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Il Caso.it, Sez. Articoli e Saggi - Data pubblicazione 03/06/2015 Scarica PDF
L'ambito di applicazione del privilegio di cui all'art. 9, comma 5, D.Lgs. n. 123/1998: le garanzie rilasciate da Sace S.p.a.
Michela Mancini e Tommaso Stanghellini, Avvocati in PistoiaSommario: 1. La fattispecie all’esame del Tribunale di Pistoia. – 2. Il panorama normativo. – 3. La soluzione accolta dal Tribunale di Pistoia. – 4. La tassatività dei privilegi. – 5. La surrogazione nel credito. – 6. Alcune considerazioni di diritto fallimentare e di par condicio creditorum.
1. La fattispecie all’esame del Tribunale di Pistoia
Il decreto del Tribunale di Pistoia 21 maggio 2015, n. 3178 merita di essere segnalato in quanto si inserisce nello scarno panorama giurisprudenziale relativo al privilegio per i crediti derivanti dal recupero di agevolazioni revocate, istituito dall’art. 9, comma 5, D.Lgs. n. 123/1998. Tale pronuncia fornisce una ricostruzione particolarmente chiara ed accurata di tale privilegio ed in particolare della sua applicabilità alle garanzie rilasciate da Sace S.p.a. ex art. 2 D.Lgs. n. 143/1998 per il rischio di mancato rimborso di finanziamenti connessi al processo di internazionalizzazione di imprese italiane.
La pronuncia in commento è stata resa a seguito di una opposizione allo stato passivo ex art. 98 L.F. avanzata da Sace S.p.a. dopo che in sede di ammissione al passivo non le era stato riconosciuto il privilegio di cui al citato art. 9, comma 5, per il credito derivante da una garanzia connessa ad un mutuo chirografario di maggior importo, rilasciata da Sace S.p.a. in favore di una società che si è poi resa inadempiente all’obbligazione di restituzione del finanziamento. La Banca erogatrice ha escusso la garanzia di Sace S.p.a., ed a seguito del pagamento così ottenuto ha surrogato la società garante, per la quota parte pagata, nei suoi diritti ed azioni nei confronti dell’impresa finanziata, nel frattempo fallita.
Il credito oggetto di insinuazione al passivo del fallimento opposto origina dunque dall’escussione della garanzia rilasciata da Sace S.p.a. da parte della Banca erogatrice del finanziamento (chirografario). In sede di ammissione al passivo Sace S.p.a. invoca l’applicabilità del privilegio ex art. 9, comma 5.
La Curatela ha resistito all’opposizione con una serie di argomentazioni che sono state accuratamente vagliate dal Tribunale e da quest’ultimo ritenute fondate con conseguente rigetto dell’opposizione di Sace S.p.a.
2. Il panorama normativo
La questione affrontata dal Tribunale di Pistoia è dunque se la garanzia di Sace S.p.a. possa essere o meno ricondotta nell’ambito di applicazione dell’art. 9, comma 5, D.Lgs. n. 123/1998. Per rispondere a tale quesito è opportuno preliminarmente effettuare, seguendo del resto l’iter del Tribunale di Pistoia, un breve richiamo alla normativa di riferimento.
Il D.Lgs. n. 143/1998 detta disposizioni in materia di commercio con l’estero ed individua tra le funzioni di Sace S.p.a. quella di garantire gli operatori con riferimento alla loro attività con l’estero ed alla internazionalizzazione dell’economia. In particolare Sace S.p.a. è autorizzata a rilasciare garanzie e coperture assicurative per il rischio di mancato rimborso relativamente a finanziamenti e strumenti finanziari connessi al processo di internazionalizzazione di imprese italiane.
A sua volta il D.Lgs. n. 123/1998 individua i principi che regolano i procedimenti amministrativi concernenti gli interventi di sostegno per lo sviluppo delle attività produttive effettuati dalle amministrazioni pubbliche, interventi che secondo l’art. 7 possono consistere “in una delle seguenti forme: credito d'imposta, bonus fiscale, secondo i criteri e le procedure previsti dall'articolo 1 del decreto-legge 23 giugno 1995, n. 244, convertito, con modificazioni dalla legge 8 agosto 1995, n. 341, concessione di garanzia, contributo in conto capitale, contributo in conto interessi, finanziamento agevolato”.
Il successivo art. 9 disciplina la revoca dei suddetti benefici, la misura delle restituzioni in conseguenza della revoca e prevede i casi in cui opera il privilegio. In particolare, la revoca dei benefici è prevista: a) in caso di “assenza di uno o più requisiti, ovvero di documentazione incompleta o irregolare, per fatti comunque imputabili al richiedente e non sanabili” (comma 1); b) nel caso in cui “i beni acquistati con l'intervento siano alienati, ceduti o distratti nei cinque anni successivi alla concessione, ovvero prima che abbia termine quanto previsto dal progetto ammesso all’intervento” (comma 3); c) nel caso di “azioni o fatti addebitati all’impresa beneficiaria” (comma 4).
Gli interventi pubblici di sostegno all’economia si realizzano dunque attraverso un procedimento complesso, in cui la fase di natura amministrativa di selezione dei beneficiari in vista della realizzazione di interessi pubblici è seguita da un negozio privatistico di finanziamento o di garanzia, nella cui struttura causale si inserisce la destinazione delle somme ad uno specifico scopo. La deviazione dallo scopo determina la violazione della causa del contratto di finanziamento o di garanzia e costituisce presupposto alla revoca del beneficio.[1]
E’ in tale contesto che si colloca il privilegio di cui all’art. 9, comma 5, secondo il quale “per le restituzioni di cui al comma 4 i crediti nascenti dai finanziamenti erogati ai sensi del presente decreto legislativo sono preferiti a ogni altro titolo di prelazione da qualsiasi causa derivante, ad eccezione del privilegio per spese di giustizia e di quelli previsti dall'articolo 2751- bis del codice civile e fatti salvi i diritti preesistenti dei terzi. Al recupero dei crediti si provvede con l'iscrizione al ruolo, ai sensi dell'articolo 67, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica 28 gennaio 1988, n. 43, delle somme oggetto di restituzione, nonché delle somme a titolo di rivalutazione e interessi e delle relative sanzioni”.[2]
3. La soluzione accolta dal Tribunale di Pistoia
Una volta ricostruito il quadro normativo di riferimento il Tribunale di Pistoia chiarisce innanzitutto che ai fini della decisione in ordine alla sussistenza o meno del privilegio non risulta rilevante la qualificazione della prestazione operata da una delle parti (soggetto finanziatore o garante), bensì soltanto la caratteristica del credito in quanto tale. Diversamente opinando le parti potrebbero richiamare arbitrariamente una disciplina fonte di privilegio anche in assenza delle caratteristiche della fattispecie con effetto vincolante anche per l’interprete e quindi per il giudice.[3]
Ciò premesso, il Tribunale di Pistoia ritiene che il privilegio di cui all’art. 9, comma 5, trovi applicazione esclusivamente ai crediti derivanti da “finanziamenti erogati” e poi “revocati” nelle ipotesi espressamente previste dalla norma, vale a dire per le restituzioni conseguenti alla revoca degli interventi di sostegno ai sensi del comma 3 o comunque per azioni o fatti addebitati all’impresa beneficiaria.[4] Secondo il Tribunale di Pistoia dunque il riferimento contenuto nell’art. 9, comma 5, ai “finanziamenti erogati ai sensi del presente decreto legislativo” deve essere interpretato come operante soltanto nelle ipotesi di erogazioni dirette di denaro e non di rilascio di garanzie.[5]
Tale ricostruzione è conforme al principio di tassatività dei privilegi ex art. 2745 c.c. e quindi di eccezionalità delle nome che li prevedono, nonché ai principi generali in tema di surrogazione e di par condicio creditorum.
4. La tassatività dei privilegi
Il Tribunale di Pistoia offre una interpretazione della norma di tipo restrittivo e rigoroso in ossequio ai canoni ermeneutici indicati dalla Suprema Corte nella sentenza 5 marzo 2009, n. 5297.[6]
Si segnala sul punto che la nota sentenza delle Sezioni Unite 13 aprile 2010, n. 11930 per i soli privilegi previsti dal codice civile consente una interpretazione estensiva della normativa diretta ad individuarne il reale significato e la portata effettiva in modo da delimitare il loro esatto ambito di operatività, anche oltre il limite apparentemente segnato dalla formulazione testuale, tenendo in considerazione l’intenzione del legislatore e la causa del credito.
Anche a non voler considerare che il privilegio invocato da Sace S.p.a. è istituito da una norma di settore e non dal codice civile, l’art. 9, comma 5, non è comunque suscettibile di una interpretazione diversa da quella fornita dal Tribunale di Pistoia, né tenendo conto dell’intenzione del legislatore né della causa del credito.
Infatti, l’espressione letterale utilizzata nella norma “finanziamenti erogati ai sensi del presente decreto legislativo” è ben diversa da quella più ampia contenuta nell’art. 7, comma 1, laddove si parla di “benefici” che possono consistere anche in “concessione di garanzia”.[7] Si riportano le chiare parole del Tribunale di Pistoia sul punto: “se il legislatore avesse voluto estenderlo [il privilegio] anche ad altre tipologie di intervento di sostegno alle imprese avrebbe fatto genericamente riferimento ai benefici previsti dagli artt. 1 e 2 D.Lgs. n. 123/1998”, anziché ai finanziamenti erogati.
Ma anche sotto il profilo della causa del credito il privilegio di cui all’art. 9, comma 5, non può essere riconosciuto alle garanzie rilasciate da Sace S.p.a. Il Tribunale evidenzia infatti che osta al riconoscimento del privilegio anche la circostanza che il credito azionato da Sace S.p.a. si fonda sull’inadempimento dell’impresa finanziata all’obbligo restitutorio delle somme mutuate alla banca finanziatrice e non sulla revoca del finanziamento per specifiche ipotesi di deviazione dallo scopo come richiesto espressamente dall’art. 9, comma 5.[8]
Si colloca su un piano diverso dalla revoca del beneficio l’ipotesi di inadempimento dell’impresa finanziata che non è in grado di restituire alle scadenze previste le somme ricevute. In tale ipotesi si è di fronte ad un inadempimento “civilistico” che non consente un provvedimento amministrativo di revoca del beneficio e chi ha erogato il prestito o fornito la garanzia escussa, dovrà agire per il recupero delle somme dovute avvalendosi delle tutele civilistiche.[9] La causa del credito restitutorio nelle due ipotesi di revoca del beneficio e di inadempimento dell’impresa finanziata è dunque diversa, con ogni conseguenza in tema di interpretazione del privilegio.[10]
5. La surrogazione nel credito
Il Tribunale di Pistoia individua quale ulteriore argomento contrario alla tesi dell’applicabilità del privilegio alla garanzia rilasciata da Sace S.p.a., la circostanza che l’art. 9, comma 5, prevede che i crediti assistiti da privilegio siano riscossi mediante iscrizione a ruolo ai sensi dell’art. 67, comma 2, D.P.R. 28 gennaio 1988, n. 43, mentre per quanto riguarda le garanzie si determina una surrogazione da parte del garante nei diritti del creditore surrogato ai sensi dell’art. 1203 c.c.
Significativo è in proposito il fatto che l’art. 7 D.Lgs. n. 143/1998 (normativa che individua tra le funzioni di Sace S.p.a. quella di garantire gli operatori con riferimento alla loro attività con l’estero ed alla internazionalizzazione dell’economia) prevede che “dalla data del pagamento l’Istituto è surrogato nel rapporto assicurato o garantito nei limiti della quota per la quale è stato liquidato l’indennizzo od onerata la garanzia”.
La surrogazione di Sace S.p.a. nelle ragioni della banca finanziatrice, oltre a discostarsi dalle specifiche modalità di recupero del credito previste dall’art. 9, comma 5, D.Lgs. n. 123/1998, impedisce necessariamente l’operatività del privilegio dando luogo al subentro del creditore surrogato nei diritti e nelle ragioni spettanti al creditore originario.
A seguito di tale fenomeno successorio il creditore surrogato si porrà nella medesima posizione del creditore sostituito, con la conseguenza che essendo il credito originario chirografario tale sarà anche quello di Sace S.p.a., mera garante dell’operazione di finanziamento.
Una diversa ricostruzione della fattispecie che si concluda con il riconoscimento del privilegio a Sace S.p.a. sarebbe del tutto irragionevole e violerebbe i principi generali in tema di surrogazione determinando – per usare le parole del Tribunale di Pistoia – un “effetto abnorme per cui a fronte della surroga nei diritti del creditore per un credito chirografario il garante acquisirebbe una posizione più favorevole rispetto a quella del creditore originario, in quanto il suo credito sarebbe assistito da un privilegio”.
6. Alcune considerazioni di diritto fallimentare e di par condicio creditorum
La fattispecie consente di svolgere alcune riflessioni in ordine ai principi che regolano l’ammissione al passivo del creditore di più coobbligati di cui agli artt. 61 e 62 L.F. che non fanno altro che confermare la correttezza dell’esclusione del privilegio ex art. 9, comma 5.
In base a tali norme costituisce un elemento di assoluto rilievo il momento in cui il fideiussore viene escusso. Se infatti il fideiussore adempie l’obbligazione solidale interamente in epoca anteriore al fallimento, egli potrà partecipare al concorso senza alcuna limitazione (art. 62, comma 2, L.F.); mentre in caso di adempimento parziale il coobbligato potrà comunque trovare ingresso nello stato passivo del debitore per la quota pagata ed il creditore originario si insinuerà per il residuo (art. 62, comma 1, L.F.).
Nel caso in cui invece il fideiussore adempia successivamente al fallimento, stante il principio di cristallizzazione delle posizioni creditorie di cui all’art. 52 L.F., egli potrà essere ammesso al passivo a condizione che la soddisfazione del creditore principale sia completa. Infatti l’art. 61, comma 2, L.F. prevede che se il creditore non riceve integralmente il dovuto, il regresso non è ammesso.
Nella fattispecie in esame il pagamento di Sace S.p.a. è stato parziale ed è avvenuto dopo il fallimento dell’impresa finanziata ma prima dell’insinuazione al passivo della Banca finanziatrice, la quale ne ha dato atto e si è insinuata in chirografo per la parte non riscossa. Solo per tale ragione il pagamento parziale e post-fallimento di Sace S.p.a. ha potuto trovare ingresso nel passivo del fallimento. Ma la “scomposizione” del credito in due quote, una della Banca finanziatrice e l’altra di Sace S.p.a., non può tradursi in un mutamento del rango del credito azionabile, in quanto, altrimenti, l’escussione del garante danneggerebbe sia la massa creditoria, sia la stessa Banca finanziatrice la quale verrebbe a subire l’ammissione in privilegio del suo stesso garante. Si tratta dunque dell’effetto abnorme evidenziato dal Tribunale di Pistoia che depone senza dubbio per l’esclusione del privilegio.
D’altra parte, che il creditore garantito debba essere “preferito” rispetto al garante è principio che ispira la legge fallimentare in più parti. Si pensi ad esempio all’art. 62, comma 3, L.F. secondo il quale successivamente all’insinuazione nello stato passivo del creditore garantito e del fideiussore, il curatore dovrà anteporre il creditore principale non ancora completamente soddisfatto, al fideiussore. Ed ancora l’art. 63, commi 1 e 2, L.F. prevede che se il credito di regresso del fideiussore è assistito da pegno o ipoteca, il ricavato dalla vendita dei beni oggetto della garanzia va attribuito al creditore in deduzione della somma a lui dovuta.
E’ allora evidente che la ricostruzione di Sace S.p.a., che a fronte di un mutuo chirografario chiede di essere ammessa al passivo del fallimento in privilegio per la quota parte pagata alla Banca finanziatrice, determinerebbe “effetti distorsivi” sul passivo del fallimento in oggetto e sulla stessa creditrice principale, non in linea con le disposizioni della legge fallimentare in tema di ammissione al passivo del creditore di più coobbligati sopra richiamate.
La soluzione accolta dal Tribunale di Pistoia consente dunque di evitare effetti abnormi nei rapporti tra creditore chirografario beneficiario della garanzia e garante, nonché nei rapporti tra quest’ultimo e la massa fallimentare, evitando che il “momento in cui avviene l’escussione” non solo determini il diritto di Sace S.p.a. al regresso verso la massa fallimentare (cfr. artt. 61 e 62 L.F.), ma finisca per influire anche sul piano di riparto fallimentare. Risulterebbe infatti doppiamente violato il disposto dell’art. 63 L.F. il quale da un lato disciplina la sola ipotesi del pegno e dell’ipoteca sui beni del debitore fallito a garanzia del credito di regresso laddove la fattispecie si estenderebbe anche al privilegio, dall’altro l’art. 63 L.F. prevede espressamente che il ricavato del realizzo della garanzia vada assegnato al creditore a deconto del suo credito laddove in questo caso il ricavato verrebbe attribuito a Sace S.p.a.
[1] Così Tribunale di Bologna, Sez. fallimentare, 6 giugno 2012 e Tribunale di Padova, Sez. I civ., 23 luglio 2012.
[2] Sulla natura generale o speciale del privilegio di cui all’art. 9, comma 5, si veda Tribunale di Mantova 8 maggio 2012.
[3] Si tratta di un principio espresso recentemente anche nel decreto del Tribunale di Milano 2 luglio 2014.
[4] La Suprema Corte con la sentenza 2 marzo 2012, n. 3325 ha chiarito che l’art. 9, comma 5, subordina espressamente il riconoscimento della posizione privilegiata al credito derivante dalla revoca del finanziamento, alla circostanza che la precedente erogazione di cui si sollecita la restituzione sia stata effettuata “ai sensi del presente decreto legislativo”.
[5] Contra, Tribunale di Padova, Sez. I Civ., 23 luglio 2012 cit. il quale, pur non riconoscendo il privilegio richiesto, non distingue “tra erogazione di somme e prestazione di garanzia”, al pari di Tribunale di Saluzzo 9 settembre 2010.
[6] Si legge nella sentenza: “questa Corte ha in più occasioni precisato (Cfr. per tutte Cass. S.U. 5246/93e Cass. 7309/06) che il regime dei privilegi, per il contenuto limitativo che esso presenta nei confronti del debitore non può essere interpretato, in caso di mancata previsione espressa, in via analogica. Le norme che prevedono i privilegi sono cioè di stretta interpretazione”.
[7] Secondo il Tribunale di Milano 2 luglio 2014 per finanziamento possono estensivamente intendersi le erogazioni finanziarie a titolo di mutuo e più in generale tutte le contribuzioni dirette in danaro in favore del soggetto beneficiario, quali i contributi in conto capitale e i contributi in conto interessi di cui all’art. 7 D.Lgs. n. 123/1998, mentre restano escluse le prestazioni in favore di terzi tra cui le garanzie prestate a favore del soggetto finanziatore.
[8] Si legga anche Tribunale di Torino 2 luglio 2014 secondo il quale “il comma 5 dell'art. 9 D.Lgs. 123/98 ha individuato, quale presupposto della natura privilegiata del credito per le restituzioni sia che i finanziamenti siano stati erogati ai sensi del presente decreto legislativo, sia che il diritto alla restituzione sorga in conseguenza della revoca di cui al comma 4 della norma citata”.
[9] La giurisprudenza ha precisato che l’art. 9 D.Lgs. n. 123/1998 nel disciplinare le ipotesi in cui l’amministrazione competente è tenuta a revocare la concessione delle agevolazioni, prevede in tutte le fattispecie un elemento essenziale per il perfezionamento di tale potere di revoca, rappresentato dall’imputabilità dell’inadempimento al beneficiario della agevolazione finanziaria (TAR Cagliari, Sez. I, 23 ottobre 2013, n. 657).
[10] Si rinvia sul punto al decreto del Tribunale di Bologna, Sez. fall., 6 giugno 2012 cit.
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