Bancario
Il Caso.it, Sez. Articoli e Saggi - Data pubblicazione 25/09/2012 Scarica PDF
La commissione di massimo scoperto. 2012. È l'anno della fine?
Paolo Giovanni Demarchi Albengo, Presidente del Tribunale di CuneoSommario: 1. Introduzione; 2. La commissione di massimo scoperto nella pratica bancaria fino al 2008; 3. Questioni di nullità della clausola; a) La nullità per indeterminatezza; b) La nullità per mancanza di valida clausola negoziale; 4. Gli interventi normativi del 2008-2009. Quer pasticciaccio brutto ...; a) La norma; b) Profili problematici; c) Conseguenze per i debitori: si stava meglio prima?; d) CMS e usura; 5. Gli interventi normativi del 2012: eliminati la commissione calcolata sull'utilizzato e tutti gli altri costi occulti. Si torna alla commissione onnicomprensiva di affidamento; a) Imperatività delle norme e scopo perseguito; b) I limiti quantitativi; c) Gli sconfinamenti; d) Le famiglie consumatrici; e) Il compito del CICR; 6. Commissione di massimo scoperto e usura; una difficile convivenza.
1. Introduzione
La commissione di massimo scoperto, che da tempo immemore compare sotto vario
nome nei contratti di apertura di credito, ricorda molto la vicenda del
Sarchiapone; tutti ne parlano, ma nessuno sa con esattezza cosa sia.
Allora si trattava di uno scherzo di un comico geniale, mentre oggi la
commissione di massimo scoperto è una realtà, solo che è talmente sfaccettata
da apparire sfuggente. A dire il vero, si può ben dire che la CMS è destinata a
scomparire dal panorama contrattuale, dato che il legislatore l'ha
definitivamente abolita, sostituendola con una più razionale commissione di
affidamento (detta anche provvigione di conto), ripristinando di fatto quella
che era inizialmente la funzione della clausola in esame. Rimane peraltro in
problema del pregresso, che sconta difficoltà interpretative ed applicative non
di poco conto.
Va ricordato che la CMS non trova, neppure nei manuali di diritto bancario, una
chiara definizione ed una individuazione certa sotto il profilo causale. Non si
può dunque definire la commissione di massimo scoperto (mancando sino ad oggi
una disciplina normativa o regolamentare sul punto), ma si deve prendere atto
dell'esistenza di molteplici commissioni di massimo scoperto, con
caratteristiche e con funzioni diverse2.
Questo fattore, e cioè la sua estrema elasticità, da un lato ha favorito un uso
massiccio della commissione da parte delle banche (talvolta al fine di
incrementare i propri guadagni nella concessione del credito, altre volte per
riequilibrare una posizione contrattuale ritenuta non soddisfacente), ma ha
anche prodotto una totale incertezza da parte degli utenti del credito ed è
stato la causa del proliferare delle azioni di nullità.
2. La commissione di massimo scoperto nella pratica bancaria fino al 2008
La Commissione di Massimo Scoperto sembra sia stata introdotta nel primo
dopoguerra con la funzione di compensare l'intermediario bancario per l'onere
di dover sempre essere pronto a fronteggiare l'utilizzo di un fido concordato:
inizialmente, dunque, per la parte utilizzata del fido il corrispettivo per la
banca era costituito dagli interessi, mentre per la parte non utilizzata la
messa a disposizione era remunerata dalla predetta commissione3.
Con il passare del tempo la clausola ha cambiato pelle e da indennità per il
servizio di messa a disposizione è diventata un onere aggiuntivo di tipo
percentuale applicato sul massimo scoperto (cioè sulla massima esposizione
debitoria) del trimestre, quasi sempre indipendentemente dalla sua durata.
Se questa è la caratteristica di base della clausola, è vero però che gli
istituti di credito non ne hanno fatto un'applicazione costante ed uniforme,
tale da attribuirle un significato univoco nell'ottica contrattuale; in più, la
complessità dei concetti sottesi a tale figura giuridica e l'inserimento in
contratti spesso oscuri e comunque caratterizzati da un elevato grado di
tecnicismo ne hanno decretato la pressoché totale incomprensibilità da parte
del ceto debitorio. Trattasi di una problematica comune a gran parte dei
contratti di massa, in cui la presenza di una regolamentazione predeterminata e
pletorica, associata alla difficoltà, se non proprio impossibilità pratica, di
ottenere in sede di contrattazione una qualche modifica dei moduli
standardizzati, porta il contraente "debole" ad addivenire alla
conclusione del contratto senza nemmeno valutare attentamente le clausole
inserite dalla controparte. Si tratta di situazioni che si verificano quotidianamente,
ad ogni livello della scala economico-sociale, ed a cui non fanno eccezione
nemmeno i tecnici del diritto; si pensi, oltre che ai contratti bancari, a
quelli assicurativi, di fornitura dei servizi essenziali, di viaggio,
informatici, ecc.
Posto che consumatori, professionisti ed imprenditori hanno la necessità di
stipulare tali tipologie di contratti, non essendo pensabile che un soggetto
rinunci oggi ad avere un conto bancario, una carta di credito, un'assicurazione
sulla casa o sugli infortuni, un contratto di somministrazione di energia
elettrica o di gas metano (...), ne consegue un fisiologico squilibrio a favore
di coloro che erogano tali servizi, i quali, anche ove non operino in regime di
limitata concorrenza, possono imporre la gran parte delle condizioni
contrattuali, spesso senza che la controparte contrattuale se ne renda conto o
ne comprenda appieno il significato.
Ebbene, ciò è proprio quanto è successo con riferimento alle clausole che
prevedevano la commissione di massimo scoperto, a volte nemmeno connotata da
tale nome; la controparte della banca spesso evitava di leggere le
numerosissime clausole contenute nel contratto e comunque, anche ove avesse
proceduto ad una disamina delle stesse, difficilmente avrebbe potuto comprendere
il significato e la portata della commissione di massimo scoperto. Tale
clausola, infatti, era spesso strutturata in modo talmente generico da
permettere alle banche di farne un utilizzo pressoché incontrollabile ed
indiscriminato e tale da non consentire all'utente di poterne calcolare i
costi.
A volte il calcolo della commissione veniva effettuato sul massimo saldo dare
giornaliero di un determinato periodo (normalmente un trimestre), oltre il fido
concesso4; a volte sia sull'importo affidato che, una seconda volta, sul
massimo saldo dare extra fido; a volte solo sull'importo intra-fido5. In alcuni
casi, la CMS veniva applicata solo ove lo scoperto rientrasse in una
ininterrotta situazione debitoria di durata superiore ad un periodo variamente
determinato.
Come si è visto, la commissione nasce come onere sull'importo affidato e non
utilizzato e col tempo diventa un onere aggiuntivo che grava sulla massima
esposizione debitoria del trimestre, quasi sempre indipendente dalla sua durata
(e quindi con effetti moltiplicativi di costo).
3. Questioni di nullità della clausola
Il primo problema che si pone con riferimento alla commissione di massimo
scoperto è la mancanza di una definizione precisa, a fronte di un uso bancario
assai variegato; mancando una definizione normativa ed un'applicazione costante
e univoca dell'istituto, le suddette clausole sono state spesso ritenute
affette da nullità per indeterminatezza. In molti casi, infatti, si limitavano
genericamente ad indicare la percentuale di commissione di massimo scoperto
applicata al conto, senza specificare su quali importi e per quali periodi
dovesse essere calcolata. Ciò rendeva impossibile per il cliente comprendere la
reale entità di questa commissione e persino verificarne la corretta
applicazione da parte della banca.
La seconda obiezione che sovente si è mossa alla clausola in esame si riferisce
alla mancanza di causa; in particolare si è ritenuto che la commissione di
massimo scoperto fosse validamente espressa solo qualora potesse individuarsene
una funzione diversa da quella già svolta dall'interesse.
I profili di potenziale invalidità delle clausole inserite nei contratti
bancari sono, dunque, principalmente due: la nullità per indeterminatezza della
pattuizione contrattuale e la nullità per mancanza di causa.
a) La nullità per indeterminatezza
Nella valutazione circa la validità della clausola relativa alla commissione di
massimo scoperto si pone prima di tutto una questione definitoria: che cos'è la
commissione di massimo scoperto e come si applica? Afferma il tribunale di
Torino, in un recente arresto (Trib. Torino, 27 maggio 2010, estensore Panzani)
che per la definizione della commissione di massimo scoperto si deve fare
riferimento, sebbene in via di prima approssimazione, alla nozione accolta
dalla Banca d'Italia nelle istruzioni per la rilevazione del tasso effettivo
globale medio ai sensi della legge sull'usura, così come aggiornate nel
febbraio del 2006; qui si legge che la commissione di massimo scoperto nella
tecnica bancaria viene definita come il corrispettivo pagato dal cliente per compensare
l'intermediario dell'onere di dover essere sempre in grado di fronteggiare una
rapida espansione nell'utilizzo dello scoperto di conto. Tale compenso viene
applicato allorché il saldo del cliente risulti a debito per oltre un
determinato numero di giorni e viene calcolato sullo scoperto massimo
verificatosi nel periodo di riferimento.
Come si è detto, però, la commissione di massimo scoperto non è applicata in
modo uniforme; pertanto, nel caso in cui i contratti bancari prevedano
genericamente l'addebito della commissione di massimo scoperto e indichino
esclusivamente il tasso periodico, il correntista non è posto nelle condizioni
per verificarne la successiva applicazione. Alcune banche, infatti, applicano
la commissione anche per un solo giorno di scoperto e per qualsiasi importo;
altre la applicano solo se lo scoperto supera un determinato importo e/o se
perdura per un certo numero di giorni consecutivi o se si verifica più volte
nel periodo di riferimento.
Ma sullo stesso concetto di scoperto non c'è uniformità di vedute; ci dice la
cassazione nella richiamata sentenza a sezioni unite del dicembre 2010 numero
24.418, che conto scoperto o passivo è quello cui non accede alcuna apertura di
credito a favore del correntista, ovvero quando il passivo scende al di sotto
dei limiti dell'affidamento.
Ma, se così è, allora vi è una evidente discrasia tra la definizione assunta
dalla Banca d'Italia e la prassi delle banche; la prima, parlando di scoperto,
sembra riferirsi all'ipotesi di conto non affidato o di superamento
dell'apertura di credito. Le banche invece sono solite applicare la commissione
di massimo scoperto sul massimo indebitamento raggiunto dal correntista nel
periodo di riferimento, ma all'interno del fido concesso.
Tutto ciò rende evidente come, al di là dei problemi di causalità negoziale,
che saranno esaminati nel paragrafo che segue, vi è prima di tutto una
problematica di indeterminatezza della clausola, che ne determina la nullità ai
sensi degli articoli 1418 e 1346 del codice civile; il primo richiede, a pena
di nullità, che l'oggetto del contratto abbia i requisiti stabiliti
dall'articolo 1346 e quest'ultima norma elenca tra i requisiti necessari del
contratto la determinatezza o determinabilità dell'oggetto.
Pertanto, solo una clausola negoziale che indichi in modo preciso e specifico
le modalità di applicazione e di calcolo della commissione di massimo scoperto
potrebbe passare indenne da questo primo giudizio di validità; è bene, però,
rilevare che nella prassi bancaria quasi mai la clausola in esame viene
dettagliata in modo tale da consentire al correntista un'autonoma valutazione
sulla sua corretta applicazione.
b) La nullità per mancanza di valida clausola negoziale
Altra questione che attiene alla validità della commissione di massimo scoperto
è quella relativa alla sua funzione: secondo il tribunale di Torino (21 gennaio
2010, cit.), per esempio, la commissione di massimo scoperto, anche ove
chiaramente pattuita dalle parti, deve considerarsi nulla per mancanza di
causa; di analogo avviso sono il tribunale di Parma (pronuncia del 23 marzo
2010) e il tribunale di Teramo (18 gennaio 2010), il quale ultimo specifica che
la commissione di massimo scoperto contenuta nei contratti bancari, così
denominata e senza altra specificazione, può ritenersi sorretta da causa lecita
solo in relazione allo scoperto di conto, non sussistendo, entro il limite del
fido, uno scoperto; pertanto, ritiene il tribunale di Teramo, deve ritenersi
illegittima la clausola denominata commissione di massimo scoperto che ponga a
carico del cliente il pagamento di una somma da calcolarsi anche su importi
entro i limiti del fido, in quanto in tale caso la clausola sarebbe priva di
causa; qualora la banca ritenesse di dover richiedere una commissione anche per
il credito utilizzato, poi la relativa pattuizione dovrebbe necessariamente
essere esplicita in tal senso e dimostrativa della causa giuridica che la
sorregge.
Il tribunale di Monza, con la sentenza 11 giugno 2007 numero 1967, aveva già
affermato la nullità della commissione di massimo scoperto se determinata con
riferimento alle somme effettivamente utilizzate dal cliente nell'ambito del fido
a lui concesso, ciò in quanto si risolverebbe in un aumento del costo effettivo
del credito e quindi del tasso d'interesse effettivamente applicato.
Il tribunale di Tortona, con sentenza 19 maggio 2008, approfondisce le
problematiche giuridiche relative alla nullità della commissione di massimo
scoperto, ancorandola all'articolo 1284, comma secondo, del codice civile,
sulla base della ritenuta assimilabilità della predetta commissione - così come
concretamente applicata dalle banche - agli interessi passivi; la causa,
dunque, sarebbe illecita per violazione di norma imperativa, individuata
nell'articolo 1284, comma secondo, ove è stabilito che gli interessi devono
essere specificamente determinati per iscritto.
Senza procedere oltre all'esame della ormai numerosa giurisprudenza, non solo
di merito, sulla commissione di massimo scoperto, anche perché la situazione
attuale risulta regolamentata per legge, si deve rilevare quanto segue:
A. se si accede alla definizione operata dalla Banca d'Italia e da una parte
della giurisprudenza, secondo cui la commissione di massimo scoperto
costituisce il corrispettivo della banca a fronte dell'onere di tenere a
disposizione del cliente una determinata somma nell'ambito di un contratto di
affidamento, allora da un lato si deve rilevare l'incongruità definitoria della
clausola, che sarebbe piuttosto definibile come commissione di affidamento e
non come commissione sullo scoperto, dato che nei limiti del fido non esiste,
appunto, alcuno scoperto. In secondo luogo, se la legittimità della clausola
fosse ricollegabile all'applicazione nei termini di cui sopra e cioè sulla
parte di fido non utilizzata, sulla quale la banca non viene in alcun modo
remunerata attraverso il meccanismo degli interessi, allora non si potrebbe che
prendere atto della invalidità di detta clausola, che per prassi bancaria è
sempre stata applicata non sulla parte di fido inutilizzata, bensì, al
contrario, sul massimo importo utilizzato intra fido.
Se si accede ad una definizione della clausola di massimo scoperto conforme al
suo nomen iuris ed alla prassi applicativa, allora la clausola suddetta
dovrebbe ritenersi illegittima per essere priva di valida causa negoziale, in
quanto onere aggiuntivo agli interessi passivi che la banca già percepisce su quella
somma per effetto dell'utilizzo, da parte del cliente. Trattandosi di onere
calcolato in percentuale, avrebbe una natura non dissimile da quella
dell'interesse e quindi si tratterebbe di un onere occulto che si va a sommare
all'interesse pattuito, remunerando due volte lo stesso servizio. La nullità
della commissione di massimo scoperto, per assenza di una sua causa
giustificatrice, è rilevabile anche d'ufficio6.
B. In ogni caso, resta fondamentale il fattore di determinabilità della
prestazione dovuta alla banca, assolutamente carente nei contratti bancari. Ciò
rende invalida detta clausola ai sensi dell'articolo 1346 del codice civile,
che richiede, per la validità del contratto, che l'oggetto sia determinato o
determinabile7.
Non si può poi non tener conto del fatto che, anche ove la commissione fosse
applicata sulla parte dell'affidamento non utilizzata, vi sarebbero comunque
dubbi sulla sua reale utilità nell'economia del contratto di apertura di
credito; non si deve dimenticare, infatti, che la banca è un imprenditore che
basa il proprio profitto sul rischio e quindi che la mancata utilizzazione di
una parte delle somme affidate costituisce un rischio che la banca stessa
valuta nel momento in cui concede il fido e determina la misura degli interessi;
è noto che l'apertura di credito costituisce una forma di finanziamento più
costosa di altre, proprio per il fatto che la banca viene remunerata solo sulla
parte utilizzata e non sull'intera linea di credito. Questa circostanza spinge
le banche ad alzare il tasso d'interesse passivo, proprio al fine di
ammortizzare anche i costi derivanti dalla messa a disposizione del cliente di
una somma che questi potrebbe non utilizzare. In sostanza, il cliente che ha
bisogno di ricorrere al credito per l'esercizio della propria attività ha la
scelta tra contrarre un finanziamento, con l'onere di corrispondere l'interesse
passivo su tutta la somma erogata, ma con un tasso più contenuto, oppure di
utilizzare il più elastico strumento dell'apertura di credito, sul quale andrà
a pagare l'interesse solo nei limiti della somma di volta in volta utilizzata,
ma pagando un interesse ovviamente maggiore. é proprio questa maggiorazione
dell'interesse che rende illogica ed inutile la previsione anche di una
commissione sull'affidamento, perché la banca già si tutela nei confronti del
cliente chiedendo un interesse passivo più elevato.
Infine non si deve nemmeno dimenticare che il facile, rapido e poco costoso
ricorso al credito interbancario, nonché la attuale smaterializzazione del
denaro, oltre alle "economie di scala" che la banca è in grado di
attuare nell'esercizio dell'attività creditizia (e nella gestione dei flussi di
denaro), rendono davvero irrisorio il costo che la banca deve sopportare per
tenere a disposizione del cliente somme potenzialmente maggiori rispetto a
quelle che il cliente utilizzerà (e sulle quali pagherà l'interesse passivo).
4. Gli interventi normativi del 2008-2009. Quer pasticciaccio brutto ...
Con un tempo di gestazione complessivo di nove mesi, con il quale la natura
produce un animale (non sempre) superiore, il legislatore sforna una norma tra
le più contorte ed incomprensibili che si siano mai viste.
L'articolo 2-bis del decreto legge 29 novembre 2008 numero 185, convertito con
modificazioni nella legge 28 gennaio 2009, numero 2 (misure urgenti per il
sostegno alla famiglia, lavoro, occupazione e impresa e per ridisegnare in
funzione anticrisi il quadro strategico nazionale), successivamente integrato
con il decreto-legge 1 luglio 2009, numero 78, convertito con modificazioni
nella legge 3 agosto 2009, numero 102 (provvedimenti anticrisi, nonché proroga
dei termini) introduce finalmente una regolamentazione della commissione di
massimo scoperto, ma omette un dato fondamentale e cioè la sua definizione. La
norma, cioè, non ci dice che cos'è la CMS, qual è la sua funzione, quando si
applica, ma afferma in negativo i casi in cui detta clausola sarebbe nulla. Con
la scusa, poi, di contenere il costo di dette commissioni, il decreto-legge 78
del 2009 introduce un ultimo periodo al primo comma dell'articolo due bis del
decreto-legge 185/2008, individuando un tetto massimo per il corrispettivo
onnicomprensivo di cui - dice la norma - al periodo precedente8 (trattasi di un
periodo lungo mezza pagina e pieno di disposizioni di ogni tipo!).
Il secondo comma della norma interviene sulla delicata questione del tasso di
usura, precisando che gli interessi, le commissioni e le provvigioni, comunque
chiamate, che prevedono una remunerazione dipendente dall'effettiva
utilizzazione dei fondi sono rilevanti ai fini dell'applicazione degli articoli
1815 del codice civile, 644 del codice penale, nonché 2 e 3 della legge 7 marzo
1996, numero 108.
Infine, il terzo comma della " rivoluzionaria" norma sulle
commissioni di massimo scoperto prevede un obbligo di adeguamento dei contratti
in corso entro 150 giorni dalla entrata in vigore della legge di conversione.
a) La norma
DECRETO-LEGGE 29 novembre 2008 n. 185 (in Suppl. ordinario n. 263 alla Gazz.
Uff., 29 novembre, n. 280). - Decreto convertito, con modificazioni, in legge
28 gennaio 2009, n. 2. - Misure urgenti per il sostegno a famiglie, lavoro,
occupazione e impresa e per ridisegnare in funzione anti-crisi il quadro
strategico nazionale.
Articolo 2 Bis
Ulteriori disposizioni concernenti contratti bancari9 (1)
1. Sono nulle le clausole contrattuali aventi ad oggetto la commissione di
massimo scoperto se il saldo del cliente risulti a debito per un periodo
continuativo inferiore a trenta giorni ovvero a fronte di utilizzi in assenza
di fido. Sono altresì nulle le clausole, comunque denominate, che prevedono una
remunerazione accordata alla banca per la messa a disposizione di fondi a
favore del cliente titolare di conto corrente indipendentemente dall'effettivo
prelevamento della somma, ovvero che prevedono una remunerazione accordata alla
banca indipendentemente dall'effettiva durata dell'utilizzazione dei fondi da
parte del cliente, salvo che il corrispettivo per il servizio di messa a
disposizione delle somme sia predeterminato, unitamente al tasso debitore per
le somme effettivamente utilizzate, con patto scritto non rinnovabile
tacitamente, in misura onnicomprensiva e proporzionale all'importo e alla
durata dell'affidamento richiesto dal cliente e sia specificatamente
evidenziato e rendicontato al cliente con cadenza massima annuale con
l'indicazione dell'effettivo utilizzo avvenuto nello stesso periodo, fatta
salva comunque la facoltà di recesso del cliente in ogni momento. L'ammontare
del corrispettivo omnicomprensivo di cui al periodo precedente non puo'
comunque superare lo 0,5 per cento, per trimestre, dell'importo
dell'affidamento, a pena di nullita' del patto di remunerazione. Il Ministro
dell'economia e delle finanze assicura, con propri provvedimenti, la vigilanza
sull'osservanza delle prescrizioni del presente articolo10.
2. Gli interessi, le commissioni e le provvigioni derivanti dalle clausole,
comunque denominate, che prevedono una remunerazione, a favore della banca,
dipendente dall'effettiva durata dell'utilizzazione dei fondi da parte del
cliente, dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del
presente decreto, sono comunque rilevanti ai fini dell'applicazione
dell'articolo 1815 del codice civile, dell'articolo 644 del codice penale e degli
articoli 2 e 3 della legge 7 marzo 1996, n. 108. Il Ministro dell'economia e
delle finanze, sentita la Banca d'Italia, emana disposizioni transitorie in
relazione all'applicazione dell'articolo 2 della legge 7 marzo 1996, n. 108,
per stabilire che il limite previsto dal terzo comma dell'articolo 644 del
codice penale, oltre il quale gli interessi sono usurari, resta regolato dalla
disciplina vigente alla data di entrata in vigore della legge di conversione
del presente decreto fi no a che la rilevazione del tasso effettivo globale
medio non verrà effettuata tenendo conto delle nuove disposizioni.
3. I contratti in corso alla data di entrata in vigore della legge di
conversione del presente decreto sono adeguati alle disposizioni del presente
articolo entro centocinquanta giorni dalla medesima data. Tale obbligo di
adeguamento costituisce giustificato motivo agli effetti dell'articolo 118,
comma 1, del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, di cui
al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, e successive modificazioni.
b) Profili problematici
Con il decreto-legge del 29 novembre 2008 numero 185, convertito con
modificazioni nella legge 28 gennaio 2009, n.2, a sua volta modificata con
decreto legge 1 luglio 2009 numero 78, convertito con la legge 102/2009, il
legislatore è intervenuto per regolamentare le commissioni di massimo scoperto,
che tanti problemi hanno dato negli anni passati.
Purtroppo, però, l'intervento normativo si è rivelato ancora una volta
pasticciato, di difficile comprensione e dunque foriero di nuovi dubbi;
soprattutto, le nuove disposizioni sembrano tradire gli annunci che il Governo
aveva fatto alla vigilia della sua entrata in vigore, come se la commissione di
massimo scoperto fosse ormai in via di estinzione11.
Al contrario, come si vedrà in seguito, la confusa situazione normativa, dovuta
alla presenza di numerose contraddizioni all'interno dello stesso articolo di
legge, sembra favorire una moltiplicazione degli oneri a carico del correntista
e, comunque, sancisce una volta per tutte la validità delle commissioni di
massimo scoperto, sebbene nei limiti di cui infra si dirà.
La norma incomincia con un'affermazione importante in ordine alla nullità delle
clausole che prevedono una commissione di massimo scoperto, ma subito dopo
introduce le prime eccezioni; tali commissioni sono ritenute invalide solo
qualora siano applicate a un conto che risulti a debito per un periodo
continuativo inferiore a 30 giorni ovvero in caso di utilizzo in assenza di
fido.
Questo primo periodo evidenzia subito le prime difficoltà interpretative: la
prima delle due limitazioni concerne il caso di un saldo passivo per una durata
inferiore a 30 giorni, ma la norma non specifica se si tratti di conto affidato
o meno; poiché, peraltro, la seconda limitazione concerne espressamente gli
utilizzi in assenza di fido, si può ragionevolmente pensare che la prima
ipotesi si riferisca a saldi passivi contenuti entro i limiti dell'affidamento
concesso dalla banca, mentre la seconda ipotesi si riferisca agli scoperti di
conto e dunque agli sconfinamenti oltre il fido, ovvero ai saldi debitori in
assenza di fido.
Se è così, allora possiamo tentare, semplificando, di estrapolare la seguente
regola: la commissione di massimo scoperto è valida solo se calcolata per
utilizzi di somme all'interno e nei limiti dell'affidamento e purché il saldo
del conto risulti a debito per un periodo continuativo uguale o maggiore a 30
giorni.
Sebbene la norma non sia particolarmente limpida, pare doversi ritenere che la
commissione di massimo scoperto possa validamente essere applicata ogni
qualvolta il conto corrente scenda al di sotto dello zero e quivi rimanga per
almeno 30 giorni consecutivi12; non è stato risolto, però, il problema della
determinatezza, in quanto la norma non dice come deve essere applicata la
commissione, ossia se la stessa vada applicata sul massimo importo debitore,
ovvero sulla media, ovvero giorno per giorno sul saldo debitore. Poiché la
clausola mantiene la denominazione di commissione di massimo scoperto, vi è il
concreto rischio che le banche continuino ad applicarla sulla massima
esposizione debitoria. Sarà necessario, comunque, affinché le clausole
stipulate nel vigore della nuova normativa non siano nuovamente affette da
nullità, che siano specificamente indicate non solo la misura, ma anche le
modalità concrete di calcolo della commissione, di modo che il correntista
possa esercitare un idoneo controllo sulla corretta applicazione della
pattuizione negoziale.
Prevedendo che la commissione possa essere applicata solo all'interno del fido
e con riferimento ai saldi debitori, la norma sembra propendere per
un'interpretazione della commissione di massimo scoperto conforme alla prassi
applicativa delle banche negli anni passati. La commissione, cioè, sarebbe un
onere ulteriore che si cumula con quello degli interessi passivi e che è legato
alla utilizzazione dell'affidamento concesso dalla banca; quanto maggiore è il
ricorso al credito, tanto maggiore è il costo che il correntista deve pagare alla
banca. Essendo la commissione legata anche alla durata del saldo passivo,
sembra potersi affermare che questo tipo di commissione vada a compensare il
rischio di insolvibilità del cliente; tanto più lungo è il periodo in cui il
saldo del conto non ritorna in attivo, tanto più - sembra avvisarci la norma -
si eleva il rischio che il correntista non sia più in grado di far fronte al
debito contratto. Non vi è spazio, invece, in tale tipo di clausola, per una
funzione remuneratoria collegata alla tenuta a disposizione delle somme
(giacché la commissione si calcola sull'utilizzato e non sul tenuto
disposizione), né per una funzione legata agli sconfinamenti oltre fido o in
assenza di fido (ciò per espressa previsione normativa).
Il secondo periodo dell'articolo 2-bis della legge in esame estende la nullità
a tutte le clausole contrattuali, comunque denominate, che prevedano una
remunerazione della banca per la messa a disposizione dei fondi
indipendentemente dall'effettivo "prelevamento" (termine, quest'ultimo,
da intendersi più genericamente come "utilizzo delle somme") ovvero
una remunerazione indipendente dall'effettiva durata dell'utilizzazione dei fondi.
Questo secondo periodo, nell'ottica di scongiurare un'elusione delle norme
sopra esaminate, attraverso l'utilizzo di clausole diversamente denominate,
mira a garantire un effettività di tutela del correntista e quindi ribadisce
che la banca non può ottenere alcun corrispettivo per la sola messa a
disposizione di fondi - se il correntista non li utilizza - e che le clausole
che prevedano oneri aggiuntivi in caso di utilizzo della somma affidata devono
comunque essere legate ad una durata minima dell'utilizzazione; peraltro la
norma ancora una volta pecca di eccessiva indeterminatezza, giacché nel secondo
caso (cioè di clausole diversamente denominate) non vi è il preciso limite
temporale minimo di 30 giorni previsto per le clausole denominate
"commissione di massimo scoperto". Trattasi di una carenza normativa
che può essere superata applicando in via analogica, anche alle clausole
diversamente denominate, il termine minimo di cui al periodo precedente, con la
conseguenza che saranno nulle tutte le clausole bancarie in cui si prevede una
remunerazione per la banca in caso di utilizzo di somme oggetto di affidamento,
qualora non sia specificamente indicato il termine minimo di 30 giorni di
utilizzo continuativo. Sorgerà, naturalmente, un problema di salvataggio di
tali clausole e cioè il problema di verificare se una siffatta clausola sia
totalmente nulla ovvero se possa ritenersi parzialmente nulla (cioè solo nella
parte in cui non esplicita il termine minimo di utilizzo continuativo della
somma); nel primo caso non potrà essere applicata nessuna commissione, mentre
nell'ipotesi alternativa la commissione pattuita potrà essere applicata, ma
solo nei limiti in cui è consentito per legge (e quindi per i periodi di
utilizzo continuativo uguali o superiori a 30 giorni). Questa considerazione è
riferibile anche alle ipotesi di cui al primo periodo e cioè alle clausole
contenenti commissioni espressamente denominate come di massimo scoperto.
La seconda parte del secondo periodo crea maggiori difficoltà interpretative
perché, dopo l'affermazione di nullità contenuta nel primo periodo e ribadita
nel secondo, con riferimento alle clausole comunque denominate, introduce la
prima rilevante eccezione: -le clausole di cui sopra sono eccezionalmente
valide qualora "É il corrispettivo per il servizio di messa a disposizione
delle somme sia predeterminato, unitamente al tasso debitore per le somme
effettivamente utilizzate, con patto scritto non rinnovabile tacitamente, in
misura onnicomprensiva e proporzionale all'importo e alla durata
dell'affidamento richiesto dal cliente e sia specificamente evidenziato e
rendicontato al cliente con cadenza massima annuale con l'indicazione
dell'effettivo utilizzo avvenuto nello stesso periodo, fatta salva comunque la
facoltà di recesso del cliente in ogni momento".
Trattasi di indicazione normativa di difficile comprensione; innanzitutto l'eccezione
alla nullità della clausola di massimo scoperto sembra riferirsi unicamente alle commissioni di affidamento (ovvero a
quelle calcolate sulla somma messa a disposizione del correntista) anche se il
riferimento è ad un periodo che tratta anche della diversa ipotesi degli oneri
sull'utilizzato (sebbene indipendenti dalla durata dell'utilizzazione).
Dunque, con la nuova normativa la banca potrà esigere un corrispettivo per il
solo fatto di aver concesso un affidamento bancario, indipendentemente da
qualsiasi utilizzo da parte del correntista; condizioni di validità di questa
eccezione sono: -che il corrispettivo sia predeterminato in misura
onnicomprensiva e proporzionale all'importo e alla durata dell'affidamento
richiesto; - il patto sia redatto per iscritto, unitamente al tasso debitore
per le somme utilizzate; - il patto non sia rinnovabile tacitamente; - il
corrispettivo sia specificamente evidenziato e rendicontato al cliente con
cadenza massima annuale e con l'indicazione dell'effettivo utilizzo delle somme
avvenuto nello stesso periodo; - il cliente possa recedere in ogni momento (da
cosa?).
Come si può ben immaginare si apre tutto un ventaglio di problematiche di non
semplice soluzione.
Innanzitutto, il corrispettivo deve essere predeterminato in misura
onnicomprensiva e proporzionale all'importo e alla durata dell'affidamento
richiesto: trattasi di disposizione assolutamente generica, che ancora una
volta richiede un onere di specificazione contrattuale, a pena di nullità per
indeterminatezza della clausola. Non è chiaro, peraltro, cosa significhi in
concreto che la commissione deve essere commisurata alla durata dell'importo
dell'affidamento; forse che la banca dovrà predisporre una sorta di tabella che
pone in relazione importo dell'affidamento, durata, entità della commissione.
Non si dice, però, se si tratta di un coefficiente di proporzionalità diretta o
inversa con riferimento a durata ed importo dell'affidamento, né quale sia il
peso di questi due elementi.
Osserva parte della dottrina13 che la necessità che il corrispettivo sia
predeterminato esclude che la banca possa procedere, nel corso del rapporto,
alla modifica di tale clausola, avvalendosi del disposto dell'art. 118 TUB.
Il patto deve essere redatto per iscritto, unitamente al tasso debitore per le
somme utilizzate. Sul requisito della forma scritta, non ci sono particolari
perplessità, mentre non è chiaro cosa significhi che la provvigione in esame
debba essere redatta unitamente al tasso debitore; forse che la clausola deve essere
contenuta nello stesso documento contrattuale che contiene anche la
specificazione del tasso passivo applicabile all'apertura di credito? O forse
che le misure di questi corrispettivi devono essere indicate nella stessa
clausola contrattuale, di modo che il cliente possa trovare in un unico
contesto tutte le voci di costo dell'affidamento che richiede? Ma allora perché
non è prevista la contestualità anche per la commissione di massimo scoperto e
per tutte quelle clausole, comunque denominate, che sono collegate
all'effettiva utilizzazione delle somme?
Il patto che prevede la provvigione di conto non deve essere rinnovabile
tacitamente; ciò apre una doppia opzione interpretativa: da un lato si può
ritenere che la provvigione in esame possa essere determinata con una cadenza
temporale inferiore alla durata dell'affidamento, ovvero, in caso di apertura
di credito a tempo indeterminato, con una durata limitata nel tempo, nel qual
caso la banca dovrà periodicamente rinegoziare con il cliente la provvigione in
esame14. L'altra opzione interpretativa prende in esame, invece, la diversa
ipotesi di un'apertura di credito a tempo determinato con provvigione di conto
della stessa durata; in tale caso, mentre gli accordi contrattuali potrebbero
consentire un rinnovo tacito dell'apertura di credito, tale possibilità non
sarebbe invece consentita per la provvigione di affidamento, che dovrebbe
essere rinegoziata con il cliente15.
Il corrispettivo sia specificamente evidenziato e rendicontato al cliente con
cadenza massima annuale e con l'indicazione dell'effettivo utilizzo delle somme
avvenuto nello stesso periodo; qui veramente non si capisce non tanto il senso
letterale della norma, quanto invece la funzione concreta da questa svolta. La
provvigione di conto risulta scollegata dall'utilizzo dei fondi e commisurata,
invece, all'entità dell'affidamento, di modo che essa viene determinata in
maniera fissa e, soprattutto, non dovrebbe essere in alcun modo influenzata
dall'andamento delle operazioni passive.
Il cliente possa recedere in ogni momento. Infine, ultima delle condizioni
affinché sia considerata valida la clausola che prevede la provvigione di
affidamento, è che il cliente possa recedere in ogni momento; la norma non
specifica quale sia l'oggetto del recesso, ma sembra corretto ritenere che la
facoltà di recesso si riferisca al contratto di apertura di credito e che,
dunque, in deroga a quanto previsto dall'articolo 1845 del codice civile, il
cliente possa recedere in qualunque momento dal contratto di apertura di
credito, anche se stipulato a tempo determinato; sarà quindi applicabile la
norma prevista dall'ultima parte del terzo comma dell'articolo 1845, secondo
cui il recesso è esercitato mediante preavviso nel termine stabilito dal
contratto, dagli usi o, in mancanza di quello di 15 giorni.
L'ultimo periodo del primo comma dell'articolo 2-bis chiarisce che la
commissione prevista dal secondo periodo, che potremmo chiamare
"provvigione di conto", non può superare la percentuale dello 0,5
trimestrale e quindi del 2% annuale dell'importo totale dell'affidamento; in
caso contrario il patto di remunerazione (cioè la provvigione di conto) sarebbe
nulla16.
c) Conseguenze per i debitori: si stava meglio prima?
In conclusione, la situazione nel 2009 non sembra affatto migliorata se messa
in relazione con la disciplina anteriore; allora le banche usavano applicare la
commissione di massimo scoperto, in aggiunta agli interessi passivi, con
percentuali generalmente (almeno fino al secolo scorso) molto basse, da
calcolarsi sul picco massimo di indebitamento del trimestre. Oggi possono
coesistere gli interessi passivi, le commissioni di massimo scoperto di cui al
primo periodo del primo comma, seppur con i limiti ivi previsti, nonché una
ulteriore provvigione di conto calcolabile sull'intero importo dell'affidamento
ed indipendentemente dal suo utilizzo, nella misura non indifferente del 2%
annuo. Un costo in più a carico del cliente, il quale, invece, avrebbe dovuto
essere favorito da questa nuova disciplina.
d) CMS e usura
Il secondo comma della norma in esame (art. 2-bis d.l. 185/2008) ci dice che
gli interessi (passivi, ovviamente), le commissioni di massimo scoperto o le
altre provvigioni, comunque denominate, che prevedono un corrispettivo a favore
della banca commisurato all'effettiva durata dell'utilizzazione dei fondi
(trattasi delle commissioni disciplinate dal primo periodo del comma primo,
mentre non vi è alcun riferimento alle cosiddette provvigioni di conto, cioè
quelle disciplinate dal secondo periodo del primo comma) sono rilevanti ai fini
dell'applicazione dell'articolo 1815 del codice civile, dell'articolo 644 del
codice penale e degli articoli 2 e 3 della legge 7 marzo 1996, n. 108.
Dunque, le commissioni di massimo scoperto commisurate all'effettivo utilizzo
assumono chiaramente rilievo ai fini dell'usura, ma che ne è delle commissioni
di conto, cioè di quelle commisurate all'importo del fido ed indipendenti
dall'effettivo utilizzo delle somme? La loro esclusione desterebbe qualche
perplessità, se si considera che l'articolo 644 del codice penale, al comma
quarto, afferma che per la determinazione del tasso di interesse usurario si
tiene conto delle commissioni, remunerazioni a qualsiasi titolo e delle spese,
escluse quelle per imposte e tasse, collegate alla erogazione del credito.
Ebbene, non si vede come le provvigioni di conto, che sono conseguenti
all'apertura di credito, possano non rientrare nella categoria delle
"remunerazioni (É) collegate alla erogazione del credito17".
Sembra, allora, diventare un problema di rapporto tra fonti; poiché sono
entrambe fonti primarie (il codice penale e la legge n. 2/2009), la questione
non si può risolvere sotto un profilo gerarchico, ma bisogna ricorrere ad altri
criteri. Si deve rilevare, allora, che la norma in esame è successiva, per cui
dovrebbe prevalere per un criterio cronologico, ed è anche speciale rispetto al
codice penale, posto che per sua espressa disposizione si applica non solo con
riferimento all'art. 1815 cod. civ., ma anche in ambito criminale.
A ben vedere, peraltro, le due norme non sono in contrasto, perché la legge del
2009 si limita a dire in positivo che le CMS vanno considerate nel calcolo del
tasso usurario, ma non esclude che si debba tener conto anche delle diverse
provvigioni di conto. D'altronde, è la stessa Banca d'Italia, nelle istruzioni
modificate nel 2009 a seguito dell'entrata in vigore dell'articolo 2-bis del
decreto-legge 185/2009, a precisare che nel calcolo del TEG sono inclusi gli
oneri per la messa a disposizione dei fondi18. Se si optasse per la tesi
restrittiva, le commissioni dovrebbero sparire dal calcolo del TEG, posto che i
contratti non potranno più contenere, in futuro, commissioni diverse da quelle
di affidamento19.
Il terzo comma della norma in esame, infine, afferma che i contratti in corso
alla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge 185
del 1008 sono adeguati alle disposizioni dell'articolo 2-bis entro 150 giorni
dalla suddetta data di entrata in vigore della norma. Tale obbligo di adeguamento
costituisce giustificato motivo agli effetti dell'articolo 118, comma primo,
del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia (l'articolo 118
del testo unico bancario dispone che nei contratti di durata può essere
convenuta la facoltà di modificare unilateralmente i tassi, i prezzi e le altre
condizioni di contratto qualora sussista giustificato motivo e nel rispetto di
quanto previsto dall'articolo 1341, secondo comma, cod. civ.). Questo comma è
stato abrogato dall' articolo 27, comma 4, del D.L. 24 gennaio 2012, n. 1.
5. Gli interventi normativi del 2012: eliminati la commissione calcolata
sull'utilizzato e tutti gli altri costi occulti. Si torna alla commissione
onnicomprensiva di affidamento
A testimonianza della delicatezza della questione afferente alle commissioni di
massimo scoperto, si rileva che dopo solo due anni dall'ultimo intervento e in
meno di sei mesi sono state emanate ben sei disposizioni normative sul punto:
- decreto legge 6 dicembre 2011, n. 201;
- legge di conv. 22 dicembre 2011, n. 214
- decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1;
- legge di conv. 24 marzo 2012, n. 27;
- decreto legge 24 marzo 2012, n. 29;
- legge di conv. 18 maggio 2012, n. 62.
Il decreto legge 6 dicembre 2011, n. 201 ha introdotto il nuovo art. 117-bis
del TUB; un successivo intervento è stato effettuato con il decreto-legge 24
gennaio 2012, n. 1, che è stato convertito, con modificazioni, dalla legge 24
marzo 2012, n. 27; lo stesso giorno della conversione, il Governo ha emanato un
nuovo decreto legge (d.l. 24 marzo 2012, n. 29, pubblicato in Gazz. Uff., 24
marzo, n. 71), poi convertito, con modificazioni, in legge 18 maggio 2012, n.
62, recante integrazioni al primo decreto legge (n.1) nonché al decreto
legislativo 11/4 settembre 1993, n. 385 (all'art. 117) e alla legge 31 luglio
1997, n. 249.
Alla fine, l'articolo 27-bis del decreto legge 1/2012 è così configurato:
Art. 27-bis. Nullita' di clausole nei contratti bancari20.
1. Sono nulle tutte le clausole comunque denominate che prevedano commissioni a
favore delle banche a fronte della concessione di linee di credito, della loro
messa a disposizione, del loro mantenimento in essere, del loro utilizzo anche
nel caso di sconfinamenti in assenza di affidamento ovvero oltre il limite del
fido, stipulate in violazione delle disposizioni applicative dell'articolo
117-bis del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, di cui al
decreto legislativo 1¡ settembre 1993, n. 385, adottate dal Comitato
interministeriale per il credito ed il risparmio al fine di rendere i costi
trasparenti e immediatamente comparabili21.
1-bis. E' costituito presso il Ministero dell'economia e delle finanze, entro
tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, senza
oneri per la finanza pubblica e avvalendosi delle strutture del predetto
Ministero, un Osservatorio sull'erogazione del credito e sulle relative
condizioni da parte delle banche alla clientela, con particolare riferimento
alle imprese micro, piccole, medie e a quelle giovanili e femminili, nonche'
sull'attuazione degli accordi o protocolli volti a sostenere l'accesso al
credito dei medesimi soggetti. Nell'ambito di tali attivita' l'Osservatorio
analizza anche tassi, commissioni e altre condizioni accessorie, articolando l'informazione
a livello settoriale, geografico e dimensionale. All'Osservatorio partecipano
due rappresentanti del Ministero dell'economia e delle finanze, di cui uno con
funzioni di presidente, uno del Ministero dello sviluppo economico e uno della
Banca d'Italia. Alle riunioni dell'Osservatorio partecipano altresi' un
rappresentante delle associazioni dei consumatori indicato dal Consiglio
nazionale dei consumatori e degli utenti, un rappresentante dell'Associazione
bancaria italiana, tre rappresentanti indicati dalle associazioni delle imprese
maggiormente rappresentative a livello nazionale e un rappresentante degli
organismi di societa' finanziarie regionali. La partecipazione alle attivita'
dell'Osservatorio non da' luogo alla corresponsione di compensi, emolumenti,
indennita' o rimborsi spese22.
1-ter. L'Osservatorio monitora l'andamento dei finanziamenti erogati dal
settore bancario e finanziario e delle relative condizioni con riguardo ai
soggetti di cui al comma 1-bis. A tal fine, l'Osservatorio puo' richiedere alla
Banca d'Italia, anche su base periodica, dati sui finanziamenti erogati e sulle
relative condizioni applicate. L'Osservatorio semestralmente elabora le
segnalazioni e le informazioni ricevute, analizza l'attuazione di accordi e
protocolli volti a sostenere l'accesso al credito e formula eventuali proposte
in un 'Dossier sul credito' che viene messo a disposizione delle istituzioni e
dei soggetti interessati23.
1-quater. L'Osservatorio promuove la formulazione delle migliori prassi per la
gestione delle pratiche di finanziamento alle imprese, alle famiglie e ai
consumatori volte a favorire un miglioramento delle condizioni di accesso al
credito, in relazione alle specifiche situazioni locali24.
1-quinquies. Ove lo ritenga necessario e motivato, il prefetto segnala
all'Arbitro bancario finanziario, istituito ai sensi dell'articolo 128-bis del
testo unico di cui al decreto legislativo 11/4 settembre 1993, n. 385,
specifiche problematiche relative ad operazioni e servizi bancari e finanziari.
La segnalazione avviene a seguito di istanza del cliente in forma riservata e
dopo che il prefetto ha invitato la banca in questione, previa informativa sul
merito dell'istanza, a fornire una risposta argomentata sulla meritevolezza del
credito. L'Arbitro si pronuncia non oltre trenta giorni dalla segnalazione25.
Questo, invece, il testo attuale dell'art. 117-bis del decreto legislativo 1¡
settembre 1993, n. 385 (Testo unico in materia bancaria e creditizia), che era
stato introdotto dall'articolo 6-bis, comma 1, del D.L. 6 dicembre 2011, n.
201:
Art. 117-bis (Remunerazione degli affidamenti e degli sconfinamenti)
1. I contratti di apertura di credito possono prevedere, quali unici oneri a
carico del cliente, una commissione onnicomprensiva, calcolata in maniera
proporzionale rispetto alla somma messa a disposizione del cliente e alla
durata dell'affidamento, e un tasso di interesse debitore sulle somme
prelevate. L'ammontare della commissione, determinata in coerenza con la
delibera del CICR anche in relazione alle specifiche tipologie di apertura di
credito e con particolare riguardo per i conti correnti, non puo' superare lo
0,5 per cento, per trimestre, della somma messa a disposizione del cliente.
2. A fronte di sconfinamenti in assenza di affidamento ovvero oltre il limite
del fido, i contratti di conto corrente e di apertura di credito possono
prevedere, quali unici oneri a carico del cliente, una commissione di
istruttoria veloce determinata in misura fissa, espressa in valore assoluto,
commisurata ai costi e un tasso di interesse debitore sull'ammontare dello
sconfinamento.
0. Le clausole che prevedono oneri diversi o non conformi rispetto a quanto
stabilito nei commi 1 e 2 sono nulle. La nullita' della clausola non comporta
la nullita' del contratto.
3. Il CICR adotta disposizioni applicative del presente articolo, ivi comprese
quelle in materia di trasparenza e comparabilita', e puo' prevedere che esso si
applichi ad altri contratti per i quali si pongano analoghe esigenze di tutela
del cliente; il CICR prevede i casi in cui, in relazione all'entita' e alla
durata dello sconfinamento, non sia dovuta la commissione di istruttoria veloce
di cui al comma 2.
L'art. 1-ter della Legge di conversione ha poi previsto una disciplina
particolare per alcuni tipologie di correntisti:
Art. 1-ter. La commissione di cui al comma 2 dell'articolo 117-bis del testo
unico di cui al decreto legislativo 1¡ settembre 1993, n. 385, non si applica
alle famiglie consumatrici titolari di conto corrente, nel caso di
sconfinamenti pari o inferiori a 500 euro in assenza di affidamento ovvero
oltre il limite di fido, per un solo periodo, per ciascun trimestre bancario,
non superiore alla durata di sette giorni consecutivi.
a) Imperatività delle norme e scopo perseguito
Tralasciando tutta la parte relativa all'osservatorio sull'erogazione del
credito, si osserva che l'articolo 27 bis del decreto-legge 1/2012 contiene due
prescrizioni di un certo rilievo: da un lato viene sancita la nullità di tutte
le clausole, comunque denominate, che prevedano commissioni a favore delle
banche (a fronte della concessione di linee di credito, della loro messa a
disposizione, del loro mantenimento in essere, del loro utilizzo anche nel caso
di sconfinamenti in assenza di affidamento ovvero oltre il limite del fido) che
si pongano in contrasto con le disposizioni applicative dell'articolo 117-bis
del TU bancario adottate dal Comitato interministeriale per il credito ed il
risparmio al fine di rendere i costi trasparenti e immediatamente comparabili.
È singolare che la sanzione di nullità non venga ricollegata direttamente alla
violazione dell'articolo 117 bis, che costituisce norma primaria, bensì solo
alla violazione delle disposizioni applicative emanate dal CICR; tuttavia, deve
ritenersi che a maggior ragione la violazione della norma legislativa comporti
la nullità della clausola.
Comunque, c'ha pensato il comma tre dell'articolo 117 bis a stabilire la
nullità parziale (non incidente sulla validità del contratto) delle clausole
che prevedono oneri diversi o non conformi rispetto a quanto stabilito nei
commi 1 e 2 (cioè tasso debitore e commissione onnicomprensiva di affidamento,
ovvero commissione fissa di istruttoria per il caso di sconfinamento).
La seconda disposizione di un qualche rilievo è relativa alla finalità delle
disposizioni adottate dal CICR, che devono mirare a rendere più trasparenti ed
immediatamente percepibili i costi relativi all'erogazione del credito.
b) I limiti quantitativi
Decisamente più interessanti sono le disposizioni contenute nel nuovo articolo
117-bis del testo unico bancario.
Il primo comma introduce dei limiti precisi agli oneri che le banche possono
caricare sul cliente in occasione della stipula di contratti di apertura di
credito; la norma ha non solo la funzione di rendere immediatamente percepibile
il costo del credito, a fronte dell'oscurità dei vecchi contratti, ma anche di
ovviare alle prassi bancarie che negli ultimi tempi stavano abbandonando la
commissione di massimo scoperto a favore di voci di costo variamente denominate
ed incidenti in misura ancora più pesante sul costo del denaro. D'ora in poi,
dunque, nessuna ulteriore voce di costo rispetto alla commissione
onnicomprensiva di affidamento - calcolata in maniera proporzionale rispetto
alla somma messa a disposizione del cliente e alla durata dell'affidamento - ed
al tasso di interesse debitore sulle somme prelevate (rectius: utilizzate)
potrà essere conteggiata a carico del cliente, ivi inclusi la commissione per
l'istruttoria, le spese relative al conteggio degli interessi e ogni altro
corrispettivo per attività che sono a esclusivo servizio dell'affidamento26.
Viene poi confermato il tetto massimo dello 0,5% trimestrale (calcolato sulla
somma messa a disposizione del cliente) della provvigione di affidamento,
conformemente a quanto già stabilito dall'ultimo periodo del primo comma
dell'articolo 2-bis del decreto-legge 185/2008.
Tale provvigione teoricamente non potrà essere determinata liberamente dalle
banche (la cui naturale tendenza sarà quella di avvicinarsi al limite massimo),
ma dovrà rispondere ai criteri emanati dal CICR anche in relazione alle
specifiche tipologie di apertura di credito; purtroppo il CICR, con decreto
d'urgenza emanato il 30 giugno 2012, n. 644, invece che introdurre criteri
precisi e vincolanti di quantificazione della commissione di affidamento, ne ha
definitivamente sancito la libera determinabilità ad opera delle parti, nel
contratto (l'articolo 3 dice anche, con l'inutilità che consegue alle norme non
prescrittive e scimmiottando il TUB, che le parti devono tener conto della
specifica tipologia di affidamento).
c) Gli sconfinamenti
In caso di sconfinamenti in assenza di affidamento ovvero oltre il limite del
fido, i contratti di conto corrente e di apertura di credito possono prevedere,
quali unici oneri a carico del cliente, una commissione di istruttoria veloce
determinata in misura fissa, espressa in valore assoluto e commisurata ai
costi, e un tasso di interesse debitore sull'ammontare dello sconfinamento.
Viene ribadita la dicotomia dei costi tra il sempre presente interesse passivo
e l'unica commissione aggiuntiva consentita, che in questo caso è collegata
all'istruttoria della pratica di sconfinamento e deve essere determinata in
misura fissa, mentre nel caso ordinario di utilizzo del fido accordato è
commisurata all'intero affidamento e determinata in misura percentuale, con il
limite sopra citato (0,5% trimestrale, per un totale del 2% su base annua). In
realtà, in caso di superamento del fido accordato, gli oneri per il correntista
debitore saranno tre: a) un interesse passivo gravante sull'intero importo del
passivo (eventualmente differenziato nella sua misura percentuale per
l'intrafido e per l'extrafido27); b) una provvigione di affidamento sull'importo
del fido; c) una provvigione fissa di istruttoria.
L'articolo 4 del decreto d'urgenza emanato dal presidente del CICR il 30 giugno
2012, n. 644 ripete in parte le prescrizioni dell'articolo 117-TUB, ma contiene
anche alcune utili precisazioni.
Quanto alla commissione di istruttoria veloce, si precisa: che deve essere
determinata, per ciascun contratto, in misura fissa ed espressa in valore
assoluto (cioè non percentuale); che possono essere applicate commissioni di
importo diverso a contratti diversi, anche a seconda della tipologia di
clientela; che nei contratti con soggetti diversi dai consumatori possono
essere applicate, nello stesso contratto, commissioni differenziate a seconda
dell'importo dello sconfinamento, purchè questo sia superiore a 5.000 euro (e
comunque non possono essere previsti più di tre scaglioni di importo); non deve
eccedere i costi mediamente sostenuti dall'intermediario per svolgere
l'istruttoria veloce e a questa direttamente connessi, secondo quanto previsto
dal comma 428; è applicata solo a fronte di addebiti che determinano uno
sconfinamento o accrescono l'ammontare di uno sconfinamento esistente (il che
significa, mi pare, che possa essere applicata per ogni singola annotazione,
con potenziali effetti moltiplicatori); lo sconfinamento è calcolato con
riferimento al saldo disponibile di fine giornata (e ciò significa - come
precisato al comma 4 - che se vi sono più operazioni extra fido in un giorno si
applica una sola commissione di istruttoria).
Infine, con disposizione di equità, a tutela del debitore, si stabilisce che
non si applicano né la commissione di istruttoria veloce, né il tasso di
interesse passivo quando lo sconfinamento è solo sul saldo per valuta, cioè
effetto delle diverse tempistiche (convenzionali) di addebito ed accredito
delle varie operazioni eseguite in conto corrente.
I casi in cui viene applicata la commissione di istruttoria veloce devono
essere resi noti alla clientela.
d) Le famiglie consumatrici
Con una disposizione assai singolare, l'articolo 1-ter della legge di
conversione del D.L. 6 dicembre 2011, n. 201 dispone che la commissione di
istruttoria veloce determinata in misura fissa di cui al comma 2 dell'articolo
117-bis del TUB non si applica alle famiglie consumatrici titolari di conto
corrente, nel caso di sconfinamenti pari o inferiori a 500 euro (in assenza di
affidamento ovvero oltre il limite di fido), purché si verifichino una sola
volta nel trimestre e per una durata non superiore a sette giorni consecutivi.
Sebbene non sia chiaro il riferimento alla famiglia consumatrice, dovendosi
ritenere peraltro in essere compresa anche quella composta da un singolo
soggetto, lo scopo della norma è più che evidente: impedire che sul soggetto
che fa uso del conto corrente per finalità non professionali siano caricati
costi eccessivi a fronte di sconfinamenti episodici e spesso involontari,
perlopiù derivanti dal complesso calcolo delle valute di addebito e di
accredito.
Ciò anche in considerazione del fatto che il consumatore ha normalmente minori
possibilità tecniche ed economiche per rilevare un calcolo eccessivo degli
oneri a suo carico.
Il decreto del CICR del 30 giugno 2012 riafferma che il consumatore beneficia
dell'esclusione prevista dal comma 6, lettera a), per un massimo di una volta
per ciascuno dei quattro trimestri di cui si compone l'anno solare.
Resta da chiedersi cosa succede se, una volta superato il fido, vengano
annotate ulteriori passività. Mi pare che ove tali ulteriori annotazioni non
comportino un superamento, complessivamente, del limite dei 500 euro extrafido,
e vi sia un rientro entro i 7 giorni, possa operare l'esenzione dalla
commissione di istruttoria.
Dubbio, invece, il caso in cui le annotazioni che portano il conto in
extrafido, pur essendo contenute nell'arco di 7 giorni, siano intervallate da
periodi di rientro nei limiti dell'affidamento; mentre nel caso precedente si
ha un unico sconfinamento infrasettimanale, soggetto a modifiche, in questa
ipotesi gli sconfinamenti sono plurimi.
L'articolo 1-ter della legge di conversione del d.l. 6 dicembre 2011, n. 201
parla di sconfinamenti, al plurale, con il limite quantitativo complessivo di
500 euro ed il limite temporale di sette giorni consecutivi. Anche il decreto
del CICR parla di sconfinamenti, al plurale, e di saldo passivo derivante da
più addebiti.
Mi sembra, dunque, che una volta che vi sia stato uno sconfinamento scatti
un'esenzione che dura sette giorni, all'interno dei quali il correntista può
rientrare nei limiti dell'affidamento e poi riesondare più volte, purché non
superi mai il limite massimo dei 500 euro e purché rientri definitivamente
entro il periodo di esenzione di 7 giorni dal primo sconfinamento.
Non mi pare, invece, che si possa calcolare il periodo al netto dei rientri,
posto che la norma parla di giorni consecutivi; ciò significa che, una volta
iniziato a decorrere il termine settimanale di esenzione, questo non è soggetto
a sospensioni o, tantomeno, ad interruzioni per effetto di rientri entro il
limite del fido.
e) Il compito del CICR
Al CICR è demandato il compito di adottare con propria delibera le disposizioni
applicative dell'art. 117-bis TUB, ivi comprese (ma sarebbe meglio dire:
"soprattutto") quelle in materia di trasparenza e comparabilità dei
costi.
Il CICR, inoltre, può prevedere che l'117-bis TUB si applichi ad altri
contratti per i quali si pongano analoghe esigenze di tutela del cliente e, in
ogni caso, deve disciplinare i casi (ulteriori rispetto a quello di cui al
paragrafo che segue) in cui, in relazione a (limitate) entità e durata dello
sconfinamento, non sia dovuta la commissione di istruttoria veloce di cui al
comma 2.
Con decreto d'urgenza emanato dal Presidente (cioè dal Ministro per l'Economia
e le Finanze) il 30 giugno 2012, n. 644, il CICR ha adottato la
"Disciplina della remunerazione degli affidamenti e degli sconfinamenti in
attuazione dell'art. 117-bis del Testo unico bancario".
Il decreto ha precisato che la commissione di istruttoria veloce, oltre che nel
caso dei consumatori, non è dovuta quando lo sconfinamento ha avuto luogo per
effettuare un pagamento a favore dell'intermediario ovvero quando lo
sconfinamento non ha avuto luogo perché l'intermediario non vi ha acconsentito.
L'articolo 5 contiene le disposizioni finali e transitorie.
Al comma uno si afferma che per assicurare trasparenza e comparabilità dei
costi previsti dagli articoli 3 e 4 si applicano le disposizioni della Banca
d'Italia in materia di "Trasparenza delle operazioni e dei servizi bancari
e finanziari. Correttezza delle relazioni tra intermediari e clienti"
(emanate in attuazione della delibera CICR 4 marzo 2003, n. 286, e del decreto
d'urgenza del presidente del CICR 3 febbraio 2011, n. 117) e che la Banca
d'Italia può emanare disposizioni applicative del decreto (fermo restando
quanto stabilito, ai sensi dell'articolo 120 del TUB e della delibera CICR del
9 febbraio 2000 recante "Modalità e criteri per la produzione di interessi
sugli interessi scaduti nelle operazioni poste in essere nell'esercizio
dell'attività bancaria e finanziaria").
La disposizione transitoria ha previsto l'entrata in vigore del decreto al 1°
luglio 2012 e l'adeguamento entro il l° ottobre 2012 dei contratti in corso a
tale data, con l'introduzione di clausole conformi all'articolo 117-bis del TUB
e al decreto del CICR29.
6. Commissione di massimo scoperto e usura; una difficile convivenza
Per molto tempo la giurisprudenza di merito si è occupata del problema relativo
alla computabilità, ai fini della violazione della legge antiusura, delle
commissioni di massimo scoperto; trattasi di questione annosa che deriva da una
incoerenza normativa30, in quanto, mentre i decreti ministeriali di rilevazione
dei tassi di interessi, fino al secondo semestre del 2009, escludevano la
commissione di massimo scoperto dal calcolo del TEG (recependo in tal modo le
istruzioni della Banca d'Italia), l'articolo 644, comma quattro, del codice
penale ha una formulazione molto più ampia, tenendo conto di tutte le
commissioni, spese e remunerazioni a qualsiasi titolo collegate alla erogazione
del credito.
Sul punto è intervenuta recentemente la cassazione (Corte di cassazione, 19
febbraio 2010 numero 12.028; conf. Sez. 2, 14 maggio 2010, 28743), affermando
che il chiaro tenore letterale dell'articolo 644, comma quattro, del codice
penale impone di considerare rilevanti, ai fini della determinazione della
fattispecie di usura, tutti gli oneri che un utente sopporta in connessione con
il suo uso del credito31. Secondo la suprema Corte, tra detti oneri rientra
sicuramente la commissione di massimo scoperto, trattandosi di un costo
indiscutibilmente collegato all'erogazione del credito, giacché ricorre tutte
le volte in cui cliente utilizza concretamente lo "scoperto" di conto
corrente, che funge da corrispettivo per l'onere, a cui l'intermediario
finanziario si sottopone, di procurarsi la necessaria provvista di liquidità da
tenere a disposizione del cliente.
La Cassazione, dunque, conferma l'orientamento giurisprudenziale più rigoroso;
pur dando atto che la norma di cui all'articolo 644 del codice penale si
presenta come norma penale in bianco, che deve essere integrata con riferimento
ai risultati di una complessa procedura amministrativa (quella che culmina con
il decreto ministeriale emesso ai sensi dell'articolo 2 della legge 108 del
1996), ritiene di poter sindacare la conformità al dettato legislativo del
metodo di rilevazione adottato dalla Banca d'Italia e fatto proprio dal
Ministro competente.
È interessante rilevare che la Cassazione ritiene di avvalorare la propria
decisione con riferimento alla normativa del 2008 (decreto-legge 185 del 2008 e
successive modifiche), che considera norma di interpretazione autentica in
quanto puntualizza cosa rientra nel calcolo degli oneri indicati nell'articolo
644, comma quarto, c.p., correggendo una prassi amministrativa difforme.
Si deve, peraltro, osservare che la ricomprensione delle commissioni di massimo
scoperto nel calcolo dell'usura, prevista dall'intervento normativo del
2008-2009, risulta, di fatto, in buona parte vanificata dalle istruzioni della Banca
d'Italia, che, con una singolare formula di calcolo, attribuiscono alle
commissioni suddette un peso ridotto, svilendo la loro rilevanza nel costo del
credito: alle banche permangono dunque ampi margini di modulazioni delle
condizioni che consentono di innalzare, attraverso le commissioni di massimo
scoperto, il costo del credito senza proporzionale riflesso sul valore del
tasso impiegato per misurare l'usura32.
Ai sensi del nuovo art. 117-bis TUB e tenuto conto della giurisprudenza di
legittimità, dovrà certamente ricomprendersi nel calcolo del tasso soglia la
commissione fissa di istruttoria di cui al comma secondo (la quale costituisce
senza dubbio un costo collegato alla erogazione effettiva - pur se in assenza
di preventivo accordo contrattuale - del credito, ai sensi dell'articolo 644
del codice penale).
Quanto alla commissione onnicomprensiva sull'affidato di cui al comma 1,
secondo una interpretazione formalistica della norma penale - che trova un
supporto nella formulazione letterale del secondo comma dell'art. 2 bis del
D.L. 185/2008 (dove si parla di clausole che prevedono una remunerazione
dipendente dalla effettiva durata dell'utilizzazione dei fondi) - non può dirsi
che sia un costo collegato all'erogazione del credito, non trattandosi di una
voce dipendente dalla concreta utilizzazione di somme a debito da parte del
correntista33.
Mi pare, peraltro, che la soluzione sia tutt'altro che scontata. L'articolo 644
impone il conteggio delle commissioni, delle remunerazioni corrisposte a qualsiasi
titolo e delle spese collegate alla erogazione del credito; tutto ciò con
riferimento a quanto previsto al comma uno e cioè al corrispettivo di una
prestazione di denaro. Si tratta, dunque, di stabilire se la messa a
disposizione di fondi da parte della banca sia una prestazione di denaro o
meno: in caso positivo anche la provvigione di affidamento deve essere
considerata ai fini del calcolo del tasso di interesse usurario.
Qualora, invece, si ritenesse che la prestazione di denaro si ha solamente con la
effettiva utilizzazione di tutta o parte della somma messa a disposizione dalla
banca, allora si aprirebbe una doppia prospettiva: da un lato si può ritenere
che la provvigione di affidamento non muti la sua natura per effetto della
concreta utilizzazione delle somme, essendo comunque corrisposta in misura
fissa e indipendentemente dall'entità e dalla durata dell'utilizzazione. In
alternativa si potrebbe ritenere che qualora il correntista faccia uso di somme
a credito, tutti i costi contrattualmente previsti per l'apertura di credito
vadano in concreto a determinare il costo del denaro.
Le recenti pronunce della cassazione non risolvono il problema, laddove non
sembrano distinguere tra commissione collegata all'utilizzazione del credito e
commissione di affidamento, anzi utilizzando in modo promiscuo i due termini;
si veda il seguente passaggio : "Tra essi rientra indubbiamente la
commissione di massimo scoperto, trattandosi di un costo indiscutibilmente
collegato all'erogazione del credito giacché ricorre tutte le volte in cui il
cliente utilizza concretamente lo scoperto di conto corrente, e funge da
corrispettivo per l'onere, a cui l'intermediario finanziario si sottopone, di
procurarsi la necessaria provvista di liquidità e tenerla a disposizione del
cliente".
Dunque, sembra che, secondo la corte di legittimità, per costo collegato alla
erogazione del credito debba considerarsi tutto ciò che il correntista deve
pagare, oltre al capitale ed escluse imposte e tasse, in relazione all'utilizzo
concreto o alla libera disponibilità di denaro. Con l'apertura di credito,
infatti, la banca mette a disposizione del correntista una determinata somma e
quindi eroga a suo favore un credito, che poi può essere o meno utilizzato per
libera scelta del correntista stesso; la commissione sull'affidamento, pur
essendo prevista indipendentemente dall'uso delle somme, può allora
considerarsi un costo, tra l'altro non indifferente, collegato alla concessione
di credito.
In alcuni casi, anzi, e cioè qualora vi sia una scarsa utilizzazione delle
somme messe a disposizione dalla banca, la commissione di affidamento sarà la
principale voce di costo connessa all'apertura di credito.
D'altronde, nelle istruzioni della Banca d'Italia34 modificate nel 2009 a
seguito dell'entrata in vigore dell'articolo 2-bis del decreto-legge 185/2009
(G.U. del 29 agosto 2009, numero 200), si precisa che nel calcolo del TEG sono
inclusi gli oneri per la messa a disposizione dei fondi.
L'articolo 3 del decreto CICR del 30 giugno 2012 precisa poi - ma, mi pare,
solo ai fini di indicare quali oneri ulteriori possono gravare sul debitore
oltre all'interesse passivo ed alla commissione di affidamento - che non
rientrano nella commissione le imposte, le spese notarili, gli oneri
conseguenti a inadempimento del cliente, le spese per l'iscrizione
dell'ipoteca, le spese a fronte di servizi di pagamento per l'utilizzo
dell'affidamento.
1) Lo scritto riproduce, con alcune modifiche ed integrazioni, il testo della
relazione tenuta al corso di aggiornamento del Consiglio Superiore della
Magistratura in Roma, il 17.09.2012.
2) In argomento vedi CICORIA, Commissione di massimo scoperto. Ultimo atto?,
Giust. Civ. 2011, 06, 327.
3) Cfr. MARCELLI, Dopo l'anatocismo trimestrale anche le commissioni di massimo
scoperto divengono lecite. Le CMS smantellate dalla Magistratura vengono
ripristinate dalla legge N. 2/09: "La CMS così intesa (commissione per il
mancato utilizzo), se rapportata all'onere a cui va incontro la banca per
essere sempre pronta a prestare fondi sino a concorrenza del fido, dovrebbe
risultare assai modesta. L'intermediario gestisce la liquidità necessaria sulla
base di previsioni riferite all'intero aggregato della clientela, compensando
le posizioni a debito con le posizioni a credito e reperendo/impiegando il
saldo risultante. Se in passato la pronta liquidità aveva costi apprezzabili
connessi alla necessità di moneta fisica e agli obblighi di riserva,
l'evoluzione subita dalla normativa e dall'organizzazione del mercato
monetario, congiunta alla notevole flessione dei tassi, rende l'onere in parola
assai modesto: alla disponibilità non corrisponde più la fisicità e il canale
telematico, di regola, rende il reperimento/impiego dei fondi pressoché
immediato. D'altra parte la disponibilità della banca a finanziare prontamente
il fido concesso è frequentemente unita alla prerogativa che la banca si
riserva di revocare, in tutto o in parte, il fido stesso unilateralmente e
immediatamente: tale circostanza, congiuntamente allo jus variandi, ridimensiona
apprezzabilmente il servizio di pronta disponibilità dei fondi, tutelando la
banca da eventualità che possano far lievitare i costi del servizio stesso .
A rigore tale onere potrebbe al più trovare giustificazione per fidi molto
elevati, per i quali il reperimento immediato dei fondi potrebbe presentare
qualche problema; per la generalità delle altre esposizioni correnti di una
banca l'incidenza del costo è trascurabile e potrebbe essere ricompresa
nell'insieme di oneri che accompagnano più in generale l'istruttoria,
l'aggiornamento della pratica di fido e la contabilizzazione e gestione della
posizione
4) Non è facile giustificare la commissione per utilizzi oltre il fido e/o
negli affidamenti di fatto, poiché in tali casi la banca non mantiene in
disponibilità del cliente alcuna somma di denaro, curando bensì un servizio di
pronto e momentaneo affidamento (che si fa comunque pagare addebitando corposi
interessi passivi sulle somme utilizzate).
5) Il nomen iuris della clausola non era di particolare aiuto per l'interprete,
posto che anche sulla definizione di "scoperto" non c'era uniformità
di vedute: per la giurisprudenza di legittimità lo scoperto è il debito che
viene contratto al di fuori od oltre i limiti dell'affidamento, mentre per parte
della dottrina e per le banche lo scoperto era sostanzialmente l'esposizione
debitoria del cliente.
6) Trib. Milano, 4 luglio 2002
7) Cfr. Trib. Monza, 12 dicembre 2005; Trib. Monza, 07 aprile 2006; Trib. Vibo
Valentia, 28 settembre 2005 (".. la commissione in oggetto, come tutte le
pattuizioni contrattuali, al momento della conclusione del contratto, deve
essere determinata o determinabile"); App. Lecce, 27 giugno 2000; App.
Roma, 13 settembre 2001.
8) su questo aspetto si tornerà in seguito.
9) Articolo inserito dall'articolo 1, della legge 28 gennaio 2009, n. 2, in
sede di conversione.
10) Comma modificato dall'articolo 2, comma 2, del D.L. 1¡ luglio 2009, n. 78.
11) Il primo comma, modificato dall'articolo 2, comma 2, del D.L. 1¡ luglio
2009, n. 78, è stato successivamente abrogato dall' articolo 27, comma 4, del
D.L. 24 gennaio 2012, n. 1.
12) Un utente accorto potrà evitare l'onere delle commissioni di massimo
scoperto interrompendo tempestivamente la continuità dei 30 giorni minimi
previsti dalla legge, utilizzando ad esempio margini di fido disponibili presso
altri operatori bancari. Certo è che, come osserva un'attenta dottrina (R.
MARCELLI, Dopo l'anatocismo trimestrale anche le commissioni di massimo
scoperto divengono lecite. Le CMS smantellata dalla magistratura vengono
ripristinate dalla legge numero due par 09, il caso.it, 155/2009) i giri di
conto e le condizioni di valuta assumeranno d'ora in poi un rilievo
determinante.
13) CIAN, Il costo del credito bancario alla luce dell'art. 2-bis l. 2/2009 e
della l. 102/2009. Commissione di massimo scoperto, commissione di affidamento,
usura, BBTC, 2010, 2, 182.
14) Tale ipotesi, peraltro, sembra confliggere con il dettato normativo,
laddove prevede che il corrispettivo debba essere predeterminato in misura
proporzionale alla durata dell'affidamento richiesto.
15) Cfr. LENOCI, La nuova disciplina della commissione di massimo scoperto e la
remunerazione per la messa a disposizione di fondi, G. Merito, 2009, 6, 1505
ss.
16) V. Cian, op.cit.
17) Sul punto deve però rilevarsi come la Banca d'Italia, nelle nuove
istruzioni per la rilevazione dei tassi effettivi globali medi ai sensi della
legge sull'usura, diramata nell'agosto del 2009 abbia affermato, al punto C.4,
che devono essere compresi nel calcolo anche "..gli oneri per la messa a
disposizione dei fondi".
18) Tali istruzioni sono reperibili all'indirizzo www.bancaditalia.it/vigilanza/ contrasto
usura/Normativa/Istr usura ago 09-istruzioni.pdf).
19) Se si fa eccezione per la modesta commissione fissa di istruttoria (cfr.
par. 5, lett. c).
20) Articolo inserito dall'articolo 1, comma 1, della legge 24 marzo 2012, n.
27, in sede di conversione
21) Comma modificato dall'articolo 1, comma 1, lettera a), del D.L. 24 marzo
2012, n. 29
22) Comma aggiunto dall'articolo 1, comma 1, lettera b), del D.L. 24 marzo
2012, n. 29
23) Comma aggiunto dall'articolo 1, comma 1, lettera b), del D.L. 24 marzo
2012, n. 29
24) Comma aggiunto dall'articolo 1, comma 1, lettera b), del D.L. 24 marzo
2012, n. 29
25) Comma aggiunto dall'articolo 1, comma 1, lettera b), del D.L. 24 marzo
2012, n. 29
26) L'articolo 3 del decreto CICR del 30 giugno 2012 precisa che non rientrano
nella commissione le imposte, le spese notarili, gli oneri conseguenti a
inadempimento del cliente, le spese per l'iscrizione dell'ipoteca, le spese a
fronte di servizi di pagamento per l'utilizzo dell'affidamento.
27) L'articolo 4, comma 8, del decreto CICR 30/6/12 recisa che il tasso di
interesse previsto per l'utilizzo extrafido si applica esclusivamente
all'importo dello sconfinamento, mentre il tasso di interesse relativo
all'affidamento può essere aumentato solo in presenza dei presupposti e nel
rispetto delle procedure previsti dall'articolo 118 del TUB.
28) Il quale recita: "In conformità di quanto previsto dall'articolo
12-bis della delibera ClCR 4 marzo 2003, n. 286, come modificata dall'articolo
14 del decreto d'urgenza del Ministro Ð Presidente del CICR 3 febbraio 2011, n.
117, ai lini della quantificazione e dell'applicazione della commissione di
istruttoria veloce, gli intermediari definiscono:
a) procedure interne, adeguatamente formalizzate, che individuano i casi in cui
è svolta un'istruttoria veloce: la commissione viene applicata esclusivamente
in questi casi. A fronte di più sconfinamenti nel corso della stessa giornata
non può comunque essere applicata più di una commissione;
b) i costi dell'istruttoria veloce, eventualmente differenziati secondo quanto
previsto dal comma 2. La quantificazione è formalizzata e adeguatamente
motivata".
29) L'adeguamento dei contratti a quanto previsto ai sensi dell'articolo
117-bis del TUB e del presente decreto costituisce giustificato motivo ai sensi
dell'articolo 118 del TUB. Per i contratti che non prevedono l'applicazione
dell'articolo 118 del TUB, gli intermediari propongono al cliente l'adeguamento
del contratto entro il 1° ottobre 2012.
30) Come osserva correttamente LENOCI, Commissione di massimo scoperto ed
usurarietà del tasso di interesse, in Giur. Merito 2011, 4, 983.
31) V. LENOCI, op. ult. cit.
32) Così si esprime R. MARCELLI, Dopo l'anatocismo trimestrale anche le
commissioni di massimo scoperto divengono lecite. Le CMS smantellata dalla
magistratura vengono ripristinate dalla legge numero 2/09, il caso.it,
155/2009, pag. 34, il quale giunge a queste conclusioni dopo aver svolto
numerosi esempi e con riferimento formule di matematica finanziaria. L'autore
ritiene che in tal modo sia possibile rispettare le soglie individuate dalla Banca
d'Italia anche quando il costo effettivo del credito supera ampiamente i limiti
di usura; pertanto, secondo tale dottrina, cui necessariamente si rimanda per
ogni approfondimento, la presenza o meno dell'usura dipenderà dalla natura
degli addebiti effettuati dalla banca.
33) In argomento v. ancora LENOCI, Commissione di massimo scoperto ed
usurarietà del tasso di interesse, in Giur. Merito, 4/2011. Si veda anche
RAMPIONI, La fattispecie di usura presunta nel crogiuolo della pratica
applicativa. Il nodo della commissione di massimo scoperto mette a nudo il non
sense della delega politica ad organi tecnici. Cass pen. 2012,01,361.
34) Citate da CICORIA, Commissione di massimo scoperto. Ultimo atto?, Giust.
Civ. 2011, 06, 327.
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