Bancario
Il Caso.it, Sez. Articoli e Saggi - Data pubblicazione 19/04/2011 Scarica PDF
I "diritti nascenti dall'annotazione in conto corrente bancario" tra ripetizione dell'indebito e "interpretazione autentica" dell'art. 2935 c.c
Vincenzo Farina, Professore ordinario di diritto privato presso l'università del SalentoSommario: 1- Nullità totale o parziale di contratti bancari regolati in conto corrente e il problema della ripetizione dell'indebito oggettivamente percetto dalla banca. 2- La prescrizione del diritto alla restituzione delle somme indebitamente annotate in conto. Il problema della decorrenza in giurisprudenza e dottrina: accenni e rinvio. 3- L'avvento dell'interpretazione autentica dell'art. 2935 c.c. con riguardo alle operazioni in conto corrente. 4- I problemi sollevati dall' ««interpretazione autentica»» e la rilevanza con riguardo alle operazioni bancarie in conto corrente. 5- Segue: in particolare l'incidenza sui giudizi in corso e la natura giuridica dell'annotazione. 6- La sorte degli importi già versati all'entrata in vigore della novella. 7- La concreta incidenza della nuova normativa sul contenzioso in essere. Profili di incostituzionalità. Cenni introduttivi. 8- Segue: ammissibilità di una legge di interpretazione autentica. 9- Segue: la violazione del principio di azione di cui all'art. 24 cost. 10- Segue: La violazione del principio di uguaglianza, di ragionevolezza e di legittimo affidamento. 11- Segue : la violazione dei principi del giusto processo e dell'art. 6 CEDU.
1-Il problema della restituzione di quanto percetto indebitamente, già di
particolare rilievo pratico per tutti i contratti di durata1, ha assunto una
significativa rilevanza nelle operazioni bancarie in conto corrente, una volta
consolidatosi l'orientamento della giurisprudenza di legittimità con
riferimento al tormentato tema dell'anatocismo2, degli usi di piazza3 e della
commissione di massimo scoperto4 ed alla correlata domanda di restituzione.
A tal proposito giova rammentare che, mentre l'azione promossa dal cliente
verso la banca per far valere la nullità della clausola che prevede
l'anatocismo è imprescrittibile ai sensi dell'art. 1422 c.c., quella proposta
dallo stesso cliente nei confronti della banca ai fini di conseguire la
ripetizione delle somme, che assume di avere indebitamente versato a
qualsivoglia titolo, è soggetta ai medesimi principi che regolano la domanda di
ripetizione di indebito. Ad essa, pertanto, trova applicazione la disciplina
della prescrizione ordinaria decennale5 a norma dell'art. 2946 c.c., non
potendo farsi riferimento né alla prescrizione breve del diritto al
risarcimento del danno, né a quella quinquennale di cui all'art. 2948, n. 3
c.c.6. La prescrizione breve colpisce, difatti, solo il diritto al risarcimento
del danno, mentre tutte le altre azioni che possono essere promosse a seguito
ed in conseguenza di un fatto illecito, inclusa quella di restituzione, restano
soggette ai termini di prescrizione applicabili a ciascuna di esse. Parimenti è
da escludere l'applicabilità della prescrizione di cinque anni prevista
dall'art. 2948, n. 4 c.c., che riguarda esclusivamente la domanda diretta a
conseguire gli interessi che maturano annualmente o in termini più brevi, non
già la restituzione di parte degli stessi in quanto indebitamente pagata.
Giova poi rammentare che la posizione del cliente nei confronti della banca in
ipotesi di controversia in ordine alla restituzione dell'indebito è risultata
ulteriormente rafforzata in ragione di un datato e costante atteggiamento della
Suprema corte in forza del quale il rapporto di conto corrente è stato ritenuto
unitario7.
Sorto il problema in conseguenza del proliferare delle azioni di restituzione
promosse dai clienti verso le banche a seguito in particolare del mutato
orientamento della Corte di Cassazione in materia di anatocismo, parte della
dottrina ha tentato di esorcizzarlo con riguardo alle operazioni in conto
corrente pensando di risolverlo in nuce con gli argomenti più svariati, nel
tentativo di escludere per il correntista persino la possibilità di proporre
l'azione di restituzione .
Su questa scia si è individuato nell'azione volta a conseguire ex art. 2033
c.c. la ripetizione di quanto indebitamente corrisposto alla banca un vero e
proprio abuso del relativo diritto8 da parte del cliente in quanto quest'ultimo
utilizzerebbe il rimedio per scopi diversi da quelli per i quali è previsto
dall'ordinamento violando nel contempo regole di correttezza di cui all'art.
1175 c.c.9. Esattamente in contrario è stato rilevato come il cliente che
esercita un'azione di ripetizione sulla base dell'accertamento della nullità
del contratto o di una sua clausola «non abusa, bensì usa dello strumento della
ripetizione dell'indebito esattamente per la ragione per la quale il
legislatore lo ha previsto e disciplinato»10.
Si è poi singolarmente sostenuto l'inammissibilità dell'azione di ripetizione
avuto riguardo alla stato soggettivo del cliente in ordine alla validità o meno
del contratto al tempo della solutio, in quanto costui, agendo in giudizio per
la ripetizione, verrebbe singolarmente contra factum proprium11. Di contro la
proponibilità dell'azione di ripetizione d'indebito oggettivo non è esclusa
neppure nell'ipotesi in cui il solvens abbia effettuato il pagamento nella
convinzione di non essere debitore, quindi senza l'animus solvendi, e persino quando
tale convinzione sia stata enunciata in una espressa riserva formulata in sede
di pagamento12
Altri ancora hanno individuato un limite all'azione di ripetizione nell'art.
2034 c.c. sul presupposto che il pagamento sia intervenuto nel convincimento da
parte del cliente di adempiere ad un dovere morale e sociale13. Difetta nel
caso di specie il requisito della spontaneità del pagamento dell'importo della
capitalizzazione. Il pagamento interviene a mezzo dell'annotazione da parte
della banca sul conto corrente del cliente in forza di un'iniziativa presa
dalla banca per dare esecuzione ad una previsione contrattuale nulla e senza
che il cliente possa nell'immediato concretamente opporsi14.
2-Non maggior fortuna è spettata alle banche sul fronte giudiziale con riguardo
alla decorrenza della prescrizione per come decennalmente accertata proprio in
ragione della posizione assunta sempre dalla Corte di legittimità circa la
natura unitaria del rapporto di conto corrente15. La questione è stata più
volte oggetto di disamina e la giurisprudenza, ha ritenuto16 che il termine in
questione decorra dalla chiusura definitiva del rapporto di conto corrente,
«trattandosi di un contratto unitario che dà luogo ad un unico rapporto, anche
se articolato in una pluralità di atti esecutivi, sicché è solo con la chiusura
del conto che si stabiliscono definitivamente i crediti e i debiti delle parti
tra loro». Sulla base di tali principi si è ritenuto che «la decorrenza del
termine di prescrizione decennale per la ripetizione da parte del correntista
delle somme indebitamente trattenute dalla banca sulla base di interessi calcolati
in forza di una clausola pattizia nulla, non decorre dalla data del singolo
pagamento, ma dalla data dell?ultimo, dal momento che gli stessi possono essere
considerati quali atti esecutivi di un unitario rapporto giuridico»17. Ed ancor
più di recente in parziale attenuazione del rigoroso precedente indirizzo si è
affermato:«« Se, dopo la conclusione di un contratto di apertura di credito
bancario regolato in conto corrente, il correntista agisce per far dichiarare
la nullità della clausola che prevede la corresponsione di interessi
anatocistici e per la ripetizione di quanto pagato indebitamente a questo
titolo, il termine di prescrizione decennale cui tale azione di ripetizione è
soggetta decorre, qualora i versamenti eseguiti dal correntista in pendenza del
rapporto abbiano avuto solo funzione ripristinatoria della provvista, dalla
data in cui è stato estinto il saldo di chiusura del conto in cui gli interessi
non dovuti sono stati registrati»»18 .
Non sono mancati in argomento voci discordi nella giurisprudenza di merito19
che operando una valutazione del contratto di conto corrente in termini
sostanzialmente autonomi rispetto ai collegati contratti di apprestamento della
provvista, ne valorizzano la facoltà da parte del correntista di disporre in
qualsivoglia momento del relativo saldo o di richiedere un estratto del conto.
Da ciò, per deduzione, inferiscono la possibilità di accertare l'indebita
appostazione di interessi competenze e spese e di richiederne la restituzione
con conseguente avvio del termine prescrizionale dal momento in cui la banca
abbia provveduto all'annotazione al cliente della posta in contestazione, in
quanto ciascuno di queste somme costituirebbe autonomamente un indebito, oggetto
perciò stesso di specifica domanda di restituzione.
La tesi che parrebbe rinvenire un indiretto conforto da un orientamento seguito
dalla giurisprudenza di legittimità con riguardo alla peculiare quanto diversa
ipotesi di libretti di deposito a risparmio20, trova le sue datate radici
nell'opinione sostenuta da autorevole dottrina21 in ordine alla dinamica del
rapporto di conto corrente bancario ed alla esclusione della stessa possibilità
di configurarsi del fenomeno dell'anatocismo nel conto corrente bancario. La
tesi, che suona di asperrima censura all'atteggiamento tenuto non solo dai
correntisti ma anche dalla banche e dall'associazione di categoria sul punto,
configura il conto corrente bancario come un ««contratto dotato di una sua
propria, specifica natura autonoma e funzione centrale nel rapporto
banca-cliente»». L'insigne autore individua poi la ««disposizione chiave per
una corretta impostazione del fenomeno»» nell'art. 1852, c.c. che testualmente
recita: ««Qualora il deposito, l'apertura di credito o altre operazioni
bancarie siano regolate in conto corrente, il correntista può disporre in ogni
momento delle somme risultanti a suo credito»». Questo potere di disporre da
parte del cliente delle somme risultanti a suo credito - in virtù di apertura
di credito di anticipazione bancaria o di deposito poco importa- non farebbe
capo ad ««un diritto di esigere come tipico del diritto di credito»», bensì
andrebbe ricondotto nell'alveo del potere di disporre22 inteso quale componente
propria dei diritti soggettivi a contenuto patrimoniale. In questo contesto la
dottrina in parola inquadra ««la variazione del saldo indotta dall'annotazione
fatta dalla banca a favore o a carico del cliente»». Detta annotazione, a cui
ora peraltro fa ora testuale riferimento la novella di cui , l'art. 2, comma
61, della L. 10/2011, costituirebbe esplicazione del suddetto potere di
disporre del cliente, andando ad incidere sulla quantità delle " somme...
a suo credito". Essa dovrebbe essere dunque considerata come vero e
proprio «« pagamento del debito, della banca o del cliente»», che aveva
costituito il titolo in forza del quale la banca aveva proceduto
all'annotazione . Nel conto corrente bancario secondo la citata dottrina ««si
annotano somme e non crediti»» e ««l'annotazione modifica in via immediata il
saldo, e del saldo il cliente ..... può "disporre" in ogni
momento»»23.
Dalle considerazioni che precedono emerge con chiarezza come per i sostenitori
della tesi, di cui sopra, l'annotazione su conto nei rapporti tra banca e
correntista, assurge ad un ruolo fondamentale e oggetto dell'annotazione sono
«somme» e non già «crediti reciproci». In ragione di ciò - l'annotazione
della somma produce un'«immediata modifica del "saldo disponibile"
e, dunque, di quella quantità di moneta di cui il cliente "può disporre in
qualsiasi momento" (art. 1852 c.c.).»24. Essa va considerata a tutti gli
effetti nei rapporti tra banca e cliente come un «pagamento, estinguendo, a
seconda dei casi, tanto l'eventuale debito della banca, quanto quello del
cliente»25 .
Chiare ed ovvie le conseguenze in sede di decorrenza della prescrizione
dell'azione di restituzione dell'indebito pagamento: il dies a quo non può che
essere individuato nel giorno dell'annotazione su conto - e non nella chiusura
definitiva dello stesso- risultando essa equiparata a tutti gli effetti ad un
pagamento e non già ad una mera operazione contabile.
3- Ciò premesso, va rilevato che la sinergia prodotta dal singolare connubio
operato dalla giurisprudenza tra le «nuove» nullità dei contratti bancari e
il riconoscimento dell'unitarietà del rapporto di conto corrente bancario ha
innescato un contenzioso di dimensioni bibliche tra banche e clienti, i quali
ultimi a ciò sollecitati dall'influsso delle associazioni di consumatori, non
hanno esitato a condurre quella che è stata definita da qualcuno una vere e
propria battaglia di religione26. Le banche, ovviamente, non sono rimaste lì a
guardare e, a loro volta, con l'ausilio storico quanto sapiente
dell'associazione di categoria hanno a tal punto sensibilizzato i politici di
ogni colore e di ogni tempo che in favore delle stesse sono stati emanati nel
breve volgere di un decennio un serie di provvedimenti legislativi diretti a
sollevare le loro sorti di fronte al giudizio di una giurisprudenza non più
come un tempo favorevole ad accogliere le loro, talvolta, invero suggestive
tesi. E' accaduto così che ad ogni significativa pronuncia del giudice delle
leggi, non a caso ha fatto seguito un provvedimento legislativo «ad personas»
con il quale, giovandosi anche dell'astuto ricorso allo strumento
dell'«interpretazione autentica», ha risolto anche per il passato con un
autentico colpo di spugna in favore delle banche i problemi a cui le medesime
avevano dato causa27.
Il singolare fenomeno, non ascrivibile al mero caso, ha avuto modo di
manifestarsi di recente con riguardo ai problemi posti dall'orientamento
assunto da parte della giurisprudenza in materia di prescrizione dell'azione di
restituzione con riferimento al conto corrente bancario di cui si è detto. Un
invero solerte legislatore, a pochi giorni dalla pronuncia sul punto della
Suprema Corte a sezioni unite28 ha emanato alla art. 2, comma 61, della legge
n. 10 del 2011, di conversione del cd. Decreto Milleproroghe (D.L. 29 dicembre
2010 n. 225) che testualmente recita «In ordine alle operazioni bancarie
regolate in conto corrente l'art. 2935 del codice civile si interpreta nel
senso che la prescrizione relativa ai diritti nascenti dall'annotazione in
conto inizia a decorrere dal giorno dell'annotazione stessa. In ogni caso non
si fa luogo alla restituzione di importi già versati alla data di entrata in
vigore della legge di conversione del presente decreto legge».
Chiaro il riferimento operato dal legislatore all'««annotazione»», che viene
per la prima volta testualmente equiparata, sia pur a fini prescrizionali, al
pagamento, in ossequio ed in adesione - si ignora sino a che punto consapevole-
all'opinione della dottrina a cui innanzi si è fatto cenno.
Poco chiaro di contro, per quel che in seguito si dirà il diniego di
restituzione di importi già versati.
4- Indubbiamente della novella balza subito agli occhi il peculiare rilievo
assegnato dal legislatore all'annotazione sul conto corrente, annotazione a cui
non aveva dato particolare significanza buona parte della giurisprudenza, ivi
compresa quella di legittimità.
Le Sezioni unite da ultimo29 però, sollecitate sul punto, hanno affrontato per
la prima volta in maniera più approfondita la questione affermando che
l'annotazione in conto di interessi illegittimamente addebitati dalla banca al
correntista, nel mentre determina un incremento del debito del correntista o
una riduzione dei credito di cui egli ancora dispone, ««in nessun modo si
risolve in un pagamento»», in quanto ««non vi corrisponde alcuna attività
solutoria del correntista medesimo in favore della banca»». L'annotazione
illegittima determina- secondo i giudici della Suprema Corte - l'insorgere del
diritto del correntista ad agire ««per far dichiarare la nullità del titolo su
cui quell'addebito si basa e, di conseguenza, per ottenere una rettifica in suo
favore delle risultanze del conto stesso»» e, ove al conto acceda un'apertura
di credito bancario, l'azione potrà conseguire l'ulteriore scopo ««di
recuperare una maggiore disponibilità di credito entro i limiti del fido
concessogli»». Il correntista non potrà però agire mai ««per la ripetizione di
un pagamento che, in quanto tale, da parte sua non ha ancora avuto luogo»».
E' di chiara evidenza come la pronuncia in parola neghi, sia pur
incidentalmente, la possibilità di agire in restituzione per il cliente di
quanto indebitamente annotato su conto aperto al servizio di un'apertura di
credito in essere anche nell'ipotesi siano stati effettuati dei veri e propri
versamenti30, nella misura in cui gli stessi abbiano carattere meramente
ripristinatorio della provvista, di cui al fido concesso con l'apertura di
credito, e non solutorio di quanto dovuto per avere operato cd. allo scoperto.
D'altro canto, per quel che più ci interessa, i giudici di legittimità in parte
escludono, sia pur per implicito, che nel conto corrente bancario si annotino
««somme e non crediti e che l'annotazione possa modificare ««in via immediata
il saldo»», di cui il cliente ha il potere di disporre in ogni momento. In
buona sostanza la banca registra con particolare riguardo all'apertura di
credito in conto corrente, oltre alle poste modificative del credito, anche gli
interessi e competenze che maturavano secondo le vecchie NUB trimestralmente,
senza riferimento ad alcuna rimessa di pagamento. Quest' ultima, quando
interviene, viene portata a deconto del capitale di credito, incrementando
l'ammontare del deposito o la percentuale di utilizzo dell'importo affidato. Il
saldo del conto viene così impropriamente influenzato dagli interessi appostati
in conto dalla banca, che inducono una limitazione nella facoltà di maggior
indebitamento, ma che non configurano un pagamento anticipato degli stessi. Il
correntista potrà agire per ottenere una rettifica delle risultanze del conto,
per recuperare una maggiore disponibilità di credito entro i limiti di fido
concessogli, ma non potrà agire per la ripetizione di una rimessa ««annotata»»
su conto affidato, poco importa se a seguito di effettivo versamento o da
accredito per altra causa (bonifico da parte di terzi o ordine di
accreditamento a seguito dell'intervenuta conclusione di un finanziamento ad
esempio). Ciò in quanto la funzione ripristinatoria dell'entità
dell'affidamento in essere a cagione dell'apertura di credito esclude la
ricorrenza di un pagamento, che, in quanto tale, non ha ancora avuto luogo.
Tale azione di ripetizione- secondo la Suprema Corte- potrà essere proposta
invece pure in pendenza di conto ««aperto»», acceso in funzione di una
collegata apertura di credito in conto corrente, solo per i versamenti o gli
accrediti che aventi natura solutoria del debito, immediatamente esigibile
dalla banca in quanto generatosi per aver il cliente superato il limite del
fido concesso.
In tali casi, onestamente in termini un po' contradditori rispetto al
precedente assunto, la Suprema Corte riconosce all'annotazione in conto, sia
pur per implicito, la natura non solo di operazione contabile, ma di vero e
proprio pagamento, se è vero che l'importo solutoriamente annotato, fa
insorgere il diritto alla ripetizione in chi all'evidenza si considera come
solvens.
5-In questo contesto non pare cogliere il cuore del problema quella recente
giurisprudenza31 che ha optato per una disapplicazione della novella
««interpretativa»» in tema di prescrizione sulla base della considerazione un
po' affrettata - solo all'apparenza fondata sulla citata sentenza della Suprema
corte32- secondo cui l'annotazione sarebbe ««operazione contabile meramente
interna all'istituto di credito, peraltro, potenzialmente ignota al cliente. I
diritti rivenienti da siffatta ««annotazione»» sarebbero del tutto estranei
alla fattispecie sub iudice in quanto quest'ultima ««non attiene a posizione
derivante dalla annotazione, bensì dal pagamento, quale inteso dalla richiamata
sentenza che da detta operazione contabile nasca un indebito»». In buona
sostanza proprio l'ancoraggio operato dal legislatore della novella
««interpretativa»» all' ««annotazione»» escluderebbe il sorgere dalla medesima
di un diritto alla ripetizione immediatamente esercitabile ed assoggettabile in
quanto tale a prescrizione.
Siffatto argomentare, peraltro non del tutto in linea con l'assunto sostenuto
dalla S.C. in ragione delle considerazioni sopra svolte, individua nell'
annotazione una mera ««operazione contabile»» e l'ascrive ad iniziativa
unilaterale della banca del tutto sganciata dal contesto negoziale di
riferimento (operazione bancaria in conto corrente) e dalla sfera di controllo
del correntista.
Ma così non è. Invero le famigerate NUB pur sottoscritte dal cliente
prevedevano all'art. 733 e prevedono sia pur con diversa articolazione34 ora
l'autorizzazione al regolamento in conto delle operazioni in dare ed avere.
Alla luce di tali emergenze negoziali pare un fuor d'opera sostenere la totale
estraneità alla sfera di controllo del cliente della prefata annotazione: la
stessa interviene in forza di preventiva autorizzazione35 in tal senso
rilasciata in favore della banca e patisce poi la successiva approvazione del
cliente a seguito della mancata contestazione del conto. L'annotazione, lungi
dall'essere una mera operazione contabile sganciata dalla sfera giuridica di
chi ne patisce gli effetti favorevoli o sfavorevoli, si configura come atto
esecutivo che trova la sua genesi proprio nella divisata tra le parti
operazione bancaria in conto corrente. Essa trova pertanto la sua fonte
regolamentare non solo nel contratto di conto corrente isolatamente
considerato, ma nell'operazione bancaria medesima considerata nella sua
unitarietà e quindi anche nell"apertura di credito36 o in altro contratto
««regolato»» .
In ragione di ciò l'annotazione, ferma la sua legittima incidenza nella sfera
giuridica del cliente in virtù di esplicita previsione negoziale37, si
configura a tutti gli effetti - con riguardo all'ipotesi più frequente
dell'apertura di credito -come rappresentativa di una rimessa non equiparabile
da un punto di vista dinamico e funzionale ad un pagamento, allorchè persegua
una finalità ripristinatoria di una disponibilità concessa dalla banca con l'
apertura di credito. Detta annotazione si configura ad ogni effetto come
pagamento - come peraltro riconosce la recente giurisprudenza di legittimità38-
, ove occorra anche a mezzo moneta scritturale in luogo di quella moneta legale
39, qualora assuma funzione solutoria del debito scaduto, esigibile e
documentato sul conto a seguito di un utilizzo del medesimo al di fuori della
disponibilità concessa ( cd. extrafido) ovvero in assenza totale di potere di disporre.
Ciò può accadere qualora intervenga recesso dal contratto di apertura di
credito40 con conseguente revoca dell'affidamento e del suddetto potere a mezzo
del conto in essere ovvero in ipotesi di mancata conclusione di un contratto di
apertura di credito correlato a quello di conto corrente ( si pensi al deposito
bancario in conto corrente non affidato al cui titolare la banca consenta
temporanee scoperture ).
La tesi che qui si sostiene trova la sua giustificazione, per così dire
genetica, in una valutazione dei due contratti di apertura di credito e di
conto corrente a mo' di un'unitaria operazione economica, peraltro fondata
anche su di un dato letterale descrittivo inequivocabile: è invero uno dei
pochi casi in cui è dato rinvenire dal legislatore un rinvio esplicito
all'««operazione»». L'unitarietà dell'operazione, per come voluta dalla parti
ed ancor prima dal legislatore, non può non essere foriera di effetti nella
disciplina del rapporto. A prescindere dalle problematiche connesse con la stessa
configurabilità dell'operazione economica come categoria giuridica, è
innegabile il suo rilievo proprio con riferimento all'««operazione»» bancaria
in conto corrente. Invero in questo caso la causa dalle parti perseguita in
concreto va individuata appunto ««con riferimento al contesto dell'intera
"operazione" negoziale nella quale il singolo atto si inquadra e
della quale costituisce semplice strumento o modalità»»41.
Per conseguenza non pare opinione condivisibile, pur nella autorevolezza della
fonte, quella secondo cui l'apertura di credito e il conto corrente sarebbero
contratti a tal punto autonomi e distinti che il potere di disporre del saldo
rinverrebbe la sua genesi esclusivamente nella disciplina del rapporto di conto
corrente bancario, la cui efficacia tipica verrebbe appunto individuata ««nel
regolare con annotazione e conseguente variazione del saldo disponibile i
reciproci rapporti di dare ed avere»»42.
Deve in contrario rilevarsi che, se pur vero che tale assunto può trovare un
appiglio letterale nell'art. 1852 c.c., non può essere revocato in dubbio che
il potere di disporre degli importi affidati viene conferito al cliente a mezzo
del contratto di apertura di credito43 eo di deposito44, la cui
««regolamentazione»» quanto all'utilizzo interviene giovandosi dell'ausilio di
un conto corrente bancario appunto. Se così è il potere del correntista può
essere configurato se ed in quanto a monte vi sia la costituzione della
disponibilità di un determinato importo sul conto, in quest'ottica costituendo una
necessitata conseguenza la possibilità di disporre del saldo di quel conto per
come approvvigionato in forza dei contratti generatori di disponibilità o di
provvista. Di ciò dà atto anche la dottrina che sostiene l'autonomia del
contratto di conto corrente allorchè riconosce che ««il conto corrente non
"corre" se su di esso non circola moneta»» e che ««le banche in
pratica non "aprono" un conto corrente se il cliente non versa danaro
o non gli viene concessa un'apertura di credito»»45.
Ecco che allora la reintegrazione della disponibilità del cliente operata a
mezzo dell'annotazione, se da un canto è funzionale al riespandersi del potere
di utilizzo della somma affidata o depositata, d'altro canto non è mai foriera
dell'insorgere dei diritti di ripetizione dell'indebito. Ciò per elementare
ragione che quella rimessa puntualmente annotata sul conto, valutata alla luce
del complessivo e dinamico rapporto tra conto corrente ed contratto di
provvista ( in esso ricompreso sia il deposito che l'apertura di credito o
altro contratto generatore dell'approvvigionamento), non costituisce mai
adempimento di un debito scaduto. Non lo è per l'ipotesi del deposito che
genera comunque un credito di restituzione per il cliente, non lo è per
l'apertura di credito, nella misura in cui l'utilizzo della somma affidata sino
a revoca è mero esercizio del potere di disposizione conferito con la
conclusione del contratto e giammai dunque situazione giuridica passiva. In
ragione di ciò dal momento in cui la rimessa così circostanziata interviene con
riguardo ad un conto ««affidato»» nei limiti dei reintegrazione della
disponibilità concessa con il contratto di apertura di credito non potrebbe mai
iniziare a decorrere alcun termine prescrizione del diritto del solvens alla
ripetizione dell'indebito a seguito dell'annotazione della medesima.
Ma la prescrizione non decorre per un ulteriore ordine di ragioni.
Deve all'uopo rilevarsi che la novella ««interpretativa »» fa riferimento
esclusivo ««ai diritti nascenti dall'annotazione»». Orbene pare doveroso
chiedersi, avuto riguardo al tema della presente indagine se tra i diritti ««
diritti nascenti dall'annotazione in conto corrente bancario»» possa ricondursi
il diritto alla ripetizione dell'indebito di cui all'art. 2033 c.c. Indubbiamente
nella misura in cui si equipari l'annotazione al pagamento il problema si pone
e ciò accade con riguardo alla tesi in precedenza sostenuta con riferimento a
rimesse su conto aventi funzione solutoria. Resta però da chiedersi, una volta
riconosciuta alla ripetizione dell'indebito la natura di schema neutro sicchè è
da escludere la sua riconducibilità ad un unico profilo giuridico
strutturale46, se e fino a che punto il tempo del manifestarsi
dell'antidoverosità del pagamento assuma rilievo al fine del computo del dies a
quo. Il quesito non pare del tutto peregrino, qualora si tenga conto che nel
caso di specie l'antidoversosità in parola si radica in una dichiarazione di
nullità del giudice adito di una o più clausole contrattuali. In buona
sostanza, ad esempio, in assenza di dichiarazione di nullità della clausola che
prevede la capitalizzazione trimestrale degli interessi sui conti debitori non
è luogo a parlarsi di azione di ripetizione. In tal caso però la dichiarazione
di nullità non riguarderebbe l'annotazione che, in quanto mero atto esecutivo e
non negozio47, sarebbe meramente inefficace. Al riguardo non è mancato chi ha
individuato proprio nell'accertamento con sentenza della nullità del titolo
sulla base del quale è stato effettuato un pagamento l'insorgere della
legittimazione ad agire in ripetizione, per conseguenza individuando il termine
di inizio della decorrenza ««dal passaggio in giudicato della sentenza
medesima»»48. Si è all'uopo rilevato che ««prima di tale momento permane
l'esistenza del titolo che aveva dato luogo al versamento della somma ed è
esclusa la possibilità legale dell'esercizio del diritto»»49.
Ad onor del vero l'affermazione, pur agganciata ad un dato processuale
inoppugnabile ( l'inammissibilità di un'azione di ripetizione fondata sulla
nullità del titolo, prima che sia intervenuta una pronuncia che dichiari tale
nullità), sembrerebbe provare troppo nella misura in cui renderebbe di fatto
inapplicabile la previsione di cui all'art. 1422 c.c. Infatti la disposizione,
pur affermando l'imprescrittibilità del diritto a far valere la nullità del
negozio, fa comunque salva, tra l'altro, la prescrizione dell'azione di
ripetizione50. Di contro non pare revocabile in dubbio che le azioni di
caducazione del contratto, pur non identificandosi con le azioni di
restituzione51, costituiscano l'antecedente logico-giuridico della pretesa
restitutoria. Con ciò non si vuole negare l'autonomia tra le due azioni, atteso
che l'obbligazione di restituzione da contratto nullo ««non è un mero riflesso
materiale dell'azione diretta a far dichiarare la nullità del contratto»»52 in
quanto rinviene la sua genesi non solo nella non debenza della prestazione, ma
anche nell'intervenuta esecuzione della stessa. Deve rilevarsi però, al di là
della autonomia o meno delle due azioni, come determinante ai fini della
presente disamina è il fatto che non sia configurabile una legittimazione
all'azione di ripetizione prima della caducazione del contratto53. Per
conseguenza ricorre quell'impossibilità di far valere il diritto derivante da
cause giuridiche, impossibilità alla quale l'art. 2935 c.c. attribuisce
rilevanza di fatto impedivo della decorrenza della prescrizione54. Ovviamente a
tutto ciò nulla aggiunge la circostanza che la banca nelle more della dichiarazione
di nullità diligentemente abbia provveduto all'annotazione degli addebiti in
forza di clausola nulla sul conto corrente: da quell'annotazione, mero atto
esecutivo di una previsione negoziale nulla, non potrà derivare l'effetto
salvifico ( per la banca) dell'anticipato decorrere della prescrizione. A
quella data non poteva efficacemente impugnarsi l'estratto conto o richiedersi
nella vigenza di una, ancora valida, previsione contrattuale la restituzione
del maltolto.
Né in contrario si può opporre che la pronuncia di nullità di un negozio è di
mero accertamento e per l'effetto «« ha portata ed efficacia retroattiva con
caducazione dell'atto divenuto giuridicamente irrilevante fin dall'origine con
conseguente definitivo venir meno della modifica della situazione giuridica
preesistente»»55, in ciò rinvenendo formale ragione di un efficace decorso del
termine per la prescrizione di un diritto non azionabile sino alla pronuncia
caducatoria. Così opinando si fornirebbe del dato normativo un'interpretazione
inammissibilmente orientata nella chiara violazione del diritto di difesa (art.
24 cost.) e di eguaglianza sostanziale (art. 3)56: il cliente non solo sarebbe
costretto a subire nel corso del rapporto il danno da illecito conteggio della
banca, unica titolare del diritto di «scrittura» o di ««annotazione »» che dir
si voglia sul suo conto, ma potrebbe solo conseguire la vittoria di Pirro di un
( preliminare quanto imprescindibile) accertamento della nullità della
previsione negoziale giustificatrice di tale conteggio, senza vedersi in
conseguenza riconosciuto il diritto alla integrale restituzione di quanto
malamente annotato proprio e solo in virtù di tale illecita previsione.
6-Lascia invero perplessi la previsione operata dal legislatore nella seconda
parte delle disposizione oggetto di disamina allorché sancisce che in ogni caso
non si faccia luogo alla restituzione di importi già versati alla data di
entrata in vigore della legge di conversione del decreto legge. La norma, che
dà ancora una volta conferma dell'equiparazione del versamento all'annotazione,
potrebbe sembrare prima facie diretta ad escludere la ripetizione di quanto
eventualmente versato dalla banca in conseguenza del riconoscimento del diritto
alla ripetizione esercitato dal cliente in forza della pregressa censurata
««interpretazione»»57. In realtà nella sua astratta generalizzazione non
esclude affatto che il diniego di restituzione riguardi anche i versamenti su
conto operati nel corso del rapporto da parte del cliente.
Proprio alla luce delle considerazioni che precedono in relazione al ruolo
espressamente riconosciuto all'annotazione dalla novella, tale ulteriore
previsione risulta dotata di una pervasiva incidenza su tutte le operazioni
bancarie in conto corrente in essere o chiusi al momento dell'entrata in vigore
della legge. Detta incidenza si apprezza soprattutto a danno del cliente, che
sebbene ««titolare»» del conto, patisce - come e noto- la sua gestione con
riguardo all'imputazione delle rimesse ed alla determinazione del saldo. Per il
tramite della disposizione in esame il legislatore intende all'evidenza porre
una pietra tombale sulle richieste di restituzione di importi ««versati»», che
nella quotidiana prassi giudiziale non vedono come attori le banche.
Il precetto normativo risulta all'evidenza slegato dal dichiarato carattere
interpretativo riconosciuto expressis verbis alla prima parte della
disposizione in parola in ragione appunto di quel ««comunque»» , che priva
anzidetto precetto da qualsivoglia funzione interpretativa assolta dalla prima
parte in relazione alla disposizione di cui all'art. 2935 c.c. In buona
sostanza il significato avversativo dell'avverbio ««comunque»» rende esplicita
una volontà del legislatore di rendere non praticabile qualsivoglia istanza di
restituzione di ««importi già versati»», senza distinzione alcuna tra banca e
cliente. Se così è, ove pure si voglia ritenere che l'autoqualificazione come
norma interpretativa, operata espressamente solo per la prima parte, riguardi
nell'intenzione del legislatore anche la seconda parte della previsione in
esame, invero sarebbe difficile negare che un siffatto precetto normativo abbia
operato una vera e propria innovazione nella portata e nell'estensione58 del
diritto alla ripetizione di quanto indebitamente ««versato»» in relazione ad
««operazioni bancarie regolate in conto corrente»». Detto diritto, in via
generale garantito dall'art. 2033 c.c., patisce a mezzo della previsione di che
trattasi una prematura scomparsa, allorché trattasi di operazioni bancarie in conto
corrente.
In forza delle considerazioni che precedono dovrebbe quindi escludersi il
riconoscimento di un carattere interpretativo dalla disposizione censurata, ma
tale conclusione sarebbe comunque per il solvens del tutto irrilevante, perché
la norma in parola ha una chiara valenza retroattiva anche a prescindere da un
suo efficacemente contestato carattere interpretativo, riguardando
espressamente gli ««importi già versati alla data di entrata in vigore della
legge di conversione»».
Altro problema è se la retroattività in esame sia o meno ««colorata»» nel caso
concreto di incostituzionalità, ma di ciò in seguito.
7-Come è noto la novella, in relazione alla devastante incidenza su di un
copioso contenzioso in corso, ha suscitato sin da subito dubbi di
incostituzionalità e le relative questioni sono state tempestivamente sollevate
da attenta giurisprudenza di merito59.
Alcune sintetiche premesse appaiono doverose .
In primo luogo, qualsivoglia questione di costituzionalità si intenda
sollevare, pregiudiziale appare il superamento dell'argine dettato dalla
possibilità interpretazione conforme a Costituzione. Come è noto si è da tempo
consolidato nella giurisprudenza costituzionale l'orientamento secondo cui «di
fronte a più possibili interpretazioni, allorché su nessuna di esse si sia
formato il diritto vivente, il giudice rimettente deve far uso dei propri
poteri interpretativi allo scopo di valutare, preventivamente, se esiste la
possibilità di superare i dubbi di costituzionalità attraverso un'interpretazione
adeguatrice della disposizione denunciata, che la renda conforme ai principi
costituzionali»60.
Di poi si deve rammentare che, il principio di irretroattività della legge
assurge a principio costituzionale soltanto in materia di leggi penali
incriminatrici61. Conseguentemente è riconosciuta al legislatore il potere di
intervenire anche su fattispecie, i cui effetti si sono già esauriti,
introducendo regole del tutto nuove con efficacia retroattiva nell'acclarata
insussistenza di limiti ulteriori rispetto a quelli normalmente posti dal
sistema nei confronti del legislatore. Ciò non di meno il medesimo non può non
essere soggetto anche in questo caso al rispetto dei principi costituzionali,
tra cui particolare rilevanza assumono il principio di eguaglianza e di
affidamento62 nonché il principio di ragionevolezza63. Proprio la stessa Corte
costituzionale ha avuto anche di recente modo di affermare che ««l'intervento
legislativo diretto a regolare situazioni pregresse è legittimo a condizione
che vengano rispettati i canoni costituzionali di ragionevolezza e i principi
generali di tutela del legittimo affidamento e di certezza delle situazioni
giuridiche»»»64.
La valutazione della legittimità costituzionale della norma in relazione a
siffatti principi in concreto poi prescinde dalla ricorrenza o meno di una
previsione esplicita di retroattività ovvero se tale effetto è perseguito a
mezzo di una norma, a cui il legislatore riconosce una funzione interpretativa
di altra disposizione preesistente dalla scelta dichiaratamente retroattiva. In
quest'ultima ipotesi troveranno egualmente applicazione suddetti principi
««anche al fine di assegnare a determinate disposizioni un significato
riconoscibile come una delle possibili letture del testo originario»»65. Solo
sotto questo limitato aspetto con riguardo al giudizio di costituzionalità
finisce con l'essere rilevante quoad ad effectum il profilo definitorio, se
cioè nel caso concreto debba parlarsi di interpretazione autentica di norma
previgente o di norma nuova con efficacia retroattiva. Peraltro proprio il
ricorso all'interpretazione autentica è stato ritenuto dalla Corte ammissibile
non soltanto in presenza di incertezze sull'applicazione di una disposizione o
di contrasti giurisprudenziali, ma anche «quando la scelta imposta dalla legge
rientri tra le possibili varianti di senso del testo originario, con ciò
vincolando un significato ascrivibile alla norma anteriore»66. E' stata invece
ritenuta incostituzionale la norma che propugni una soluzione interpretativa
non prevedibile rispetto a quelle affermatesi nella prassi67.Certo è che però,
qualunque sia la scelta operata da legislatore ««la norma successiva non può,
però, tradire l'affidamento del privato sull'avvenuto consolidamento di
situazioni sostanziali»»68. Né in contrario possono addursi ««necessità di
riduzione del contenzioso o di contenimento della spesa pubblica»»69 o per far
fronte ad evenienze eccezionali70 .
Qui di seguito si affronteranno compatibilmente con i limiti della presente
trattazione i profili di maggiore pregnanza.
8- La giurisprudenza che si è occupata della questione ha posto in luce come
l'art. 2, comma 61, della l. n. 10/2011 avrebbe violato i limiti posti dalla
Corte costituzionale con riguardo all'ammissibilità di una legge di
interpretazione in quanto ««non vi era alcun dubbio interpretativo in ordine
alla decorrenza della prescrizione dei diritti nascenti all'annotazione nelle
operazioni bancarie regolate in conto corrente»»71. Si è poi, più
opportunamente, specificato che non esistendo una norma (specifica) da
interpretare non ricorrono i presupposti per l'esercizio del potere di
legislazione a fini interpretativi. Invero si rileva ««l'assenza una norma che
disciplini di per sé, in maniera specifica, la decorrenza della prescrizione
con riguardo al contratto di apertura di credito, regolato in conto corrente»»,
sicché, in effetti, riuscirebbe difficile individuare una delle possibili
opzioni esegetiche72.
Siffatto argomentare rinviene ulteriore linfa nel seguente ordine di considerazioni.
Da un canto, anche alla luce dei più recenti orientamenti della Corte di
Cassazione, il termine ««annotazione»» non equivarrebbe a ««pagamento»» ed
attenendo la ripetizione dell'indebito in questo caso alla ripetizione di un
pagamento, non avrebbe senso alcuno far decorrere il dies a quo
dall'annotazione73. D'altro canto l'annotazione in conto corrente esula dalla
sfera conoscitiva del cliente, il quale è reso edotto delle movimentazioni del
proprio conto solo con la ricezione dell'estratto conto. Per l'effetto «chi non
ha avuto conoscenza (né avrebbe potuto conoscere) dell'esistenza di addebiti in
proprio sfavore, perché semplicemente annotati in conto e non anche comunicati,
non è nelle condizioni giuridiche di esercitare qualunque pretesa restitutoria
o di altra natura»74. Una simile interpretazione cozzerebbe con quanto previsto
dall'art. 2935 c.c. che andrebbe interpretato anche alla luce delle norme
regolatrici del diritto assoggettato a prescrizione75. In quest'ottica il
giudicante, ritenendo in sostanza come unica interpretazione possibile quella
propugnata dalla Suprema Corte a sezioni unite di cui si è detto76, sostiene
corentemente la «« non includibilità della soluzione interpretativa prospettata
tra quelle legittimamente traibili dalla disciplina complessiva dell'istituto
(e conseguente irragionevolezza della norma de qua)»».
Indubbiamente la presupposta assenza di un contrasto interpretativo potrebbe
influire sulla ragionevolezza di una disposizione che dovesse assumere come
esistente un contrasto inesistente. In concreto però, pur riconoscendo la
prevalenza dell'opzione interpretativa favorevole alla tesi della c.d.
unitarietà del conto corrente, sia pur con taluni distinguo nell'ambito della
stessa77, non può escludersi la ricorrenza di una diversa scelta ermeneutica, a
cui sopra si è fatto cenno, sostenuta da parte autorevole dottrina 78 e fatta
propria in alcune sentenze di merito79. Per conseguenza sotto il profilo della
ragionevolezza della dichiarata opzione esegetica potrebbe non risultare
censurabile la scelta di privilegiare un'opinione, sia pur minoritaria.
Del resto l'argomento della non equiparabilità dell'annotazione al pagamento
appare un po' forzata, proprio alla luce della stessa giurisprudenza della
Suprema Corte da cui si vorrebbe trarre sostegno. Per quanto sopra già
evidenziato l'annotazione equivale a pagamento in tutte le ipotesi in cui
l'operazione contabile rappresentata assurge ad una funzione solutoria e non
ripristinatoria . A prescindere quindi delle definizioni, indubbiamente,
quantomeno in tale ipotesi la dazione, con qualunque modalità adottata (
versamento, bonifico ecc.) equivale a pagamento in ragione della funzione
solutoria a cui è destinata.
Un contributo all'idea dell'irrazionalità della scelta ermeneutica iussu
principis non pare potersi ricavare individuando nell'annotazione una
circostanza di fatto ««che esula dalla sfera conoscitiva del cliente, il quale
è reso edotto delle movimentazioni del proprio conto, solo con la ricezione
dell'estratto conto, primo atto con cui si attua il valore della conoscibilità
delle competenze annotate in proprio favore dalla Banca»»80. Invero quello che
conta ai fini della decorrenza della prescrizione non è tanto il concreto
esercizio del diritto, ma l'astratta possibilità di esercitarlo. La
prescrizione, ai sensi dell'art. 2935 c.c., comincia a decorrere dal giorno in
cui il diritto può essere fatto valere, intendendo riferirsi con tale
espressione alla possibilità legale di esercitare il diritto medesimo stante
l'assenza di un impedimento giuridico, il quale soltanto impedisce il decorso
della prescrizione81. In questo caso il cliente, che ha la possibilità di
disporre del saldo in qualunque momento, a maggior ragione ( art. 1852 c.c.),
ancor prima della scadenza del termine per l'invio dell'estratto, può prendere
contezza della esistenza sul conto delle somme di cui intende disporre e delle
annotazioni che l' hanno determinata.
Concludendo quindi sul punto non pare che le argomentazioni addotte in favore
della incostituzionalità della norma di interpretazione autentica, pur nelle
loro indubbia e suggestiva valenza, abbiano fondamenta tali da non consentire
un'interpretazione costituzionalmente orientata atta a superare le prospettate
censure.
9- Ulteriore e forse più fondato motivo di legittimità costituzionale della
norma in parola è stato individuato nella violazione del principio di azione ex
art. 24 Cost., in quanto, avendo la nuova disciplina impedito la ripetizione
dei versamenti indebitamente eseguiti alla data di entrata in vigore della
legge di conversione del presente decreto legge, avrebbe così nella sostanza
introdotto in via legislativa, il divieto di ripetizione delle somme
indebitamente corrisposte dal cliente alla banca82.
La norma invero soprattutto nella sua seconda parte, al di là delle alchimie
possibili in ordine alla significanza del termine ««versamento»»83, il quale
comunque ben può ricomprendere un pagamento con moneta scritturale ( a mezzo di
bonifico ad esempio), in effetti determina l'irripetibilità degli ««importi già
versati alla data di entrata in vigore della legge di conversione»» ,a
prescindere dal titolo giustificativo dell'attribuzione e ciò anche
nell'ipotesi di invalidità e persino di illiceità del medesimo. Da qui i giudici
remittenti individuano un insanabile contrasto con il principio ««della
indefettibilità della tutela giurisdizionale, quale caposaldo dello Stato di
Diritto»»84 e di cui all'art. 24 cost.
Sul punto può condividersi l'opinione di chi esclude che per la nostra
costituzione il diritto all'azione giudiziaria possa configurarsi ««come mero
potere astratto di adire il giudice con la proposizione della domanda né un
diritto astratto alla pronuncia tout court»»85. L'azione invece, configurata in
concreto ed in proiezione soggettiva, non può identificarsi con il diritto ad
un provvedimento giudiziale qualunque esso sia , ma deve intendersi come ««il
diritto ad una attività giudiziale minima che si sviluppi in una serie di
situazioni le quali, nel processo, sintetizzino il minimo necessario e
sufficiente di poteri idonei ad ottenere un provvedimento decisorio»»86. Sotto
questo profilo ««azione e difesa sono garanzie omologhe tendenti ad assicurare
a priori ad entrambe le parti in lite la pluralità di chances nella determinazione
dell'esito del giudizio, non potendo negarsi al cittadino il diritto di
pretendere l'eguaglianza delle armi gli sia resa effettiva dalla rimozione di
ogni ostacolo fattuale o giuridico capace di porla in pericolo e l'efficacia
specifica della tutela concordata sia tale da soddisfare in concreto il bisogno
di giustizia»»87.
Secondo la costante giurisprudenza della Corte Costituzionale88 ««la garanzia
costituzionale della difesa opera attribuendo la piena tutela processuale delle
situazioni giuridiche soggettive nei termini e nelle configurazioni che a
queste derivano dalle norme del diritto sostanziale»» 89. Per l'effetto quella
garanzia trova quindi ««confini nel contenuto del diritto al quale e
strumentale e si modella sui concreti lineamenti che questo riceve
dall'ordinamento»»90 . Non pare dunque azzardato sostenere che nel caso
concreto ««le norme sulla prescrizione, pur avendo una natura sostanziale»»
producano ««i loro effetti sul piano processuale, atteso che invocando
l'effetto estintivo delle stesse è possibile impedire ai titolari di diritti di
ottenerne la realizzazione in via giudiziaria»»91, anche se , come è noto, con
riferimento al diritto di azione si rischia sovente la confusione tra limiti
sostanziali e limiti processuali92. In ogni caso anche quella giurisprudenza
attenta ad evitare la confusione tra il piano sostanziale e quello processuale,
non esclude in linea di principio la rilevanza della questione sollevata con
riguardo a profili sostanziali come la prescrizione del diritto qualora ««
potesse intendersi come potenzialmente incidente sulla concreta possibilità di
agire per ottenere una tutela adeguata del proprio interesse»». Qui è
innegabile che si sia fissato successivamente ««un termine per il compimento di
un atto, la cui omissione importi un pregiudizio per una situazione soggettiva
giuridicamente tutelata»»93. Pertanto nella garanzia di cui all'art. 24 della
Costituzione non può non essere ricompresa la conoscibilità del momento
iniziale di decorrenza del termine stesso94. Nel caso concreto tale
conoscibilità del potere di richiedere la restituzione di quanto indebitamente
versato era in ipotesi giuridicamente preclusa in quanto imposta da un legge
per l'appunto successiva.
Certo è però che in questo caso il limite sostanziale posto all'esercizio della
condictio indebiti non pare trovare giustificazione alcuna né nella
ragionevolezza delle limitazioni, né nell'esigenza di tutela di interessi
superiori 95. Quanto alla ragionevolezza occorre qui evidenziare che la medesima
risulti esclusa dalla circostanza che in maniera del tutto arbitraria si è
determinata una preclusione assoluta di agire,sia pur come conseguenza
immediata e diretta di una previsione sostanziale, che andrà prevalentemente in
danno della parte presumibilmente più debole del rapporto. Quanto alla
ricorrenza di interessi superiori, pare potersi escludere in questo caso che
l'interesse della banca a non restituire il maltolto possa qualificarsi come
««superiore»».
Forse più meritevole di attenzione appare la possibile riconduzione di tale
interesse nell'ambito di cui all'art. 47 cost.96 ed al richiamo da questa norma
operato al controllo dell'esercizio del credito da parte dello Stato. Invero
uno dei settori in cui con maggiore efficacia e determinazione lo Stato è da
sempre intervenuto nell'economia è proprio quello relativo all'esercizio del
credito ed in particolare di quello esercitato professionalmente dagli
intermediari finanziari, senza disdegnare sortite di più ampio spettro,
sollecitato in tal senso anche da esigenze di ordine pubblico. Il controllo
dell'esercizio del credito trova il suo riconoscimento di rango costituzionale
nell'art. 47 cost. e la dottrina prevalente ha per lungo tempo ritenuto che
detta norma altro non sia che una specificazione dell'art. 41 cost.97, con
l'unica differenza rinvenibile nella circostanza che il Costituente avrebbe
consentito la disciplina ed il controllo del credito anche attraverso il
ricorso a strumenti diversi della legge. Di contro non è mancato chi ha
individuato proprio nell'art. 47 cost. un prius rispetto all'art. 41 cost, ciò
in quanto ««disciplina uno dei fattori antecedenti e condizionanti il fenomeno
regolato dall'art. 41 »» ed ha sostenuto che l'iniziativa economica e la
disciplina ed il controllo della funzione creditizia sarebbero due fenomeni
economici diversi e nettamente distinti98. Attualmente, a seguito dell'avvento
della legislazione comunitaria e dei connessi superiori principi della
concorrenza, è intervenuta un'assimilazione definitiva tra l'imprenditorialità
dell'attività bancaria e qualsiasi altra attività economica, sicché i
principi-cardine della relativa disciplina non possono che desumersi
necessariamente dall'art. 41 cost.99. Se così è, risulta onestamente difficile
che una ciambella di salvataggio costituzionale possa essere lanciata alla
previsione de quo dall'art. 47 cost. Ricondotta l'attività bancaria nell'alveo
di cui all'art. 41 cost., non riteniamo possibile giustificare
costituzionalmente una scelta che privilegi l'attività dell'impresa bancaria in
danno in danno del ««risparmio »» del privato correntista consumatore o del
cliente della banca se mai anch'esso imprenditore esercente un'attività
economica meritevole di tutela.
Sulla portata ex se retroattiva della previsione che impedisce la richiesta di
restituzione di quanto già ««versato»» si è detto in precedenza .
Indubbiamente, proprio in ragione di ciò, la norma in questione risulta in
chiara violazione del principio di giustiziabilità della situazioni
giuridiche100, in quanto in effetti si è introdotto in via legislativa il
divieto di ripetizione delle somme, indebitamente corrisposte»» da entrambi i
contraenti. E' innegabile che ciò, come pure rilevato101, evidenzi l'assenza di
qualsivoglia serio tentativo di ««contemperamento del diritto di azione, che è
consacrato costituzionalmente, con altri valori di rango eguale o superiore»».
In astratto il divieto attinge entrambi i contraenti, sia banca che cliente. In
concreto ad essere danneggiato da siffatto divieto è soprattutto il cliente, il
quale non è gestore del suo conto, ma mero soggetto passivo della gestione
operata dalla banca sia pur con il suo preventivo consenso e, ove la stessa
abbia trovato fondamento in pattuizioni nulle, sfugge alla ««sanzione »»
dell'obbligo di restituzione, così generando un abrogazione di fatto dell'art.
2033 c.c.
10-La norma de qua è stata poi puntualmente censurata per violazione del
principio di uguaglianza e ragionevolezza in quanto avrebbe introdotto, tra
l'altro, un'inammissibile disparità di trattamento tra banche e utenti del
sistema bancario. Invero, menomando i poteri di reazione processuale dei
clienti, assicurerebbe un ingiustificato privilegio per le banche102.
Al riguardo va rilevato che «nel nostro sistema costituzionale non è affatto
interdetto al legislatore di emanare disposizioni le quali vengano a modificare
in senso sfavorevole per i beneficiari la disciplina dei rapporti di durata,
anche se l'oggetto di questi sia costituito da diritti soggettivi perfetti
(salvo, ovviamente, in caso di norme retroattive, il limite imposto in materia
penale dall'art. 25, secondo comma, della Costituzione). Unica condizione
essenziale è che tali disposizioni non trasmodino in un regolamento
irrazionale, frustrando, con riguardo a situazioni sostanziali fondate sulle
leggi precedenti, l'affidamento del cittadino nella sicurezza giuridica, da
intendersi quale elemento fondamentale dello stato di diritto»103.
Centrale se non pregiudiziale con riguardo a tale censura ci pare il
travagliato tema del legittimo affidamento, con riguardo al quale la Corte
costituzionale per diverso tempo ne aveva riconosciuta la rilevanza solo per
tramite di altri principi costituzionali, la cui lesione diveniva in concreto
l'unico strumento di valutazione dell'ossequio di tale canone104.
Successivamente la Corte ebbe a mutare orientamento procedendo ad una
valorizzazione in via autonoma del legittimo affidamento del cittadino. Il
relativo principio fu enunciato nei termini seguenti: «Al legislatore
ordinario, pertanto, fuori della materia penale, non è inibito emanare norme
con efficacia retroattiva, a condizione però che la retroattività trovi
adeguata giustificazione sul piano della ragionevolezza e non si ponga in
contrasto con altri valori e interessi costituzionalmente protetti [...]. Tra
questi la giurisprudenza costituzionale annovera, come è noto, l'affidamento
del cittadino nella sicurezza giuridica che, quale essenziale elemento dello
Stato di diritto, non può essere leso da disposizioni retroattive, le quali trasmodino
in un regolamento irrazionale di situazioni sostanziali fondate su leggi
precedenti»105 .
In tal guisa il legittimo affidamento ha iniziato a vivere di luce propria
svincolato del tutto dai legami con altri principi costituzionali, ««divenendo
un autonomo parametro di legittimità costituzionale, enucleabile quale profilo
specifico del canone della ragionevolezza ex art. 3 Cost.»»106. In seguito tale
specificazione si è ulteriormente attenuata nella giurisprudenza della Corte107
sino ad evitare persino il giudizio di bilanciamento tra gli interessi di
pregio costituzionale in gioco. Si è giunto così a valutare in termini
immediati e diretti l'insussistenza di ragionevoli motivi che giustifichino la
frustrazione del legittimo affidamento dei cittadini, facendo così assurgere il
canone in parola a vero parametro sostanziale del giudizio di
costituzionalità108. In questo contesto la salvaguardia del legittimo
affidamento sorge per la semplice circostanza delle preesistenza di una norma
che lo ingeneri, a cui faccia seguito una nuova disciplina che ««muti
retroattivamente il quadro normativo ove ha avuto origine la scelta del
singolo»»109. Il che è puntualmente intervenuto nel caso che ci occupa dove,
tra l'altro e per di più, si è verificato, da tempo un consolidamento110
dell'interpretazione giurisprudenziale e per conseguenza dell'aspettative dei
clienti delle banche.
Giova infine rilevare che nel più recente indirizzo della Corte costituzionale
il legittimo affidamento sia passato di grado divenendo da interesse (o valore)
costituzionalmente protetto111 vero e proprio «principio generale»112, al pari
della certezza giuridica, capace di permeare l'intero ordinamento e di andare
oltre quella visione essenzialmente settoriale nella quale aveva avuto origine113.
Si è opportunamente affermato che «l'intervento legislativo diretto a regolare
situazioni pregresse è legittimo a condizione che vengano rispettati i canoni
costituzionali di ragionevolezza e i principi generali di tutela del legittimo
affidamento e di certezza delle situazioni giuridiche [...]. La norma
successiva non può, però, tradire l'affidamento del privato sull'avvenuto
consolidamento di situazioni sostanziali»114. La stessa Corte lo ha definito
«immanente ed essenziale elemento dello stato di diritto»115 (, se non
addirittura «indispensabile»116.
Proprio alla luce di queste più recenti pronunce non pare potersi revocare in
dubbio che il legittimo affidamento del cittadino sia stato tradito dalla
novella in parola in particolare con riguardo al divieto di ripetizione di
quanto già versato al momento della sua entrata in vigore.
11-A tingere di dubbia costituzionalità la norma in esame sarebbe intervenuta
anche la violazione dell'art. 111 Cost. sul c.d. giusto processo, sub specie
della ««parità in armi»», ove si prenda in esame la sua portata retroattiva
diretta a paralizzare i processi già pendenti alla data di entrata sua in
vigore ed aventi ad oggetto proprio la ripetizione degli interessi passivi
trimestralmente capitalizzati117. Sotto altro ma contiguo profilo
l'incostituzionalità è stata oculatamente apprezzata con riferimento all'art.
117, comma 1, cost., in relazione all'art. 6 della Convenzione europea per la
salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (ratificata e resa
esecutiva con la l. 4 agosto 1955, n. 848). Invero, il legislatore nazionale
avrebbe promulgato una norma interpretativa, in presenza di un notevole
contenzioso e di un orientamento consolidato della Corte di Cassazione
sfavorevole alle banche, così violando il principio di «parità delle armi». Non
parrebbero poi prefigurabili «ragioni imperative d'interesse generale» che
consentano di escludere la violazione del divieto d'ingerenza in forza del
quale, appunto, sarebbe vietato al legislatore di uno Stato contraente di
interferire nell'amministrazione della giustizia allo scopo di influire sulla
singola causa o su di una determinata categoria di controversie118.
Come è noto l'art. 6 CEDU che sancisce "il principio del diritto ad un
giusto processo dinanzi ad un tribunale indipendente ed imparziale, imporrebbe
al legislatore di uno Stato contraente, nell'interpretazione della Corte
europea dei diritti dell'uomo di Strasburgo, di non interferire
nell'amministrazione della giustizia allo scopo d'influire sulla singola causa
o su di una determinata categoria di controversie, attraverso norme
interpretative che assegnino alla disposizione interpretata un significato
vantaggioso per lo Stato parte del procedimento, salvo il caso di «ragioni
imperative d'interesse generale»"119.
Sul punto non si può prescindere dal richiamo all'orientamento della Corte
costituzionale120 secondo cui ««il principio dello Stato di diritto e le
nozione di processo equo sanciti dall'art. 6 della Cedu vietano l'interferenza
del legislatore nell'amministrazione della giustizia destinata a influenzare
l'esito di controversie in atto ma non vietano in assoluto interventi
retroattivi dei legislatori nazionali»». Per l'effetto la Corte ritiene
l'insussistenza di un principio secondo cui ««la necessaria incidenza delle
norme retroattive sui procedimenti in corso si porrebbe automaticamente in
contrasto con la Convenzione europea»». Gli è che però nel caso di specie,
diversamente che nel caso sottoposto all'esame della Corte, l'intervento legislativo
ha determinato ««una reformatio in malam partem di una situazione patrimoniale
in precedenza acquisita»»121, in quanto, a seguito di tale intervento,
sicuramente il cliente non potrà più chiedere la restituzione alla banca di
quanto già versato indebitamente sino all'entrata in vigore della legge in
parola. Di poi sembra difficilmente praticabile la via della deroga ai principi
stabiliti dall'art. 6 Cedu individuabile nella ricorrenza di ragioni imperative
di interesse generale 122. Nel caso di specie, tra l'altro parte ( necessaria)
del procedimento non è lo Stato o altro ente pubblico, bensì una banca, la
quale, per quel che in precedenza si è detto, agisce secondo una logica tipica
di impresa, ma in regime di libera concorrenza, sicchè la sua libertà
iniziativa economica e la tutela dei suoi profitti non paiono riconducibili nel
novero di ragioni imperative di interesse generale.
Concludendo soprattutto con riferimento alla seconda parte della disposizione
esaminata non pare revocabile in dubbio al sua rilevanza, atteso che il
contrasto con l'art. 6 CEDU non pare all'evidenza componibile in via
interpretativa. Per conseguenza, proprio in ossequio agli insegnamenti della
Corte costituzionale123, il giudice remittente, nell'impossibilità di procedere
all'applicazione della norma della CEDU in luogo di quella interna contrastante
o di applicare una norma interna ritenuta a giusta ragione in contrasto con la
CEDU, non poteva che sollevare- come ha sollevato- la questione di
costituzionalità124.
1) Sulla categoria dei contratti di durata il richiamo è di obbligo a G. OPPO,
I contratti di durata, in Riv. dir. comm., 1943, p. 174. Sulla rilevanza della
durata ai fini connotativi del tipo contrattuale G. DE NOVA, Il tipo
contrattuale, Padova, 1974, p. 107. Sul rischio insito nei rapporti di durata
F. MACARIO, Rischio contrattuale e rapporti di durata nel nuovo diritto dei
contratti: dalla presupposizione all'obbligo di rinegoziare, in Riv. dir. civ.,
2002, I, p. 63 ss..
2) Per primo per la giurisprudenza di legittimità Cass., 16 marzo 1999, n.
2374, in Foro it., 1999, I, c.1153. Vedi poi do diverse altre pronunzie
favorevoli: Cass., Sez. Un., 4 novembre 2004, n. 21095, in Foro it., 2004, I,
c. 3294. In dottrina anticipano l'orientamento della Cassazione e della di poi
prevalente giurisprudenza di merito: V. FARINA, Recenti orientamenti in tema di
anatocismo, in Rass. dir. civ., 1991, p. 757; B. INZITARI, Convenzione di
capitalizzazione trimestrale degli interessi e divieto d'anatocismo ex art.
1283 c.c. (nota a Trib. Vercelli, 21 luglio 1994), in Giur. it., 1995, I, 2, c.
408.
3) Come è noto, la giurisprudenza della Suprema Corte ha, da tempo, sul punto
mutato indirizzo, pur ribadendo in astratto la validità della relatio, ne ha in
concreto svuotato l'operatività così statuendo: «È legittima la clausola dei
contratti di conto corrente bancario (stipulati prima dell'entrata in vigore
della l. 17 febbraio 1992 n. 154), secondo la quale sono dovuti interessi
convenzionali nella misura normalmente praticata dalle aziende di credito sulla
piazza. È necessario, tuttavia, valutare se, nel singolo rapporto dedotto,
sussistano elementi di qualificazione del cliente, idonei a determinare, senza
successiva valutazione discrezionale da parte della banca, l'oggettiva
determinazione del tasso d'interesse (oggetto di variazione nel corso del
rapporto)» (Cass., 13 marzo 1996, n. 2103, in Giur. it., 1997, I, 1, c. 50).
Conforme la giurisprudenza di merito; per tutte Trib. Bari, Sez. I, 20 luglio
2006, in Infoutet, 2006; Trib. Monza, 7 giugno 2006, in Infoutet, 2006.
4) Per un sintetico accenno vedi MESSINEO, Contenuto e carattere giuridici
dell'apertura di credito, in Riv. dir. comm., 1925, I, p. 121; MOLLE, I
contratti bancari, in Trattato di cir. civ. e comm., Cicu e Messineo, Milano,
1978., p. 231; MACCARONE, Le operazioni bancarie in conto corrente, in Giur.
banc.(1985-1987), 6-7, Milano, 1989, p. 194; ROMANO, L'apertura di credito, in
A.A.V.V., I contratti bancari. Problemi risolti e questioni ancora aperte, p.
84; più diffusamente V. FARINA, La determinazione giudiziale del credito
bancario in conto corrente, in Banca, borsa tit. cred., 1999, p. 369 ss.;
DOLMETTA e MUCCIARONE, nota a App. Lecce, 27 giugno 2000, in Contratti, 2001,
4, p. 376 ss. Solo di recente la questione della CMC è per così dire esplosa in
giurisprudenza con un pullulare di decisioni sollecitate dall'orientamento
rigoroso assunto dalle associazioni dei consumatori. La prima pronuncia che
sull'argomento ha dato una trattazione compiuta è App. Lecce, 27 giugno 2000,
cit.
5) Cass. 14 maggio 2005, n.10127, in Infoutet, 2007 .
6) In questi termini con riguardo, però, a somme pagate per canone eccedente
quello determinato per legge vedi Cass., 14 marzo 1995, n. 2936 , in Arch.
locazioni, 1995, p. 598.
7) La prima pronuncia sul punto della Corte di legittimità è oramai datata:
Cass., 9 aprile 1984, n. 2262, in Rep. foro it., 1984, voce Interessi, c. 1416,
n. 15.
8) Sterminata la bibliografia che ha affrontato il tema in termini generali.
Tra i contributi più recenti: C. CASTRONOVO, Abuso del diritto come illecito
atipico ?, in Europa e dir. privato, 2006, pp. 1051 ss.; M. ATIENZA, J.R.
MANERA, Illeciti atipici - L'abuso del diritto - La frode alla legge, lo
sviamento di potere, Bologna, 2004, pp. 160; M. GESTRI, Abuso del diritto e
frode alla legge nell'ordinamento comunitario, Milano, 2003; M. P. MARTINES,
Teorie e prassi sull'abuso del diritto, Padova, 2006; M. MESSINA, L'abuso del
diritto, Napoli, 2004, pp. 220; D. MESSINETTI, Abuso del diritto, in Enc. dir.,
Aggiornamento, II, Milano, 1998, pp. 1 ss. ; S. PATTI, Abuso del diritto, in
Dig. civ., I, Torino, 1987, pp.1 ss.; G. PINO, Il diritto e il suo rovescio,
Appunti sulla dottrina dell'abuso del diritto, in Riv. crit. dir. priv., 2004,
pp. 25 ss. ; P. RESCIGNO, L'abuso del diritto, Bologna, 2001 ed ancora prima
ID., L'abuso del diritto, in Riv. dir. civ., 1965, I, p. 205 ss. In
giurisprudenza di recente con riguardo al rapporto tra imprese in situazione di
asimmetria di potere contrattuale Cass., 18 settembre 2009, n. 20106.
Numerosissime le annotazioni della dottrina, tra le tante: in Nuova giur. civ.,
2010, 3, 1, p. 231 ss., con nota di M.R. MAUGERI, Concessione di vendita,
recesso e abuso del diritto. Note critiche a Cass. n. 20106/2009; ivi, con nota
di C. SCOGNAMIGLIO, Abuso del diritto, buona fede, ragionevolezza (verso una
riscoperta della pretesa funzione correttiva dell'interpretazione del
contratto?); ivi, con nota di F. Viglione Il giudice riscrive il contratto tra
le parti: l'autonomia negoziale stretta tra giustizia, buona fede e abuso del
diritto ; ivi con con nota di M. ORLANDI, Contro l'abuso del diritto; in Corr.
giur., con nota di F. MACARIO, Recesso ad nutum e valutazione di abusività nei
contratti tra imprese: spunti da una recente sentenza della Cassazione; in
Contratti, 2010, p. 5, con nota di G. D'AMICO, Recesso ad nutum, buona fede ed
abuso del diritto; in Giur. comm con nota di L. DELLI PRISCOLI, Abuso del
diritto e mercato, 2010, II, p. 834; in Foro it., p. 95 con nota di A. PALMIERI
, R. PARDOLESI, Della serie «a volte ritornano»: l'abuso del diritto alla
riscossa; con nota di F. SALERNO, in Giur.it., 2010, p. 809 ss., Abuso del
diritto, buona fede, proporzionalità: i limiti del diritto di recesso in un
esempio di jus dicere 'per principi.
9) Così F. ANGELONI, La ripetizione degli interessi anatocistici corrisposti
sulla base di apposite clausole contrattuali anteriormente al mutamento di
indirizzo della Suprema Corte che ne sanciva la legittimità, in Contratto e
impresa, 2000, p. 1172 ss.
10) MAFFEIS, Anatocismo bancario e ripetizione degli interessi da parte del
cliente, in Contratti, 4, 2001, p. 412 s.
11) In questi termini F. ANGELONI, op. cit., p. 1172 ss.
12) Così la giurisprudenza di legittimità meno datata Cass., 15 novembre 1994,
n. 9624, in Rep. foro it, 1994, voce Indebito, c.111, n. 4.; Cass., 11 marzo
1987, n. 2525, in Giust. civ., 1987, I, p. 1967. In senso contrario Cass., 5
maggio 1956, n. 1427, in Rep. Foro it., 1986, voce Indebito, c. 1341, n. 2
13) Si pone il problema DE NOVA, Capitalizzazione trimestrale: verso un
révirement della cassazione?, cit., p. 446. Per una soluzione affermativa,
previa valutazione caso per caso MAFFEIS, Anatocismo bancario e ripetizione
degli interessi da parte del cliente, cit., p. 413. In senso affermativo Trib.
Torino, 13 marzo 2003, in Infoutet 2007, ove si afferma: «Non è soggetto a
ripetizione ex art. 2034 c.c., in quanto obbligazione naturale, il pagamento
spontaneo di interessi anatocistici non validamente pattuiti in un contratto di
conto corrente bancario, con apposita clausola negoziale scritta - con accordo
antecedente alla loro scadenza».
14) In questi termini con riguardo al pagamento da parte del cliente di
interessi ultralegali invalidamente pattuiti: Cass., 9 aprile 1984, n. 2262, in
Rep. foro it., 1984, voce Interessi, c. 1416, n. 15. In dottrina sul punto per
una valutazione caso per caso INZITARI, La moneta, in Tratt. dir. comm. e dir.
pubbl. econ., . dir. da Galgano, Padov , 1989, p. 269 ss.
15) Cass., 9 aprile 1984, n. 2262, cit. Sulla natura giuridica del contratto di
apertura di credito ed in particolare degli atti di utilizzazione v.:
FIORENTINO, voce Apertura di credito bancario, in Noviss. Dig. it., I, 1957, p.
676; SPINELLI, GENTILE, Diritto Bancario, Padova, 1984, p. 188; SERRA, voce
Apertura di credito, in Dig. disc. priv., Torino, 1987, p. 156 e s.; MOLLE -
DESIDERIO, Manuale di diritto bancario e della intermediazione finanziaria,
cit., p. 151 ss.
16) In questi termini di recente App. Firenze, Sez. I, 23 marzo 2010; Trib.
Roma, Sez. IX, 9 giugno 2009; Trib. Bari, 29 ottobre 2008, in Corr. merito,
2009, 1, p. 24; Cass. 14 maggio 2005, n.10127 in Impresa, 2005, p. 1590.
17) Cass. 14 maggio 2005, n.10127, cit.
18) Cass. Sez. Unite, 2 dicembre 2010, n. 24418, in dvd Infoutet 2011.
19) Sul punto: Trib. Roma, 20 settembre 1996, in Temi rom., 1997, II, con nota
di PENNA, Capitalizzazione trimestrale ed anatocismo nel contratto di conto
corrente bancario alla luce delle disposizioni del t.u. 38593; Trib. Roma, 14 aprile
1999, in Foro it., 1999, II, c. 2371; Trib. Roma, 26 maggio 1999, in Foro it.,
1999, II, c. 2371; Trib. Lecce (ord.), 8 giugno 1999, ivi, c. 2371; Trib. Roma,
17 dicembre 1999, in Foro it., 2000, I, c. 456. Sulla stessa scia, ma con una
diversa impostazione App. Torino, 7 maggio 2004, n. 741, ined.; Trib. Novara,
14 agosto 2006, in NovaraIUS.it, 2007; App. Brescia, 16 gennaio 2008, in dvd
Infoutet. Trib. Mantova, 2 febbraio 2009, in Il caso.it.
20) Cass., 3 maggio 1999, n. 4389, in Banca borsa tit. cred., 2000, II, p. 505
con nota di BRIOLINI, Osservazioni in tema di libretti di deposito a risparmio
sottoposti a sequestro penale e prescrizione del diritto alla restituzione.
21) P. FERRO-LUZZI, Lezioni di diritto bancario, Torino, 1995, pag. 162 ; ID.,
P. FERRO-LUZZI, Dell' anatocismo ; del conto corrente bancario e di tante cose
poco commendevoli, in Rivista di Diritto Privato, 2000, , pp. 201, ss.; ID., P.
FERRO-LUZZI, Le opzioni ermeneutiche dell'ambito semantico; l' anatocismo
arriva alla Corte Costituzionale, in Rivista di Diritto Privato, 2000, 4, pp.
734, ss; ID. Una nuova fattispecie giurisprudenziale: "l' anatocismo
bancario"; postulati e conseguenze, in Giur. comm., 2001, p. 5. Seguono
l'insegnamento di Ferro-Luzzi: U. MORERA Sulla non configurabilità della
fattispecie "anatocismo" nel conto corrente bancario, in Riv. dir.
civ., 2005 p. 17 ss.; G. CABRAS, La capitalizzazione degli interessi nel conto
corrente bancario: l' equivoco della sineddoche, in Giur. comm., 2000, I, p.
352 ss; D. MAFFEIS, Anatocismo bancario e ripetizione degli interessi da parte
del cliente, in Contratti, 2001, p. 410.
22) In argomento ci sia consentito il rinvio a V. FARINA, Potere di disporre e
negozio autorizzativo, in Vita not., 1999, p. 536 ss.
23) P. FERRO-LUZZI Una nuova fattispecie giurisprudenziale,cit., p. 7, che
rileva: ««Ciò determina, appena il caso di precisare, una natura ed una portata
radicalmente diversa nei due casi della "chiusura del conto"; nel
conto corrente ordinario, quando l'annotazione ha l'effetto di
"congelare" i crediti, la chiusura periodica del conto determina lo
"scongelamento" dei crediti, e per compensazione e somma algebrica la
quantificazione del saldo, che diviene allora un credito esigibile; nel conto
corrente bancario, invece, il saldo disponibile si forma ad ogni annotazione, e
la chiusura del conto - termine più ragionieristico che giuridico - significa
soltanto che determinati crediti e debiti della banca (per interessi,
commissioni, spese, crediti e debiti già sorti) divengono esigibili, e vengono
"esatti" con l'annotazione, onde chiaro, ancora una volta e ancora di
più, l'assoluta differenza dei fenomeni»».
24) U. MORERA, op. cit., p. 17 ss.
25) U. MORERA, op. cit., p. 17 ss.
26 P. FERRO-LUZZI Una nuova fattispecie giurisprudenziale, cit., p. 7
27) Il richiamo è d'obbligo alla disposizione di interpretazione autentica di
cui all'art. 1 comma 1, della d.l. 29 dicembre 2000, n. 394 (Interpretazione
autentica della legge 7 marzo 1996, n. 108, recante disposizioni in materia di
usura), conv. con modificazioni, nella legge 28 febbraio 2001, n. 24, secondo
il quale "ai fini dell'applicazione dell'articolo 644 del codice penale e
dell'articolo 1815, secondo comma, del codice civile, si intendono usurari gli
interessi che superano il limite stabilito dalla legge nel momento in cui essi
sono promessi o comunque convenuti, a qualunque titolo, indipendentemente dal
momento del loro pagamento". L'incostituzionalità della suddetta
disposizione è stata esclusa con ordinanza della Corte del 25 febbraio 2002, n.
29 pubblicata in Foro it., 2002, I, c. 933, con nota di PALMIERI; in Corriere
giur., 2002, 609, con nota di CARBONE; in Giur. it., 2002, p. 997; in Cons.
Stato, 2002, II, p. 177; in Contratti, 2002, p. 545, con nota di O. SCOZZAFAVA;
in Giust. pen., 2002, I, p. 137, con nota di ANCORA; in Giur. it., 2002, p.
1125, con nota di GENTILI; in Riv. pen., 2002, p. 537; in Giust. civ., 2002, I,
p. 869; in Giur. costit., 2002, p. 194 ss., con nota di OPPO, PASSAGLIA,
FIADINO, DEFINA, DE BERNARDIN; in Guida al dir., 2002, fasc. 9, p. 55, con nota
di FORLENZA; in Dir. e giustizia, 2002, fasc. 10, p. 20, con nota di GENTILI;
in Dir. e pratica società, 2002, fasc. 6, p. 56, con nota di CRISTIANO,
BELLUSCIO. Deve poi essere richiamatala previsione di cui art. 25, comma
secondo del d.lgs. 4 agosto 1999, n. 342, in cui si stabiliva che le clausole
anatocistiche contenute nei contratti bancari stipulati anteriormente alla ivi
prevista ed delibera del CICR sono valide ed efficaci sino a tale data. La norma
fu dichiarata costituzionalmente illegittima per eccesso di delega dalla Corte
cost. con ordinanza del 17 ottobre 2000, n. 425 (Giur. It., 2001, p.83). Infine
la legalizzazione della prassi anatocistica è intervenuta il 9 febbraio 2000
con deliberazione del CICR, in esecuzione della delega prevista dal novellato
art. 120 t.u..
28) Cass. Sez. Unite, 2 dicembre 2010, n. 24418, cit.
29) Cass. sez. un., 2 dicembre 2010, n. 24418, cit.
30) Il che per quel che ci risulta costituisce un'autentica novità. In senso
contrario riconosce in motivazione l'ammissibilità della domanda di
restituzione formulata in corso di rapporto Trib Palermo, 14 febbraio 2006, in
Adiconsum.inform.it
31) App. Ancona, 11 marzo 2011, in Il Caso. it .
32) Cass. sez. un., 2 dicembre 2010, n. 24418, cit.
33) Lo riporta G. TARZIA, Il contratto di conto corrente bancario, Milano,
2001, p. 284.
34) Ad esempio vedi l'estratto delle Norme che regolano i conti correnti di
corrispondenza e servizi connessi della Banca popolare pugliese sul sito WWW.BPP.it
che all'art. 6 della sezione Condizioni generali di contratto così recita: ««I
rapporti di dare e avere relativi al conto, sia esso creditore o debitore,
vengono regolati con identica periodicità pattuita ed indicata nel presente
contratto, portando in conto, con valuta "data di regolamento"
dell'operazione, gli interessi, le commissioni e le spese ed applicando le
trattenute fiscali di legge. Il saldo risultante dalla chiusura periodica così
calcolato produce interessi secondo le medesime modalità»».
35) Sull'autorizzazione in diritto privato v. in dottrina A. NATTINI, Il
negozio autorizzativo, in Riv. Dir. Comm., 1912, I, p. 485 ss; A. AURICCHIO,
Voce Autorizzazione (dir. priv), in Enc. dir., Milano, IV, 1959, p. 503; L.
CARRARO, Contributo alla dottrina dell'autorizzazione, in Riv. trim., 1947, p.
289 ss.; V. FARINA , L'autorizzazione a disporre in diritto civile, Napoli,
2001. Per la dottrina tedesca W. LUDEWIG, Die Ermächtigung nach bürgerlichem
Recht, Marburg, 1922. Più di recente in dottrina: G. DILCHER, in STAUDINGER -
COING, Kommentar zum BGB, 12° ed., Berlin, 1979, Vorbem. 62 § 64, p. 629 ss.;
H. KOHLER, BGB Allgemeiner Teil, 20 Aufl., Munchen, 1989, p. 231 ss; D.
MEDICUS, Allgemeiner Teil des BGB, 4 Aufl., Heidelberg, 1990, p. 382 ss.; G.
LEPTIEN, in Burgerliches Gesetzbuch, Allgemeiner Teil ( §§ 1 - 240), Stuttgart
- Berlin - Koln - Mainz, 1987, I p. 1439 ss.; W. FLUME, Allgemeiner Teil des
Burgerlichen Rechts, Das Rechtsgeschäft, 4 Aufl., Berlin - Heidelberg - New
York, 1992, p. 902 ss.
36) Ipotesi quest'ultima dove ha avuto modo di manifestarsi in via prevalente
la richiesta di restituzione di quanto indebitamente dovuto con riguardo
all'anatocismo, ad interessi conteggiati con la nota modalità ««uso piazza»» ed
alla commissione di massimo scoperto.
37) Un previsione in tal senso la si rinviene ad esempio nella disposizione
dell'art. 7 NUB ed. 1995.
38) Sull'operazione economica in genere: A. D'ANGELO, Contratto e operazione
economica, Torino, 1992; ID., Contratto e operazione economica, in I contratti
in generale, Agg. 1991-1998 a cura di Alpa e Bessone, I, in Giur. sist. dir.
civ. e comm., Torino, 1999, p. 257 ss.; ID., Operazione economica e negozi
strumentali, ivi, p. 291 ss.; G. FERRANDO, Credito al consumo: operazione
economica unitaria e pluralità di contratti, in Riv. dir. comm., 1991, I, p.
59; E. GABRIELLI, Il contratto e le sue classificazioni, in I contratti in
generale a cura di E. Gabrielli, I, in Tratt. dei contratti Rescigno e
Gabrielli, I, Torino, 1999, p. 48 ss.; ID., Il contratto e l'operazione
economica, in Riv. dir. civ., 2003, I, p. 93 ss.; ID., Mercato, contratto e
operazione economica, in Rass. dir. civ., 2004, p. 1044 ss. In senso critico in
ordine alla configurabilità ed alla stessa utilità della categoria G. VETTORI,
Autonomia privata e contratto giusto, in Riv. dir. priv., 2000, p. 39.
L'operazione economica viene definita - E. GABRIELLI, Il contratto e le sue
classificazioni, in Riv. dir. civ., 1997, p. 719 ss.; ID. (a cura di), I
contratti in generale, cit., p. 31 ss.- come ««sequenza unitaria e composta che
comprende in sé il regolamento, tutti i comportamenti che con esso si collegano
per il conseguimento dei risultati voluti e la situazione oggettiva nella quale
il complesso delle regole e gli altri comportamenti si collocano»».
Sull'argomento con riferimento al peculiare fenomeno delle reti di imprese: P.
IAMICELI, Le reti di imprese: modelli contrattuali di coordinamento, cit., p.
153 ss.
39) P. FERRO -LUZZI , Il tempo nel diritto degli affari, in Banca, borsa, tit.
cred., 2000, p. 407 ss.
40) V. art. 1845 c.c. e N.B.U., ed. 1995, Norme per i conti correnti di
corrispondenza e servizi connessi, art. 6, comma 1, lett. c) ove testualmente
si legge: " la banca ha la facoltà di recedere in qualsiasi momento, anche
con comunicazione verbale, dall'apertura di credito, ancorché concessa a tempo
determinato..."
41) Così B. TROISI, Appunti sull'astrattezza negoziale, in Rass. dir. civ.,
1987, p. 404. Sulla necessità di orientare in tali sensi l'indagine causale tra
gli altri: A. CATAUDELLA, Sul contenuto del contratto, Milano 1966, p. 320 ss;
G.B. FERRI, Causa e tipo nella teoria del negozio giuridico, Milano, 1966, pp.
371 s e 388 ss; C. DONISI, Il problema, cit., p. 236; C.M. BIANCA, Diritto
civile, 3, Il contratto, Milano, 1984, p. 440. In giurisprudenza vedi: Cass.,
Sez. un. 11 gennaio 1973, n. 63, in Foro pad., 1974, I, c. 115, con nota di E
BALESTRINI; più di recente Cass., 19 febbraio 2000, n. 1898, in Giust. civ.,
2001, I, p. 2481 che ha avuto modo di affermare: "L'esigenza della
valutazione «in concreto» della causa quale elemento essenziale del negozio si
risolve nella sintesi degli interessi dei contraenti e, al tempo stesso,
costituisce strumento di accertamento per il giudice ai fini dell'indagine
intesa ad individuare la conformità a legge dell'attività posta effettivamente
in essere". In maniera più esplicita con riguardo all'insorgere del
diritto alla provvigione in tema di mediazione ed alla polizza fideiussoria
vedi tra le altre rispettivamente: Cass., 9 aprile 2009, n. 8676, in CED, 2009;
Cass.,16 settembre 2008, n. 23708, in Contratti, 2009, 1, p. 64.
42) P. FERRO - LUZZI Il tempo del diritto, cit., p. 408.
43) G. FERRI, Apertura di credito, in Enc. dir., IX, Milano, 1958, p. 601.
44) Di fatto l'anticipazione bancaria o il finanziamento o il mutuo determinano
poi un deposito accreditato in conto corrente.
45) P. FERRO-LUZZI Una nuova fattispecie giurisprudenziale,cit., p. 8.
46) U. BRECCIA, La ripetizione dell'indebito, Milano, 1974, p. 16 ss.
47) Sull'inconfigurabilità dell'invalidità per i fatti giuridici diversi dagli
atti negoziali v. in particolare R. SCOGNAMIGLIO, Contributo alla teoria del
negozio giuridico, Napoli, 1950, p. 383; F. GAZZONI, L'attribuzione
patrimoniale mediante conferma, Milano, 1974, p. 25 e da V. SCALISI, , voce
"Inefficacia (dir. priv.)", in Enc. dir., XXI, s.d., ma Milano, 1971,
p. 330 ss.
48) Cass., 12 settembre 2000, n. 12038 in dvd Infoutet. In senso contrario si è
rilevato che ««l'accertamento con sentenza della nullità del titolo, sulla base
del quale è stato effettuato un pagamento, dà luogo a un'azione di ripetizione,
cui fa riferimento l'articolo 1422 del c.c., di indebito oggettivo, il cui
termine di prescrizione inizia a decorrere non dalla data di pronuncia della detta
sentenza bensì dalla data del pagamento effettuato al momento della stipula del
contratto nullo, ossia dalla data alla quale retroagisce l'accertamento della
nullità. La pronuncia di nullità di un negozio è infatti di mero accertamento e
ha portata ed efficacia retroattiva con caducazione dell'atto divenuto
giuridicamente irrilevante fin dall'origine con conseguente definitivo venir
meno della modifica della situazione giuridica preesistente»» (Cass. 13 aprile
2005, n. 7651 in Guida dir., 2005, p. 55; conf. Cass. 9 luglio 1987 n. 5978 in
Ced Cassazione).
49) Cass., 12 settembre 2000, n. 12038, cit.
50) Vedi V. ROPPO, Il contratto, in Tratt. Iudica - Zatti, Milano, 2001, p. 847
ss.; F. GALGANO, Il negozio giuridico,in Tratt-. Cicu- Messineo, 1988, III, 1,
Milano 2002, p. 246.
51) In giurisprudenza: Cass. 4 dicembre 1997, n. 12301, in Giur. it., 1999, p.
2052, che testualmente afferma:«« l'accoglimento dell'azione di ripetizione
d'indebito postula che si deduca e dimostri l'obiettiva insussistenza del
debito, non potendo l'istituto dell'indebito oggettivo riguardare l'adempimento
di prestazione prevista in contratto senza che questo sia stato invalidato»» In
senso conforme: Cass.., 22 aprile 1981, n. 2352 in CED Cassazione in tema di
mutuo fondiario; Cass., 30 novembre 1985, n. 5986 in CED Cassazione in tema di
indebito tributario. Vedi in argomento di recente E. MOSCATI, Caducazione degli
effetti del contratto e pretese di restituzione, in Riv dir. civ. 2007, p. 435,
il quale però ritiene che le azioni di caducazione di per sé non valgono a
coprire l'area dell'azione di ripetizione.
52) Così, ancora, U. BRECCIA,voce Indebito (ripetizione dell'), in Enc. giur.
Treccani, XVI, Roma, 1989, p. 4. In dottrina si è sottolineato più volte che
l'azione di caducazione del contratto esaurisce la sua funzione
nell'eliminazione del titolo che costituisce la fonte dell'obbligo del solvens,
sicché è concettualmente distinta dall'azione di ripetizione: v., ad es., con
grande chiarezza R. SACCO, Il contratto, in Tratt. dir. civ. it. diretto da Fi.
Vassalli, s.d., ma Torino 1975, p. 945; V. SCALISI, voce Negozio astratto,
nell' Enc. dir., XXVIII, s.d., ma Milano, 1978, p. 52 ss.
53) In argomento P. BARCELLONA, Note critiche in tema di rapporti fra negozio e
giusta causa dell'attribuzione, in Riv. trim., 1965, pp. 43; U. BRECCIA, La
ripetizione dell'indebito,cit., pp. 238-239; nonché E. MOSCATI, Del pagamento
dell'indebito, in Comm. Scialoja - Branca, IV, Delle obbligazioni, sub artt.
2033-40, p. 150. Di recente sull'argomento E. MOSCATI, Caducazione degli
effetti del contratto e pretese di restituzione, in Riv. dir. civ., 2007, p.
435 .
54) Da ultimo sull'impossibilità di far valere il diritto ai fini della
decorrenza della prescrizione Cass.., 3 novembre 2010, n. 22358 in Resp. civ.
on line, 2010, p. 12.
55) Così Cass. 13 aprile 2005, n. 7651, cit.
56) Sul dovere di orientare costituzionalmente l'attività ermeneutica costante
è l'insegnamento della Corte nel senso della ricorrenza in capo al remittente
di ricercare preventivamente un'interpretazione costituzionalmente orientata di
ciascuna delle norme impugnate. Tra le tante: Corte cost. (Ord.), 5 marzo 2010,
n. 85 in Sito uff. Corte cost., 2010; Corte cost. (Ord.), 13 giugno 2008, n.
208, in Sito uff. Corte cost., 2008. In argomento in dottrina per tutti
RUOTOLO, L'interpretazione conforme a Costituzione nella più recente
giurisprudenza costituzionale. Una lettura alla luce di alcuni risalenti
contributi apparsi nella rivista "Giurisprudenza costituzionale", in
AA.VV., Corte costituzionale e processo costituzionale nell'esperienza della
rivista "Giurisprudenza costituzionale" per il cinquantesimo
anniversario a cura di Pace, Milano, 2006, p. 913; F. MODUGNO,
Sull'interpretazione costituzionalmente conforme, in AA.VV., Il diritto tra
interpretazione e storia, Liber amicorum in onore di A.A. Cervati a cura di
Cerri, Häberle, Jarvard, Ridola, Schäffer, Schefold, Roma, 2010.
57) Lo rileva Trib. Brindisi, sez dist. di Ostuni ( Ord.), 10 marzo 2011, in WWW.Giurisprudenza
Salentina.it
58) Vedasi per significativo precedente l'art. 68, comma 7, della legge 23
dicembre 2000, n. 388 in tema di contributo straordinario per le maggiori
esigenze finanziarie conseguenti alla soppressione del Fondo di previdenza per
i dipendenti dell'Enel e delle aziende elettriche private. Al riguardo Cass. 14
luglio 2009, n. 16415 la ha ritenuta norma modificativa ««nonostante
l'autoqualificazione come norma interpretativa»».
59) Trib. Brindisi, sez dist. Ostuni, 10 marzo 2011, cit. ; Trib Benevento, 10
marzo 2011, in Il caso.it.
60) Così Relazione sulla giurisprudenza costituzionale nel 2008 del Presidente
G.M. Flick, in occasione dell'udienza straordinaria del 28 gennaio 2009, a cura
del Servizio Studi della Corte costituzionale, in www. cortecostituzionale. it,
p. 40 ss. Per i richiami di dottrina e di giurisprudenza v. in nota 56.
61) Ex plurimis Corte cost., 26 giugno 2007, n. 234, in Riv. it. dir. lav.,
2008, II, p. 24, con nota di A. VISCOMI, Il trasferimento del "personale
Ata" dagli enti locali allo Stato: fine della storia. Più di recente in
tema di retroattività dell'obbligazione contributiva Corte cost., 12 febbraio
2010, n. 48, in Dir. e pratica lav., 2010, p. 555.
62) Sovente tale principio ha trovato applicazione in materia tributaria ove
frequente è il ricorso del legislatore all'emanazione di norme retroattive e di
cd. interpretazione autentica. In argomento sul principio del legittimo
affidamento come vincolo per il legislatore ad emanare norme retroattive in
peius per il contribuente: LOGOZZO, La tutela dell'affidamento e della buona
fede del contribuente tra prospettiva comunitaria e «nuova» codificazione, in
Boll. trib., 2003, p. 1126 e segg. Con riguardo alle leggi tributarie di
interpretazione autentica: MELIS, Interpretazione autentica, retroattività e
affidamento del contribuente: brevi riflessioni su talune recenti pronunce
della Corte costituzionale, in Rass. trib., 1997, 872 ss. In dottrina sempre
sul tema AMATUCCI, L'efficacia nel tempo della norma tributaria, Milano, 2005,
p. 107 ss..
63) Corte Cost., 2 febbraio 1988, n. 123, in Foro it., 1989, I, p. 652; Corte
Cost., 25 luglio 1995, n. 376, in Cons. stato, 1995, II, p. 1271.
64) Corte cost., 30 gennaio 2009, n. 24 in Urbanistica e appalti, 2009, p. 417.
In senso conforme Corte cost., 28 marzo 2008, n. 74, in Fisco on line, 2008;
Corte cost., 25 luglio 1995, n. 376 in Cons. Stato, 1995, II, p. 1271.
65) Corte cost., 30 gennaio 2009, n. 24, cit.. In senso conforme: Corte cost.,
26 giugno 2007, n. 234 in Sito uff. Corte cost., 2007.
66) Lo rileva puntualmente Trib. Brindisi, sez dist. Ostuni,10 marzo 2011,
cit.. Significativi i precedenti in tal senso. Tra di essi si segnala in
particolare Corte cost., 22 novembre 2000, n. 525 in Fisco, 2000, p. 13473 che
testualmente afferma: ««l'efficacia retroattiva della legge di interpretazione
autentica è soggetta, tra gli altri, al limite del rispetto del principio
dell'affidamento dei consociati nella certezza dell'ordinamento giuridico,
principio che trova applicazione anche in materia processuale e che nel caso di
specie deve ritenersi violato in conseguenza della non prevedibilità della
soluzione interpretativa adottata dal legislatore, rispetto a quelle
affermatesi nella prassi»». In senso conforme: Corte cost., 7 luglio 2006, n.
274, in Sito uff. Corte cost., 2006; Corte cost., 26 giugno 2007, n. 234, in
Sito uff. Corte cost., 2007; Corte cost., 30 gennaio 2009, n. 24, in
Urbanistica e appalti, 2009, p. 417.
67) Corte cost., 22 novembre 2000, n. 525, cit.
68) Corte cost., 30 gennaio 2009, n. 24, cit.; Corte cost., 8 maggio 2007, n.
156, in Sito uff. Corte cost., 2007.
69) Corte cost., 30 gennaio 2009, n. 24, cit.; Corte cost., 23 luglio 2002, n.
374, in Giur. costit., 2002, p. 2769.
70) Corte cost., 30 gennaio 2009, n. 24, cit.; Corte cost., 13 ottobre 2000, n.
419, in Foro it., 2001, I, c. 1087.
71) Trib. Benevento, 10 marzo 2011,cit.
72) Trib. Brindisi, sez dist. Ostuni, 10 marzo 2011, cit.
73) Trib. Brindisi, sez. dist. Ostuni, 10 marzo 2011, cit.
74) Trib. Brindisi, sez. dist. Ostuni, 10 marzo 2011, cit.
75) Trib. Brindisi, sez. dist. Ostuni, 10 marzo 2011,cit.
76) In questi sensi sia Trib. Brindisi, sez. dist. Ostuni, 10 marzo 2011,cit.
sia Trib. Benevento, 10 marzo 2011,cit.
77) Cass. sez. un., 2 dicembre 2010, n. 24418, cit.
78) V. autori citati in nota 21
79) V. giurisprudenza citata in nota 19.
80) Trib. Brindisi, sez distaccata Ostuni, 10 marzo 2011, cit.
81) Da ultimo Cass. 22 aprile 2010, n. 9620 in CED Cassazione, 2010.
82) Trib. Brindisi, sez. distaccata Ostuni, 10 marzo 2011, cit.
83) Trib. Napoli, sez. dist. Frattamaggiore, 23 marzo 2011, ined.
84) Trib. Brindisi, sez. dist. Ostuni, 10 marzo 2011,cit.; conf. Trib.
Benevento, 10 marzo 2011, cit.
85) P. PERLIGIERI e F. CRISCUOLO, Commentario alla costituzione italiana ( a
cura di P. Perlingieri), Napoli, 2001, p. 134.
86) P. PERLIGIERI e F. CRISCUOLO,op. cit., p. 134.
87) L.P. COMOGLIO, Rapporti civili, in Comm. della cost., a cura di Branca,
art. 24-26, Bologna-Roma, 1981, p. 51.
88) Corte cost., 8 luglio 1969, n. 118, in CED Cassazione, 1969; Corte cost.,
16 gennaio 1975, n. 8 in CED Cassazione, 1975 in tema di obbligazioni solidali;
Corte cost., 21 maggio 1975, n. 115, in CED Cassazione, 1975.
89) Corte cost., 30 giugno 1988, n. 732, in Cons. Stato, 1988, II, p. 1156 e in
Dir. e Pratica Lav., 1988, p. 2183.
90) Corte cost., 30 giugno 1988, n. 732, cit.
91) Trib. Benevento,10 marzo 2011, cit. In senso contrario una datata pronuncia
della Corte costituzionale, prendendo spunto dalla distinzione tra profili
sostanziali e profili processuali ha affermato che «la prescrizione opera sul
terreno sostanziale del diritto e non su quello della sua protezione
processuale; pertanto, l'art. 2947 3° comma c. c., nella parte in cui fa
decorrere, anche in caso di morte del reo, dalla data di estinzione del reato
il termine prescrizionale del diritto al risarcimento del danno, non viola il
diritto di difesa di cui all'art. 24 cost.»» (Corte cost., 30 giugno 1988, n.
732, cit.).
92) Lo rileva P. PERLIGIERI e F. CRISCUOLO,op. cit., p. 134.
93) Corte cost., 30 giugno 1988, n. 732,cit.
94) V. Corte cost., 6 luglio 1971, n. 159 in CED Cassazione, 1971; Corte cost.,
14 gennaio 1977, n. 14, in CED Cassazione, 1977.
95) P. PERLIGIERI e F. CRISCUOLO,op. cit., p. 132.
96) Lo propone, sia pur sotto altro profilo , Trib. Benevento, 10 marzo 2011,
cit.
97) In questi sensi per tutti V. SPAGNOLO VIGORITA, Principi Costituzionali
sulla disciplina del credito, in Rass. dir. pubbl., 1962, p. 348 .Orientata in
questo senso anche la giurisprudenza della S.C. che in una nota pronuncia ha
avuto modo di affermare:«« L'esercizio dei pubblici poteri di disciplina,
coordinamento e controllo nel settore del credito, di cui all'art. 47 cost., è
coerente con gli interventi pubblici previsti dall'art. 41 cost. sull'attività
economica affinché questa sia indirizzata e coordinata a fini sociali,
analogamente a quanto avviene per altre attività economiche la cui natura
privatistica è universalmente riconosciuta»» (Cass., sezioni unite penali, 23
maggio 1987, in Foro it., 1987, II, 481, con nota di G. GIACALONE, Vecchio e
nuovo nella qualificazione giuridica dell'attività bancaria, in Corriere giur.,
1987, p. 1067; in Banca, borsa tit. di cred., 1987, II, p. 545; in Giust. pen.,
1987, II, p. 609). La tesi che alle aziende bancarie potessero essere imposte,
con atti amministrativi, scelte aziendali capaci di realizzare una selezione
nell'esercizio del credito coerente con gli obiettivi di politica economica
espressi dal governo è legata alla configurazione dell'ordinamento creditizio
come ordinamento sezionale la cui elaborazione si deve a M.S. GIANNINI,
Istituti di credito e servizi di interesse pubblico, cit., p. 105 ss., più
compitamente definita successivamente in M.S. GIANNINI, Lezioni di diritto
amministrativo, Milano, 1950. L'insigne autore è tornato in seguito più volte
sull'argomento: M.S. GIANNINI, Gli elementi degli ordinamenti sezionali, in
Riv. trim. dir. pubbl., 1990, p. 997 ss.; M.S. GIANNINI, Gli ordinamenti
sezionali rivisitati (traendo spunto dall'ordinamento creditizio), in La
ristrutturazione delle banche pubbliche, a cura di S. Amorosino, Milano, 1991;
M.S. GIANNINI, Diritto pubblico dell'economia, IV ed., Bologna, 1993; M.S.
GIANNINI, Il nuovo testo unico delle leggi bancarie e L'ordinamento sezionale
del credito, in Le banche. Regole e mercato, a cura di S. Amorosino, Milano,
1994, p. 9 ss.
98) La tesi è sostenuta da F. MERUSI, Rapporti economici, in Comm. della
Costit., a cura di Branca, III, artt. 45-47, Bologna - Roma, 1980, p. 183.
99) Nel senso che quando le attività di cui all'art. 47 cost. comportino
l'adozione di interventi incidenti sull'attività di impresa, tali interventi
debbano essere adottati nel rispetto dei principi di cui all'art. 41 cost.: A.
PREDIERI, Pianificazione e costituzione, Milano, 1963, p. 354; D. SORACE, Il
governo dell'economia, in Manuale di diritto pubblico, a cura di G. Amato e A.
Barbera, Bologna, 1994, p. 925. Sul punto vedi anche a Cons. St., sez. IV, 29
settembre 1969, n. 434, in Foro it., 1969, III, c. 470; Cons. St., sez. VI, 7
dicembre 1988, n. 1314, in Foro it., 1989, III, c. 22.
100) Corte cost., 17 gennaio 2000, n. 10, in Giur. cost., 2000, 70, con nota di
PACE, in Corriere giur., 2000, p. 315, con nota di CARBONE, in Danno e Resp.,
2000, p. 381, con nota di COSTANZO, in Dir. Pen. e Processo, 2000, p. 211.
101) Trib. Brindisi, sez. distaccata di Ostuni,10 marzo 2011, cit.
102) Trib. Brindisi, sez. dist. di Ostuni, 10 marzo 2011,cit.
103) Corte cost., 26 luglio 1995, n. 390, in Giur. cost., 1995, 2818; Id., 2
luglio 1997, n. 211, ivi, 1997, p. 2121; Id., 28 dicembre 1990, n. 573, ivi,
1990, p. 3227; Id., 14 luglio 1988, n. 822, ivi, 1988, p. 3872.
104) Si è parlato, a tal proposito, di un «carattere necessariamente servente»
dell'affidamento del cittadino rispetto agli altri principi costituzionali
sostanziali, per esempio rispetto all'adeguatezza del trattamento previdenziale
ex art. 38 Cost., alla garanzia del diritto di iniziativa economica ex art. 41
Cost., alla tutela dell'autonomia della funzione giurisdizionale ex art. 101,
103 e 108 Cost., cfr. P. CARNEVALE, «... al fuggir di giovinezza... nel doman
s'ha piu certezza» (Brevi riflessioni sul processo di valorizzazione del
principio di affidamento nella giurisprudenza costituzionale), in Giur. cost.,
1999, p. 3645.
105) Cfr. Corte cost., 4 novembre 1999, n. 416, in Giur. cost., 1999, 3625,
punto 6.1 del Considerato in diritto.
106) S. FAGA Alla ricerca della natura del legittimo affidamento: un gioco di
trasparenze , in Giur. it., 2011,p. 33 ss. in nota a Corte cost., 1 aprile
2010, n. 124.
107) Corte cost., 22 novembre 2000, n. 525, in Giur. cost., 2000, p. 4107.
108) P. CARNEVALE, Legge di interpretazione autentica, tutela dell'affidamento
e vincolo rispetto alla giurisdizione, ovvero del ''tributo'' pagato dal
legislatore-interprete ''in materia tributaria'' al principio di salvaguardia
dell'interpretazione ''plausibile", in Giur. it., 2001, p. 2418.
109) S . FAGA Alla ricerca della natura del legittimo affidamento,; cit., p.
34.
110) Vedi con riguardo al formarsi del legittimo affidamento in relazione ad
un' interpretazione consolidata : Corte cost., 11 giugno 1999, n. 229, in Giur.
cost., 1999, p. 2071.
111) Così P. CARNEVALE, I diritti, la legge e il principio di legittimo
affidamento nell'ordinamento italiano, in Giur. it., 2001, p. 19.
112) In ordine alla natura dei principi generali, D'ATENA, In tema di principi
e valori costituzionali, in Giur. Cost., 1997, p. 3065; MODUGNO, voce
"Principi generali dell'ordinamento", in Enc. giur. Treccani, XIV,
Roma, 1991, p. 3; SORRENTINO, I principi generali dell'ordinamento giuridico
nell'interpretazione e nell'applicazione del diritto, in Dir. e Società, 1987,
181; BOBBIO, voce ''Principi generali del diritto'', in Noviss. dig. it., XIII,
Torino, 1966, p. 887.
113) Il punto di partenza è stato quello della materia pensionistica e
previdenziale.
Nell''ordinamento comunitario al legittimo affidamento è stata da sempre
riconosciuta una portata di carattere generale. In argomento v. per tutti:
GIGANTE, Mutamenti nella regolazione dei rapporti giuridici e legittimo
affidamento, Milano, 2008, p. 43; CASTORINA, Certezza del diritto e ordinamento
europeo: riflessioni intorno ad un principio comune, in Riv. it. dir. pubbl.
comun., 1998, p. 1193.
114) Corte cost., 6 novembre 2009, n. 282, in Giur. cost., 2009, 4377; Corte
cost., 29 maggio 209, ivi, p. 1858; Corte cost., 9 novembre 2006, ivi, 2006, p.
379.; Corte cost., 1 aprile 2010 n. 124, in Infoutet, 2010.
115) Corte cost., 26 luglio 1995, n. 390, cit.; Corte cost., 2 luglio 1997, n.
211, ivi, 1997, p. 2121; Corte cost., 28 dicembre 1990, n. 573, ivi, 1990, p.
3227; Corte cost., 14 luglio 1988, n. 822, ivi, 1988, p. 3872.
116) Corte cost., 17 dicembre 1985, n. 349, in Giur. cost., 1985, p. 2408.
117) Trib. Brindisi, sez. dist. di Ostuni, 10 marzo 2011, cit.
118) Trib. Brindisi, sez. dist. di Ostuni, 10 marzo 2011, cit.
119) Corte cost., 26 novembre 2009, n. 311 in Sito uff. Corte cost., 2010.
120) Corte cost., 26 novembre 2009, n. 311, cit.
121) Corte cost., 26 novembre 2009, n. 311, cit. Degna di nota sul punto della
retroattività è Corte europea diritti dell'uomo, 6 ottobre 2005, n. 11810
(Giorn. dir. amm., 2006, p. 316) secondo cui ««in materia di responsabilità
professionale, viola la Convenzione (L. n. 848/1955) la modifica legislativa
dei criteri per la liquidazione del risarcimento dei danni derivanti da
negligenza del personale medico o ospedaliero, qualora i nuovi criteri abbiano
carattere peggiorativo e applicazione retroattiva»».
122) Corte cost., 26 novembre 2009, n. 311, cit.
123) Corte cost., 26 novembre 2009, n. 311, cit.
124) Corte cost., 24 luglio 2009, n. 239, in Foro t., 2010, 1, c. 345.
Scarica Articolo PDF