012.
In tal senso, la punizione dell’indotto ex art. 319 quater c.p. trova ragion d’essere proprio nel carattere più blando della pressione, che consente alla vittima di potersi attivare e resistere.
Per altro orientamento, invece, tra le due fattispecie delittuose ciò cambia è la natura del male prospettato: male ingiusto e contra ius nell’ipotesi di cui al 317 c.p.; vantaggio ingiusto ma secundum ius nel caso di cui al 319 quater c.p.[9].
Per un terza ed ultima opzione ermeneutica, per tracciare una linea di demarcazione tra le due fattispecie bisogna far leva su un ulteriore elemento: il tipo di vantaggio che il destinatario della pretesa indebita consegue nell’aderire alla stessa.
In sostanza, se alla persona offesa non è lasciato margine di scelta egli è solo vittima del reato e si applicherà il disposto dell’articolo 317 c.p.; diversamente, se al soggetto passivo del reato resta un apprezzabile margine di autodeterminazione (o perché la minaccia è blanda, o perché ha interesse ad ottenere un beneficio indebito) si applicherà la disciplina di cui al 319 quater c.p.[10].
Invero, sul punto sono intervenute le Sezioni Unite di Cassazione che, con una importante pronuncia[11], hanno affermato la necessità di dover individuare parametri di riferimento più nitidi al fine di poter tracciare una linea di demarcazione che oggi, alla luce dei risvolti legislativi, non può lasciare margine di errore alcuno, considerata la sostanziale diversità di disciplina delle due ipotesi delittuose, con le conseguenti differenti sanzioni che ne scaturiscono per le parti e ritenute, altresì, le conseguenze che l’applicazione di una norma, piuttosto che dell’altra, determina anche con riferimento al profilo della successione delle leggi penali nel tempo.
2.2 (Segue): e l’intervento delle Sezioni Unite nel 2014
Gli approdi a cui era pervenuta la giurisprudenza, tuttavia, nel contesto del nuovo assetto normativo introdotto dalla L. n. 190/2012 non risultavano idonei, da soli, a tracciare la linea di demarcazione tra gli articoli 317 e 319 quater c.p., le cui previsioni incriminatrici sono ben distinte rispetto al soggetto privato che, in un caso continua a rivestire il ruolo di “vittima”, nell’altro assume oggi le vesti di “concorrente”[12].
Secondo l’interpretazione fornita dalle SS.UU. la costrizione indica, in via generale, una eterodeterminazione della volontà altrui[13] e si manifesta attraverso un vis compulsiva che ingenera il timore di un male contra ius, per scongiurare il quale il destinatario finisce con l’aderire alla richiesta dell’indebita dazione o alla promessa.
L’induzione, invece, si perfeziona attraverso una “condotta-evento” che altera certamente il processo volitivo altrui, ma che lascia all’indotto un più ampio margine decisionale (rispetto all’ipotesi della costrizione), tale da consentirgli di attivarsi per resistere alle pressioni del pubblico agente e per non concorrere con lo stesso alla lesione di interessi di primaria importanza, quali il buon andamento e l’imparzialità della pubblica amministrazione.
Ed allora, ad avviso delle SS.UU., il criterio discretivo tra costrizione ed induzione deve essere ricercato nella dicotomia minaccia-non minaccia e non più nella dicotomia male ingiusto-male giusto.
3. Tra vecchia e nuova concussione: abrogatio o abolitio criminis?
Uno dei principali dubbi interpretativi scaturiti dalle novità che hanno riguardato, a seguito delle riforma del 2012, il reato di concussione è stato quello riconducibile al problema della successione delle leggi penali nel tempo.
La dottrina più autorevole insegna che, allorquando si deve condurre un’operazione di verifica circa la sussistenza o meno di una continuità normativa tra leggi penali che si sono susseguite, si deve procedere ad un confronto strutturale tra fattispecie legali astratte, al fine di comprendere se vi siano o meno spazi comuni alle dette fattispecie.
Ed infatti, è solo il confronto strutturale che può consentire di individuare la sussistenza di una continuità normativa o la eventuale portata demolitoria che un intervento legislativo posteriore può avere eventualmente spiegato sugli elementi costitutivi del fatto tipico previsto dalla normativa precedente.
Più specificamente, se l’intervento legislativo posteriore ha alterato la fisionomia della fattispecie delittuosa, nel senso che ne ha modificato la struttura sopprimendone uno o più elementi, si versa nell’ipotesi di abolitio criminis, disciplinata dall’articolo 2, comma II, c.p., poiché mutato risulta essere il disvalore del fatto; diversamente, se la struttura dell’illecito non viene alterata, si è in presenza di una successione di norme meramente modificative della disciplina della fattispecie, con la conseguenza che si applicherà la norma più favorevole al reo, ai sensi di quanto disposto dall’articolo 2, comma IV, c.p.
Ciò posto, la Cassazione ha statuito che vi è continuità normativa tra passato e presente con riguardo alla posizione del soggetto qualificato, chiamato a rispondere dei fatti riconducibili nel disposto di cui al vecchio articolo 317 c.p. ed ora riconducibili in parte al disposto del medesimo articolo ed, in altra parte, alla previsione di cui all’articolo 319 quater c.p.
A ciò devono aggiungersi due precisazioni: la prima attinente alla previsione di cui al comma II dell’articolo 319 quater, che essendo una previsione del tutto nuova sarà applicabile solo ai reati commessi dopo il 2012; la seconda riguarda il soggetto attivo della concussione per costrizione che oggi, a differenza del passato, può essere individuato esclusivamente nel pubblico ufficiale e non anche nell’incaricato di un pubblico servizio. Pertanto, la continuità normativa tra vecchia e nuova concussione per costrizione si rinviene solo con riferimento alla figura del pubblico ufficiale.
L’abuso costrittivo dell’incaricato di un pubblico servizio è in continuità normativa, sotto il profilo strutturale, con altre fattispecie incriminatrici di diritto comune[14].
Ad avviso della stessa giurisprudenza di legittimità sussiste continuità normativa anche tra il precedente reato di concussione per induzione e la nuova ipotesi di induzione indebita a dare o promettere utilità.
Il rapporto di continuità normativa, sotto il profilo sanzionatorio, implica l’applicazione della lex mitior, che va individuata nella norma sopravvenuta, più favorevole in ragione dell’abbassamento di entrambi i limiti edittali di pena.
4. Fattispecie concussive e corruttive a confronto
La riforma del 2012 è intervenuta, altresì, sul testo degli articoli del c.p. che disciplinano la corruzione, evidenziando in maniera netta, per un verso, la distinzione tra la concussione e le fattispecie corruttive e, per altro verso, la distinzione tra quest’ultime e l’induzione indebita.
In particolare, se la concussione si verifica quando la volontà della vittima è coartata dalla condotta abusiva/prevaricatrice del pubblico ufficiale, diversamente, il reato di corruzione implica una posizione di parità tra le parti che, in accordo fra loro, concludono l’illecito in una posizione di parità sinallagmatica.
Per altro verso, con riferimento alla distinzione tra induzione indebita e corruzione la giurisprudenza di legittimità si è espressa nel senso di individuare l’elemento di differenziazione attraverso l’analisi delle connotazioni del rapporto intersoggettivo tra funzionario pubblico ed extraneus e, in particolare, la presenza o meno di una soggezione psicologica del secondo nei confronti del primo.
Anche in questo caso la corruzione si caratterizza per un rapporto di parità sinallagmatica tra le parti che, in accordo tra loro, concorrono alla commissione dell’illecito; l’induzione indebita, invece, è designata da uno stato di soggezione del privato, il cui processo volitivo è innescato dall’abuso del funzionario pubblico, che volge a suo favore la posizione di debolezza psicologica del primo.
Infine, peculiare appare, altresì, il rapporto tra induzione indebita ed istigazione alla corruzione attiva ex articolo 322, commi III e IV, c.p., poiché, mentre tale ultima fattispecie si inserisce nell’ottica dell’instaurazione di un rapporto paritetico tra i soggetti coinvolti, diretto al mercimonio dei pubblici poteri; l’induzione indebita presuppone, invece, che il funzionario ponga il suo interlocutore in uno stato di soggezione, avanzando una richiesta perentoria, ripetuta ed insistente, tale da ingenerare una forte pressione psicologica rispetto alla mera sollecitazione ad un “semplice scambio di favori”.
[1] Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico.
[2] Il riferimento è, ex multis, alla Convenzione ONU di Merida ed alla Convenzione penale sulla corruzione di Strasburgo.
[3] r. garofoli, La nuova disciplina dei reati contro la p.a., in Diritto penale contemporaneo, rivista giuridica on line.
[4] Fattispecie fisciplinata nell’articolo 318 c.p., interamente riformulato dal legislatore del 2012.
[5] Che oggi, a differenza del testo previgente, risulta di sei anni e non più di quattro.
[6] e. palombi, Corruzione e concussione: siamo entrati in confusione, in Spia al diritto, 4/2013, rivista giuridica on line.
[7] s. camaioni, Induzione indebita: un problema in più nel contrasto alla pubblica prevaricazione, in Diritto penale contemporaneo, rivista giuridica on line, l’Autore evidenzia che: “il sistema repressivo della corruzione in ambito commerciale risultava indebolito dalla possibilità che i corruttori sfuggissero alla sanzione penale, nascondendo la loro attiva corresponsabilità corruttiva dietro una fittizia condizione di concussa passività”.
[8] Così, fra tante, Cass. pen., sez. VI, n. 28431/2013; Cass. pen., sez. VI, n. 28412/2013; Cass. pen., sez. VI, n. 12373/2013.
[9] Così, ex multis, Cass. pen., sez. VI, n. 29338/2013; Cass. pen., sez. VI, n. 26285/2013; Cass. pen., sez. VI, n. 16566/2013; Cass. pen., sez. VI, n. 13047/2013.
[10] Così Cass. pen., sez. VI, n. 20428/2013; Cass. pen., sez. III, n. 26616/2013; Cass. pen., sez. VI, n. 21975/2013; Cass. Pen., sez. VI, n. 11944/2013.
[11] Cfr. Cass. pen., SS.UU., n. 12284/2014.
[12] Cfr. Cass. pen, SS. UU., cit.
[13] Pur mancando nella norma una menzione espressa, si ritiene che sia implicito il riferimento alla violenza ed alla minaccia quali mezzi tipici di coazione.
[14] Ad esempio, a seconda dei casi: estorsione, violenza privata, violenza sessuale, etc.
Scarica Articolo PDF