Bancario
Il Caso.it, Sez. Articoli e Saggi - Data pubblicazione 09/11/2012 Scarica PDF
Sulla surroga nei finanziamenti bancari non perfezionata nel termine (art. 120-quater, co. 7, T.U.B., modificato dalla l. n. 27/2012)
Gianluca Mucciarone, ProfessoreSommario: 1. Il problema dell'efficacia della tutela del cliente rispetto all'ostruzionismo del finanziatore originario - 2. Rilevanza della richiesta di collaborazione avanzata dal cliente al finanziatore originario - 3. Le cause di esclusione della penale - 4. L'ipotesi della surroga mancata - 5. Il parametro patrimoniale della penale - 6. Sulla risarcibilità del danno ulteriore.
1. Il problema dell'efficacia della tutela del cliente rispetto
all'ostruzionismo del finanziatore originario
Dal «decreto Bersani» (d. lgs. n. 223/2006, conv. in l. n. 248/2006) fino al
«decreto Sviluppo» (d. lgs. n. 70/2011, conv. in l. n. 106/2011) la disciplina
agevolativa dell'exit del cliente dai rapporti bancari ha compiuto sia passi
avanti che indietro: ad esempio, in tema di estinzione anticipata del credito
al consumo, costituisce un passo avanti la disposizione dell'art. 125-sexies
T.U.B. rispetto al previgente art. 21, co. 10, l. n. 142/1992 (come attuato dal
d.m. 8 Luglio 1992); in tema di recesso dai contratti bancari in genere,
rappresenta invece un passo indietro la disposizione dell'art. 120-bis T.U.B.
in confronto al previgente art. 10, co. 2, del decreto Bersani (1).
Del non lineare percorso legislativo in materia è pure esempio la normativa
sulle operazioni di surroga «nei» finanziamenti bancari (2), necessarie in
pratica per l'exit del cliente dai rapporti non di modesto importo. Tale
disciplina, introdotta dall'art. 8 «decreto Bersani-bis» (d. lgs. n. 7/2007,
conv. in l. n. 40/2007), dopo modifiche e aggiunte, rimaste anche esterne a
tale corpo normativo, è stata quasi tutta raccolta, per opera del d. lgs. n.
141/2010, nell'art. 120-quater T.U.B. Nel faticoso travaglio sono stati
progressivamente ridotti i costi per il finanziato dell'operazione di surroga.
All'inizio imposta nei confronti del solo finanziatore originario (art. 8, co.
3, decreto Bersani-bis; vigente art. 120- quater, co. 3 e 6, T.UB.), la
gratuità dell'operazione è stata poi estesa dalla Finanziaria 2008 anche nei
confronti del finanziatore subentrante (co. 3-bis dell'art. 8 decreto
Bersani-bis, introdotto dalla Finanziaria 2008; ora art. 120-quater, co. 4,
T.U.B.); quindi, il «decreto Tremonti-bis» (d. lgs. n. 185/2008, conv. in l. n.
2/2009), per i finanziamenti «prima casa», ha ridotto i costi notarili (art. 2,
co. 1-bis). L'anno dopo, però, il decreto Sviluppo ha ridotto pure l'ambito
della normativa: limitandolo ai rapporti costituiti con persone fisiche e
«microimprese» (3).
Nel tempo si sono predisposte anche specifiche misure volte a rendere effettiva
la normativa, ad argine, in particolare, dell'ostruzionismo che il finanziatore
originario può frapporre al compimento dell'operazione. A presidio della
disciplina, il decreto Tremonti-bis (art. 2, co. 5-quater) ha richiamato la
sanzione amministrativa pecuniaria dell'art. 144, co. 4, T.U.B.; il d. lgs. n
141/2010 l'ha poi sostituita con quella del co. 3-bis dell'art.144.
Il «decreto Tremonti-ter» (d. lgs. n. 78/2009, conv. in l. n. 102/2009),
inserendo un ulteriore periodo nel co. 5-quater dell'art. 2 del Tremonti-bis,
ha aggiunto una penale a carico del finanziatore originario per il mancato
perfezionamento della surroga nel termine prestabilito (4).
La disposizione è risultata tra quelle più importanti in cui si articola la
disciplina dell'operazione, quanto particolarmente problematica (5). Ne sono
segno il considerevole contenzioso sviluppatosi davanti all'ABF e la
circostanza che, in essere da quattro anni, è stata rivisitata già tre volte.
Dapprima dal decreto 141, che, nel travasarla nell'art. 120-quater, co. 7,
T.U.B. (6), in particolare (per quanto direttamente interessa l'interpretazione
di tale norma), ha eliminato l'espressione «interbancarie» che inizialmente
connotavano le «procedure di collaborazione», la cui richiesta di avvio,
rivolta dal finanziatore subentrante (7) al finanziatore originario (8), dava
avvio al decorso del termine, di trenta giorni, per il perfezionamento
dell'operazione. E' stata la volta, poi, del decreto Sviluppo, che, da un lato,
ha definito il tempo per il perfezionamento dell'operazione in giorni
«lavorativi», dall'altro, ha sostituito al «valore del mutuo» il «debito
residuo» nel ruolo di parametro patrimoniale della penale; inoltre, ha
eliminato l'avverbio «comunque», che specificava la previsione che il
finanziatore originario «è tenuto a risarcire...».
Sulla disposizione, infine, è ritornato il «decreto Cresci Italia» (d. lgs. n.
1/2012, conv. in l. n. 27/2012): con modifiche di dubbia portata ed ispirazione
di fondo, a dispetto della difficoltà che, per la congiuntura, il settore delle
surroghe sta già vivendo.
Certo è chiara la previsione della riduzione del termine per il perfezionamento
dell'operazione di surroga, da trenta giorni lavorativi a dieci giorni solari.
Ed in sé tale modifica rappresenta un incremento di tutela del cliente.
Peraltro, il rispetto del nuovo termine, nella prassi, non sarà agevole e ciò
non pare nemmeno privo di rilievo in ordine al valore effettivo delle altre
modifiche.
Queste, comunque, già in sé considerate, è dubbio se o quanto avanzino o
arretrino la tutela del cliente. Il dubbio non si pone solo per il secondo
periodo del comma 7, nella parte in cui, tornato a prevedere che il
finanziatore originario «è comunque tenuto» al risarcimento in caso di mancato
perfezionamento nel termine, ha aggiunto: di mancato perfezionamento «per cause
dovute al finanziatore originario».
Il dubbio si pone anche per la parte in cui è tornato a definire il parametro
patrimoniale della penale in termini di «valore del finanziamento».
E perplessità suscita anche il primo periodo, che anticipa il dies a quo del
termine per il perfezionamento dell'operazione dal momento della richiesta di
collaborazione, avanzata dal finanziatore subentrante nei confronti di quello
originario, al tempo della richiesta del (potenziale) cliente al finanziatore
subentrante di domandare a quello originario l'importo del debito residuo a
carico del cliente (i «conteggi»).
Inoltre, le novità apportate non chiudono alcune questioni già proposte dalla
precedente versione della disposizione, che pure rilevano per la definizione
dell'intensità della tutela approntata per il cliente.
2. Rilevanza della richiesta di collaborazione avanzata dal cliente al
finanziatore originario
Non pare rappresentare un effettivo incremento di tutela l'anticipazione del
dies a quo del termine per il perfezionamento dell'operazione, dalla richiesta
di collaborazione avanzata al finanziatore originario dal subentrante alla
richiesta a questo rivolta dal cliente (9). Non è normale che il cliente abbia
contezza della necessità di simile richiesta. Né che, avendola, intenda
formularla, munendosi di adeguata prova, quando il finanziatore subentrante non
sia pronto al perfezionamento dell'operazione: così condursi, infatti, vorrebbe
dire, per il cliente, entrare in frizione proprio col soggetto da cui spera di
ottenere un vantaggio. Perciò, il cliente formulerà la richiesta al
finanziatore subentrante (se lo farà) non prima che questo lo riterrà per sé
conveniente; e nel compiere questa valutazione, terrà conto che l'operazione
dovrà «perfezionarsi» entro lo stretto termine di dieci giorni (10) e che, ove
non si completasse in tempo per causa a lui imputabile, dovrebbe rispondere,
secondo le regole ordinarie (1218 c.c.), quantomeno nei confronti del cliente
del danno causatogli dal ritardo (11). Il finanziatore subentrante, dunque,
inviterà il cliente a formulare per iscritto la richiesta non prima di aver
imbastito l'istruttoria ed essersi orientato a concedere il finanziamento, con
riserva di conoscere l'esatto importo del credito del finanziatore originario
(12).
D'altro canto, la riduzione del termine a dieci giorni, e solari, proprio per
il suo rigore, invece che esercitare una effettiva forza acceleratoria,
potrebbe spingere ad un incremento di una certa prassi volta ad evitare,
appunto, l'applicazione della regola della penale (e della rivalsa): si allude
a quel modo di procedere adottato da alcune banche di «mandare avanti» il
cliente a richiedere, lui, i conteggi al finanziatore originario; ipotesi,
questa, in cui, ovviamente, non vi sarebbe traccia di una richiesta del cliente
al finanziatore subentrante di domandare lui i conteggi.
Questo modo di operare, nel vigore delle precedenti versioni della norma in
interesse, era agevolato dalla circostanza che tali versioni individuavano il
dies a quo del termine, si è ricordato, nella richiesta del finanziatore
subentrante di avvio delle «procedure» di collaborazione, in origine pure dette
«interbancarie». A questo modo di procedere un consistente e più recente
orientamento dell'ABF aveva reagito equiparando la richiesta del finanziato a
quella del finanziatore subentrante per lo più quando il primo risultasse agire
d'accordo con il secondo (13). Peraltro, tale orientamento non risulta
incontrastato: altre decisioni addirittura avevano richiesto, per l'operare della
penale, che il colloquio interbancario fosse avviato secondo l'apposita
procedura messa a punto dall'ABI (14).
Oggi, la richiesta dei conteggi direttamente rivolta dal cliente al
finanziatore originario potrebbe apparire, ancor più di prima, un'ipotesi estranea
all'applicazione della regola della penale. L'attuale tenore dell'art.
120-quater, co. 7, T.U.B. delinea come iter prodromico al perfezionamento
dell'operazione la richiesta del cliente al finanziatore subentrante perché
questo domandi i conteggi al finanziatore originario.
A ben vedere, peraltro, la formulazione della norma offre anche un elemento di
segno contrario: la disposizione non dice proprio più nulla sulle modalità
della collaborazione della banca originaria.
Ad ogni modo, ritenere che il caso in cui il cliente chieda lui al finanziatore
originario i conteggi non sia soggetto alla norma della penale significherebbe
non dare al cliente una buona tutela. La condotta del finanziatore subentrante
di mandare avanti il cliente sarebbe certo scorretta (ex art. 1337 c.c.) e, per
il caso in cui l'intermediario originario non rispondesse alla richiesta del
cliente, questo acquisterebbe un credito risarcitorio nei confronti del
finanziatore subentrante per il tempo perduto: credito che sarebbe pari
quantomeno alla differenza tra gli interessi maturati a favore del finanziatore
originario nel periodo del ritardo rispetto a quelli che il cliente avrebbe
dovuto corrispondere al finanziatore subentrante. Ma ciò significherebbe porre
in contrasto il cliente proprio con il finanziatore subentrante, cui si è
rivolto per avere un trattamento (ritenuto) migliore rispetto a quello
rappresentato dal finanziamento in essere. Comunque, si sarebbe vanificata
l'applicabilità dell'art. 120-quater, co. 7, T.U.B.
Perciò, la richiesta di collaborazione avanzata dal cliente parrebbe ancor oggi
presupposto sufficiente per l'applicabilità della regola della penale:
trattandosi della richiesta dei conteggi, anche quando, per vero, le modalità
della stessa non dichiarino che il cliente agisce d'accordo col finanziatore
subentrante.
E ciò anche perché la richiesta del cliente al finanziatore originario esprime
un interesse del cliente all'operazione ancor più forte di quello manifestato
dalla richiesta rivolta al finanziatore subentrante: il cliente si fa
direttamente carico dell'interlocuzione col finanziatore originario.
Né pare che il finanziatore originario abbia un apprezzabile interesse a
ricevere la richiesta dei conteggi dal finanziatore subentrante ovvero a che
risulti che dietro il cliente v'è un finanziatore interessato alla surroga.
Infatti, da un lato, fornire i conteggi per il pagamento, anche senza surroga,
è, per sé, oggetto di un obbligo nei confronti del cliente (ex art. 1375 c.c.)
(15). Dall'altro, non pare che, se la richiesta provenisse dal cliente senza
che risultasse, in quel momento, il coinvolgimento di un finanziatore
interessato alla surroga, quello originario correrebbe un rischio di dover
pagare la penale apprezzabilmente più alto che se la richiesta venisse dal
finanziatore subentrante (16). Infatti, o dietro il cliente, al tempo della sua
richiesta al finanziatore originario, c'è comunque un finanziatore interessato
al rifinanziamento o non c'è. E se non c'è, o non sopravviene, ed allora il
finanziatore originario non pare che potrà essere tenuto alla penale, poiché
questa non pare dovuta in caso di mancata surroga
(v. infra, § 4). Oppure un finanziatore interessato alla surroga sopravviene;
ed allora, se l'operazione si perfezionerà in ritardo, per il fatto che al
tempo della richiesta del cliente non c'era ancora un finanziatore interessato
alla surroga, quello sopravvenuto, normalmente, avrà chiesto l'ulteriore
collaborazione del finanziatore originario (il rilascio della quietanza ex art.
1202 c.c., almeno) per data successiva al termine di dieci giorni, ammesso pure
che abbia emesso e recapitato la richiesta di cooperazione nel termine; e nei
casi in cui la richiesta di collaborazione al finanziatore originario palesi
essa stessa che il termine di legge non è stato rispettato, o non potrà
esserlo, ugualmente il finanziatore originario non può essere tenuto alla
penale (17). Come meglio si vedrà nel prossimo §.
3. Le cause di esclusione della penale
E' opinione unanime che la disposizione contenuta nell'art. 120- quater, co. 7,
T.U.B., nelle versioni anteriori a quella vigente, obbligasse il finanziatore
originario alla penale per il caso in cui il ritardo fosse imputabile al
finanziatore subentrante. Addirittura, è diffuso il convincimento che la
disposizione prevedesse una «responsabilità oggettiva» del finanziatore
originario nei confronti del cliente (18).
Con riguardo alla versione vigente, invece, traendo forza dal nuovo inciso «per
cause dovute al finanziatore originario», tra i primi commentatori si è
sostenuto che, oggi, il finanziatore originario è tenuto alla penale solo
quando il ritardo gli sia imputabile (19).
Se era eccessivo ritenere che la penale fosse dovuta anche in ogni ipotesi in
cui il ritardo fosse imputabile al finanziatore subentrante e pur quando fosse
dipeso da caso fortuito o forza maggiore, oggi pare eccessiva l'opposta
interpretazione: che riduce la speciale portata precettiva della disposizione
alla previsione di una penale, escludendo che essa concerna anche la
fattispecie costitutiva della responsabilità del finanziatore originario.
Pare invece ragionevole pensare che il finanziatore originario sia tenuto alla
penale, in linea generale, anche per ritardo imputabile al finanziatore
subentrante; e non lo sia quando il ritardo dipenda da caso fortuito/forza
maggiore o da fatto imputabile - anche se solo in parte - al cliente; ed
inoltre quando già la richiesta di collaborazione del finanziatore subentrante
manifesti che l'operazione non potrà perfezionarsi nel termine. Va da sé che
l'onere della prova della ricorrenza di una delle ipotesi appena indicate,
cause impeditive della responsabilità del finanziatore originario, sarebbe a
carico di questi (2697 c.c.).
L'art. 120-quater, dunque, parrebbe continuare a «presumere» una «colpa» del
finanziatore originario (20). La presunzione sarebbe quasi assoluta nei
confronti del cliente: il finanziatore originario potrebbe provare, per evitare
la penale, soltanto il fortuito/forza maggiore, il fatto del cliente, il fatto
che già la richiesta di collaborazione del finanziatore subentrante non
consentiva il rispetto del termine. La presunzione sarebbe compiutamente
relativa nei confronti del finanziatore subentrante: ove a questo rimontasse il
ritardo, dovrebbe rimborsare il finanziatore originario di quanto pagato al
cliente a titolo di penale.
Il testo del secondo periodo, nella parte in cui chiama a rispondere il
finanziatore originario del ritardo «per cause dovute» a lui, in sé, non
suggerisce la lettura prospettata; a rigore, però, non vi si oppone
contraddicendola: esso infatti assicura solo che, qualora la causa del ritardo
sia imputabile al finanziatore originario, questo è obbligato alla penale; non
si occupa invece del caso in cui il ritardo non sia imputabile a tale soggetto
e perciò non esclude che anche in alcune di queste ipotesi - quella, in
generale, del fatto del finanziatore subentrante, secondo la lettura
prospettata - il finanziatore sia tenuto alla penale. L'espressione «per cause
dovute al finanziatore originario» può ben stare ad indicare che vi sono
ipotesi in cui tale soggetto non risponde: a dare rilievo alle cause impeditive
della responsabilità del finanziatore originario sopra indicate.
Mentre l'avverbio «comunque», tornato nel testo della disposizione in esame, se
anche nella mens legis si fosse riferito (anche o solo) alla fattispecie
costitutiva della responsabilità, nella lettura qui prospettata è, a rigore, da
riferirsi all'effetto: poiché la responsabilità non scatta per ogni ipotesi di
ritardo, l'avverbio deve ritenersi volto a rimarcare che il debito risarcitorio
è, appunto, una penale, dovuta a prescindere dalla ricorrenza di un danno.
D'altro canto, l'avverbio è collocato all'interno del verbo che descrive
l'effetto risarcitorio, non prima di esso.
Costituisce invece un forte dato nel senso che il finanziatore non sia tenuto
alla penale sol quando il ritardo gli sia imputabile, ma, in generale, pur
quando sia imputabile al finanziatore subentrante, il terzo periodo della
disposizione, rimasto immutato. Alla lettera, infatti, vi si prevede un diritto
di «rivalsa» del finanziatore originario nei confronti del subentrante (anche)
se la causa sia imputabile solo al finanziatore subentrante. Se davvero il
legislatore avesse voluto escludere la responsabilità del finanziatore originario
verso il finanziato in ogni caso in cui il ritardo non fosse dipeso da causa a
lui imputabile, è ragionevole ritenere che sarebbe intervenuto anche su questo
periodo della disposizione.
D'altro canto, nel diritto applicato effettivamente circolavano, come
accennato, interpretazioni eccessive. L'espressione «per cause dovute al
finanziatore originarie» può ben aver inteso «correggere» tali interpretazioni.
Così l'opinione secondo cui la responsabilità del finanziatore originario è
oggettiva. Non si vede infatti perché tale soggetto dovrebbe sopportare il
rischio puro che l'operazione non si perfezioni (per caso fortuito): questa, di
norma, è in contrasto col suo interesse e la regola, al contrario, è che res
perit domino (art. 1465 c.c.); ed inoltre, se il finanziatore subentrante
dovesse sopportare le conseguenze del ritardo per fortuito nei confronti del
cliente, dovrebbe subirle anche in confronto al finanziatore originario: il
terzo periodo del comma 7 consente la rivalsa del primo sul secondo solo se il
ritardo è a questo imputabile.
Né si vede perché il finanziatore originario dovrebbe essere tenuto alla penale
qualora il ritardo sia stato determinato da un suo comportamento (21): posto il
principio dell'autoresponsabilità, espresso, tra l'altro, dalla norma dell'art.
1227 c.c.
L'ulteriore ipotesi che l'espressione «cause dovute al finanziatore originario»
pare escludere dall'ambito della penale, e cui precipuamente forse intendeva
forse fare riferimento il legislatore storico, è quella in cui già la richiesta
di collaborazione, proveniente dal finanziatore subentrante, manifesti la
certezza che l'operazione si concluderà in ritardo. Così quando si richiedano i
conteggi, se non pure la disponibilità a prendere parte agli atti costitutivi
dell'operazione (22), per data successiva al termine. L'ipotesi è ben nota alla
prassi ed anche all'ABF, che l'ha inclusa, nel regime previgente, nell'ambito
di applicazione della disposizione (23). La norma, però, nel «presumere» la
responsabilità del finanziatore originario, non poteva - e non potrebbe oggi -
che presupporre che in concreto potesse darsi tale responsabilità e, quindi,
che, nel richiedere la collaborazione del finanziatore originario, si rendesse
almeno possibile il perfezionamento dell'operazione nel termine.
Certo, non solo le considerazioni storico-sistematiche, ma pure quella, da
queste presupposta, del terzo periodo del comma 7 dell'art. 120-quater, non
sono decisive per negare che il secondo periodo costituisca il debito della
penale soltanto per il caso in cui (la causa de) il ritardo sia imputabile al
finanziatore originario.
In effetti, si è pure sostenuto (24) che il terzo periodo prevede soltanto un
diritto di regresso parziale e (dunque) unicamente per il caso in cui il
ritardo sia dipeso da «cause dovute» ad entrambi i finanziatori; e così ridotto
l'ambito della «rivalsa», ritorna possibile ritenere che la penale è esclusa
ogni volta che la causa del ritardo non è imputabile al finanziatore originario
(25).
Ma pur a voler accettare tale forzatura del tenore del terzo periodo, la
lettura in discorso confinerebbe la relativa regola in uno spazio angusto
assai, mi pare, ed in pratica marginale: per la sua applicazione bisognerebbe
pensare all'ipotesi, di certo non frequente, in cui, fissata la data per il
compimento di una surroga trilaterale davanti a notaio, né il finanziatore
originario né il subentrante si presentassero. Le ipotesi in cui il ritardo nel
perfezionamento della surroga (normale causa di danno) deriva, ex art. 1223 c.c.,
da un tardivo adempimento sia del finanziatore originario sia del subentrante
non paiono molti. Fuori dal genere di caso ipotizzato, il ritardo rispetto al
termine di dieci giorni e poi rispetto allo spirare di ciascun mese deriverà
(se non da un inadempimento del cliente o dal caso fortuito o forza maggiore) o
dall'inadempimento del finanziatore originario o da quello del finanziatore
subentrante agli obblighi che su ciascuno incombono di fare quanto necessario
per il perfezionamento dell'operazione: esemplificando un poco, se il
finanziatore subentrante non ha richiesto la collaborazione di quello
originario in tempo perché l'operazione si potesse concludere nell'arco dei
dieci giorni, il ritardo sarà causato dal suo inadempimento; altrimenti, se il
finanziatore originario non ha fornito i conteggi tempestivamente, il ritardo
deriverà dal suo inadempimento; e se, comunicati i conteggi sia pure dopo i
dieci giorni, il finanziatore subentrante non darà ulteriore impulso (ove
necessario) all'iter per il perfezionamento della surroga, questo ulteriore
ritardo sarà determinato dal suo inadempimento, e così via.
D'altro canto, è anche più coerente con la funzione della norma ritenere che la
penale sia dovuta, in generale, pure per il caso in cui il ritardo sia
imputabile solo al finanziatore subentrante, salva integrale rivalsa su questo
da parte del finanziatore originario: la norma, al di là delle più recenti
«correzioni», resta pur sempre destinata, nella sua linea di fondo, a
proteggere il cliente dall'ostruzionismo del finanziatore originario, come
attestano sia il contesto normativo cui essa appartiene (v. retro, § 1), sia la
liquidazione forfettaria (e considerevole) del danno, sia ancora la contrazione
del termine per l'effettuazione dell'operazione (v. retro, § 2).
4. L'ipotesi della mancata surroga
Tra le questioni rilevanti per la definizione della dimensione della tutela
offerta al cliente con la disposizione dell'art. 120-quater, co. 7, T.U.B. (26)
è stata lasciata irrisolta dal decreto Cresci Italia quella dell'operatività
della norma nel caso in cui la surroga non si sia perfezionata.
L'ABF l'ha ammessa con riguardo alla versione previgente della disposizione,
questa ricostruita, in conformità con l'orientamento corrente, come previsione
di una «responsabilità oggettiva» del finanziatore originario verso il
finanziato (27).
Pur leggendo la vecchia e la nuova disposizione nei termini, meno severi,
indicati nel precedente §, cioè come previsione di una responsabilità del
finanziatore originario per ritardo derivante da causa imputabile a lui ovvero
pure (in generale) al subentrante, con onere del primo soggetto di provare una
causa di esclusione della responsabilità, non pare - lo si è anticipato retro,
§ 2 - che la norma possa valere per il caso di mancata surroga. Perché
l'estensione della norma del comma 7 nella sua interezza, forse ancora
possibile per via di interpretazione, comunque non pare coerente con la ratio
legis.
Nel caso di surroga tardiva, la norma «presume» che il ritardo sia dovuto al
finanziatore originario, rendendo irrilevante, in rapporto al finanziato, il
fatto che, invece, il ritardo è dipeso dal subentrante. La «presunzione» si
fonda sulla doppia circostanza che il finanziatore subentrante, di regola, ha
interesse ad impedire il perfezionamento della surroga, al contrario del
finanziato e del subentrante (28), e che la surroga vi è stata: il che conferma
come probabile che finanziato e subentrante, in concreto, vi avevano interesse
e, perciò, che il ritardo sia dipeso da ostruzionismo del finanziatore
originario.
Già per questo l'ipotesi della mancata surroga non pare analoga a quella della
surroga tardiva. Certo, è ben possibile che la mancata surroga sia derivata
dall'ostruzionismo del finanziatore originario, come pare sia avvenuto nel caso
sottoposto al vaglio dell'ABF. Ma nel caso di surroga tardiva v'è un fatto, la
surroga avvenuta appunto (sia pure in ritardo), che conferma l'ostruzionismo
del subentrante; invece, se la surroga non si è perfezionata, ciò non può
confermare come probabile che sia dipeso dal finanziatore originario: mancando
la surroga, non v'è conferma che finanziato e subentrante vi avessero
interesse.
D'altro canto, l'ammontare della penale è commisurato al «ritardo»: perché il
danno subito dal cliente, tipicamente, è commisurato al ritardo tra il termine
non osservato e il momento della surroga. Nel caso di mancata surroga, invece,
non v'è un ritardo cui rapportare la penale (29).
5. Il parametro patrimoniale della penale
Altra questione non chiaramente risolta dal decreto Cresci Italia è quella
dell'esatta consistenza del parametro patrimoniale cui va rapportata la penale,
ora indicato come «valore del finanziamento». Uno dei due profili di cui la
questione si compone, anzi, è stato complicato dal decreto.
Si allude è al momento rilevante per la determinazione del capitale ancora
dovuto: posto che tra la richiesta del cliente al finanziatore subentrante e la
richiesta al finanziatore originario dei conteggi, il cliente potrebbe aver
ridotto la propria esposizione; e poi potrebbe averla ridotta tra la richiesta
e il pagamento (con surroga) estintivo dell'intero debito; e la riduzione
potrebbe essere avvenuta prima dello spirare del termine di dieci giorni ovvero
nel tempo del ritardo.
Sì che, oggi, si danno anzitutto tre possibilità riguardo al momento al quale
fare riferimento per la quantificazione del capitale «residuo»: prendere in
considerazione il tempo della richiesta del cliente al finanziatore
subentrante; oppure il momento in cui il finanziatore subentrante (ovvero il
cliente quale suo rappresentante: v. retro, § 2) ha richiesto i conteggi al
finanziatore originario; od ancora il tempo in cui viene estinto integralmente
il debito.
Quest'ultima soluzione favorirebbe proprio il soggetto - il finanziatore
originario - che la norma ritiene responsabile nei confronti del cliente:
perciò, è da escludere. La prima soluzione, d'altro canto, lo penalizzerebbe
altrettanto ingiustificatamente: finché non riceve la richiesta dei conteggi,
il finanziatore originario non può considerarsi inadempiente. Peraltro, anche
la seconda soluzione - quella del tempo della richiesta dei conteggi - non
sfugge ad ogni incongruenza: non pare ragionevole computare nel capitale
residuo la quota che sia stata pagata nel termine di dieci giorni, perché fin
quando non sia spirato tale termine non è dovuta la penale.
Perciò, sembrerebbe che il capitale residuo di cui tener conto sia quello
dovuto al momento della richiesta del cliente, sottratto della parte
eventualmente restituita nel termine di dieci giorni.
L'altro profilo di cui si compone il problema della definizione del parametro
patrimoniale della penale è se questa debba calcolarsi solo sul capitale
residuo ovvero pure sugli interessi maturati (pare, date le osservazioni già
svolte) tra la scadenza del termine di dieci giorni al saldo.
L'espressione «valore del finanziamento», come quella «valore del mutuo»
utilizzata già nella prima versione della norma, fanno inclinare per il primo
termine dell'alternativa.
E questa è la soluzione data per scontata da diverse decisioni dell'ABF, che,
applicando la norma nella sua versione originaria, indicano la base di calcolo
della penale nel solo «capitale residuo» (30).
Tale soluzione oggi risulta rafforzata dall'evoluzione subita dalla norma sul
punto in interesse: la formula «debito residuo del finanziamento», introdotta
dal decreto Sviluppo, era più aperta ad includere anche gli interessi maturati
nella base di calcolo della penale; e tale formula il decreto Cresci Italia ha
ritenuto di sostituire di nuovo con l'attuale, appunto, più stretta.
Comunque, non pare ragionevole calcolare la penale anche computando gli
interessi maturati dopo il termine di dieci giorni perché la penale, nella sua
componente risarcitoria, serve a ristorare il cliente, di norma, anzitutto
della perdita pari alla differenza tra gli interessi pagati al finanziatore
originario nelle more e quelli, d'ammontare inferiore, che il cliente avrebbe
dovuto corrispondere al finanziatore subentrante se l'operazione di surroga si
fosse tempestivamente perfezionata, questo essendo il danno (si è già rilevato
retro, § 2) che normalmente il cliente subisce a causa del ritardo
nell'attuazione della surroga.
6. Sulla risarcibilità del danno ulteriore
Per definire l'intensità della tutela accordata al cliente con l'art.
120-quater, co. 7, T.U.B. deve ancora considerarsi il problema se il
finanziatore originario sia tenuto al risarcimento del danno ulteriore rispetto
a quello già ristorato dalla penale.
Un orientamento dell'ABF è per la soluzione negativa (31). La soluzione non
persuade. Non vale a convincere l'osservazione - formulata a proprio favore da
detta opinione - che la norma dell'art. 1382, co. 1, c.c. esclude, salvo patto
contrario, la risarcibilità del danno ulteriore. Lasciando intendere che questa
norma esprimerebbe la regola sul rapporto tra penale e risarcimento del maggior
danno, da applicarsi anche nel caso di penale ex lege: sì che, in ogni ipotesi
del genere, la responsabilità per il maggior danno richiederebbe una specifica
norma che la prevedesse, come quella dell'art. 1224, co. 1 (I parte), c.c.
Non pare corretto ritenere l'art. 1382 la regola e l'art. 1224 una deroga con
riguardo alle penali stabilite dalla legge. Più precisamente, non sembra che
l'esclusione della risarcibilità del maggior danno, prevista dall'art. 1382
c.c., possa estendersi alle penali di legge: la norma pare da circoscriversi
alle penali ex pacto; rispetto a queste, infatti, si comprende la ratio
dell'art. 1382: pare normale che, nel definire la penale, le parti abbiano
tenuto conto (quantomeno) dei danni prevedibili al momento della conclusione
del contratto e la responsabilità contrattuale non comprende i danni
imprevedibili (salvo il caso di dolo; art.1225 c.c.).
Nel caso di penale stabilita dalla legge non può presumersi che questa abbia
tenuto conto di tutti i danni prevedibili nel caso concreto. D'altro canto, la
regola è quella che il debitore è tenuto a risarcire tutti i danni
(prevedibili) subiti dal creditore per effetto (diretto) dell'inadempimento.
Perciò, in caso di penale di legge, pare piuttosto che sia l'art. 1224, co. 1
(I parte) ad esprimere la regola in ordine alla risarcibilità del danno
ulteriore (32).
1) Per l'inclusione di tutti i contratti ad esecuzione differita nei «contratti
di durata» trattati dall'art. 10, co. 2, decreto Bersani e per la
sottolineatura di alcune novità dell'art. 125-sexies T.U.B. a favore del
cliente, sia consentito rinviare a G. MUCCIARONE e A. SCIARRONE ALIBRANDI, Il
recesso del cliente dai contratti bancari dopo il d. lgs. n. 141/2010:
questioni di coordinamento, in Banca, borsa, tit. cred., 2012, I,
rispettivamente, p. 48, nt. 31, e p. 49, nt. 33.
2) Nel 2011 L. NIVARRA, Lineamenti di diritto delle obbligazioni, Torino, p.
69, stima la «surrogazione per volontà del debitore - ipotesi - ben poco
frequente nella prassi» e ciò spiega in ragione della «complessità della
disciplina, unita alla circostanza che il terzo surrogato è, comunque, già
creditore in virtù di un titolo contrattuale (il mutuo) che presumibilmente gli
offre adeguate garanzie». La disciplina cui fa riferimento l'autore è quella
dell'art. 1202 c.c.: la sola menzionata, appena prima dei brani riferiti. La
valutazione della surroga ex art. 1202 c.c. come figura rara non sembrerebbe
avere per orizzonte temporale l'attuale congiuntura, anche rispetto alla quale,
d'altra parte, la stima parrebbe un po' eccessiva.
3) Nella lett. a-bis del comma 9 dell'art. 120-quater, inserita dal decreto
Sviluppo, la figura di «microimpresa» richiamata è quella definita dall'art. 1,
co. 1, lett. t, d. lgs. n. 11/2010, di attuazione della direttiva n. 2007/64/CE
sui servizi di pagamento. La disposizione richiamata a sua volta rinvia alla
definizione di microimpresa data dalla raccomandazione n. 2003/361/CE. Questa
stessa definizione si trova pure richiamata nelle Disposizioni di Banca
d'Italia sulla trasparenza delle operazioni bancarie, ult. agg. Febbraio 2011,
sez. I, § 3, che includono la figura della microimpresa tra i «clienti al
dettaglio».
La definizione della raccomandazione europea, in quanto tale, comprende anche
le libere professioni come pure gli enti senza scopo di lucro che svolgano
attività economica (artt. 2, co. 3, e 1 dell'allegato alla raccomandazione). La
definizione europea di microimpresa non mantiene tutta la sua estensione in
tutti e tre i contesti normativi in cui è richiamata. La conserva nel contesto
della disciplina dei servizi di pagamento (per conformità alla direttiva n.
2007/64/Ce, ciò vale, oltre che per la disciplina del tit. II del d. lgs. n.
11/2010, anche per quella di trasparenza confluita nel capo II-bis del tit. VI
T.U.B. e nella sez. VI delle Disposizioni attuative di Banca d'Italia), ma non
ai fini della nozione di cliente al dettaglio rilevante per la disciplina di
trasparenza delle operazioni bancarie in genere, né per quella delle surroghe:
la nozione di microimpresa, infatti, deve fare i conti, nella detta disciplina
di trasparenza, con la contemporanea indicazione tra i clienti al dettaglio dei
liberi professionisti e degli enti no profit; nell'art. 120-quater, co. 9,
lett. a, con la distinta indicazione di ogni persona fisica.
4) La disposizione era così concepita: «Nel caso in cui la surrogazione del
mutuo non si perfezioni entro il termine di trenta giorni dalla data della
richiesta da parte della banca cessionaria alla banca cedente dell'avvio delle
procedure di collaborazione interbancarie ai fini dell'operazione di
surrogazione, la banca cedente è comunque tenuta a risarcire il cliente in
misura pari all'1% del valore del mutuo per ciascun mese o frazione di mese di
ritardo. Resta ferma la possibilità per la banca cedente di rivalersi sulla
banca cessionaria nel caso il ritardo sia dovuto a cause imputabili a
quest'ultima».
Del fatto che il credito risarcitorio del cliente verso il finanziatore
originario costituisca una penale in senso proprio - prestazione dovuta «in
caso d'inadempimento indipendentemente dalla prova del danno» (art. 1382
c.c.) - non si è mai dubitato nelle applicazioni dell'ABF. L'indipendenza del
credito dalla sussistenza di un danno subito dal cliente a causa della tardiva
surroga non solo è indicata dal perentorio tenore della norma («la banca è
tenuta a risarcire il cliente in misura pari...») ed in particolare
dall'avverbio «comunque» (al riguardo v. anche infra, § 3), ma è pure la
soluzione più coerente con la funzione della norma, di protezione del cliente.
Sull'obbligo che la legge «presume» inadempiuto dal finanziatore originario
(per causa a lui imputabile), v. infra, nt. 9. Sul fenomeno di astrazione
causale cui dà luogo la «presunzione» di legge v. poi infra, nt. 20.
5) Trascura la disposizione A. BARATTERI, Surrogazione e portabilità dei mutui,
Torino, 2011.
6) Questa la versione originaria della disposizione inserita nel T.U.B.: «Nel
caso in cui la surrogazione di cui al comma 1 non si perfezioni entro il
termine di trenta giorni dalla data della richiesta dell'avvio delle procedure
di collaborazione da parte del mutuante surrogato al finanziatore originario,
quest'ultimo è comunque tenuto a risarcire il cliente in misura pari all'1 per
cento del valore del finanziamento per ciascun mese o frazione di mese di
ritardo. Resta ferma la possibilità per il finanziatore originario di rivalersi
sul mutuante surrogato nel caso il ritardo sia dovuto a cause allo stesso
imputabili».
7) Criticabile appare la circostanza che la disposizione dell'art. 120-quater
tuttora continui a discorrere di «mutuante» subentrante: per quanto sia questa
l'ipotesi normale, non si vede una ragione per cui la disciplina dell'art.
120-quater non dovrebbe valere anche per il caso in cui il finanziamento
destinato all'estinzione di quello in essere assuma la natura dell'apertura di
credito.
8) Se a seguito delle modifiche subite dall'art. 120-quater si sono eliminate
le espressioni «cedente» e «cessionario», la disposizione prevede ancora, nel
suo comma 3, che «La surrogazione di cui al comma 1 comporta il trasferimento
del contratto, alle condizioni stipulate tra il cliente e l'intermediario
subentrante».
L'effetto qui descritto pare impossibile: come si è chiarito in dottrina, la
surrogazione per volontà del debitore, cui espressamente si riferisce il comma
1 dell'art. 120-quater T.U.B., non può determinare un trasferimento del credito
del finanziatore originario in favore del subentrante: il pagamento del
finanziato determinando l'estinzione del credito (A. A. DOLMETTA, Questioni
sulla surrogazione per volontà del debitore ex art. 8 legge n. 40/2007 (c.d. ,
in Banca, borsa, tit. cred., 2008, I, p. 397 ss.). Senza contare che, per
ammettere un trasferimento della posizione contrattuale, occorrerebbe
immaginare che il secondo contratto di finanziamento (quello con il
finanziatore subentrante), lungi dal costituire un nuovo rapporto, avrebbe
l'efficacia di modificare il primo: il che, però, potrebbe avvenire solo dopo
il completamento della surrogazione: sarebbe questa infatti a determinare il
trasferimento del primo contratto; e prima della surroga che efficacia avrebbe
il secondo contratto di finanziamento?
Il comma 3, peraltro, deve pur avere un senso precettivo. E questo non può
essere quello di «portare» le garanzie che assistevano il credito estinto al
credito del finanziatore subentrante, poiché già il comma 2 prevede che «per
effetto della surrogazione ... il mutuante surrogato subentra nelle garanzie,
personali e reali, accessorie al credito cui la surrogazione si riferisce».
Per dare un significato al comma 3, si è ipotizzato (v. V. LEMMA, sub art. 120-
quater, in Commentario al testo unico delle leggi in materia bancaria e
creditizia, dir. da F. Capriglione, ed. 3, III, Padova, 2012, p. 1793) che la
norma intenda stabilire che «il cliente conservi la piena opponibilità di tutte
le eccezioni contrattuali», come quella di «una invalidità del contratto
originario».
L'effetto pare eccessivo. E d'altro canto nega, contro il testo di legge, che a
regolare il rapporto tra finanziato e finanziatore subentrante siano «le
condizioni [tra questi] stipulate.
Forse, la norma potrebbe avere il senso di «trasferire» l'efficacia della
«copia esecutiva» del contratto di finanziamento originario in favore del
credito del finanziatore subentrante, almeno nei limiti di valore del credito
originario: laddove, altrimenti, questo estinto, la copia esecutiva perderebbe
efficacia, né potrebbe giovare al finanziatore subentrante, titolare di un
credito diverso. La lettura prospettata ben s'inquadrerebbe nella prospettiva
di semplificazione della fattispecie e di riduzione dei costi pure coltivata
dalla disposizione dell'art. 120-quater. D'altro canto, è questione assai
sentita nella prassi (emersa, non affrontata, in ABF, Milano, n. 870/12) quella
se il finanziatore subentrante abbia diritto ad avere dal finanziatore
originario la copia esecutiva del contratto: diritto che, certo non potrebbe
sussistere se il finanziatore subentrante nemmeno avesse un interesse ad avere
tale documento [per quanto non pare che, normalmente, potrebbe servire al
finanziatore originario: il suo credito è stato già soddisfatto e, per esserne
revocato il pagamento, il cliente dovrebbe fallire (artt. 2901, co. 3, c.c. e
67, co. 2, l. fall.), ma il fallimento comporta il «divieto» delle azioni
esecutive individuali (art. 51 l. fal..), mentre il pagamento del debito (da
finanziamento) fondiario (l'ipotesi corrente di finanziamento che si «chiude»
mediante surroga) comunque non è revocabile (art. 39, co. 4, T.U.B.)]. Al
riguardo v. anche infra, nt. 26.
9) Tale richiesta è un incarico con rappresentanza in rem propriam. Darlo è
imposto dalla norma dell'art. 1337 c.c.: senza di esso il finanziatore
subentrante non potrebbe ottenere da quello originario i conteggi, dati
personali al finanziato.
Accettare l'incarico e portare a compimento l'operazione trovano disciplina,
nell'an e nel quomodo in genere, nella stessa norma dell'art. 1337 c.c.:
sarebbe assurdo pensare che la «richiesta» (appunto) del (potenziale) cliente,
in quanto tale, possa obbligare l'intermediario ad agire, a prescindere pure
dal momento in cui è formulata. L'art. 120-quater, comma 7, T.U.B. stabilisce
il termine per
l'adempimento, ove ex fide bona il finanziatore sia tenuto a portare a
compimento l'operazione.
Similmente, il dovere di collaborazione del finanziatore originario trova
fondamento nell'art. 1375 c.c., dall'art. 120-quater ricavandosi solo il
termine per l'adempimento.
10) La forte contrazione del termine è elemento ulteriore per escludere che,
nel contesto dell'art. 120-quater, il «perfezionamento dell'operazione»
richieda anche l'annotazione della surroga a margine dell'iscrizione
dell'ipoteca (propende per la contraria soluzione A. PETRAGLIA, La surrogazione
nei contratti di finanziamento, relazione tenuta nell'incontro di studio su Le
novità per banche, intermediari e assicurazioni nel Decreto Liberalizzazioni,
svoltosi a Milano il 10 Maggio 2011). L'annotazione può essere ottenuta dal
subentrante sulla base della quietanza: il suo difetto non può legittimare il
subentrante a pretendere dal finanziato l'immediata restituzione della somma
prestata; sì che non si vede perché il finanziato dovrebbe essere protetto (ed
avere diritto alla penale).
Diversamente è a dirsi per la quietanza (senza la cui offerta contestuale al
pagamento, peraltro, questo ben difficilmente sarà posto in essere; riguardo al
dovere del finanziatore originario di prestarsi ad una «surroga trilatera», v.
infra, nt. 26). L'art. 1202 c.c. la indica (con i requisiti di contenuto e
forma qui previsti) come elemento necessario per il verificarsi della surroga
(nel senso che sia sufficiente il pagamento qualificato dalla dichiarazione del
finanziato di voler surrogare il finanziatore subentrante, tuttavia, B.
CARPINO, Del pagamento con surrogazione, in Commentario del codice civile
Scialoja-Branca, a cura di F. Galgano, Bologna-Roma, 1988, p. 64). Perciò, è
onere del finanziato ottenerla e, in difetto, il finanziatore subentrante
potrebbe richiedere il rientro immediato o, comunque, il finanziamento potrebbe
prevedere l'applicazione di condizoni meno favorevoli finché non sia consegnata
la quietanza. Sì che il suo mancato rilascio da parte del finanziatore
originario potrebbe causare danno al cliente. Ed esclude dunque il
perfezionamento della surroga agli effetti dell'art. 120-quater: per tale
avviso ABF, Milano, n. 807/2011 (implicitamente); 1587/11.
11) Per l'inapplicabilità analogica della regola della penale ex art.
120-quater, co. 7, II periodo, T.U.B. nei confronti del finanziatore
subentrante, v. infra, nt. 28.
12) Né va trascurato che, normalmente, la prova della data della richiesta del
cliente sarà rappresentata, nei confronti del finanziatore originario, dalla
prova della data della richiesta dei conteggi a lui rivoltagli dal finanziatore
subentrante.
13) V. così, in sostanza, ABF, Roma, n. 854/2011; Milano, 1587/11; 2619/11;
1707/11; Napoli, 30/12; 270/12; 599/12; Milano, 1895/12. L'orientamento si basa
sui rilievi che la presenza di un finanziatore subentrante rende possibile il
rispetto del termine ed assicura che, ove il termine non sia osservato per
causa non imputabile al finanziatore originario, questo potrà rifarsi sul
finanziatore subentrante.
Invece, ABF Milano, n. 204/12 non richiede neppure che al momento della
richiesta risulti l'esistenza, dietro il finanziato, di un finanziatore
interessato alla surroga.
14) ABF, Roma, n. 770/2010; Napoli, 1071/10.
15) Anche fornire il resto della collaborazione necessaria per il completamento
di una surroga lo è, come già detto retro, nt. 9. Ma rispetto alla richiesta
del cliente di fornire tale ulteriore collaborazione la buona fede può esigere
che il cliente medesimo dia al finanziatore originario la possibilità
quantomeno di controllare che esiste un finanziatore subentrante: ad esempio,
non sarebbe corretto pretendere dal finanziatore originario di organizzarsi per
partecipare ad una «surroga trilatera» senza che questi neppure conosca il nome
del finanziatore subentrante.
16) Che è uno dei due rischi di cui giustamente intende tener conto
l'orientamento incline ad equiparare alla richiesta del finanziatore
subentrante quella del cliente solo quando questi risulti agire d'accordo col
finanziatore subentrante, come risulta dal primo degli argomenti condotti a
proprio favore: v. retro, nt. 13.
17) Perciò, se si esclude pure l'applicabilità dell'art. 120-quater, co. 7,
T.U.B. alla mancata surroga, risulta evidente che il finanziatore originario
neppure può correre un maggior rischio di dovere la penale senza potersi rifare
sul finanziatore subentrante: l'altra esigenza considerata dall'orientamento in
esame col secondo degli argomenti riferiti retro, nt. 13.
18) Ex multis, ABF, Milano, 1335/2010; Roma, n. 38/11; Napoli, n. 225/11;
Milano, n. 425/11; n. 807/11; n. 1970/11; n. 204/12.
V. peraltro anche ABF, Milano, n. 807/11; n. 599/12, che dopo aver affermato
che «trattasi É di una sorta di responsabilità oggettiva, destinata ad
insorgere per il solo fatto del ritardo, indipendentemente dalla sussistenza di
dolo o colpa», aggiunge: «In realtà, più che di una vera e propria
responsabilità oggettiva, si tratta di una sorta di presunzione di
responsabilità in capo all'originaria mutuante».
19) Così, p. es., A. PETRAGLIA, op. cit. Fortemente dubbiosa sulla tenuta di
questa lettura A. SCIARRONE ALIBRANDI, La surrogazione nei contratti di
finanziamento, relazione tenuta nell'incontro di studio su Le novità per
banche, intermediari e assicurazioni nel Decreto Liberalizzazioni, cit.: in
ragione del terzo periodo della disposizione e dello scopo di protezione della
norma.
20) Rectius: la legge semplifica la fattispecie generale di responsabilità
verso il danneggiato, dando luogo ad una astrazione causale: il finanziatore
originario risponde verso il finanziato anche per il fatto del finanziatore
subentrante. L'astrazione è relativa: il diritto di rivalsa evita
ingiustificati arricchimenti.
21) Incidentalmente, pare negare l'applicazione della penale in quanto il
ritardo era dipeso dal comportamento del cliente ABF, 2376/2011, in fine di
motivazione.
22) Su questo punto v. retro, nt. 10.
23) V. ABF, Roma, n. 1970/2011; Napoli, n. 2376/11; Roma, n. 631/12.
24) Sempre da A. PETRAGLIA, op. cit.
25) La tesi in discorso prosegue affermando che sarebbe onere del cliente
provare che il ritardo deriva da «causa dovuta» al finanziatore originario.
Tale distribuzione degli oneri probatori, anche ad ammettere - per ipotesi -
che l'ambito della penale sia ridotto al caso del ritardo «dovuto» al
finanziatore originario, non sarebbe accettabile: addirittura, il cliente
verrebbe caricato della prova non solo dell'inadempimento del finanziatore
originario al proprio obbligo di collaborare per il perfezionamento della
surroga, ma pure di quella che l'inadempimento è derivato da causa non
imputabile al finanziatore originario; il cliente sarebbe dunque trattato
peggio del creditore in genere (cfr. gli artt. 1218 e 2697 c.c.), laddove la
norma resta pur sempre diretta a proteggere il cliente dall'ostruzionismo del
finanziatore originario (v. infra, nel testo). E poiché tra i tre soggetti
coinvolti nell'operazione il cliente è quello che meno agevolmente può disporre
della prova della causa del ritardo, più coerente con il genere di scopo della
norma sarebbe comunque porre l'onere della prova circa la causa del ritardo sul
finanziatore originario: ritenere che questi debba provare il proprio
adempimento ovvero la non imputabilità a sé dello stesso.
26) Riguardo al profilo, estraneo a tale prospettiva, della ripartizione della
responsabilità tra le due banche, pare utile notare che, tra le specifiche
cause di ritardo, si registra il rifiuto del finanziatore originario di
partecipare ad una «surroga trilaterale». Secondo ABF, Milano, n. 870/2011, il
rifiuto sarebbe scorretto. L'assunto pare da accogliersi se il finanziatore
subentrante ha proposto all'originario che la surroga si svolga presso la
filiale in cui è localizzato il rapporto del secondo con il cliente: il
finanziatore originario non è tenuto ad accettare il pagamento in un luogo
diverso (artt. 1182, 1843 c.c.).
Altra causa di ritardo, riscontrata nella prassi, è il rifiuto del finanziatore
originario di consegnare al subentrante la propria copia esecutiva del
contratto di finanziamento: al riguardo, v. retro, nt. 8.
27) ABF, Milano, n. 204/2012, che ha giudicato un caso di mancata surroga
all'origine della quale pare vi fosse il ritardo del finanziatore originario
nel fornire i conteggi, cui poi sono seguite forse anche inefficienze del
finanziatore originario, finché, comunque, non è scaduto il termine di
efficacia della delibera di concessione del finanziamento. La decisione ha
ragguagliato la penale al tempo intercorso tra il termine non rispettato ed il
momento in cui «era ormai chiaro che l'operazione non si sarebbe perfezionata»,
individuato in quello del reclamo.
28) Giustamente, dunque, si è esclusa l'applicazione della norma dell'art. 120-
quater, co. 7, T.U.B. in confronto al subentrante: ABF, Napoli, n. 1616/2011;
di nuovo, ABF, Milano, n. 204/12.
Né, contro il finanziatore subentrante, si giustificherebbe l'estensione
analogica della sola regola della penale, una volta che il cliente avesse assolto
l'onere della prova dell'imputabilità al subentrante del ritardo nella surroga:
la previsione della penale, «pena privata» in quanto dovuta indipendentemente
dalla prova del danno del finanziato, serve da deterrente nei confronti del
finanziatore originario in quanto soggetto normalmente controinteressato al
perfezionamento della surroga.
29) Pertanto, neppure potrebbe pensarsi di estendere solo la regola della
penale al caso di mancata surroga imputabile al finanziatore originario,
lasciando la prova di ciò a carico del cliente.
30) ABF, Roma, n. 1195/2010; 38/11; Milano, 425/11; Roma, 2357/11; Milano,
599/12.
31) ABF, Milano, n. 270/2012.
32) Pare appena il caso di precisare che il credito del cliente verso il
finanziatore originario al risarcimento del maggior danno trova fondamento non
nella norma dell'art. 120-quater, co. 7, T.U.B. (limitata alla penale), ma in
quella dell'art. 1218 c.c. (al riguardo v. anche retro, nt. 9): con ogni
conseguenza in punto di onere della prova.
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