Bancario
Il Caso.it, Sez. Articoli e Saggi - Data pubblicazione 04/03/2008 Scarica PDF
Il decreto ingiuntivo ottenuto dall'istituto di credito e giudizio di opposizione: peculiarità e questioni controverse
Vincenzo Farina, Professore ordinario di diritto privato presso l'università del SalentoSommario: 1. Il giudizio di opposizione: provvisoria esecuzione o sospensione della medesima. 2. Verifica della sussistenza dei requisiti per l'emanazione del d.i. opposto. 3. L'efficacia probatoria dell'estratto conto nel giudizio di opposizione. 4. La ignorata rilevanza del documento di sintesi e della documentazione del valido esercizio dello ius variandi. 5. L'accesso ai documenti contabili: ordine di esibizione; diritto di accesso; acquisizione da parte del CTU.
1. A seguito della notifica del decreto ingiuntivo, il cliente può instaurare
il giudizio di opposizione. Tale giudizio, con riferimento alle controversie
tra banca e cliente, non pare presentare singolari peculiarità che lo possano
in qualche maniera distinguere dagli altri giudizi di opposizione a decreto
ingiuntivo.
Di notevole interesse per le parti in causa appare invece la decisione (come
del resto anche nelle altre opposizioni a decreto) in ordine alla richiesta
formulata dalla banca di provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo opposto,
ove la provvisoria esecutività la banca non l'abbia prima - ipotesi oramai
sempre più frequente - ai sensi del secondo comma del novellato art. 642 cpc.
Tale importanza riviene dalla circostanza che l'ordinanza in parola, come è
noto, presenta il carattere della non impugnabilità ex art. 648 c.p.c., e,
conseguentemente, della non revocabilità e della non modificabilità1.
L'ordinanza con cui si concede o si nega la provvisoria esecuzione non ha poi
contenuto decisorio attesa la sua inidoneità ad interferire sulla definizione
della causa, essendo i suoi effetti destinati ad esaurirsi con la sentenza che
pronuncia sull'opposizione2.
La concessione della provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo opposto
presuppone una disamina, sia pur sommaria, del carattere della
incontrovertibilità del credito su cui poggiano le pretese del ricorrente3 e,
più specificatamente, della legittimità dell'emissione dell'ingiunzione4.
Oramai più frequente è nella prassi l'ipotesi inversa e cioè quella in cui è il
cliente opponente a richiedere la sospensione della provvisoria esecuzione ex
art. 649 c.p.c. In questa prospettiva attenta giurisprudenza di merito ha avuto
modo, nell'ambito della valutazione dei ««gravi motivi»» di cui all'art. 649
cpc da un canto di valutare la sussistenza dei requisiti richiesti dalla legge
ed in particolare ai sensi dall'art. 50, D.Lgs. n. 385/1993 se nel caso
concreto la documentazione qualificata in ricorso come «estratto conto» - ne
abbia effettivamente i requisiti intrinseci 5. D'altro canto il giudice deve
prendere in considerazione la eventuale obbiettiva incertezza dell'ammontare
del credito riveniente da conteggi operati in via unilaterale ed in tale ottica
si è correttamente affermato: «« Deve sospendersi, per obiettiva incertezza
dell'ammontare del credito, la provvisoria esecuzione di un decreto ingiuntivo
emesso a favore della banca che abbia proceduto in via unilaterale al ricalcolo
degli interessi sulla base di un anatocismo semestrale in luogo di quello
applicato durante il rapporto a cadenza trimestrale»» 6.
La problematica non è di poco momento sol che si consideri che la banca a
fronte di rapporti di conto corrente di lunga durata, agendo in giudizio per la
richiesta del pagamento dell'ultimo saldo con ricorso per d.i., si trova di
fronte alla imbarazzante scelta se addurre gli estratti conto come comunicati
nel tempo al cliente e quindi affetti per la parte del conteggio operata
antecedente al febbraio 2000, dal computo anatocistico ovvero se operare, motu
proprio ed al di fuori di qualsivoglia controllo, un ricalcolo del saldo
apparente, depurandolo dalla capitalizzazione trimestrale sui conti debitori o
computando una capitalizzazione annuale indistinta tra conti debitori o
creditori. Ineludibile appare il quesito nella seconda ipotesi se possa
considerarsi ««prova scritta»» ai sensi dell'art. 634 cpc il documento con cui
la banca opera il ricalcolo degli interessi senza che al relativo procedimento
partecipi in qualche maniera , anche postuma, il debitore e senza che tale
nuovo conteggio rientri, in qualche modo, nel novero delle scritture contabili
di cui agli artt. 2214 ss. c.c. di cui all'art. 634 cpc.
Ci pare potersi fondatamente sostenere che l'unica prova scritta. ai sensi
degli artt. 50 T.U 2709 segg. c.c. e 634 c.p.c. sia soltanto l'estratto
analitico dei conti dall'apertura della linea di credito alla attuale pretesa
da parte della banca. Sovente di contro si assiste invece nella prassi ad una
sostanziale e talvolta inconsapevole inversione dell'onere della prova. Il
giudice, del tutto dimentico che nella fase dell'opposizione è il creditore a
dover addurre la prova del proprio diritto, ex. 2697 c.c. , pretende
dall'opponente la prova scritta (o di facile e pronta soluzione) secondo i
dettami dell'art. 648, cpc, senza tenere nel dovuto conto che, ancor prima, è
il creditore ricorrente a dover dar prova (scritta) della reale fondatezza
della sua pretesa e che tale prova con riguardo specifico all'ammontare del
credito non può ritenersi integrata da un prospetto calcolo di ignota origine e
fonte sicuramente unilaterale, non avvalorato da quella presunzione di
veridicità di conoformità alle scritture contabili della banca.
2. L'art. 102 del r.d.l. 12 marzo 1936 n. 375, convertito in legge 7 marzo 1938
n. 1417 (la vecchia legge bancaria) consentiva solo ad alcune banche (Banca
d'Italia, istituti di credito di diritto pubblico, banche d'interesse
nazionale, casse di risparmio dotate di una certa consistenza patrimoniale) il
privilegio di ricorrere alla procedura monitoria sulla base di proprie
documentazioni. In particolare la richiesta di decreto ingiuntivo poteva essere
fondata sugli estratti dei loro saldaconti certificati conformi alle scritture
da un dirigente, il quale attestasse altresì che il credito in questione fosse
certo e liquido8.
Attualmente, come è noto, l'art. 50 t.u. richiede l'allegazione dell'estratto
conto certificato conforme alle scritture contabili da uno dei dirigenti della
banca, il quale deve altresì dichiarare che il credito è vero e liquido. La
previsione ha comportato un indubbio vantaggio in termini di trasparenza per la
clientela, in quanto è ora possibile per il destinatario verificare il
procedimento di calcolo in base al quale, a seguito della registrazione delle
varie partite in dare ed in avere, la banca giunge alla determinazione del
saldo. In tal guisa non solo risulta di sicuro facilitato il compito
dell'opponente nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo nel contestare
le risultanze documentali, ma il giudice in sede di emanazione del decreto ha
la possibilità (ed il dovere) anch'egli di verificare le modalità di calcolo,
senza emettere un provvedimento che, sino a qualche tempo addietro, finiva con
il rappresentare un vero e proprio atto di fede nell'operato della banca
richiedente. Nella relazione illustrativa del nuovo t.u. viene posto in luce la
necessità che nell'estratto conto vengano indicate: "tutte le voci a
credito e a debito ricadenti nell'arco di tempo considerato, ivi compresi i
diritti di commissione, le spese, le ritenute fiscali e gli interessi passivi
maturati, con l'indicazione del saldo attivo o passivo che costituirà la prima
posta della successiva fase di conto"9.
L'art. 50 t.u non specifica l'arco di tempo che deve essere preso in
considerazione dall'estratto allegato al ricorso e posto a base dell'emanazione
del decreto ingiuntivo. Mentre per il saldaconto, in considerazione appunto
della sua funzione ricognitiva del saldo, era da ritenersi pacificamente
sufficiente l'allegazione dell'ultimo «« estratto dei saldaconti »» precedente
alla proposizione del ricorso, non così può dirsi per l'estratto conto.
Ciò avverrà in particolare ove si intenda ricavare la nozione di estratto
richiesta a tal fine attraverso un'interpretazione sistematica del dato
normativo nel suo complesso, che tenga nella dovuta considerazione, tra
l'altro, la ratio della tutela della trasparenza del costo del credito sottesa
alle recenti innovazioni legislative e pure presente nella fase della sua
esazione.
La banca dovrà allegare al ricorso quindi un estratto che contempli un arco di
tempo che va dalla data dell'ultima operazione indicata nell'ultimo estratto
conto ricevuto dal cliente alla data di redazione dell'estratto conto da
esibire in giudizio ai sensi dell'art. 50 t.u. nonché la prova documentale
(solitamente avviso di ricevimento) dell'intervenuta ricezione da parte del
cliente dell'estratto conto relativo al periodo in cui dovrà essere individuato
il dies a quo10.
Del resto una diversa conclusione più favorevole alla banca è esclusa
dall'imprescindibile obbligo posto a carico della stessa di invio dell'estratto
conto al cliente (almeno con cadenza annuale), al pari di qualsivoglia altra
comunicazione periodica alla clientela, che si svolga nell'ambito di un
contratto di durata (arg. ex art. 119 t.u., comma primo e secondo), nonché dal
perfezionarsi della tacita approvazione solo una volta decorsi sessanta giorni
dalla ricezione dell'estratto da parte del cliente. Qualora si voglia appunto
rispettare l'esigenza di trasparenza posta a base del citato art. 119 t.u., non
si può consentire alla banca, che non provi l'invio e la ricezione
dell'estratto conto e, per tale via, l'approvazione da parte del cliente, di
ottenere l'emanazione in suo favore di un decreto ingiuntivo in forza della
procedura monitoria agevolata di cui all'art. 50 t.u.11. Tale convincimento
risulta ora significativamente rafforzato dalla nuova disciplina apprestata
allo ius variandi12 dal decreto cd. Bersani (d.l. 4 luglio 2006, n. 223, conv.
inl. 4 agosto 2006, n. 248). Una grossa novità consiste nel fatto che non è più
permessa la comunicazione impersonale alla clientela mediante la pubblicazione
di un avviso sulla Gazzetta Ufficiale, contrariamente a quanto stabiliva la
delibera del C.I.C.R. richiamata dal vecchio testo dell'art. 118 t.u.
bancario13. E' stata in buona sostanza estesa a tutti i clienti della banca una
regola che, in precedenza, era applicabile soltanto ai consumatori, secondo
quanto previsto dal 3° e 4° comma dell'art. 33 del codice del consumo.
Conseguentemente l'efficacia della variazione in peius è condizionata dalla
prova dell'intervenuta comunicazione individuale in forma scritta o su altro
supporto durevole, preventivamente accettato dal cliente. Tale comunicazione
deve specificare il motivo che giustifica l'esercizio del ius variandi da parte
della banca.
Alla luce di tale innovazione appare doveroso da parte del giudice un
comportamento più attento in sede di valutazione di estratti conto, che a
maggior ragione devono coprire ratione temporis tutta la durata del rapporto,
al fine di consentire al giudice di prendere contezza dell'eventuale esercizio
di tale diritto potestativo da parte della banca, la quale nel giudizio di
opposizione dovrà allegare la prova dell'intervenuta comunicazione. Ovviamente
in caso di esercizio dello ius variandi non documentato dal rispetto della
citata normativa il giudice non potrà concedere la provvisoria esecuzione del
d.i. opposto, non essendo opponibile in ipotesi quel saldo all'ignaro cliente.
Sarà comunque indispensabile che la banca depositi, unitamente al ricorso per
decreto ingiuntivo, tutti gli estratti conto a far data da quello di cui riesca
a provare per iscritto l'intervenuta comunicazione al cliente. Nel caso in cui
però la banca non possa provare l'avvenuto invio di alcun estratto conto, dovrà
allegare tutti gli estratti relativi al rapporto intrattenuto con il cliente
sin dal suo sorgere14. Solo così il giudice ed il debitore avranno la
possibilità di prendere contezza delle poste e della causali che hanno portato
alla richiesta di pagamento del saldo formulata con il ricorso15. Il ricorrente
dovrà altresì produrre il contratto di apertura di credito redatto in forma
scritta, prevista a pena di nullità dall'art.117, comma primo, t.u.
L'allegazione è resa necessaria al fine di verificare la data di inizio del rapporto
e per questa via la completezza dell'estratto conto allegato nonchè l'eventuale
diversa modalità di comunicazione dello ius variandi accettato dal cliente ai
sensi dell'art. 118 comma secondo t.u.
Non si ritiene che il ricorrente debba provare in sede di proposizione del
ricorso l'intervenuta consegna della copia al cliente, atteso che tale obbligo,
pur essendo ex lege previsto (art. 117, comma primo, t.u.), può legittimare al
più in via diretta o riconvenzionale (nel successivo giudizio di opposizione)
un'azione del cliente volta a conseguire una pronuncia dichiarativa di nullità
del contratto per difetto di forma o di risoluzione per inadempimento e
comunque di risarcimento del danno nei confronti della banca.
Dal punto di vista soggettivo la procedura agevolata di cui all'art. 50 t.u.
riguarda esclusivamente "le banche" e precisamente quelle iscritte
all'albo di cui all'art. 13 t.u., quindi anche le succursali di banche
comunitarie stabilite nel territorio della Repubblica nonché di quelle
succursali di banche extra-comunitarie all'uopo autorizzate (art. 13 ult.
cpv.). Risultano escluse non solo le banche di fatto (come è ovvio), ma anche
gli altri intermediari finanziari iscritti nell'elenco di cui all'art. 106
t.u., i quali sono autorizzati anch'essi, tra l'altro, come le banche alla «
concessione di finanziamenti sotto qualsiasi forma, alla prestazione di servizi
di pagamento». Indubbiamente la circostanza che detti enti sono tenuti al
rispetto della normativa dettata dal testo unico in tema di trasparenza (art.
115 t.u.) unitamente al fatto che annoverano tra le loro modalità operative
necessariamente svariate operazioni in conto corrente, potrebbe indurre
l'interprete a propendere per un'interpretazione estensiva della disposizione
di cui all'art. 50 t.u. Quest'ultima risulta però irrimediabilmente esclusa,
non solo dal tenore letterale della disposizione, ma anche dalla eccezionalità
della norma in questione, che per quel che si è visto, costituisce un
privilegio solo per determinati imprenditori commerciali (le banche). La
giustificazione di questa, solo apparente, discriminazione è stata esattamente
rinvenuta nell'esigenza primaria per l'intero sistema economico di un paese di
salvaguardare la consistenza patrimoniale esclusivamente delle banche, in
quanto sono gli unici soggetti autorizzati ad esercitare in maniera congiunta e
collegata la raccolta del risparmio e l'esercizio del credito16.
E' d'uopo poi rammentare, che, in assenza di una distinzione operata dal
legislatore, si deve riconoscere la possibilità del ricorso alla procedura
monitoria a tutti i rapporti regolati in conto corrente, sia che essi accedano
ad attività bancaria vera e propria, sia che riguardino attività finanziarie ai
sensi dell'art. 10 t.u.. Non pare invece possibile estendere l'applicazione
dell'art. 50 t.u. a tutte le ipotesi in cui risulta applicabile il primo comma
dell'art. 119 t.u.. La "comunicazione periodica alla clientela", pur
assolvendo il medesimo obbligo di rendere trasparenti i rapporti tra banca e
cliente, non può essere equiparata in toto all'estratto conto che presuppone un
quid pluris nel rapporto di durata che pure l'origina: il conto corrente
appunto17.
Va infine posto in luce come l'art. 50 t.u. richieda, ricalcando la previsione
sul punto già operata dall'art. 102 l.b., la certificazione di conformità
dell'estratto alle scritture contabili nonché l'attestazione da parte dello
stesso che il credito è vero e liquido18. Tale onere di forma è imposto in
considerazione del fatto che l'estratto conto è un documento contabile formato
unicamente dalla banca, al quale viene riconosciuta in buona sostanza fede
privilegiata nei confronti dei soggetti (siano o no imprenditori) titolari del
conto. L'apparente rigore di una siffatta formale garanzia non sembra però
idoneo a garantire la genuinità del contenuto del documento. La previsione
aveva un qualche senso allorché, sotto il vigore dell'art. 102 l.b., la bontà
della certificazione era in un certo qual maniera garantita dalla struttura
(pubblica o di rilevanza nazionale) dell'istituto bancario certificante, ai cui
funzionari da certa giurisprudenza veniva riconosciuta la qualifica e le
conseguenti responsabilità di incaricati di pubblico servizio. Attualmente la
sua incisività risulta notevolmente pregiudicata dalla conclamata natura
privatistica degli enti a cui appartengono i dirigenti19 (non meglio
specificati) addetti alla certificazione ed alla attestazione. La sua
violazione risulta invero, al più, sanzionabile con uno strumento di dubbia
efficacia, qual è certamente quello offerto dall'art. 485 c.p. (falso in
scrittura privata) 20.
3. Nelle pagine che precedono si è accennato alla distinzione tra il saldaconto
previsto dall'art. 102 della vecchia legge bancaria e l'estratto conto di cui
all'art. 50 del vigente t.u., entrambi richiesti dalle disposizioni citate ai
fini dell'individuazione dei requisiti per l'emanazione del decreto ingiuntivo.
Diversa è l'efficacia dei documenti in questione nel successivo giudizio di
opposizione.
Il valore probatorio dell'««estratto dei saldaconti»» era limitato al
procedimento monitorio nella misura e nei termini sopra esposti, non
estendendosi al susseguente procedimento di opposizione nel corso del quale il
documento in questione poteva assumere rilievo solo come elemento indiziario21
, liberamente apprezzabile dal giudice, unitamente ad altri elementi ugualmente
significativi22.
Con riferimento all'estratto conto va rilevato che il legislatore non ha
fornito, né nel testo unico né aliunde, una definizione di tale documentazione
contabile, pur avendo alla stessa fatto esplicito riferimento agli artt. 50 e
119 t.u. e, ancor prima, nell'art. 1832 c.c.., richiamato per il conto corrente
bancario dall'art. 1857 c.c.. Non vi è dubbio che la nozione non possa che
essere unitaria, dovendosi escludere, in mancanza di diversa indicazione a
proposito, che il legislatore abbia inteso far riferimento a due distinti
documenti contabili.
Ciò premesso l'individuazione del contenuto del documento in questione, da cui
poi discende la specificazione dei termini dell'efficacia dello stesso, deve
necessariamente tenere presente le diverse esigenze che sono sottese alle varie
disposizioni di legge che a diverso titolo lo contemplano. A tal fine non
appare risolutiva del problema la pur corretta affermazione secondo cui
l'estratto conto, non esprima soltanto la situazione finale del rapporto al
momento in cui esso ha termine, ma rappresenti anche il risultato di tutte le
operazioni verificatesi fino ad una certa data e la contabilizzazione delle
medesime con l'indicazione di un saldo attivo e passivo, comprensivo di ogni
ragione di dare ed avere, e, quindi, tale da costituire la prima parte della
successiva fase del conto23. Una volta riconosciuta l'esistenza di un obbligo a
carico delle banche di fornire al cliente "una comunicazione chiara e
completa in merito allo svolgimento del rapporto" (art. 119 t.u., comma
primo), dettato dall'esigenza di garantire al massimo il diritto di informazione
e, a fortiori, il diritto di difesa del cliente, appare più che giustificato
porre a carico della banca l'ulteriore obbligo di indicare le causali delle
singole operazioni24.
L'art. 119, comma secondo, innovando rispetto a quanto in precedenza previsto
dall'art. 8 l. n. 154/92, stabilisce poi una periodicità minima, quella
annuale, per l'invio degli estratti conto nei rapporti regolati in conto
corrente, facendo salva l'unilaterale manifestazione di volontà del cliente di
richiedere l'invio dell'estratto conto a cadenze semestrali, trimestrali o
mensili. Il terzo comma dell'art. 119, riproponendo la formulazione a suo tempo
adottata dall'art. 8 della legge 154/92, ha previsto, in linea peraltro con
l'analoga disposizione dettata dall'art. 1832 c.c.25 per il conto corrente in
generale, una procedura di silenzio-assenso per l'approvazione dell'estratto
conto. In mancanza di opposizione scritta difatti da parte del cliente nel
termine di sessanta giorni dal ricevimento, l'estratto conto si intende
approvato. Questa disciplina risulta sicuramente più favorevole per la
clientela rispetto a quanto in precedenza convenzionalmente previsto dall'art.
8 delle n.b.u.26, in tema di conti correnti di corrispondenza che faceva
decorrere il termine per l'approvazione tacita dell'estratto conto dalla data
di invio anziché di ricevimento, ponendo così a carico del correntista il
rischio di un cattivo funzionamento del servizio postale.
L'impugnazione deve essere operata in modo dettagliato e specifico, cioè con
riferimento ad una o più annotazioni sul conto medesimo27. Qualora invece il
cliente si limiti ad una generica contestazione, senza muovere addebiti precisi
e circostanziati sulle singole poste dalle quali deriva il saldo, la
giurisprudenza ha individuato in tale comportamento il significato di una
tacita approvazione ed accettazione di tutte le operazioni annotate28.
La mancata proposizione nel termine previsto dell'impugnazione comporta
anch'essa un'approvazione tacita del conto.
Notevole è stato il dibattito in dottrina in ordine alla portata ed
all'efficacia di siffatta approvazione tacita, strettamente connessa alla
natura dell'estratto conto bancario. Esattamente il medesimo è stato
considerato mero documento contabile, precisando che le relative operazioni
bancarie in esso riassunte e menzionate (prelevamenti e versamenti), a
differenza del conto corrente ordinario, non danno luogo alla costituzione di
autonomi rapporti di credito o debito reciproci tra il cliente e le banca, ma
rappresentano l'esecuzione di un unico negozio da cui deriva il credito ed il
debito della banca verso il cliente29. Conseguentemente la mancata tempestiva
contestazione dell'estratto conto trasmesso da una banca al cliente rende
inoppugnabili gli accrediti e gli addebiti solo sotto il profilo meramente
contabile, ma non sotto quelli della validità e dell'efficacia dei rapporti
obbligatori dai quali le partite inserite nel conto derivano30. Giova sul punto
all'uopo rammentare che siffatto orientamento risulta avvalorato dall'ulteriore
considerazione che nel caso di conto corrente bancario, a differenza dal conto
corrente ordinario, alla sua formazione provvede unilateralmente la banca. La
sua spedizione, anch'essa operata esclusivamente dalla banca, non ha la
funzione di rendere esigibili le somme risultanti dal saldo, avendo il cliente
la possibilità di disporre delle somme risultanti a suo credito in qualsiasi
momento (art. 1852 c.c..), bensì solo quella di informare il cliente in ordine
allo svolgimento del rapporto, con conseguente limitazione, decorso il termine
previsto, della possibilità di impugnativa del conto. L'inquadramento della
trasmissione dell'estratto conto nell'ambito di un obbligo a carico della banca
di informazione, già sostenuta da tempo dalla più attenta dottrina31, può ritenersi
oramai un dato pacificamente acquisito alla luce delle normativa sulla
trasparenza32. Tale obbligo viene specificamente previsto nell'ambito delle
comunicazioni periodiche alla clientela (art. 119 t.u.), dettate appunto per
garantire la trasparenza nel rapporto banca - cliente.
Concludendo sul punto può oramai pacificamente sostenersi che l'approvazione,
sia pur tacita, dell'estratto conto, ai sensi del primo comma dell'art. 1832
c.c., se da un lato non pregiudica l'impugnazione in ordine alla validità e
all'efficacia dei rapporti obbligatori da cui derivano gli accrediti e gli
addebiti (e, quindi, i titoli contrattuali che sono alla loro base e che
rimangono regolati dalle norme generali sui contratti), dall'altro preclude,
invece, qualunque altra contestazione ed, in particolare, quelle concernenti la
conformità delle singole, concrete operazioni sottostanti ai predetti rapporti
ed in tal senso, la loro legittimità sostanziale (salvo soltanto, per effetto
del comma 2° del citato art. 1832 c.c., l'impugnabilità per errori, omissioni o
duplicazioni di carattere meramente formale)33.
4. Resta con riguardo all'accertamento del credito bancario in conto corrente
da chiedersi quale sia il ruolo che siano destinate a svolgere le comunicazioni
periodiche alla clientela diverse dall'invio del mero estratto conto.
Come è noto dopo un lungo periodo di attesa, la delega operata nel 1993 dal
legislatore del t.u. in materia bancaria e creditizia agli artt. 116, comma 3,
lett. a-b-c-d, in tema di pubblicità, 117, comma 8, in tema di contratti, 118,
comma 1 in tema di modifica delle condizioni contrattuali e 119, comma 1 in
tema di comunicazioni periodiche alla clientela ha avuto da parte del CICR e
della Banca d'Italia finalmente esecuzione con la deliberazione del CICR del 4
marzo 2003, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 72 del 27 marzo 2003, a cui
ha fatto seguito con riguardo alle banche, l'aggiornamento del 25 luglio 2003
alla circolare n. 229 del 21 aprile 1999 contenente Istruzioni di vigilanza per
le banche con riguardo appunto alla trasparenza delle operazioni e dei servizi
bancari. L'insieme della normativa ora indicata è entrato in vigore il 1°
ottobre 200334. La delibera del CICR in parola abroga le disposizioni della
legge n. 1541992, ancora rimaste in vigore in virtù della previsione di cui
all'art. 161 t.u. bancario.
A tale innovativa delibera ha fatto seguito l'avvento del d.l. n. 2232006, di
cui si è detto che ha nuovamente mutato il quadro normativo di riferimento
incidendo direttamente sull'art. 118 t.u..
Trattandosi in ipotesi di conto corrente di contratto ad esecuzione continuata,
il giudice a cui verrà sottoposto un rapporto bancario che si è protratto per
un periodo che comprende il succedersi delle due diverse normative, non potrà
non tenere conto delle (diversa) incidenza di entrambe.
Con riguardo al periodo che va dal 27 marzo 2003, data di pubblicazione della
delibera CIC del 4 marzo 2003R nella Gazzetta Ufficiale o se si preferisce dal
25 luglio 2003 data di emissione della circolare n. 2291999 della B.I.,
all'entrata in vigore del d.l. n. 2232006 le banche erano tenute ad utilizzare
il documento di sintesi come mezzo per informare il cliente delle variazioni
unilaterali, sfavorevoli al cliente stesso, apportate alle clausole del contratto
(art. 11 della delibera CICR 4 marzo 2003 e par. 2 del tit. X, cap. I, sez. IV
delle Istruzioni della Banca d'Italia). In tal caso il documento di sintesi,
datato e progressivamente numerato, rappresenta l'aggiornamento di quello unito
al contratto e deve porre chiaramente in evidenza, anche mediante opportuni
accorgimenti grafici, le variazioni intervenute nelle singole condizioni
economiche e/o contrattuali. Esso deve contenere l'avvertenza che la
comunicazione è effettuata ai sensi dell'art. 118 del t.u. e l'indicazione del
termine per l'esercizio del recesso (par. 3 del tit. X, cap. I, sez. IV delle
Istruzioni). Il documento di sintesi, infine, integra la comunicazione
periodica che, nei contratti di durata- come quello di conto corrente - , le banche
devono fornire ai clienti. E' previsto pertanto che lo stesso debba essere
unito al rendiconto che, per i rapporti regolati in conto corrente, è
rappresentato appunto dall'estratto conto (par. 3 del tit. X, cap. I, sez. IV
delle Istruzioni). Ne consegue che ad ogni estratto conto deve essere allegato
anche il documento di sintesi. Anche il documento di sintesi unito al
rendiconto, o estratto conto che dir si voglia, deve essere datato e
progressivamente numerato ed aggiorna quello unito al contratto. Esso deve,
perciò, riportare tutte le condizioni in vigore, altresì nel caso in cui non
siano variate rispetto alla comunicazione precedente ovvero siano state
modificate in senso favorevole al cliente e, pertanto, non abbiano formato
oggetto dell'apposita comunicazione di cui si è detto in precedenza. Il
documento di sintesi assume dunque un particolare rilievo con riguardo
all'opponibilità al cliente delle variazioni unilaterali sfavorevoli le quali
non possono avere effetto anteriore a quello della loro comunicazione al
medesimo ovvero per quelle generalizzate dalla loro pubblicazione.
Con riferimento invece al periodo successivo all'entrata in vigore del. n.
2232006, valgono le nuove disposizioni di cui all'art. 118 commi secondo e
terzo, per cui, in aggiunta al documento di sintesi, la cui obbligatorietà, che
non risulta abrogata alla luce delle nuove disposizioni, le banche sono tenute
a documentare l'intervenuto invio della ««Proposta di modifica unilaterale del
contratto»» al cliente, nonché al rispetto del temine di preavviso minimo di
trenta giorni. Affinché la modifica delle condizioni contrattuali si possa
ritenere approvata dal cliente ed a lui opponibile dovrà essere decorso
l'ulteriore termine di giorni sessanta, a computarsi dalla scadenza del primo.
Alla luce di queste rigorose previsioni non appare fuor di luogo chiedersi
quale incidenza abbia nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo la
mancata allegazione di documento di sintesi contenente le variazioni
sfavorevoli al cliente all'estratto ovvero la mancata comunicazione di cui al
comma secondo del nuovo testo dell'art. 118 t.u.
Non pare potersi revocare in dubbio che in tal caso compete alla banca l'onere
ex art. 2697 c.c di provare come nel corso del rapporto in contestazione, che
ha portato alla richiesta di pagamento del saldo, non si siano verificate
variazioni sfavorevoli al cliente o, ove ciò sia intervenuto, la banca abbia
rispettato le previsioni di legge succedutesi nel tempo. In difetto, il decreto
ingiuntivo opposto va revocato in quanto la somma oggetto di ingiunzione non
corrisponde a quella effettivamente dovuta, dovendo computarsi in detrazione
quanto eventualmente conteggiato successivamente al verificarsi della
modificazione in peius delle condizioni contrattuali.
5. Sovente nell'ambito dei giudizi di opposizione l'opponente formula domanda
riconvenzionale diretta a conseguire l'accertamento di un suo controcredito nei
confronti della banca. In forza di detto controcredito l'ingiunto invoca la
condanna della banca alla restituzione delle somme che, nell'ambito del
rapporto di conto corrente dedotto in giudizio, siano state indebitamente
conteggiate dalla medesima a debito35, e di frequente chiede ex art. 210 c.p.c.
che il giudice ordini alla banca opposta l'esibizione degli estratti conto e
dei connessi scalari relativi al rapporto ab origine.
Al riguardo occorre precisare che la giurisprudenza di merito ha avuto più
volte modo di pronunciarsi36 in cause di accertamento negativo promosse dal
correntista, il quale, non essendo in possesso dell'intera documentazione
contabile dall'insorgere del rapporto in contestazione, ha chiesto al giudice
di ordinare alla banca l'esibizione della medesima.
Sul punto sembra prevalente la tesi negativa37 all'accoglimento della
richiesta. In particolare si sostiene che l'ordine di esibizione di documenti
previsto dall'art. 210 cod. proc. civ., deve riguardare ««documenti che siano
specificamente indicati dalla parte che ne abbia fatto istanza, dei quali sia
noto, o almeno assertivamente indicato, un preciso contenuto, influente per la
decisione della causa, che come tali risultino indispensabili al fine della
prova dei fatti controversi, che concernano fatti o elementi la cui prova non
sia acquisibile aliunde»»38. La richiesta deve indicare in modo specifico le
partite rilevanti ai fini della controversia39 e deve contenere ««comunque
un'indicazione sufficientemente specifica del documento da esibire - ai sensi e
per gli effetti dell'art.94 disp. att. c.p.c. - e dei contenuti rilevanti ai fini
della decisione»»40.
Invero non può non riconoscersi che la richiesta in forza dell'art. 210 cpc
abbia talvolta carattere esplorativo. Tale strumento istruttorio ufficioso e
"residuale" non può essere richiesto ed ammesso al solo scopo di
indagare se detta prova possa essere rinvenuta nei documenti stessi, altrimenti
lo stesso servirebbe a supplire al mancato assolvimento dell'onere della prova
a carico della parte istante41. L'esibizione a norma dell'art. 210 cpc. non può
quindi in alcun caso supplire al mancato assolvimento dell'onere della prova a
carico della parte istante. Ne consegue che ««l'esibizione a norma dell'art.
210 cod. proc. civ. non può essere ordinata allorché l'istante avrebbe potuto
di propria iniziativa acquisire la documentazione in questione, acquisendone
copia e producendola in causa»»42. Ciò come è noto può accadere in forza della
previsione di cui all'art. 117 del D.lgs. n. 385/1993, ove è sancito al comma
quarto che ««Il cliente, colui che gli succede a qualunque titolo e colui che
subentra nell'amministrazione dei suoi beni hanno diritto di ottenere, a
proprie spese, entro un congruo termine e comunque non oltre novanta giorni,
copia della documentazione inerente a singole operazioni poste in essere negli
ultimi dieci anni»». Correttamente tale diritto del cliente viene qualificato
come diritto sostanziale ««la cui tutela è riconosciuta come situazione
giuridica "finale" e non strumentale»» e sussiste indipendentemente
dall'adempimento del dovere di informazione da parte della banca e anche dopo
lo scioglimento del rapporto, quindi prescindendo dall'attualità del rapporto a
cui la documentazione richiesta si riferisce43. Alla luce di tali
considerazioni corretta appare la eventuale decisione di inammissibilità della
richiesta formulata dal cliente attore nell'ambito di un giudizio di
accertamento negativo del credito bancario.
A diverse conclusioni si può invece giungere con riguardo alla situazione in
cui il cliente riveste i panni sostanziali di convenuto nel giudizio di opposizione
ed in quella sede decida di eccepire in compensazione il controcredito da lui
vantato nei confronti della banca o di chiedere in restituzione l'eventuale
esubero. In questo caso non può fondatamente sostenersi che quel ««diritto
sostanziale»» il cliente avrebbe potuto azionare prima in diversa sede, dovendo
di contro riconoscersi che l'effetto sorpresa riveniente dall'azione promossa
dalla banca rendono proponibile in sede di giudizio di opposizione la richiesta
di esibizione, dotata della necessaria specificità nell'indicazione dei
documenti, da porre a base della formulata eccezione e domanda riconvenzionale.
Diversamente opinando, si corre il rischio di precludere in concreto
l'esercizio di diritto di difesa, violando altresì il noto principio di economia
dei mezzi giuridici in sede processuale.
Giova di contro far presente che secondo alcuni invero mentre di regola la
mancata esibizione, proprio perché assistita da sufficiente specificità, può
portare a ritenere provato - ex art.116 co.2 c.p.c. - il fatto che si intendeva
dimostrare attraverso l'acquisizione al giudizio del documento, in materia di
anatocismo in particolare e di rapporto di conto corrente in generale
««l'inosservanza dell'ordine ostensivo non comporterebbe conseguenze sul piano
probatorio, giacchè nessun argomento di prova potrebbe supplire alla mancanza
oggettiva dei dati numerici riportati sugli estratti conto mancanti cosicché,
ritenendo ammissibile in tale materia il ricorso all'art. 210 c.p.c., si
perverrebbe alla conclusione incongrua di configurare un ordine giudiziale
privo di sanzioni per il caso di inosservanza ed il cui adempimento, quindi,
sarebbe sostanzialmente rimesso all'arbitrio del destinatario»»44. La tesi, ove
accolta, potrebbe di fatto far considerare sempre improponibile la richiesta di
esibizione formulata ex art. 210 da parte del cliente convenuto nei confronti
della banca ricorrente, ben potendo quest'ultima opporre il suo diniego
all'esibizione alla luce della non coercibilità del relativo obbligo.
L'argomento prova troppo. Non riteniamo invero che possa escludersi rilievo
processuale alla mancata ottemperanza da parte della banca all'ordine di
esibizione. Ciò per un duplice ordine di ragioni: la prima è di natura
sostanziale alla luce del principio di buona fede nell'esecuzione del contratto
(art. 1375 cod. civ.), di cui l'art. 119, comma 4, d.lgs. n. 385 del 1993
costituisce una sicura esplicazione, principio che non pare patisca
attenuazioni in considerazioni della promozione dell'azione da parte della banca
per la riscossione di un presunto credito; la seconda è di natura processuale,
integrando l'inosservanza dell'ordine di esibizione di documenti un
comportamento dal quale il giudice può, nell'esercizio di poteri discrezionali,
desumere argomenti di prova a norma dell'art. 116 c.p.c., comma45 . Una
soluzione potrebbe essere rinvenuta, su istanza di parte, nel ricorso alla
liquidazione del danno ex art. 96 cpc in via equitativa: invero non può
dubitarsi che il cliente istante, proprio formulando correttamente la richiesta
ex art. 210 cpc, abbia assolto l'onere di allegare gli elementi di fatto,
necessari ad identificare concretamente l'esistenza di siffatta responsabilità
ed idonei a consentire al giudice la relativa liquidazione in via equitativa.
In tali casi, peraltro, non pare potersi escludere il ricorso al meccanismo
delle presunzioni per procedere sia alla prova dell'an debeatur che alla
liquidazione del quantum. Una volta accertata la prassi anatocistica e il
computo del tasso ««uso piazza »» da parte della banca, non è difficile
pervenire ad una liquidazione del danno che tenga conto, ponendo a base del
calcolo, ad esempio il prime rate di riferimento per quel determinato periodo e
la giacenza media sul conto desunta per estrapolazione dai dati in possesso, di
quanto la banca si sia appropriata illegittimamente dal cliente per il periodo
in relazione la quale non ha ritenuto di ««esibire»» la documentazione
richiesta dal giudice.
Ulteriore problema che nella pratica sovente si pone con riguardo all'acquisizione
della documentazione contabile e se ciò possa avvenire in via officiosa - in
sede di operazioni peritali - a mezzo dello stesso ctu nominato dal giudice.
Riteniamo di non potere condividere l'opinione di chi risponde in termini
negativi al quesito prendendo spunto dal principio dispositivo e dal rigido
atteggiarsi delle preclusioni istruttorie nel nuovo rito civile. Tutto ciò
porterebbe a ritenere che ««neppure con il consenso delle parti il giudice - e
per lui il consulente d'ufficio - possa esaminare la documentazione prodotta
dopo il maturare delle preclusioni istruttorie, e del pari a ritenere vietata
la consegna al ctu o l'acquisizione da parte di quest'ultimo di siffatta
documentazione»»46, salve eccezionali ipotesi di rimessione in termini ai sensi
dell'art. 184 bis c.p.c.. Condivisibile invece appare l'opinione di chi, sul
presupposto che ««la consulenza tecnica non è soltanto strumento di valutazione
tecnica, ma anche di accertamento o di ricostruzione storica dei fatti
prospettati dalle parti secondo il prudente criterio valutativo del giudice del
merito e senza che costituisca un mezzo sostitutivo dell' onus probandi su di
esse incombente»», ritiene che sia consentito ««nei limiti del principio
dispositivo all'ausiliare del giudice di assumere, di sua iniziativa, notizie
non rilevabili dagli atti processuali e accertare fatti che siano intimamente
collegati con quelli acquisiti attraverso il meccanismo delle prove»». Il
consulente d'ufficio, pertanto, può svolgere tali indagini anche oltre i
termini di cui allo sbarramento posto dall'articolo 184 del c.p.c. 47.
1) La Corte costituzionale ha ritenuto non fondata in riferimento agli artt..3
e 24 cost. la questione di costituzionalità dell'art. 648 c.p.c. nella parte in
cui prevede la non impugnabilità, e conseguentemente, la non revocabilità e la
non modificabilità dell'ordinanza che concede la provvisoria esecuzione del
decreto ingiuntivo opposto (Corte cost., 8 marzo 1996, n. 65, in Giust. civ.
1996, I, p. 1226; in Foro it., 1996, I, c. 2338, con nota di G. SCARSELLI, In
difesa dell'art. 648, 1º comma, c.p.c.; più di recente in senso conforme Corte
cost. (Ord.), 18 ottobre 2002, n.428, in Giur. costit., 2002, p. 3227.
2) Cfr. Cass., 4 maggio 1982, n. 2743, in Foro it., 1982, I c. 1256; Cass., 13
marzo 1996, n. 2109, in Rep. Foro it., 1996, voce Ingiunzione (Procedimento),
c. 1148, n. 89 che ribadiscono su tali presupposti l'inoppugnabilità
dell'ordinanza di concessione.
3) Cfr. sul punto Trib. Milano, 20 luglio 1995, in Giur. merito, 1996, p. 3,
con nota di S. RICCARDI, Sui provvedimenti anticipatori nella riforma del
processo civile (artt.. 186 bis e ter c.p.c.). In dottrina A. ATTARDI, Le
ordinanze di condanna nel giudizio ordinario di cognizione secondo la legge di
riforma, in Giur. it.,1992, IV, p. 1. ss.; G. OLIVIERI, Le ordinanza
anticipatorie nei giudizi davanti al pretore, in Dir. giur., 1991, p. 288 ss.;
G. IMPAGNATIELLO, Legge 26 novembre 1990, n. 353, commento agli artt.. 20
(ordinanza per il pagamento di somme non contestate) e 21 (istanza di
ingiunzione), in Nuove leggi civ., 1992, p. 102 ss.
4) "Nell'ordinario giudizio di cognizione, che s'instaura con
l'opposizione ad ingiunzione, va accertata la fondatezza della pretesa fatta
valere con il decreto ingiuntivo, anche tenendo conto delle eventuali cause
estintive del credito con esso azionato; mentre la legittimità dell'emissione
dell'ingiunzione va stabilita solo ai fini dell'esecuzione provvisoria e
dell'incidenza delle spese della fase monitoria" (Cass., 14 settembre
1993, n. 9512, in Banca borsa titoli cred.,1994, II, p. 373 ss.).
5) Cfr. Trib. (Ord.) Rovigo, 30 aprile 2004, in Dir. fall., 2005, 2, 526, con
nota di S. LA ROCCA
6) Cfr. Trib. (Ord.) Ferrara, 09 agosto 2004 in Arch. nuova proc. pen., 2005,
2, 527, con nota di S. LA ROCCA.
7) In dottrina per un approfondito commento sotto il vigore della vecchia legge
bancaria cfr. F. DI SABATO, Sull'efficacia probatoria dei certificati di
saldaconto di cui all'art. 102 l.b., in Dir. giur., 1967, p. 247; R. FOGLIA V.
SPARANO, Alcuni rilievi sull'art. 102 della legge bancaria, in Banca borsa tit.
cred., 1970, I, p. 161 ss.; G. CABRAS, Efficacia probatoria dell'estratto dei
saldaconti bancari e fallimento del cliente, in Giur. comm., 1977, II, p. 588;
A. NIGRO, Sull'efficacia probatoria degli estratti di saldaconti bancari, in
Giust. civ., 1980, I, p. 354; F. RIOLO, Commento all'art. 102 l. banc.,
1936-1938, in Codice commentato della banca, a cura di Capriglione Mezzacapo,
Milano, 1990, I, p. 1192; R. CASUCCI, Efficacia probatoria degli estratti conto
bancari, in Fallimento, 1997, p. 734.
8) Pacifica la giurisprudenza sul punto: Cass., 12 aprile 1980 n. 2336, in
Banca borsa tit. cred., 1981, II, p. 129; Cass. sez. un., 18 luglio 1994, n.
6707, in Giust. civ., 1994, I, p. 2439; Trib. Napoli, 10 luglio 1995, in Banca
borsa tit. cred., 1996, II, p. 567.
9) Definizione dell'estratto conto c.d. di chiusura già da tempo acquisita
dalla stessa giurisprudenza di legittimità: « L'estratto conto previsto
dall'art. 1832 comma 2 c.c., non è soltanto quello che esprime la situazione
finale del rapporto, al momento in cui esso ha termine, ma anche quello che
rappresenta il risultato di tutte le operazioni verificatesi fino ad una certa
data, e la contabilizzazione delle medesime con l'indicazione di un saldo
attivo e passivo, comprensivo di ogni ragione di dare ed avere, e, quindi, tale
da costituire la prima parte della successiva fase del conto», Cass., 12 aprile
1980 n. 2336, o. c. In senso conforme: Cass. sez. un., 10 ottobre 1977, n. 4310,
in Banca borsa tit. cred., 1977, II, p. 390; Cass., 11 febbraio 1984, n. 1112,
ivi, 1985, II, p. 313. Più di recente la S.C. tenendo conto delle innovazioni
di cui al TUB ha così definito In tema di operazioni bancarie in conto
corrente, le comunicazioni al cliente sulla situazione finale del conto,
inviate dalla banca allo scioglimento del rapporto ovvero alle scadenze
periodiche contrattualmente previste, sono qualificabili come "estratti
conto di chiusura", ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 1832, comma
2, c.c., ove non si limitino a contenere l'indicazione del saldo, con il
calcolo delle spese e degli interessi, ma portino anche un preciso riferimento
alle partite di dare ed avere che hanno condotto a quel risultato. Tale
riproduzione di tutte le partite contabili non è, tuttavia, necessaria, ai fini
indicati, quando l'estratto conto finale faccia seguito e richiami
espressamente precedenti estratti parziali, inviati al cliente con
l'indicazione di tutte le operazioni afferenti il relativo periodo (in quanto,
in detta situazione, viene ugualmente soddisfatta l'esigenza di porre il
cliente medesimo in condizione di riscontrare ogni eventuale vizio incidente
sul saldo finale), essendo, in tal caso, sufficiente, affinchè decorra il
termine semestrale di decadenza di cui all'art. 2832 c.c., che l'estratto conto
relativo alla liquidazione di chiusura dia al correntista la comunicazione del
saldo definitivo riflettente il periodo considerato, comprensivo delle spese e
degli interessi. (Cass., 6 luglio 2000, n.9008, in Infoutet 2007). In dottrina
tra gli altri cfr. V. SANTORO, Il conto corrente bancario, in Il Codice Civile.
Commentario diretto da Schlesinger, Milano, 1992, p. 207; F. MAIMERI A. NIGRO
V.SANTORO, Contratti bancari. 1. Le operazioni bancarie in conto corrente,
Milano, 1991, p. 353 ss.; M. CONDEMI, in Commentario al Testo unico delle leggi
in materia bancaria e creditizia, a cura di Capriglione, Padova, 1994, sub art.
50, p. 258, che sottolinea come l'art. 50 del t.u. non possa considerarsi norma
posta ad esclusiva tutela delle banche.
10) E' di questa opinione M. VALIGNANI, L'efficacia probatoria dell'estratto
conto secondo l'art. 50 della legge bancaria, in Dir. banca mercato
finanziario, 1994, p. 58 ss. Negli stessi termini G. TARZIA, ivi, 1995, p. 495,
che ritiene indispensabile ai fini della determinazione del contenuto
dell'estratto richiesto dall'art. 50 prendere le mosse dall'approvazione
espressa o tacita del conto. Lo stesso autore riconosce nel contempo la
necessità che la banca fornisca la prova, in caso di contestazione nel
successivo giudizio di opposizione, dell'intervenuto invio dell'ultimo estratto
conto, espressamente o tacitamente approvato.
11) Del resto tale esigenza probatoria era già in parte avvertita dalla
giurisprudenza in epoca antecedente all'entrata in vigore del testo unico:
"Con riferimento al contratto di conto corrente bancario la presunzione
legale contenuta nel comma 1° dell'art. 1832 c.c. dell'approvazione del conto
in caso di mancata contestazione dello stesso da parte del correntista
presuppone che la banca abbia trasmesso l'estratto del conto al cliente e che
questi l'abbia ricevuto, ma non richiede che la dimostrazione di tale
trasmissione per raccomandata sia data attraverso la produzione in giudizio della
ricevuta di ritorno della raccomandata stessa contenente l'estratto del conto,
potendo tale dimostrazione essere data anche altrimenti, con ogni mezzo ammesso
dalla legge e, quindi, pure a mezzo di presunzioni." (Cass. 13 gennaio
1988, n. 178, in Rep. Foro it., 1988, voce Contratti Bancari, c. 583, n. 57. In
termini v. pure: Cass., 15 marzo 1986, n. 1770, in Banca borsa tit. cred.,
1987, II, p. 582; App. Perugia, 30 maggio 1977, ivi, 1978, II, p. 54.
12) Sul ius variandi in materia bancaria v. tra gli altri: M. BUSSOLETTI, La
normativa sulla trasparenza: il ius variandi, in Dir. banca merc. fin., 1994,
p. 478 ss.; F. BRIOLINI, Osservazioni
in tema di modifiche unilaterali nella disciplina dei contratti bancari, in
Riv. dir. priv., 1998, p. 292 ss; E. CAPOBIANCO, Contratto di mutuo bancario e
ius variandi, in Studi in onore di Ugo Majello, I, a cura di Comporti e
Monticelli, Napoli, 2005, p. 292 s., nonché diffusamente P. GAGGERO, La
modificazione unilaterale dei contratti bancari, Padova, 1999, passim.
13) In argomento v. P. SIRENA, Il ius variandi della banca dopo il c.d.
decreto-legge sulla competitività (n. 223 del 2006), in WWW. Juidicium.it.
14) Siffatta tesi trova un'ulteriore conferma ove la richiesta di decreto
ingiuntivo si fondi su di un contratto di apertura di credito in conto
corrente, della cui unitarietà come rapporto non si dubita e per il quale il
termine di prescrizione dell'azione decorre non dalla data di compimento delle
singole operazioni, bensì dalla data di chiusura del rapporto. Sul punto in
giurisprudenza si ha avuto modo di ribadire che il momento iniziale del termine
di prescrizione decennale per il reclamo delle somme indebitamente trattenute
dalla banca a titolo di interessi su un'apertura di credito in conto corrente
(nella specie, perché calcolati in misura superiore a quella legale senza
pattuizione scritta), decorre dalla chiusura definitiva del rapporto
trattandosi di un contratto unitario che dà luogo ad un unico rapporto
giuridico, anche se articolato in una pluralità di atti esecutivi, sicché è
solo con la chiusura del conto che si stabiliscono definitivamente i crediti e
i debiti delle parti tra loro (Cfr. Cass., 9 aprile 1984, n. 2262, in Rep. Foro
it., 1984, voce Contratti Bancari, c. 605, n. 23). Sulla unitarietà del
rapporto di conto corrente cfr., sia pur incidentalmente, App. Roma, Sez. II,
22 marzo 2007, in Infoutet , 2007; Cass., 19 gennaio 2006, n. 1060, in
Infoutet, 2007. Sulla natura giuridica del contratto di apertura di credito ed
in particolare degli atti di utilizzazione cfr. S. FIORENTINO, voce Apertura di
credito bancario, in Noviss. Dig. it., I, 1957, p. 676; M. SPINELLI G. GENTILE,
Diritto Bancario, Padova, 1984, p. 188; SERRA, voce Apertura di credito, in Dig
Disc. Priv., Torino, 1987, p. 156 e s.; G. MOLLE L. DESIDERIO, Manuale di
diritto bancario e della intermediazione finanziaria, Milano, 1997, p. 151 e
ss..
15) In senso contrario App. Cagliari, 20 luglio 1998, ined., ove si evidenzia
l'impossibilità per il giudice della fase monitoria di controllare "tutta
la movimentazione di un conto corrente durato magari 15 anni" e la
"veridicità dei dati contabili riportati in questo complesso estratto
conto in quanto nessuna norma impone alla banca di esibire anche tutte le
"pezze" giustificative della movimentazione in questione, né ancor
prima, di stabilire se per caso l'istituto creditore non abbia tralasciato di
produrre gli atti afferenti a parte della movimentazione relativa al
rapporto". Va in contrario rilevato che la documentazione richiesta non
contempla affatto le "pezze" giustificative delle appostazioni
contabili dell'estratto conto, ma si riduce solo a quest'ultimo, che ben può
essere redatto su base annuale (art. 119 t.u.). Il giudice della fase
monitoria, in concreto, deve solo verificare, quantomeno, la continuità del
risultato contabile, quale facilmente si evince dai rispettivi saldi iniziali e
finali, a cui pervengono nel tempo i vari estratti conto allegati, a far data
dall'ultimo inviato al cliente. Diversamente opinando ci si dovrebbe chiedere
che senso ha, con riguardo alla ratio delle recenti innovazioni legislative,
ritenere sufficiente, pure in mancanza di prova di invio al cliente di alcuna
comunicazione esplicativa dei risultati del conto, l'allegazione dell'ultimo
estratto, se mai trimestrale, il quale, ove il conto medesimo, come sovente
accade, sia stato da tempo chiuso, non si differenzierà molto dal vecchio
"saldaconto".
16) Così F. PARRELLA, A proposito dell'art. 102 l. banc. e dell'art. 50 t.u.
delle leggi in materia bancaria e creditizia..,in Dir. Banca e Mercato Fin.,
1994, I, p. 192.
17) Per l'estensione della portata applicativa dell'art. 50 in forza di una
lettura coordinata con l'art. 119, comma primo: F. PARRELLA, o. c., p. 194 s.;
G. TARZIA, o. c., p. 495, limitatamente però ai contratti di durata non
regolati in conto corrente.
18) Sul punto sotto il vigore dell'art. 102 l.b. mentre la giurisprudenza ha
ritenuto la dichiarazione in parola indispensabile al fine di integrare la
prova scritta richiesta dalla legge, la dottrina ha considerata quest'ultima un
pleonastico formalismo: App. Bologna, 2 dicembre 1968, in Banca borsa tit.
cred., 1970, II, p. 533, con nota critica di R. FOGLIA V. SPARANO, Forma e
formalismo dell'estratto di saldaconto. Attualmente alla luce del dettato
normativo di cui all'art. 50 t.u. non si dubita dell'indispensabilità
dell'attestazione: M. VALIGNANI, o. c., p. 61 s.
19) Ritiene che chi esercita l'attività certificativa di cui all'art. 50 t.u.
può anche essere un dipendente della banca, preposto ad un determinato
stabilimento o a un determinato settore, pur non rivestendo la qualifica di
dirigente ai sensi del contratto collettivo: M. VALIGNANI, o. c., p. 62 s..
20) Così F. PARRELLA, o. c., p. 195, n. 41.
21) Nel vigore dell'art. 102, l.b., orientamenti diversi e, a volte,
contrastanti si sono manifestati in giurisprudenza e dottrina circa il valore
probatorio da assegnare al certificato di saldaconto a seguito
dell'instaurazione del giudizio di opposizione avverso il decreto ingiuntivo.
La tesi del mantenimento di una sua specifica idoneità probatoria anche in tale
fase del giudizio è stata sostenuta da: App. Roma, 21 settembre 1959, in Banca
borsa tit. cred., 1960, II, p. 388; Trib. Imperia, 30 giugno 1961, ivi, II, p.
411; Trib. Napoli, 30 ottobre 1965, in Dir. e giur., 1967, p. 848 con nota
critica di F. DI SABATO; Cass., 29 gennaio 1982, n. 575, in Banca borsa tit.
cred., 1983, II, p. 151; Cass., 1 agosto 1987, n. 6656, ivi, p. 145 con nota di
A. DOLMETTA; Cass., 18 luglio 1989, n. 3362, ivi, 1989, II, p. 537; Trib.
Milano, 16 settembre1991, ivi., 1992, Il, p. 583; Trib. Milano, 19 novembre
1992, ivi, 1994, Il, p. 76. Inizialmente era prevalsa la tesi rigorosamente
negativa, nel senso che l'estratto di saldaconto non poteva costituire prova del
credito nel giudizio ordinario di cognizione: cfr. Cass., 9 giugno 1956, n.
2001, in Banca borsa tit. cred., 1957, II, p. 189; Trib. Firenze, 17 dicembre
1962, ivi, 1963, II, p. 252; App. Venezia, 26 novembre 1963, ivi, 1964, II, p.
57; Trib. Firenze, 11 marzo 1964, ivi, con nota adesiva di F. FRAGALI, La prova
dell'ammontare del debito del fideiusssore; Cass., 5 novembre 1979, n. 5729,
ivi, 1980, II, p. 147. In dottrina, per la tesi negativa tra gli altri R.
FOGLIA V. SPARANO, Alcuni rilievi sull'art. 102 l. b., o.c., p. 176; F.
MARTORANO, Il valore probatorio dell'estratto conto e dell'estratto di
saldaconto, o.c., p. 837 s.; M. BUSSOLETTI, Obblighi e modalità di tenuta delle
scritture contabili con particolare riferimento alle imprese bancarie, in Banche
e banchieri, 1980, p. 822. Sostengono invece la tesi affermativa: R. NIGRO,
Sull'efficacia probatoria dei saldaconti bancari, in Giust. civ., 1980, I, p.
355 s., F. RIOLO, Commento all'art. 102, o.c., I, p. 1196 ss..
22) Sul punto in questi senso cfr. Cass. sez. un., 18 luglio 1994, n. 6707 in
Foro it., 1994,I, c. 2681, ed in Arch. civ., 1994, p. 1001; Cass., 17 aprile
1996, n. 3630, in Rep. Foro it., 1996, voce Prova civile in genere, c. 1611, n.
19.
23) Per la definizione in questi termini dell'estratto conto, in
contrapposizione con il saldaconto, cfr. Cass., 12 aprile 1980, n. 2336, in
Banca borsa tit. cred., 1981, II, p. 129. Sulla definizione di estratto conto
in genere in giurisprudenza cfr. anche: Cass., 8 gennaio 1968., n. 26, ivi,
1968, II, p. 328 ss., con nota di G. MOLLE, Ancora in tema di conto corrente
bancario; Cass., 11 maggio 1977, n. 1812, in questa Rivista, 1978, II, p. 10
ss., con nota di M. BOUCHÈ, In tema di estratto conto; per l'equiparabilità
della copia di scheda contabile esistente presso la banca all'estratto conto
cfr. Cass., 2 aprile 1985, n. 2249, ivi, 1986, II, p. 276. Sulla nozione di
estratto conto in dottrina, cfr. A. CALTABIANO, Il conto corrente bancario,
Padova, 1967, p. 160; G. MOLLE, I contratti bancari, , in Tratt. Dir. civ.
comm., diretto da Cicu e Messineo, XXXV, 4° ed., Milano, 1981, p. 553; ID.,
Ancora in tema di conto corrente bancario, in Banca borsa tit. cred., 1968, II,
p. 330; CAVALLI, voce Conto corrente. 1) Contratto di conto corrente, in Enc.
Giur., VII, Roma, 1988, p. 7; SANTORO, Conto corrente bancario, o.c., p. 207.
24) Così F. PARRELLA, o.c., p. 194. Ritiene che il principio della ««
completezza »» e della « chiarezza» costituiscono una vera e propria
obbligazione di risultato CARRIERO, in Commentario al testo unico delle leggi
in materia bancaria e creditizia a cura di Capriglione, cit., p. 605. Sulla
vecchia formulazione della disposizione (art. 8 l. n. 1541992) v. tra gli
altri: MAIMERI, La legge sulla trasparenza delle operazioni bancarie, in Bancaria,
1992, p. 57 ss..
25) L'approvazione tacita del conto in mancanza di contestazione espressa da
parte del cliente dell'estratto conto a lui inviato era già prevista dall'art.
32, lett. g, della vecchia legge bancaria, poi ribadita ed integrata dagli artt.
7 e 8 delle n.b.u. nella vecchia formulazione. Sul punto per una disamina
storica v. , SANTORO, Il Conto corrente, cit., p. 210 ss..
26) La dottrina aveva sul punto rilevato come, la previsione contrattuale
introducesse un elemento di incertezza sotto il profilo temporale. In termini
SALANITRO, Conto corrente bancario, in Dir. banc., 1988, I, p. 439 ss..
27) Cass., 19 luglio 1980, n. 4378, in Rep. Foro it., 1983, voce Conto
corrente, c. 559, n. 3; Tribunale Piacenza, 29 ottobre 1981, in questa Rivista.,
1981, II, p. 464.; Cass. 28 luglio 2006, n.17242, in Impresa, 2007, 1, p. 129
28) In questi termini cfr. Tribunale Milano, 15 maggio 1995, in Giur. it.,
1996, I,1, c. 671; Cass., 11 marzo 1996, n. 1978, in Rep. Foro it., 1996, voce
Contratti Bancari, c. 734, n. 30. La S.C. con riguardo specifico alla
produzione in giudizio in sede di opposizione ha però affermato: ««Se il
documento prodotto in giudizio dalla banca non contiene l'indicazione delle
singole partite che hanno concorso a formare il saldo, il correntista non può
ritenersi onerato, nel momento in cui il documento viene portato a sua
conoscenza, di provvedere, al fine di superarne l'efficacia probatoria, alla
sua contestazione, con la conseguenza che a detto documento, anche se il
correntista si sia limitato a una generica affermazione di nulla dovere, non
potrà essere attribuita dal giudice, nel giudizio di opposizione a decreto
ingiuntivo, efficacia probatoria del credito»» (Cass., 5 aprile 2005, n.7087,
in Guida dir., 2005, 20, p. 45)
29) La giurisprudenza prevalente riconosce oramai da tempo l'unitarietà del pur
complesso rapporto di conto corrente cfr. Cass., 19 gennaio 2006, n.1060, in
Fallimento, 2006, 7, p. 847; Cass., 7 settembre 1984, n. 4788, in Giur. it.,
1985, I,1, c. 1090, con nota di B. INZITARI, Gli effetti dell'approvazione del
conto corrente bancario;; Cass., 24 maggio 1991, n. 5876, ivi, 1992, II, p.
293, e in Foro it., 1992, I, c. 2201; Cass., 29 novembre 1994, n. 10185, in
Giur. it., 1995, I, 1, c. 1882; Cass., 10 aprile 1995, n. 4140, in Informazioni
legali, 1995, 9, p. 8; p. 123; Trib. Napoli, 22 aprile 1994, in Gius, 1995, p.
174;. In dottrina tra gli altri cfr. M. FOSCHINI, La compensazione ed i
rapporti bancari in conto corrente, in questa Rivista., 1964, p. 158 ss.; F. MARTORANO,
Il valore probatorio dell'estratto conto e dell'estratto di saldaconto, cit.,
p. 1822; M. PORZIO, Il conto corrente bancario, il deposito e la concessione di
credito, in Tratt. di dir. priv., diretto da Rescigno, 12, Torino, 1985, p. 878
s.; G. CAVALLI, voce Conto corrente. 1) Contratto di conto corrente, o.c., p.
5; O. SCOZZAFAVA G. GRISI, voce Conto corrente, Digesto IV ed. Disc. priv. Sez.
comm., IV, Torino, 1989, p. 6; V. SANTORO, Conto corrente bancario, o.c., p.
219; G. MOLLE L. DESIDERIO, Manuale di diritto bancario, cit., p. 181, s..
30) Orientamento oramai stratificato in giurisprudenza cfr. Cass., 7 settembre
1984, n. 4788, o.c.; Cass., 11 marzo 1996, n. 1978 , o.c.; Cass., 24 maggio
2006, n.12372 in CED Cassazione, 2006; Cass., 19 marzo 2007, n. 6514 in CED
Cassazione, 2007 che afferma: «« In tema di conto corrente, la mancata
tempestiva contestazione dell'estratto conto da parte del correntista nel
termine previsto dall'art. 1832 cod. civ. rende inoppugnabili gli accrediti e
gli addebiti solo sotto il profilo meramente contabile, e non preclude pertanto
la contestazione della validità e dell'efficacia dei rapporti obbligatori da
cui essi derivino»».
31) Cfr. B. INZITARI, Gli effetti dell'approvazione del conto corrente,
cit.,c.1093; V. SANTORO, Il conto corrente, o.c.., p. 208 s..
32) Cfr. V. SANTORO, o. u. c., p. 208 s.; A. TALIERCIO, in La nuova legge
bancaria. Il T.U. delle leggi sull'intermediazione bancaria e creditizia e le
disposizioni di attuazione. Commentario a cura di Ferro - Luzzi e Castaldi,
Milano, 1996, p. 1851; CARRIERO, Commentario al testo unico delle leggi in
materia bancaria e creditizia, o.c., p. 604 ss.
33) Cfr. Cass., 15 giugno 1995, n. 6736, in Rep. Foro it., 1995, voce Conto
Corrente, c. 770, n. 1.
34) Per un primo commento alla nuova disciplina cfr. G. CARRIERO, La disciplina
delle obbligazioni nel nuovo diritto societario: prime valutazion,i in Dir.
banca e merc. fin., 2003, p. 511 ss.; G. ALPA, La trasparenza bancaria, Bari,
2003, p. 201 ss., V. FARINA, Brevi flessioni sulla nuova disciplina della
trasparenza bancaria, in Contratto impr., 2004, p. 842. La delibera CICR segue
in ordine di tempo altri provvedimenti, tra i quali è d'uopo richiamare: la
delibera CICR del 9 febbraio 2000, che ha dettato disposizioni in materia di
capitalizzazione degli interessi e di estinzione anticipata dei crediti
fondiari; il decreto legislativo n. 253 del luglio 2000, con riguardo ai
bonifici transfrontalieri con il quale sono stati sanciti specifici obblighi
informativi in capo agli intermediari e procedure per la composizione
stragiudiziale delle controversie. La delibera del CICR in parola abroga le
disposizioni della legge n. 1541992, ancora rimaste in vigore in virtù della
previsione di cui all'art. 161 t.u. bancario.
35) Ciò potrà intervenire ad esempio con riferimento agli addebiti per
anatocismo, commissione di massimo scoperto, giorni valuta interessi di uso
piazza e interessi usurari.
36) Cfr. Trib. Pescara, 4 ottobre 2007, n. 1288, in Il Caso.it.
37) In giurisprudenza cfr. Cass., 8 settembre 2003, in Foro it. Mass., 2003,
voce Esibizione delle prove; Cass., 11 luglio 2003, n. 10916, in Foro it.
Mass., 2003, voce Esibizione delle prove; Trib. Verona , 11 luglio 2003, in
Giur. merito, 2004, 6. In dottrina, per un recente contributo, cfr. A. SCARPA,
La nullità dei contratti bancari, in Banche e clienti - questioni attuali,
suppl. al n.5/05 di Giur merito, 2006, p. 46.
38) Cfr. Cass., sez. lav., 25 maggio 2004, n. 10043, in Foro it. Mass., 2004,
voce Esibizione delle prove, n. 7; Cass., sez. lav., 24 marzo 2004, n. 5908, in
Foro it. Mass., 2004, voce Esibizione delle prove, n. 8; Cass., 8 settembre
2003, n. 13072, in Foro it. Mass., 2003, voce Esibizione delle prove, n. 4;
Cass., sez. lav., 2 settembre 2003, n. 12782, in Foro it. Mass., 2003, voce
Esibizione delle prove, n. 13; Cass., 11 luglio 2003, n. 10916, in Foro it.
Mass., 2003, voce Esibizione delle prove, n.5; Cass., 10 gennaio 2003, n. 149,
in Foro it. Mass., 2003, voce Esibizione delle prove, n. 3; Cass., 16 maggio
1997, n. 4363, in Foro it. Mass., 1997, voce Esibizione delle prove, n. 2;
Cass., 10 agosto 1988, n. 4907, Foro it. Mass., 1997, voce Esibizione delle
prove, n.5.
39) V. Cass., 8 settembre 2003, n. 13072, in Infoutet, 2003.
40) Così R. LEONETTI, Il punto su alcune questioni in materia bancaria, in Le
Corti Pugliesi, 2006, p. 573 s.
41) Cfr. da ultimo Cass. 8 agosto 2006 n. 17948, in Infoutet, 2006 ; Cass. 25
maggio 2004, n. 10043 in Infoutet, 2006; Cass., 4 settembre 1990, n. 9126, in
Foro it. Mass., 1990, voce Esibizione delle prove, n. 2.
42) Cfr. Cass., sez. III, 06 ottobre 2005, n. 19475, in Foro it. Mass., 2005,
voce Esibizione delle prove, n. 1; Cass., 10 gennaio 2003, n. 149, cit:
fattispecie in cui la Cassazione ha ritenuto non censurabile poi il mancato
accoglimento dell'istanza attrice di esibizione da rivolgersi agli istituti di
credito interessati).
43) Cfr. R. LEONETTI, Il punto su alcune questioni in materia bancaria, o.c.,
p. 573; Cass., 27 settembre 2001, n. 12093, in Giust. civ., 2001, I, p. 2322.
Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza di merito che aveva escluso la
configurabilità di un diritto alle copie dei documenti inerenti il rapporto una
volta ricevute dalla banca le comunicazioni periodiche di cui all'art. 119 t.u.
e decidendo nel merito ha ordinato agli istituti di credito la consegna alla
curatela del fallimento degli estratti conto degli ultimi due anni;. Cass., 12
maggio 2006, n. 11004, in Foro it. Mass., 2006, voce Contratti bancari, n. 12;
Cass. 19 ottobre 1999, n. 11733, in Fallimento, 2000, p. 1328; Cass., 22 maggio
1997, n. 4598, in Foro it., 1997, I, 1732; cfr. anche il provvedimento del
7.12.2006 del Garante per la protezione dei dati personali).
44) R. LEONETTI, Il punto su alcune questioni in materia bancaria,o.c., p. 573.
45) Cass. civ., Sez. lavoro, 7 giugno 2002, n.8310, in Arch. Civ., 2003, p.
423.
46) In tal senso Trib. Pescara, 7 giugno 2005, cit..; R. LEONETTI, Il punto su
alcune questioni in materia bancaria,o.l.u.c.
47) Trib. Parma, 3 maggio 2005, in Guida dir., 2005, p. 83; Trib. Bari, 1
gennaio 2007, in Infoute, 2007 : resta da chiedersi se la disciplina speciale
prevista dall'articolo 198 del c.p.c., che fa divieto al consulente di
esaminare (senza il consenso espresso di tutte le parti) documenti non
formalmente acquisiti al giudizio, non è applicabile al di fuori delle
consulenze contabili (in argomento v. Cass., , 17 dicembre 2004, n. 23470, in
Foro it. Mass., 2004, voce Contratto in genere, n. 287).
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