Bancario
Il Caso.it, Sez. Articoli e Saggi - Data pubblicazione 09/11/2012 Scarica PDF
Sulle date valuta, di disponibilità e di stornabilità, con particolare riguardo all'art. 120 T.U.B.
Gianluca Mucciarone, ProfessoreSommario: 1. Dalla data valuta alla data di disponibilità - 2. Tratti di fondo dell'art. 120, commi 01 e 1, T.U.B. - 2.1. Frammentarietà - 2.2. Promiscuità - 2.3. Incoerenze - 3. Profili ricostruttivi - 3.1. Incasso prima del termine - 3.2. Mancato incasso: la data di stornabilità.
1. Dalla data valuta alla data di disponibilità
Fino al 2009 il diritto positivo si è occupato specificamente del fenomeno,
risalente quanto noto, dello «spostamento delle valute» solo con la norma del
previgente art. 120, comma 1, T.U.B. (1) e con quella dell'art. 4, comma 4, d.
lgs. n. 253/2000 (2). La prima norma lo vietava con riguardo ai versamenti di
denaro e di assegni «emessi dalla stessa banca» o «tratti sulla stessa
succursale», nonché ad un controverso ambito di prelevamenti; la seconda lo
ammetteva, intervenendo solo in via suppletiva, con riguardo al ricevimento di
«bonifici transfrontalieri». Significativa parte della dottrina, peraltro,
riteneva la norma del T.U.B. applicazione di un generale divieto di slittamento
delle valute.
Forse anche per questo la prassi era venuta a ridurne il «gioco» pure oltre i
casi espressamente regolati. Nel contempo fissava lunghi termini perché fossero
«disponibili» per il cliente le somme che per conto di questo la banca veniva a
ricevere da terzi: più lunghi rispetto al momento di ricevimento delle somme e
dei tempi normalmente necessari per incassarle; più lunghi rispetto alle date
valuta. E così, da un lato, si cautelava per eventuali ritardi nell'esecuzione
degli incarichi d'incasso rispetto ai tempi per solito occorrenti; dall'altro,
recuperava il perduto tempo delle valute con quello della disponibilità:
assicurandosi il potere di utilizzare fondi «del» cliente, ma da questo non
esigibili, sì a fronte del pagamento d'interessi, ma soltanto al tasso previsto
dal contratto di deposito in conto; tasso vantaggioso, perché commisurato al
più limitato potere di utilizzo delle somme versate, che il deposito in conto
dà alla banca, potendo il cliente esigerle a vista.
Dello slittamento della disponibilità la legge non si occupava, né lo faceva la
letteratura, salvo che con riguardo ai bonifici transfrontalieri, per cui
vigeva la richiamata norma suppletiva dell'art. 4, comma 4, d. lgs. n.
253/2000.
Nel biennio 2009-2010 le cose sono assai cambiate. Sotto la spinta della
Payment Services Directive (n. 2007/64/CE), si è notevolmente ampliato l'ambito
della disciplina specifica della data valuta, comprendendo tutti i «servizi di
pagamento» (come definiti dagli artt. 1, lett. b, e 2 d. lgs. n. 11/2010, che
tale direttiva ha recepito) ed inoltre tutti gli assegni; nel contempo, per
tutte queste operazioni, le stesse disposizioni sono venute a trattare anche
della data di disponibilità. La disciplina si è fatta e rifatta più volte -
modus procedendi caro al moderno legislatore - prima di venire ad articolarsi
tra le norme degli artt. 21-23 d. lgs. n. 11/2010, relative ai servizi di
pagamento, e quelle dell'art. 120, commi 01 - 1-bis, T.U.B., concernenti gli
assegni (3).
Tale normativa, pur a prescindere da ogni valutazione delle scelte politiche
che la animano, risulta, nei suoi tratti di fondo, non del tutto soddisfacente:
non ben organizzata, piuttosto lacunosa e, soprattutto, non priva d'incoerenze.
Né manca di sollevare dubbi interpretativi. In specie, le disposizioni, di
matrice tutta interna, dell'art. 120, commi 01 e 1, T.U.B.
Su queste s'incentrerà questo scritto (4): iniziando col considerarne i difetti
di fondo (¤ 2), per poi proseguire sui dubbi ricostruttivi da esse offerti (¤
3), all'origine dei quali stanno appunto (anche se non da soli) alcuni dei
difetti che più profondamente le connotano.
2. Tratti di fondo dell'art. 120, commi 01 e 1, T.U.B.
2.1. Frammentarietà
Una delle carenze della normativa dell'art. 120 T.U.B., considerata in uno con
quella degli artt. 21-23 d. lgs. n. 11/2010, è la sua frammentarietà. E'
evidente: almeno in alcuni suoi punti.
Questa si manifesta già nella distribuzione in sedi diversi della disciplina
dei servizi di pagamento e di quella degli assegni. Simile scelta, dalla sua,
sembra avere soltanto la decisione di fondo di lasciare fuori dal T.U.B. una
parte della disciplina dei contratti aventi ad oggetto servizi di pagamento.
Decisione a sua volta non giustificabile. Mentre si è incorporata la normativa
relativa all'impresa per la prestazione di servizi di pagamento (Titolo V-ter)
e la disciplina per la trasparenza dei relativi contratti (cap. II-bis del
Titolo VI), si è lasciata fuori quella, ben più importante, che ne conforma il
contenuto nei tratti caratterizzanti i servizi (Tit. II d. lgs. n. 11/2010). Ma
il T.U.B. contiene pure discipline di operazioni contrattuali di grande rilievo
(come per esempio quella del credito fondiario: artt. 38-41). E l'attività di
servizi di pagamento è riservata ad imprese oggi quasi tutte disciplinate nel
T.U.B. (art. 114-sexies) (5).
D'altro canto, l'art. 120 neppure si occupa di tutte le operazioni di pagamento
estranee agli artt. 21-23. Anzitutto, trascura le cambiali, che, per quanto se
ne sia ridotto l'uso, anche dalla prassi certo scomparse non sono (come ha
mostrato di riconoscere lo stesso legislatore quando si è preoccupato di
escluderle dalla nozione di «servizi di pagamento»: v. retro, § 1).
Più in dettaglio, inoltre, mentre il previgente comma 1 dell'art. 120 regolava
la valuta di tutti i versamenti in denaro (v. retro, nt. 1), l'attuale
disposizione non tratta proprio tali operazioni, così lasciandole prive di
apposita disciplina (anche sulla valuta oltre che sulla disponibilità) quando
compiute nell'ambito di rapporti non aventi ad oggetto servizi di pagamento e
quindi esclusi dal perimetro degli artt. 21 e 22 del d. n. 11/10 (6).
L'art. 120, ancora, non detta una disciplina completa neppure con riguardo agli
assegni, non contenendo una specifica norma sulla data valuta degli «addebiti»
connessi ai pagamenti dei relativi crediti (7).
2.2. Promiscuità
Oltre che in modo frammentario, data valuta e data disponibilità sono trattate
in termini promiscui nell'art. 120 T.U.B., come già negli artt. 22-23 d. n.
11/10 (8): i due temi vengono disciplinati, appunto, in uno stesso articolo
(diverso secondo il tipo di operazione) quasi appartenessero alla stessa
materia.
La valuta, però, appartiene alla materia degli interessi dovuti al o dal
cliente: secondo che la banca risulti depositaria di somme ricevute dal cliente
o per suo conto ovvero a quegli le abbia prestate; la disponibilità, invece,
appartiene, di per sé, alla materia del termine di esigibilità del credito alle
somme depositate presso la banca (per quanto s'intrecci con quella del tempo di
esecuzione delle operazioni di pagamento, che l'oggetto del deposito
costituiscono ovvero modificano) (9). Appartenendo a materie diverse, data
valuta e data di disponibilità pongono problemi diversi, che si rischia di
trascurare ovvero di confondere se la diversità dei due temi non è tenuta ben
ferma (10). Col che non si vuol negare che è opportuno definire la disciplina
dell'un tema tenendo conto di quella dell'altro.
Ma un conto è dover definire quando divenga esigibile per il cliente la somma
che egli ha «versato» (lato sensu) alla banca in deposito o che questa ha
«ricevuto» da un terzo quale mandataria del cliente (ad incassare o solo a
ricevere) (11) e che la banca, ex contractu, deve trattenere in deposito (12);
e dunque quando, in un rapporto di deposito regolato in conto, debba avvenire
la scritturazione «a credito» che l'avvenuta esigibilità (e prim'ancora
l'avvenuto «ricevimento» dell'importo) dichiara (13). E se - ed in che limiti,
nel caso - il contratto possa derogare a tale termine.
Altro conto è dover stabilire quando inizino a maturare e cessino di prodursi
gli interessi a favore del cliente su somme da questo depositate presso la
banca o da questa ricevute per conto del cliente (e da trattenere in deposito)
(14) e se l'autonomia privata possa prevedere un termine diverso.
Certo è, d'altra parte, che una tutela piena del cliente non può ammettere
valute e disponibilità per il cliente successive allo «incasso» della somma.
D'altro canto, ciò è pure sufficiente a tutelare il cliente sotto i profili
riguardati.
E' poi tema ancora diverso quello del tempo entro cui la banca, incaricata di
un pagamento ovvero di un incasso, deve procedere ad eseguire l'incarico. E
tema pure ulteriore è quello del tempo di regolamento interbancario
dell'operazione di pagamento/incasso (15). Ed è bene che anche questi profili
siano regolati (16), ma distintamente. Il che non avviene nell'art. 120 T.U.B.
2.3. Incoerenze
L'art. 120, commi 01 e 1, T.U.B. tratta della disponibilità e della valuta
degli assegni «versati» mescolandole con il profilo del tempo per l'esecuzione
della richiesta di pagamento (la presentazione dell'assegno al pagamento, nella
specie); e così viene a dettare una disciplina non solo non coerente con quella
dedicata a disponibilità e valuta nei servizi di pagamento, ma neppure
intrinsecamente lineare.
Per i servizi di pagamento - salvo che per i versamenti in contante da parte di
cliente non consumatore - il d. lgs. n. 11/2010 prescrive sempre la necessaria
uguaglianza della data valuta e della data di disponibilità a quella dello
«incasso» (artt. 22 e 23, commi 1-2).
Distintamente, il decreto n. 11 tratta dei «tempi di esecuzione»: ad esempio,
all'art. 20, comma 1, stabilisce che la banca del «pagatore assicura che dal
momento di ricezione dell'ordine l'importo dell'operazione venga accreditato
sul conto del[la banca] del beneficiario entro la fine della giornata operativa
successiva» a quella di «ricezione dell'ordine» (17). E con ciò,
indirettamente, viene a conformare anche i tempi per il regolamento
interbancario dei trasferimenti di fondi.
Per gli assegni, invece, l'art. 120 T.U.B. non fa altrettanto. Esso prende a
dies a quo tanto del termine per la disponibilità quanto di quello per la
valuta non la data dell'incasso dell'assegno, ma quella del versamento.
E soltanto così, per questa via mediata, viene a trattare - come segnala il
comma 3 (18) - del tempo dell'esecuzione dell'incarico: implicitamente
prevedendo un termine per la presentazione dell'assegno (19): quello
sufficiente, allo stato dei tempi per il regolamento interbancario del titolo
(v. poco infra), per consentirne l'incasso prima di dover accreditare, se non
gli interessi, la relativa somma. D'altro canto, che la normativa non intenda
in alcun modo influire sul tempo necessario al regolamento interbancario degli
assegni è dichiarato apertamente dalla disposizione del comma 1- bis, che
lascia tale profilo ad altre fonti, non meglio precisate (20).
Quanto al termine per la disponibilità, poi, il comma 1 lo prevede senza
distinguere secondo la specie di assegno e i correlati modi e tempi
effettivamente necessari per ottenerne il pagamento. Mentre il comma 1
stabilisce termini per la valuta diversi tra loro, secondo la specie di
assegno, e dal termine per la disponibilità.
La diversificazione delle misure delle date valuta, secondo che l'assegno, non
emesso/tratto sulla stessa banca, sia circolare oppure no, proprio non si
comprende; né si comprendono le misure delle stesse date, in sé considerate.
Considerati i vigenti accordi interbancari per il regolamento degli assegni, i
tempi occorrenti per incassare un circolare non sono diversi da quelli
necessari per il bancario d'importo non superiore a cinquemila Euro: non più
brevi (21). Né l'art. 120, come detto, ha voluto incidere sui tempi di
regolamento interbancario.
Solo per l'assegno bancario d'importo non superiore a cinquemila Euro e per
quello circolare (22), da regolarsi secondo la procedura di check truncation,
poi, è possibile l'incasso «definitivo» entro due giorni dalla presentazione
(in via telematica): per gli assegni da presentarsi in stanza di compensazione,
invece, la trattaria ha tempo tre giorni per «stornare» l'accredito a favore della
negoziatrice.
Né ancora sarebbe corretto remunerare il cliente per il pagamento,
«provvisorio», che la negoziatrice riceva dalla banca emittente/trattaria già
il giorno della presentazione: questa è un'attribuzione che proviene
direttamente non dal cliente, ma dalla emittente/trattaria, che può stornarla.
D'altra parte, questa attribuzione provvisoria può esservi per ogni specie di
assegno: non solo per il circolare, ma pure per il bancario; sì che comunque
non si comprenderebbe la diversificazione dei termini valuta.
Posto quanto osservato sui tempi occorrenti per il regolamento definitivo
dell'assegno, nemmeno si comprenderebbe il termine fissato per la
disponibilità, se la relativa previsione intendesse consentire, per tutti gli
assegni, una disponibilità al quarto giorno dal versamento. Il che, però, è
dubbio: come va a dirsi.
3. Profili ricostruttivi
3.1. Incasso prima del termine
Si è appena rilevato il primo dubbio posto dall'interpretazione della
disciplina delle date valuta e di disponibilità contenuta nell'art. 120 T.U.B.,
cui occorre procedere.
Non è chiaro, precisamente, se la norma del comma 01 consenta che, in ogni
caso, a prescindere dal «tipo» di assegno, la disponibilità cada il quarto
giorno successivo al versamento ovvero se, invece, la locuzione «entro quattro
giorni» esprima solo un termine-limite unitario, a valere per ogni «genere» di
assegno, mentre per alcune specie di assegni, il termine sia più breve: lo
stesso giorno per quelli emessi dalla/tratti sulla negoziatrice e di due/tre
giorni per quelli soggetti a troncamento; i quattro giorni varrebbero solo per
tutti gli altri assegni, da presentarsi al pagamento in stanza di
compensazione.
Il dubbio trae ragion d'essere dalla circostanza - rilevata retro, § 2.3 - che
quattro giorni dal versamento è il tempo appena sufficiente per l'incasso
soltanto per gli assegni da presentarsi in stanza; per gli assegni emessi
dalla/tratti sulla negoziatrice, invece, il pagamento può avvenire
immediatamente; per quelli soggetti a «troncamento», entro due/tre giorni dal
versamento, secondo che sia possibile la presentazione nello stesso giorno
ovvero questa debba rinviarsi al giorno successivo (23)
Ed il dubbio rimonta, evidentemente, alla scelta del legislatore di far correre
il termine per la disponibilità, non dall'incasso, né dalla presentazione al
pagamento, ma appunto dal versamento. Ma, al fondo, proprio in ragione di ciò è
da ritenersi che il termine per la disponibilità sia lo stesso giorno del
versamento per quelli emessi dalla/tratti sulla negoziatrice e di due/tre
giorni per quelli soggetti a troncamento (24). Con la conseguenza che il
termine per la presentazione è lo stesso giorno per gli assegni emessi/tratti
sulla negoziatrice; lo stesso giorno ovvero il successivo per quelli soggetti a
troncamento; sempre il giorno successivo per tutti gli altri (25).
Infatti, far correre il termine per la disponibilità non dall'incasso, ma dal
versamento serve ad accelerare la riscossione, dunque la presentazione,
dell'assegno. Perciò, coerente con la funzione della norma è che il termine per
la disponibilità corra dall'esaurirsi del tempo strettamente necessario per la
presentazione e la riscossione dell'assegno: diversificato in ragione del tipo
di assegno.
Altrimenti detto, se per l'assegno da presentarsi in stanza, il termine per la
disponibilità coincide con quello sufficiente all'incasso del titolo, non si
vede perché per l'assegno emesso da/tratto sulla negoziatrice e per l'assegno
da troncarsi il termine per la disponibilità - dunque per la presentazione -
dovrebbe essere (in diversa misura) più lungo di quello necessario per
ottenerne il pagamento.
3.2. Mancato incasso: la data di stornabilità
Il problema della definizione del termine per la disponibilità dell'importo
dell'assegno, e per la sua presentazione al pagamento, non è il solo ad essere
causato dalla relatio della disponibilità e della valuta al momento del
versamento. Da tale scelta legislativa deriva anche un'altra questione, per
certi versi opposta alla precedente.
Mentre quest'ultima fa perno sulla circostanza che, per alcuni tipi di assegno,
la banca negoziatrice può ottenerne il pagamento prima che siano trascorsi
quattro giorni dal versamento, l'altra questione, comune a tutte le specie di
assegni, afferisce al caso in cui, a causa di una presentazione al pagamento
«tardiva» (26), la negoziatrice abbia dovuto accreditare l'importo del titolo,
divenuto «disponibile» prima che l'assegno fosse incassato, e poi però la
trattaria ne rifiuti il pagamento: la negoziatrice potrà stornare l'accredito?
(27)
La prassi l'ha ritenuto possibile, predisponendo la «data di stornabilità»:
clausola che prevede la facoltà della banca di stornare, entro x giorni,
l'accredito dell'assegno, avvenuto entro il quarto giorno dal versamento (28).
Riferita al caso in cui, presentato il titolo, sia pure tardivamente, questo
non sia pagato, la clausola sarebbe nulla se, per le norme dell'art. 120, commi
01 e 1, T.U.B., l'accredito nel quarto giorno dal versamento e gli interessi
maturati dal primo/terzo giorno dalla negoziazione fossero una penale già per
il ritardo nell'adempimento all'obbligo di presentazione nel termine. Il che,
tuttavia, pare proprio da escludersi. Ché ciò vorrebbe dire che, incassato
l'assegno, pure tale somma dovrebbe accreditarsi al cliente. Il che pare
davvero eccessivo.
L'accredito della somma e gli interessi, dunque, paiono un'attribuzione
provvisoria, ripetibile dalla banca se il ritardo nella presentazione non è
imputabile alla banca ovvero, altrimenti, se anche ove il titolo fosse stato
presentato per tempo, ugualmente non sarebbe stato pagato (29). Se
l'attribuzione non fosse provvisoria nei termini detti, il cliente verrebbe a
ricevere un'attribuzione senza causa. Infatti, se il titolo, presentato in
tempo utile, sarebbe stato pagato, il cliente avrebbe diritto, a titolo di
risarcimento del danno (art. 1218 c.c.), quantomeno ad una somma pari a quella
portata dal titolo oltre gli interessi; mentre in caso contrario non avrebbe
alcun credito risarcitorio (difettando il nesso causale tra danno e
inadempimento), come pure nel caso in cui il ritardo nella presentazione non
fosse imputabile alla banca.
Ciò posto, segue (ex art. 2697 c.c.) che l'onere della prova della non
imputabilità del ritardo ovvero del fatto che la presentazione tempestiva del
titolo non avrebbe evitato l'insoluto è a carico della banca: tali fatti sono
costitutivi del diritto alla ripetizione.
Dunque, l'art. 120, commi 01 e 1, T.U.B., prevedendo che la somma sia a
disposizione del cliente e gli interessi maturino anche ad incasso del titolo
non avvenuto per mancata presentazione, prevede un'attribuzione (anzitutto)
risarcitoria in favore del cliente, provvisoriamente astratta dalla sua causa
(30): onerando la banca della dimostrazione della sua assenza (i.e. del difetto
dell'imputabilità dell'adempimento ovvero del nesso di causalità tra danno
subito ed inadempimento: dunque, appunto, del credito risarcitorio);
dimostrazione che - è appena il caso di precisarlo - non sarebbe raggiunta
dalla mera prova del mancato pagamento dell'assegno (presentato tardivamente).
A questa norma deroga la clausola che prevede una «data di stornabilità»:
prevedendo un successivo, contrario meccanismo del genere «solve et repete»,
questa volta a carico del cliente. Essa consente alla banca di riottenere
provvisoriamente la somma accreditata per il caso in cui (provi che) il titolo
non sia pagato: ove il cliente dia prova che il mancato pagamento del titolo
dipende dall'inadempimento della negoziatrice nella presentazione, avrà diritto
al riaccredito della somma stornata, a meno che la banca provi che
l'inadempimento non le è lei imputabile. Certo, la clausola non potrebbe
infatti valere a permettere alla banca di riaddebitare la somma al cliente in
ogni caso in cui il titolo non sia pagato: non solo quando la tardiva
presentazione sia avvenuta per «colpa grave» della negoziatrice (artt. 1229,
comma 1, e 1367 c.c.), ma pur quando per negligenza lieve (art. 1370 c.c.).
D'altro canto, la non imputabilità del ritardo è fatto impeditivo del credito
risarcitorio: sì che l'onere della prova al riguardo resta, in difetto di una
chiara deroga in tal senso, a carico della banca.
Intesa come previsione di uno storno provvisorio, con (parziale) ribaltamento
sul cliente dell'onere di provare il difetto di causa dello storno (i.e.: il
proprio credito risarcitorio) per ottenere il riaccredito, la clausola, nelle
convenzioni di assegno con i consumatori, è soggetta a presunzione di abusività
(art. 33, comma 2, lett. b e lett. t, codice del consumo): se valida in
generale.
E così mi pare (31). Essa non pare frustrare lo scopo (ultimo) delle norme (dei
commi 01 e 1) dell'art. 120 T.U.B. Che - si è visto (retro, § 3.1) - è quello
di accelerare l'esecuzione dell'incarico, ricevuto dalla negoziatrice dal
proprio cliente, di riscuotere l'assegno.
La «data di stornabilità» non allenta apprezzabilmente nella banca la tensione
prodotta dalle norme dell'art. 120 T.U.B. ad eseguire l'incarico di riscossione
del titolo in breve tempo (32). Perché accreditare l'assegno non ancora
riscosso la grava del rischio di credito per l'importo anticipato; e tale
rischio neppure viene remunerato dalla maturazione di interessi a suo favore:
ché, anzi, interessi correranno a vantaggio del cliente sulla somma portata dal
titolo dal primo/terzo giorno dal versamento.
Né, d'altra parte, lo storno di tali interessi può frustrare lo scopo dell'art.
120, comma 1, T.U.B.: per il tempo in cui la banca doveva rendere disponibile
al cliente la somma, interessi (in tal caso, moratori, sia pure in astrazione)
sono corsi; risultando non dovuta - fino a prova contraria - la somma tenuta a
disposizione, pure gli interessi risultano non dovuti per quel tempo (33).
1) Così concepito: «Gli interessi sui versamenti presso una banca di denaro, di
assegni circolari emessi dalla stessa banca e di assegni bancari tratti sulla
stessa succursale presso la quale viene effettuato il versamento sono
conteggiati con la valuta del giorno in cui è effettuato il versamento e sono
dovuti fino a quello del prelevamento».
Per un quadro delle ricostruzioni fornite dalla letteratura dei contenuti di
tale disposizione e dei suoi rapporti con il sistema v. C. SILVETTI, I
contratti bancari. Parte generale, in V. CALANDRA BUONAURA, M. PERASSI e C.
SILVETTI, La banca: l'impresa e i contratti, in Trattato di diritto
commerciale, dir. da G. Cottino, VI, Padova, 2001, p. 454 ss.: U. MORERA, I
profili generali dell'attività negoziale, in C. BRESCIA MORRA e U. MORERA,
L'impresa bancaria, in Tratt. di diritto civile del Consiglio Nazionale del
Notariato, dir. da P. Perlingieri, V, 11, Napoli, 2006, p. 348 ss.; G.
MUCCIARONE, «Data valuta»: direttiva n. 2007/64/CE e ordinamento italiano, in
Dir. Banca, 2009, I, p. 429 ss. Adde, da ultimo, Trib. Milano, 6 Giugno 2012,
G.U. Dal Moro, Ceppi vs Banco Popolare di Milano scrl, di prossima
pubblicazione in Banca, borsa, tit. cred., che ritiene che, «in mancanza di una
disciplina pattizia, debba disporsi il riconteggio delle valute dalla data
contabile della singola operazione.
2) Questo prevedeva: «L'ente del beneficiario mette a disposizione di
quest'ultimo l'importo del bonifico transfrontaliero nel termine convenuto con
il beneficiario o, in assenza di tale termine, entro il giorno bancario
lavorativo successivo a quello in cui l'importo stesso è accreditato sul conto
dell'ente medesimo». Il «mettere a disposizione», nel contesto del d. lgs. 28
Luglio 2000, n. 253, di attuazione della dir. 97/5/CEE sui bonifici
transfrontalieri, era definito come lo «atto con il quale si attribuisce al
beneficiario la facoltà di disporre del denaro e che determina la decorrenza
dei relativi interessi» (art. 1, lett. j). Bonifico transfrontaliero, quello
tra banche (o «altri enti») «insediate» in diversi Stati membri dell'Unione
Europea (art. 1, lett. i).
Per un commento a tale normativa e riferimenti bibliografici v. A. SCIARRONE
ALIBRANDI, I bonifici transfrontalieri dalla direttiva 97/5/CE al d. lgs. 28
Luglio 2000, n. 253, in Banca, borsa, tit. cred., 2001, I, p. 759 ss.
L'intero decreto è stato abrogato dall'art. 36, comma 1, d. lgs. n. 11/2010.
3) Dapprima, all'originario comma 1 dell'art. 120 T.U.B., limitato alla data
valuta, si aggiunge d'urgenza, mentre volge a compimento il decreto di
attuazione della Payment Services Directive, la norma dell'art. 2, comma 1,
«decreto Tremonti-ter» (d.l. I Luglio 2009, n. 78, convertito senza modifiche
con la l. 3 Agosto 2009, n. 102). Se la più risalente disposizione si occupa
solo di data valuta, la nuova viene a regolare anche la data di disponibilità.
E ciò fa con riguardo al «versamento» non solo di assegni diversi da quelli
considerati dalla prima disposizione, ma pure con riguardo al «versamento» di
bonifici (così si esprime ancora la più recente disposizione, che li considera
«titoli» alla stregua degli assegni: «A decorrere dal 1° novembre 2009» -
recita precisamente la disposizione - «la data di valuta per il beneficiario
per tutti i bonifici, gli assegni circolari e quelli bancari e circolari non
può mai superare, rispettivamente, uno, uno e tre giorni lavorativi successivi
alla data del versamento. Per i medesimi titoli, a decorrere dal 1° novembre
2009, la data di disponibilità economica per il beneficiario non può superare,
rispettivamente, quattro, quattro e cinque giorni lavorativi successivi alla
data del versamento. A decorrere dal 1° aprile 2010, la data di disponibilità
economica non può superare i quattro giorni per tutti i titoli. E' nulla ogni
pattuizione contraria. Resta fermo quanto previsto dall'art. 120, comma 1, del
decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385 »).
Dopo solo qualche mese il d. lgs. 27 Gennaio 2010, n. 11 attua la PSD. Gli
artt. 21-23 disciplinano disponibilità e valuta con riguardo a tutti gli
«accrediti» ed a tutti gli «addebiti», dipendenti dall'esecuzione di «servizi
di pagamento» (comprensivi dei bonifici e non degli assegni e delle cambiali).
Nel contempo, l'art. 36, comma 2, accoglie la disposizione dell'art. 2 l. n.
102/2009, che viene depurata dei bonifici e limitata agli «assegni bancari e
circolari tratti su una banca insediata in Italia» (con la «traenza» dei
circolari si compensa il «versamento» dei bonifici, scomparso in questa
versione della norma, che così è compiutamente formulata: «A decorrere dal 1°
novembre 2009, la data di valuta per il beneficiario di assegni bancari e
circolari tratti su una banca» «insediata in Italia non può superare,
rispettivamente, uno e tre giorni lavorativi successivi alla data del
versamento. Per i medesimi titoli, a decorrere dal 1° novembre 2009, la data di
disponibilità economica per il beneficiario non può superare, rispettivamente,
quattro e cinque giorni lavorativi successivi alla data del versamento. A
decorrere dal 1° aprile 2010, la data di disponibilità economica non può
superare i quattro giorni per tutti i titoli. E' nulla ogni pattuizione
contraria. Resta fermo quanto previsto dall'art. 120, comma 1, del decreto
legislativo 1° settembre 1993, n. 385»).
Il passaggio di due stagioni ed è ancora la volta del d. lgs. 13 Agosto 2010,
n. 141, che modifica il titolo VI del T.U.B. per dare attuazione alla direttiva
n. 2008/48/CE sul credito ai consumatori, coeva, peraltro, alla PSD. Il decreto
non muove le disposizioni per i servizi di pagamento, ma sposta ancora quelle
sugli assegni (art. 4, comma 2): alloggiando quella sulla disponibilità nel
comma 1 dell'art. 120 T.U.B., quella sulla valuta nel comma 1-bis, dove pure
raccoglie la parte del previgente comma 1 relativa agli assegni, ampliando la
regola agli assegni «tratti sulla stessa banca».
L'anno non è ancora finito ed il d. lgs. 14 Dicembre 2010, n. 218, recando
modifiche e integrazioni al decreto 141, non riesce ad evitare di rinumerare
(art. 3, comma 3) i commi 1 e 1-bis dell'art. 120: l'uno - onnipotenza del
legislatore - come comma 01, l'altro come comma 1.
4) Una interpretazione di quelle comunitarie poi pedissequamente recepite negli
artt. 21-23 del d. lgs. n. 11/2010 si è proposta nel mio «Data valuta» cit. Qui
era stata formulata anche una proposta di organica normativa in tema di data
valuta e, nella postilla, spunti di riflessione per una normativa sulla data di
disponibilità (e sui tempi di regolamento delle operazioni), che tenevano
conto, sia pure in breve, dei contenuti del decreto Tremonti-ter: le
considerazioni su tali contenuti vengono qui a riprendersi e svilupparsi con
particolare riguardo agli assegni.
Sarebbe poi necessario considerare l'intera disciplina sulla data valuta
insieme a tutte le altre serie normative che negli ultimi anni sono venute ad
investire, pezzo a pezzo, senza posa (da ultimo con il d. lgs. 19 Settembre
2012, n. 169, con la modifica dell'art. 127-bis, comma 1, T.U.B., in punto di
«spese per l'informazione precontrattuale»: leggi, specialmente, spese
d'istruttoria) e non senza andirivieni (ultimo il caso della travagliatissima
disciplina sulle «remunerazioni degli affidamenti e degli sconfinanti»),
grandissima parte del contenuto economico dei contratti bancari, sì che oggi
sono regolate commissioni di massimo scoperto e sull'accordato, anatocismo,
spese connesse ai rapporti aventi ad oggetto servizi di pagamento (art. 3 d.
lgs. n. 11/2010), quelle d'informazione e d'istruttoria, commissione
d'istruttoria veloce, costi di chiusura; è previsto l'ISC ed il TAEG; sono
stabiliti forma e limiti contenutistici delle clausole economiche in genere
(art. 117 T.U.B.) ed il limite dell'usura per i costi del finanziamento.
Occorrerebbe allora verificare se tale complesso normativo, al fondo - al di là
delle oscurità di singoli pezzi di disciplina e delle microfratture interne ad
essi -, corrisponda ad un disegno grossomodo coerente ovvero se invece esprima
più anime tra loro contrastanti. Nel primo caso, occorrerebbe vedere se tale
disegno, nel suo insieme, concorra a garantire realmente un sistema bancario
più efficiente e se, pur quando così fosse, nella prospettiva d'incrementare
l'efficienza delle banche nel quadro dei principi cardini del diritto
dell'economia, la normativa non sia suscettibile di ulteriori, radicali,
sviluppi o addirittura non vi tenda. Nel secondo caso, bisognerebbe capire
quali anime privilegiare per la costruzione di un sistema bancario più
efficiente.
5) Certo, l'incorporazione anche della disciplina sui contenuti dei servizi di
pagamento avrebbe recato con sé il problema dell'opportunità d'inglobare nel T.U.B.
anche le discipline di altre operazioni di pagamento, come gli assegni, e poi
di altre operazioni ancora, quali per esempio quelle di «cessione di crediti
pecuniari verso corrispettivo» ex lege n. 52/1991. Ma ciò sottolinea semmai che
l'incompletezza del T.U.B., a dispetto della sua funzione, è davvero notevole:
il paragone con il Code monétaire et financier vigente in Francia è
schiacciante.
E' naturale poi che l'inserimento di normative in un corpo più ampio potrebbe
rimarcare la necessità di revisioni come implementazioni dei contenuti dell'uno
e/o dell'altro. Ma procedere a ciò, ovviamente, sarebbe un bene, non un male,
se servisse ad eliminare incoerenze ovvero colmare vuoti.
Così, ristringendo lo sguardo sulle operazioni di pagamento, in occasione del
recepimento della PSD, non sarebbe stato inopportuno trattare temi qui
disciplinati con riguardo ai servizi di pagamento anche rispetto ad altre
operazioni di pagamento, quando a queste comuni: è il caso, per fare un esempio
macroscopico, del tema dell'addebito di operazioni non ordinate dal soggetto
legittimato; regolato negli artt. 7 ss. d. lgs. n. 11/10 per i servizi di
pagamento, non ha ricevuto invece apposita disciplina per gli assegni, per
quanto è con riguardo a tale settore che ha avuto le sua prime manifestazioni
concrete e tuttora continui ad averne.
6) Quali parrebbero i depositi documentati da libretti (art. 1835 c.c.).
E la definizione della disciplina applicabile alle rimesse cash al di fuori dei
servizi di pagamento, come pure all'incasso delle cambiali, oggi, è resa più
complicata dalle incoerenze sussistenti tra le serie normative pertinenti agli
assegni e quelle relative ai servizi di pagamento, nonché interne a queste
proprio in punto di rimesse per cassa: v. infra, § 2.3.
7) Si è conservato, nell'art. 120, comma 1, T.U.B., l'incerto frammento
normativo [prima limitato ad alcune ipotesi di assegni (v. retro, nt. 1 e testo
corrispondente) e ora generalizzato a tutte] per cui «Gli interessi sul
versamento di assegni ... sono conteggiati fino al giorno del prelevamento».
Oggi, peraltro, per la data valuta dei «prelevamenti» connessi ad ordini di
esecuzione di «servizi di pagamento» vige l'art. 23, comma 2, d. lgs. n.
11/2010; sì che rimane il problema della definizione del (momento del)
prelevamento rispetto agli assegni e alle cambiali, nonché quello se la regola
della data valuta pari al prelevamento, in tali casi, valga solo per gli
interessi correnti su somme accreditate a seguito della riscossione di assegni
(invece che sull'intero saldo positivo).
8) Per quanto l'art. 120 T.U.B. discorra di «disponibilità economica» non pare
ragionevole ritenere che intenda far riferimento a fenomeno giuridico diverso
da quello della «disponibilità», considerato dagli artt. 22-23 d. n. 11/10:
quando si tratti della disponibilità della somma incassata.
Diversamente, per il caso in cui la somma, portata dall'assegno, pur non ancora
incassata, perché il titolo è stato presentato in ritardo, debba comunque
essere resa disponibile: in tal caso l'espressione «disponibilità» assume
significato diverso; è a tale ipotesi, più precisamente, che pare riferirsi
l'espressione «disponibilità economica»: v. infra, § 3.2 ed ivi nt. 29.
9) Per V. BELLO, sub art. 23, in La nuova disciplina dei servizi di pagamento,
a cura di M. Mancini, M. Rispoli Farina, V. Santoro, A. Sciarrone Alibrandi, O.
Troiano, Torino, 2011, p. 226, invece, non solo i due temi sono «logicamente
connessi» (laddove gli interessi possono maturare o meno a prescindere
dall'esigibilità del credito e viceversa), ma il tema della data di
disponibilità appartiene alla materia della «esecuzione delle operazioni di
pagamento». Quest'ultimo assunto - contrastato già dal comma 3 dell'art. 120
T.U.B. - si lega all'opinione seguita dall'autrice sulla natura dello
«accredito»: su cui v. infra, nt. 13.
10) Ad esempio, non è appropriato comprendere la data di disponibilità nella
parte del Foglio Informativo del conto corrente (offerto al consumatore)
dedicata alle «principali condizioni economiche» (come prevede Banca d'Italia,
Disposizioni sulla Trasparenza delle operazioni bancarie, ult. agg. Febbraio
2011, all. 4A): mentre è tale la data valuta, che si occupa di un credito
pecuniario, concorrendo a quantificare quello degli interessi (dunque, appartiene
al contenuto economico primario. Secondo V. BELLO, sub art. 23, cit., p. 223,
«la data valuta, più che come condizione economica in senso stretto, può essere
in realtà definita come un accessorio sul prezzo»), la data di disponibilità
non appartiene al «contenuto economico», a meno di non annacquare la nozione e
risolverla in tutto il regolamento contrattuale, come tale economicamente
rilevante (ex art. 1321 c.c.).
Similmente, mentre della data valuta occorrerebbe tener conto nel calcolo del
TAEG e del TEG, non altrettanto dovrebbe farsi con la data di disponibilità.
11) Sono questi i casi in cui la banca potrebbe dover rendere «disponibile»
quanto ricevuto. Non, di regola, nell'ipotesi di «anticipi» con adiette
cessioni «salvo buon fine». Queste, infatti, normalmente, si configurano come
mutui con cessioni solutionis causa [(art. 1198 c.c.). Non come compravendite
del credito: che, per loro natura, dovrebbero essere sprovviste della garanzia
dell'adempimento e con cui nemmeno è coerente la maturazione di interessi sulla
parte del credito ceduto «anticipata» (in altro senso è usata l'espressione
«somma anticipata» nell'art. 1859, comma 1, c.c.). Né gli «anticipi mediante
cessione» costituiscono mutui con cessione in garanzia: tale causa richiede
l'inadempimento del debitore garantito per poter escutere la garanzia]. Può
anche accadere, peraltro, che, in concreto, le cessioni abbiano causa gestoria:
sì che, anche in tal caso, si porrebbe il problema del termine la banca deve
accreditare (e, prima, il cliente può «disporre», esigere) la somma da lei
incassata (termine al cui spirare, peraltro, immediatamente si realizzerebbe la
compensazione tra il credito del cliente ex mandato e quello della banca ex
mutuo).
12) Dovendo trattenere in deposito le somme per conto del cliente ricevute da
terzi, è escluso in radice che la banca deve ritrasferirgliele e, dunque, che
l'accredito possa servire a un tale effetto. Ricevute le somme, insomma, muta
il titolo, dunque la disciplina, in base al quale la banca è «proprietaria»
delle somme. Ciò si verifica salvo che le somme dalla banca ricevute da terzi
non siano da imputarsi ad estinzione di un debito del cliente verso la banca,
come avviene quando debito ed incassi siano «regolati nello» stesso conto
corrente.
13) Documentando, anche per conto del cliente (arg. ex art. 119 T.U.B.), la
formazione progressiva del saldo: dunque, la somma che effettivamente, tempo
per tempo, «risulta a credito» del cliente e di cui questo può disporre (art.
1852 c.c.).
Di recente, per il valore dichiarativo delle annotazioni in conto, Trib. Milano
(ord.), 4 aprile 2011; ID. (ord.), 7 aprile 2011, in Il caso.it..; A. A.
DOLMETTA, Prescrizione e «operazioni bancarie in conto corrente»: sul comma 61
della legge n. 10/2011, ivi, p. 5. Contra, sembrerebbe, Cass., ss. uu., 2
dicembre 2010, n. 24418 («L'annotazione in conto di una siffata posta comporta
un incremento del debito del correntista, o una riduzione del credito... »); V.
BELLO, sub art. 23, cit., p. 230.
Secondo quest'ultimo orientamento «l'effetto dell'accreditamento è che la banca
diventa debitrice verso il correntista dal momento dell'annotazione in conto».
Ma il credito sussiste già con il versamento. Né pare corretto ritenere che con
l'annotazione il credito ex mandato diventi credito ex deposito. L'idea pare
artificiosa, considerando l'unitarietà del rapporto di conto corrente (v. anche
retro, nt. precedente). Certo, non è sostenibile nel caso di versamento da
parte del cliente. E contrasta, oggi, con il dato positivo per cui la data
valuta - degli interessi dovuti per le somme depositate - prescinde dalla
«disponibilità»: al punto che, nel caso di assegni, può essere addirittura
anteriore. Ma anche in passato i contratti concepivano i due fenomeni come
distinti, quando antergavano la valuta alla disponibilità (v. retro, § 1).
D'altro canto, neppure si vede la ragione per cui non il credito, ma la sua
esigibilità dovrebbe subordinarsi all'accredito, che, per sua natura, è atto
della banca e dichiarativo. Lo stesso art. 120, comma 3, T.U.B. separa la
«disponibilità» dalla «esecuzione» dell'operazione.
Con il che non s'intende negare che l'accredito sia atto dovuto nei confronti
del cliente (e rientri nella esecuzione non dell'operazione di pagamento, ma
dell'intero incarico: cfr. l'art. 1712 c.c.): come accennato, ex art. 119
T.U.B. è la banca a dover «tenere i conti» anche nell'interesse del cliente. Di
fatto, l'omissione dell'accredito può rendere non «utilizzabile» le somme da
parte del cliente o addirittura significare rifiuto della banca di consentirne
l'utilizzo (e in tale prospettiva può intendersi la definizione letteralmente
«forte» del «mettere a disposizione», che era contenuta nel d. lgs. n.
253/2000: v. retro, nt. 2). Ragion per cui, normalmente, il mancato accredito
comporta responsabilità della banca. Ma se questa, ad esempio, nonostante il
mancato accredito di un bonifico, comunque consentisse al cliente di disporre
del relativo importo, non si darebbe responsabilità della banca (o non negli
stessi termini).
14) Ovvero quando inizino e cessino di prodursi gli interessi dovuti dal
cliente sulle somme prestategli dalla banca.
15) Sui sistemi interbancari di regolamento degli assegni v. G. OLIVIERI,
Compensazione e circolazione della moneta nei sistemi di pagamento, Milano, 2002,
p. 108 ss.; G. MUCCIARONE, Sulla responsabilità della banca trattaria e della
negoziatrice nei confronti del traente per pagamento di assegno bancario
irregolare, in Dir. banca, 2008, p. 120 ss.; V. PROFETA, L'evoluzione dei
servizi di pagamento non armonizzati: l'assegno nella prospettiva della
dematerializzazione, in Il nuovo quadro normativo comunitario dei servizi di
pagamento. Prime riflessioni, a cura di M. Mancini e M. Perassi, Quaderno di
ricerca giuridica di Banca d'Italia, n. 63, Roma, 2008, p. 117 ss.; V. BELLO,
sub art. 23, cit., p. 227 ss. e p. 237 ss.
16) Quando ancora il dibattito in materia di date era polarizzato dalla
questione del carattere eccezionale o meno del genere di regola dettata in tema
di data valuta nel previgente art. 120, comma 1, T.U.B., rimarcavano
l'importanza di affrontare anche il profilo dei tempi di esecuzione delle
operazioni di pagamento A. NIGRO, Disciplina di trasparenza delle operazioni
bancarie e contenuto delle condizioni contrattuali: note esegetiche, in Dir.
Banca, 1998, I, p. 352; C. SILVETTI, op. cit., p. 456.
Al riguardo, v. anche infra, nt. 20.
17) Peraltro, è giustamente reso possibile che l'autonomia privata preveda una
data perché «l'esecuzione sia avviata» e «in tal caso il momento della
ricezione [dell'ordine] coincide con il giorno convenuto» (art. 15, comma 2, d.
lgs. n. 11/2010).
Con riguardo agli ordini di incasso, l'art. 20, al comma 3, prevede, in
generale, che la banca «trasmette l'ordine É entro i limiti di tempo convenuti
[co]l beneficiario» e, con riguardo agli «addebiti diretti», che «l'ordine
viene trasmesso entro i limiti di tempo che consentano il regolamento
dell'operazione alla data di scadenza convenuta». Norma quest'ultima, per vero,
pleonastica.
18) Il riferimento contenuto nella disposizione (inutile nel suo contenuto
diretto) anche alle norme sui servizi di pagamento relative ai «tempi di
esecuzione» sarebbe inconferente se quelle sugli assegni non si occupassero
anche di questo profilo.
19) Anche quando l'assegno bancario è «versato» presso un «recapito» diverso da
quello su cui è tratto, si rende necessaria una presentazione al pagamento ad
opera della banca, che agisce in duplice veste, di mandataria all'incasso e di
trattaria/emittente.
Quando invece l'assegno bancario è «versato» presso lo stesso recapito su cui è
tratto ovvero il circolare presso qualunque recapito dell'emittente (se è
corretta la comune opinione secondo cui l'indicazione nel titolo soltanto di
alcuni recapiti dell'emittente non può considerarsi tassativa ed il titolo
resta pagabile presso qualunque recapito dell'emittente: così per tutti v. F.
MARTORANO, Lineamenti generali dei titoli di credito, Napoli, 1979, p. 542; G.
F. CAMPOBASSO, Diritto commerciale, 3, ed. 3, Torino, 2001, p. 321 s.; A. SEGRETO
e A. CARRATO, L'assegno, Milano, 2012) do altro recapito indicato nel
titolo per il suo pagamento, la norma dell'art. 120, comma 01, T.U.B. non pone
un termine per l'adempimento dell'obbligo di presentazione al pagamento, questa
essendo eseguita dal cliente, ma un termine per l'osservanza del dovere di
verificare la «regolarità» del titolo prima di pagarlo. Al riguardo v. anche
infra, ntt. 27 e 32.
Diversamente dall'art. 120, comma 01, T.U.B. Il d. lgs. n. 11/2010 non fissa un
termine per l'esecuzione dell'ordine d'incasso: v. retro, nt. 17.
Sulla natura del termine per la presentazione stabilito dall'art. 120 v. infra,
nt. 25.
20) Il punto parrebbe rientrare nella potestà regolamentare che l'art. 146
T.U.B. affida a Banca d'Italia.
21) Ma secondo V. MANZI, sub art. 120, in Commentario al Testo unico delle
leggi in materia bancaria e creditizia, diretto da F. Capriglione, ed. 3,
Milano, 2012, III, p. 1752, la «statuizione [del comma 1, lett. b] sembrerebbe
declinarsi in funzione del diverso grado di celerità nell'acquisizione della
disponibilità dei fondi» secondo che l'assegno sia bancario ovvero circolare.
22) V. circolare ABI, Serie Tecnica, n. 33, 7 Ottobre 2010.
23) Possibile deve essere nello stesso giorno non solo l'invio, da parte della
negoziatrice, della richiesta di pagamento del titolo, nei modi propri della
procedura di check truncation, ma pure il suo ricevimento da parte della
trattaria.
Il contratto di conto corrente bancario (che normalmente comprende il servizio
d'incasso assegni), dunque, deve regolare la data di disponibilità, in
sostanza, secondo la fascia oraria di versamento del titolo.
24) La indicata soluzione, per gli assegni emessi dalla/tratti sulla stessa
banca, nonché per i troncati, è quasi coerente con quanto stabilito per le date
valuta: gli interessi partirebbero dal momento in cui la banca avrebbe potuto
incassare la somma, salvo che per i troncati che possono presentarsi al
pagamento lo stesso giorno del versamento, per i quali, comunque, gli interessi
non scatterebbero prima di quando ne è possibile l'incasso. Invece,
continuerebbe proprio a non capirsi (v. retro, § 2.3) perché, per gli altri
assegni, da presentarsi in stanza di compensazione, la valuta potrebbe essere
anteriore al momento in cui la banca potrebbe (definitivamente) incassarli. Ma
tant'è.
Scartando la soluzione proposta, invece, si porrebbe il diverso problema se,
per l'ipotesi (normale per gli assegni non da presentarsi in stanza) in cui
l'assegno fosse incassato prima del quarto giorno, il suo importo dovrebbe
rendersi disponibile dal giorno dell'incasso. La risposta positiva sarebbe
quella coerente con la disciplina dei servizi di pagamento (v. retro, sempre §
2.3).
25) Il termine per la disponibilità è derogabile solo in favore del cliente ex art.
127, comma 1, T.U.B. Così è dunque anche quello per la presentazione,
implicitamente stabilito nell'art. 120, comma 01, T.U.B. E non è impossibile
che effettivamente risponda all'interesse del cliente il patto che escluda la
presentazione prima di un dato giorno. In tal caso, il termine per la
disponibilità correrà, per coerenza, dal giorno anteriore a quello
convenzionalmente fissato per la presentazione. La rispondenza del patto
all'interesse del cliente, della cui prova è onerata la banca, sembra potersi
presumersi già dalla idoneità della struttura organizzativa della banca a
rispettare il termine di legge (tanto più se congiunta alla non normalità di
patti del genere in discorso con la clientela).
26) Tardiva rispetto ai termini implicitamente posti dall'art. 120 T.U.B. (v.
retro, §§ 2.3 e 3.1), ovviamente, anche se non lo sia rispetto a quelli
stabiliti all'art. 32 l. ass. A questo proposito v. infra, nt. 33.
27) Alla presentazione tardiva può anche seguire l'incasso del titolo dopo
l'accredito del suo importo, ponendosi allora la questione se anche la somma
incassata debba essere accreditata. Per la soluzione v. infra, nel testo.
Tanto questo problema, quanto quello appena delineato nel testo, a rigore, si
pongono negli stessi termini quando l'assegno bancario sia versato presso un
recapito diverso da quello su cui è tratto, poiché pure in tali casi il titolo
deve presentarsi al pagamento ad opera della banca: v. retro, nt. 19.
Mentre il problema delineato nel testo non si pone negli stessi termini ove
l'assegno sia versato presso lo stesso recapito su cui è tratto ovvero, nel
caso di circolare, è pagabile (sul punto v. retro, sempre nt. 19): in tali
ipotesi l'accredito segue sempre al pagamento (sì che l'altro problema neppure
ha spazio per porsi). E può invece porsi il problema, ben diverso, della
stornabilità dell'accredito per il caso in cui la banca accerti che l'assegno
non era «regolare». Su ciò v. infra, nt. 32.
28) Se la clausola non precisa i casi in cui è possibile lo storno, è ad alto
rischio di nullità perché potrebbe essere intesa (specie se si ritiene che la
regola dell'art. 1370 c.c. prevale sugli altri canoni ermeneutici) come
previsione in favore della banca di un potere di modificare in peius la sfera
giuridica del cliente ad nutum.
29) Ciò pare essersi inteso dire - come accennato retro, nt. 8 - con
l'espressione «disponibilità economica», usata nella disposizione dell'art.
120, comma 01, T.U.B.
Secondo V. BELLO, sub art. 23, cit., p. 238, «è da ritenere che, nonostante il
suo tenore letterale, la norma disciplini la disponibilità giuridica (o non
stornabilità)»: perché «da un punto di vista giuridico la disponibilità non
può che essere una sola». L'argomento scivola nell'ontologismo dopo aver
osservato che «la prassi bancaria conosce una disponibilità economica, intesa
come facoltà di utilizzare l'importo, distinta dalla disponibilità
giuridica, intesa come definitività (o non stornabilità) dell'accredito»
(corsivo aggiunto).
30) Essendo la funzione prima dell'accredito quella di risarcire il cliente, va
da sé che - secondo quanto lasciano intendere le disposizioni dell'art. 120
T.U.B. - la negoziatrice non potrebbe pretendere interessi sulla somma
accreditata; dovendo seguire l'accredito all'inadempimento della banca,
comunque, sarebbe finzionistico assegnare causa di prestito all'accredito.
Peraltro, l'accredito serve anche ad evitare - e ciò pure nell'interesse della
banca e in generale di un'efficiente allocazione delle risorse - che
dall'inadempimento seguano danni ulteriori rispetto a quello rappresentato dal
mancato incasso e dalla mancata produzione degli interessi, che (in quanto
«conseguenza immediata e diretta» dell'inadempimento e prevedibili, ex artt.
1223 e 1225 c.c.), pure andrebbero risarciti. Perciò, il cliente non potrebbe
rifiutare (ex art. 1227 c.c.) l'accredito, pena l'irrisarcibilità di tali
ulteriori danni (impropriamente detti «indiretti»).
31) Pure non pare che contrasti con l'art. 23, comma 2, d. lgs. n. 11/2010 la
clausola, inserita in un mandato all'incasso di credito non cartolarizzato, con
cui si prevede la facoltà della mandataria di stornare l'accredito a favore del
cliente quando la banca del pagatore stornasse l'accredito a favore della prima
(contra, se ben s'intende, V. BELLO, op. cit., p. 235 s.): la clausola non
frustra la norma di legge, poiché non consente in alcun momento alla banca di
godere di somme ricevute per il cliente senza avergliele accreditate.
Piuttosto, occorre verificare se risponde ad un interesse meritevole di tutela la
clausola interbancaria che attribuisce alla banca del pagatore di stornare
l'accredito a favore della banca del beneficiario. Così potrebbe essere se la
clausola fosse legata al caso in cui fondatamente il pagatore chieda il
rimborso ex art. 13, comma 1, d. lgs. n. 11/2010; l'accredito a favore del
beneficiario, infatti, in tal caso, sarebbe un ingiustificato arricchimento.
32) Per questa stessa ragione mi pare da ammettere la clausola di stornabilità
per le ipotesi di assegno versato presso lo stesso recapito su cui è tratto
ovvero, se circolare, è pagabile (v. retro, nt. 27), che sia risultato
«irregolare» dopo il suo pagamento, nei limiti in cui l'irregolarità può farsi
valere contro il cliente.
33) Naturalmente, ove la presentazione fosse avvenuta, oltre che al di là del
termine stabilito all'art. 120, comma 01, T.U.B., pure al di fuori di quello
per il protesto (artt. 46 e 32 l. ass.), la negoziatrice sarebbe comunque
tenuta al risarcimento dei danni che da ciò eventualmente fossero conseguiti al
cliente.
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