Bancario


Il Caso.it, Sez. Articoli e Saggi - Data pubblicazione 09/11/2012 Scarica PDF

Sulle date valuta, di disponibilità e di stornabilità, con particolare riguardo all'art. 120 T.U.B.

Gianluca Mucciarone, Professore


Sommario: 1. Dalla data valuta alla data di disponibilità - 2. Tratti di fondo dell'art. 120, commi 01 e 1, T.U.B. - 2.1. Frammentarietà - 2.2. Promiscuità - 2.3. Incoerenze - 3. Profili ricostruttivi - 3.1. Incasso prima del termine - 3.2. Mancato incasso: la data di stornabilità.



1. Dalla data valuta alla data di disponibilità
Fino al 2009 il diritto positivo si è occupato specificamente del fenomeno, risalente quanto noto, dello «spostamento delle valute» solo con la norma del previgente art. 120, comma 1, T.U.B. (1) e con quella dell'art. 4, comma 4, d. lgs. n. 253/2000 (2). La prima norma lo vietava con riguardo ai versamenti di denaro e di assegni «emessi dalla stessa banca» o «tratti sulla stessa succursale», nonché ad un controverso ambito di prelevamenti; la seconda lo ammetteva, intervenendo solo in via suppletiva, con riguardo al ricevimento di «bonifici transfrontalieri». Significativa parte della dottrina, peraltro, riteneva la norma del T.U.B. applicazione di un generale divieto di slittamento delle valute.
Forse anche per questo la prassi era venuta a ridurne il «gioco» pure oltre i casi espressamente regolati. Nel contempo fissava lunghi termini perché fossero «disponibili» per il cliente le somme che per conto di questo la banca veniva a ricevere da terzi: più lunghi rispetto al momento di ricevimento delle somme e dei tempi normalmente necessari per incassarle; più lunghi rispetto alle date valuta. E così, da un lato, si cautelava per eventuali ritardi nell'esecuzione degli incarichi d'incasso rispetto ai tempi per solito occorrenti; dall'altro, recuperava il perduto tempo delle valute con quello della disponibilità: assicurandosi il potere di utilizzare fondi «del» cliente, ma da questo non esigibili, sì a fronte del pagamento d'interessi, ma soltanto al tasso previsto dal contratto di deposito in conto; tasso vantaggioso, perché commisurato al più limitato potere di utilizzo delle somme versate, che il deposito in conto dà alla banca, potendo il cliente esigerle a vista.


Dello slittamento della disponibilità la legge non si occupava, né lo faceva la letteratura, salvo che con riguardo ai bonifici transfrontalieri, per cui vigeva la richiamata norma suppletiva dell'art. 4, comma 4, d. lgs. n. 253/2000.
Nel biennio 2009-2010 le cose sono assai cambiate. Sotto la spinta della Payment Services Directive (n. 2007/64/CE), si è notevolmente ampliato l'ambito della disciplina specifica della data valuta, comprendendo tutti i «servizi di pagamento» (come definiti dagli artt. 1, lett. b, e 2 d. lgs. n. 11/2010, che tale direttiva ha recepito) ed inoltre tutti gli assegni; nel contempo, per tutte queste operazioni, le stesse disposizioni sono venute a trattare anche della data di disponibilità. La disciplina si è fatta e rifatta più volte - modus procedendi caro al moderno legislatore - prima di venire ad articolarsi tra le norme degli artt. 21-23 d. lgs. n. 11/2010, relative ai servizi di pagamento, e quelle dell'art. 120, commi 01 - 1-bis, T.U.B., concernenti gli assegni (3).


Tale normativa, pur a prescindere da ogni valutazione delle scelte politiche che la animano, risulta, nei suoi tratti di fondo, non del tutto soddisfacente: non ben organizzata, piuttosto lacunosa e, soprattutto, non priva d'incoerenze. Né manca di sollevare dubbi interpretativi. In specie, le disposizioni, di matrice tutta interna, dell'art. 120, commi 01 e 1, T.U.B.
Su queste s'incentrerà questo scritto (4): iniziando col considerarne i difetti di fondo (¤ 2), per poi proseguire sui dubbi ricostruttivi da esse offerti (¤ 3), all'origine dei quali stanno appunto (anche se non da soli) alcuni dei difetti che più profondamente le connotano.


2. Tratti di fondo dell'art. 120, commi 01 e 1, T.U.B.
2.1. Frammentarietà
Una delle carenze della normativa dell'art. 120 T.U.B., considerata in uno con quella degli artt. 21-23 d. lgs. n. 11/2010, è la sua frammentarietà. E' evidente: almeno in alcuni suoi punti.
Questa si manifesta già nella distribuzione in sedi diversi della disciplina dei servizi di pagamento e di quella degli assegni. Simile scelta, dalla sua, sembra avere soltanto la decisione di fondo di lasciare fuori dal T.U.B. una parte della disciplina dei contratti aventi ad oggetto servizi di pagamento. Decisione a sua volta non giustificabile. Mentre si è incorporata la normativa relativa all'impresa per la prestazione di servizi di pagamento (Titolo V-ter) e la disciplina per la trasparenza dei relativi contratti (cap. II-bis del Titolo VI), si è lasciata fuori quella, ben più importante, che ne conforma il contenuto nei tratti caratterizzanti i servizi (Tit. II d. lgs. n. 11/2010). Ma il T.U.B. contiene pure discipline di operazioni contrattuali di grande rilievo (come per esempio quella del credito fondiario: artt. 38-41). E l'attività di servizi di pagamento è riservata ad imprese oggi quasi tutte disciplinate nel T.U.B. (art. 114-sexies) (5).


D'altro canto, l'art. 120 neppure si occupa di tutte le operazioni di pagamento estranee agli artt. 21-23. Anzitutto, trascura le cambiali, che, per quanto se ne sia ridotto l'uso, anche dalla prassi certo scomparse non sono (come ha mostrato di riconoscere lo stesso legislatore quando si è preoccupato di escluderle dalla nozione di «servizi di pagamento»: v. retro, § 1).
Più in dettaglio, inoltre, mentre il previgente comma 1 dell'art. 120 regolava la valuta di tutti i versamenti in denaro (v. retro, nt. 1), l'attuale disposizione non tratta proprio tali operazioni, così lasciandole prive di apposita disciplina (anche sulla valuta oltre che sulla disponibilità) quando compiute nell'ambito di rapporti non aventi ad oggetto servizi di pagamento e quindi esclusi dal perimetro degli artt. 21 e 22 del d. n. 11/10 (6).
L'art. 120, ancora, non detta una disciplina completa neppure con riguardo agli assegni, non contenendo una specifica norma sulla data valuta degli «addebiti» connessi ai pagamenti dei relativi crediti (7).


2.2. Promiscuità
Oltre che in modo frammentario, data valuta e data disponibilità sono trattate in termini promiscui nell'art. 120 T.U.B., come già negli artt. 22-23 d. n. 11/10 (8): i due temi vengono disciplinati, appunto, in uno stesso articolo (diverso secondo il tipo di operazione) quasi appartenessero alla stessa materia.
La valuta, però, appartiene alla materia degli interessi dovuti al o dal cliente: secondo che la banca risulti depositaria di somme ricevute dal cliente o per suo conto ovvero a quegli le abbia prestate; la disponibilità, invece, appartiene, di per sé, alla materia del termine di esigibilità del credito alle somme depositate presso la banca (per quanto s'intrecci con quella del tempo di esecuzione delle operazioni di pagamento, che l'oggetto del deposito costituiscono ovvero modificano) (9). Appartenendo a materie diverse, data valuta e data di disponibilità pongono problemi diversi, che si rischia di trascurare ovvero di confondere se la diversità dei due temi non è tenuta ben ferma (10). Col che non si vuol negare che è opportuno definire la disciplina dell'un tema tenendo conto di quella dell'altro.


Ma un conto è dover definire quando divenga esigibile per il cliente la somma che egli ha «versato» (lato sensu) alla banca in deposito o che questa ha «ricevuto» da un terzo quale mandataria del cliente (ad incassare o solo a ricevere) (11) e che la banca, ex contractu, deve trattenere in deposito (12); e dunque quando, in un rapporto di deposito regolato in conto, debba avvenire la scritturazione «a credito» che l'avvenuta esigibilità (e prim'ancora l'avvenuto «ricevimento» dell'importo) dichiara (13). E se - ed in che limiti, nel caso - il contratto possa derogare a tale termine.
Altro conto è dover stabilire quando inizino a maturare e cessino di prodursi gli interessi a favore del cliente su somme da questo depositate presso la banca o da questa ricevute per conto del cliente (e da trattenere in deposito) (14) e se l'autonomia privata possa prevedere un termine diverso.
Certo è, d'altra parte, che una tutela piena del cliente non può ammettere valute e disponibilità per il cliente successive allo «incasso» della somma. D'altro canto, ciò è pure sufficiente a tutelare il cliente sotto i profili riguardati.
E' poi tema ancora diverso quello del tempo entro cui la banca, incaricata di un pagamento ovvero di un incasso, deve procedere ad eseguire l'incarico. E tema pure ulteriore è quello del tempo di regolamento interbancario dell'operazione di pagamento/incasso (15). Ed è bene che anche questi profili siano regolati (16), ma distintamente. Il che non avviene nell'art. 120 T.U.B.


2.3. Incoerenze
L'art. 120, commi 01 e 1, T.U.B. tratta della disponibilità e della valuta degli assegni «versati» mescolandole con il profilo del tempo per l'esecuzione della richiesta di pagamento (la presentazione dell'assegno al pagamento, nella specie); e così viene a dettare una disciplina non solo non coerente con quella dedicata a disponibilità e valuta nei servizi di pagamento, ma neppure intrinsecamente lineare.
Per i servizi di pagamento - salvo che per i versamenti in contante da parte di cliente non consumatore - il d. lgs. n. 11/2010 prescrive sempre la necessaria uguaglianza della data valuta e della data di disponibilità a quella dello «incasso» (artt. 22 e 23, commi 1-2).


Distintamente, il decreto n. 11 tratta dei «tempi di esecuzione»: ad esempio, all'art. 20, comma 1, stabilisce che la banca del «pagatore assicura che dal momento di ricezione dell'ordine l'importo dell'operazione venga accreditato sul conto del[la banca] del beneficiario entro la fine della giornata operativa successiva» a quella di «ricezione dell'ordine» (17). E con ciò, indirettamente, viene a conformare anche i tempi per il regolamento interbancario dei trasferimenti di fondi.
Per gli assegni, invece, l'art. 120 T.U.B. non fa altrettanto. Esso prende a dies a quo tanto del termine per la disponibilità quanto di quello per la valuta non la data dell'incasso dell'assegno, ma quella del versamento.
E soltanto così, per questa via mediata, viene a trattare - come segnala il comma 3 (18) - del tempo dell'esecuzione dell'incarico: implicitamente prevedendo un termine per la presentazione dell'assegno (19): quello sufficiente, allo stato dei tempi per il regolamento interbancario del titolo (v. poco infra), per consentirne l'incasso prima di dover accreditare, se non gli interessi, la relativa somma. D'altro canto, che la normativa non intenda in alcun modo influire sul tempo necessario al regolamento interbancario degli assegni è dichiarato apertamente dalla disposizione del comma 1- bis, che lascia tale profilo ad altre fonti, non meglio precisate (20).


Quanto al termine per la disponibilità, poi, il comma 1 lo prevede senza distinguere secondo la specie di assegno e i correlati modi e tempi effettivamente necessari per ottenerne il pagamento. Mentre il comma 1 stabilisce termini per la valuta diversi tra loro, secondo la specie di assegno, e dal termine per la disponibilità.
La diversificazione delle misure delle date valuta, secondo che l'assegno, non emesso/tratto sulla stessa banca, sia circolare oppure no, proprio non si comprende; né si comprendono le misure delle stesse date, in sé considerate.
Considerati i vigenti accordi interbancari per il regolamento degli assegni, i tempi occorrenti per incassare un circolare non sono diversi da quelli necessari per il bancario d'importo non superiore a cinquemila Euro: non più brevi (21). Né l'art. 120, come detto, ha voluto incidere sui tempi di regolamento interbancario.
Solo per l'assegno bancario d'importo non superiore a cinquemila Euro e per quello circolare (22), da regolarsi secondo la procedura di check truncation, poi, è possibile l'incasso «definitivo» entro due giorni dalla presentazione (in via telematica): per gli assegni da presentarsi in stanza di compensazione, invece, la trattaria ha tempo tre giorni per «stornare» l'accredito a favore della negoziatrice.
Né ancora sarebbe corretto remunerare il cliente per il pagamento, «provvisorio», che la negoziatrice riceva dalla banca emittente/trattaria già il giorno della presentazione: questa è un'attribuzione che proviene direttamente non dal cliente, ma dalla emittente/trattaria, che può stornarla. D'altra parte, questa attribuzione provvisoria può esservi per ogni specie di assegno: non solo per il circolare, ma pure per il bancario; sì che comunque non si comprenderebbe la diversificazione dei termini valuta.
Posto quanto osservato sui tempi occorrenti per il regolamento definitivo dell'assegno, nemmeno si comprenderebbe il termine fissato per la disponibilità, se la relativa previsione intendesse consentire, per tutti gli assegni, una disponibilità al quarto giorno dal versamento. Il che, però, è dubbio: come va a dirsi.


3. Profili ricostruttivi
3.1. Incasso prima del termine
Si è appena rilevato il primo dubbio posto dall'interpretazione della disciplina delle date valuta e di disponibilità contenuta nell'art. 120 T.U.B., cui occorre procedere.
Non è chiaro, precisamente, se la norma del comma 01 consenta che, in ogni caso, a prescindere dal «tipo» di assegno, la disponibilità cada il quarto giorno successivo al versamento ovvero se, invece, la locuzione «entro quattro giorni» esprima solo un termine-limite unitario, a valere per ogni «genere» di assegno, mentre per alcune specie di assegni, il termine sia più breve: lo stesso giorno per quelli emessi dalla/tratti sulla negoziatrice e di due/tre giorni per quelli soggetti a troncamento; i quattro giorni varrebbero solo per tutti gli altri assegni, da presentarsi al pagamento in stanza di compensazione.
Il dubbio trae ragion d'essere dalla circostanza - rilevata retro, § 2.3 - che quattro giorni dal versamento è il tempo appena sufficiente per l'incasso soltanto per gli assegni da presentarsi in stanza; per gli assegni emessi dalla/tratti sulla negoziatrice, invece, il pagamento può avvenire immediatamente; per quelli soggetti a «troncamento», entro due/tre giorni dal versamento, secondo che sia possibile la presentazione nello stesso giorno ovvero questa debba rinviarsi al giorno successivo (23)
Ed il dubbio rimonta, evidentemente, alla scelta del legislatore di far correre il termine per la disponibilità, non dall'incasso, né dalla presentazione al pagamento, ma appunto dal versamento. Ma, al fondo, proprio in ragione di ciò è da ritenersi che il termine per la disponibilità sia lo stesso giorno del versamento per quelli emessi dalla/tratti sulla negoziatrice e di due/tre giorni per quelli soggetti a troncamento (24). Con la conseguenza che il termine per la presentazione è lo stesso giorno per gli assegni emessi/tratti sulla negoziatrice; lo stesso giorno ovvero il successivo per quelli soggetti a troncamento; sempre il giorno successivo per tutti gli altri (25).
Infatti, far correre il termine per la disponibilità non dall'incasso, ma dal versamento serve ad accelerare la riscossione, dunque la presentazione, dell'assegno. Perciò, coerente con la funzione della norma è che il termine per la disponibilità corra dall'esaurirsi del tempo strettamente necessario per la presentazione e la riscossione dell'assegno: diversificato in ragione del tipo di assegno.
Altrimenti detto, se per l'assegno da presentarsi in stanza, il termine per la disponibilità coincide con quello sufficiente all'incasso del titolo, non si vede perché per l'assegno emesso da/tratto sulla negoziatrice e per l'assegno da troncarsi il termine per la disponibilità - dunque per la presentazione - dovrebbe essere (in diversa misura) più lungo di quello necessario per ottenerne il pagamento.


3.2. Mancato incasso: la data di stornabilità
Il problema della definizione del termine per la disponibilità dell'importo dell'assegno, e per la sua presentazione al pagamento, non è il solo ad essere causato dalla relatio della disponibilità e della valuta al momento del versamento. Da tale scelta legislativa deriva anche un'altra questione, per certi versi opposta alla precedente.
Mentre quest'ultima fa perno sulla circostanza che, per alcuni tipi di assegno, la banca negoziatrice può ottenerne il pagamento prima che siano trascorsi quattro giorni dal versamento, l'altra questione, comune a tutte le specie di assegni, afferisce al caso in cui, a causa di una presentazione al pagamento «tardiva» (26), la negoziatrice abbia dovuto accreditare l'importo del titolo, divenuto «disponibile» prima che l'assegno fosse incassato, e poi però la trattaria ne rifiuti il pagamento: la negoziatrice potrà stornare l'accredito? (27)
La prassi l'ha ritenuto possibile, predisponendo la «data di stornabilità»: clausola che prevede la facoltà della banca di stornare, entro x giorni, l'accredito dell'assegno, avvenuto entro il quarto giorno dal versamento (28).
Riferita al caso in cui, presentato il titolo, sia pure tardivamente, questo non sia pagato, la clausola sarebbe nulla se, per le norme dell'art. 120, commi 01 e 1, T.U.B., l'accredito nel quarto giorno dal versamento e gli interessi maturati dal primo/terzo giorno dalla negoziazione fossero una penale già per il ritardo nell'adempimento all'obbligo di presentazione nel termine. Il che, tuttavia, pare proprio da escludersi. Ché ciò vorrebbe dire che, incassato l'assegno, pure tale somma dovrebbe accreditarsi al cliente. Il che pare davvero eccessivo.
L'accredito della somma e gli interessi, dunque, paiono un'attribuzione provvisoria, ripetibile dalla banca se il ritardo nella presentazione non è imputabile alla banca ovvero, altrimenti, se anche ove il titolo fosse stato presentato per tempo, ugualmente non sarebbe stato pagato (29). Se l'attribuzione non fosse provvisoria nei termini detti, il cliente verrebbe a ricevere un'attribuzione senza causa. Infatti, se il titolo, presentato in tempo utile, sarebbe stato pagato, il cliente avrebbe diritto, a titolo di risarcimento del danno (art. 1218 c.c.), quantomeno ad una somma pari a quella portata dal titolo oltre gli interessi; mentre in caso contrario non avrebbe alcun credito risarcitorio (difettando il nesso causale tra danno e inadempimento), come pure nel caso in cui il ritardo nella presentazione non fosse imputabile alla banca.
Ciò posto, segue (ex art. 2697 c.c.) che l'onere della prova della non imputabilità del ritardo ovvero del fatto che la presentazione tempestiva del titolo non avrebbe evitato l'insoluto è a carico della banca: tali fatti sono costitutivi del diritto alla ripetizione.
Dunque, l'art. 120, commi 01 e 1, T.U.B., prevedendo che la somma sia a disposizione del cliente e gli interessi maturino anche ad incasso del titolo non avvenuto per mancata presentazione, prevede un'attribuzione (anzitutto) risarcitoria in favore del cliente, provvisoriamente astratta dalla sua causa (30): onerando la banca della dimostrazione della sua assenza (i.e. del difetto dell'imputabilità dell'adempimento ovvero del nesso di causalità tra danno subito ed inadempimento: dunque, appunto, del credito risarcitorio); dimostrazione che - è appena il caso di precisarlo - non sarebbe raggiunta dalla mera prova del mancato pagamento dell'assegno (presentato tardivamente).
A questa norma deroga la clausola che prevede una «data di stornabilità»: prevedendo un successivo, contrario meccanismo del genere «solve et repete», questa volta a carico del cliente. Essa consente alla banca di riottenere provvisoriamente la somma accreditata per il caso in cui (provi che) il titolo non sia pagato: ove il cliente dia prova che il mancato pagamento del titolo dipende dall'inadempimento della negoziatrice nella presentazione, avrà diritto al riaccredito della somma stornata, a meno che la banca provi che l'inadempimento non le è lei imputabile. Certo, la clausola non potrebbe infatti valere a permettere alla banca di riaddebitare la somma al cliente in ogni caso in cui il titolo non sia pagato: non solo quando la tardiva presentazione sia avvenuta per «colpa grave» della negoziatrice (artt. 1229, comma 1, e 1367 c.c.), ma pur quando per negligenza lieve (art. 1370 c.c.). D'altro canto, la non imputabilità del ritardo è fatto impeditivo del credito risarcitorio: sì che l'onere della prova al riguardo resta, in difetto di una chiara deroga in tal senso, a carico della banca.
Intesa come previsione di uno storno provvisorio, con (parziale) ribaltamento sul cliente dell'onere di provare il difetto di causa dello storno (i.e.: il proprio credito risarcitorio) per ottenere il riaccredito, la clausola, nelle convenzioni di assegno con i consumatori, è soggetta a presunzione di abusività (art. 33, comma 2, lett. b e lett. t, codice del consumo): se valida in generale.
E così mi pare (31). Essa non pare frustrare lo scopo (ultimo) delle norme (dei commi 01 e 1) dell'art. 120 T.U.B. Che - si è visto (retro, § 3.1) - è quello di accelerare l'esecuzione dell'incarico, ricevuto dalla negoziatrice dal proprio cliente, di riscuotere l'assegno.
La «data di stornabilità» non allenta apprezzabilmente nella banca la tensione prodotta dalle norme dell'art. 120 T.U.B. ad eseguire l'incarico di riscossione del titolo in breve tempo (32). Perché accreditare l'assegno non ancora riscosso la grava del rischio di credito per l'importo anticipato; e tale rischio neppure viene remunerato dalla maturazione di interessi a suo favore: ché, anzi, interessi correranno a vantaggio del cliente sulla somma portata dal titolo dal primo/terzo giorno dal versamento.
Né, d'altra parte, lo storno di tali interessi può frustrare lo scopo dell'art. 120, comma 1, T.U.B.: per il tempo in cui la banca doveva rendere disponibile al cliente la somma, interessi (in tal caso, moratori, sia pure in astrazione) sono corsi; risultando non dovuta - fino a prova contraria - la somma tenuta a disposizione, pure gli interessi risultano non dovuti per quel tempo (33).


1) Così concepito: «Gli interessi sui versamenti presso una banca di denaro, di assegni circolari emessi dalla stessa banca e di assegni bancari tratti sulla stessa succursale presso la quale viene effettuato il versamento sono conteggiati con la valuta del giorno in cui è effettuato il versamento e sono dovuti fino a quello del prelevamento».
Per un quadro delle ricostruzioni fornite dalla letteratura dei contenuti di tale disposizione e dei suoi rapporti con il sistema v. C. SILVETTI, I contratti bancari. Parte generale, in V. CALANDRA BUONAURA, M. PERASSI e C. SILVETTI, La banca: l'impresa e i contratti, in Trattato di diritto commerciale, dir. da G. Cottino, VI, Padova, 2001, p. 454 ss.: U. MORERA, I profili generali dell'attività negoziale, in C. BRESCIA MORRA e U. MORERA, L'impresa bancaria, in Tratt. di diritto civile del Consiglio Nazionale del Notariato, dir. da P. Perlingieri, V, 11, Napoli, 2006, p. 348 ss.; G. MUCCIARONE, «Data valuta»: direttiva n. 2007/64/CE e ordinamento italiano, in Dir. Banca, 2009, I, p. 429 ss. Adde, da ultimo, Trib. Milano, 6 Giugno 2012, G.U. Dal Moro, Ceppi vs Banco Popolare di Milano scrl, di prossima pubblicazione in Banca, borsa, tit. cred., che ritiene che, «in mancanza di una disciplina pattizia, debba disporsi il riconteggio delle valute dalla data contabile della singola operazione.
2) Questo prevedeva: «L'ente del beneficiario mette a disposizione di quest'ultimo l'importo del bonifico transfrontaliero nel termine convenuto con il beneficiario o, in assenza di tale termine, entro il giorno bancario lavorativo successivo a quello in cui l'importo stesso è accreditato sul conto dell'ente medesimo». Il «mettere a disposizione», nel contesto del d. lgs. 28 Luglio 2000, n. 253, di attuazione della dir. 97/5/CEE sui bonifici transfrontalieri, era definito come lo «atto con il quale si attribuisce al beneficiario la facoltà di disporre del denaro e che determina la decorrenza dei relativi interessi» (art. 1, lett. j). Bonifico transfrontaliero, quello tra banche (o «altri enti») «insediate» in diversi Stati membri dell'Unione Europea (art. 1, lett. i).
Per un commento a tale normativa e riferimenti bibliografici v. A. SCIARRONE ALIBRANDI, I bonifici transfrontalieri dalla direttiva 97/5/CE al d. lgs. 28 Luglio 2000, n. 253, in Banca, borsa, tit. cred., 2001, I, p. 759 ss.
L'intero decreto è stato abrogato dall'art. 36, comma 1, d. lgs. n. 11/2010.
3) Dapprima, all'originario comma 1 dell'art. 120 T.U.B., limitato alla data valuta, si aggiunge d'urgenza, mentre volge a compimento il decreto di attuazione della Payment Services Directive, la norma dell'art. 2, comma 1, «decreto Tremonti-ter» (d.l. I Luglio 2009, n. 78, convertito senza modifiche con la l. 3 Agosto 2009, n. 102). Se la più risalente disposizione si occupa solo di data valuta, la nuova viene a regolare anche la data di disponibilità. E ciò fa con riguardo al «versamento» non solo di assegni diversi da quelli considerati dalla prima disposizione, ma pure con riguardo al «versamento» di bonifici (così si esprime ancora la più recente disposizione, che li considera «titoli» alla stregua degli assegni: «A decorrere dal 1° novembre 2009» - recita precisamente la disposizione - «la data di valuta per il beneficiario per tutti i bonifici, gli assegni circolari e quelli bancari e circolari non può mai superare, rispettivamente, uno, uno e tre giorni lavorativi successivi alla data del versamento. Per i medesimi titoli, a decorrere dal 1° novembre 2009, la data di disponibilità economica per il beneficiario non può superare, rispettivamente, quattro, quattro e cinque giorni lavorativi successivi alla data del versamento. A decorrere dal 1° aprile 2010, la data di disponibilità economica non può superare i quattro giorni per tutti i titoli. E' nulla ogni pattuizione contraria. Resta fermo quanto previsto dall'art. 120, comma 1, del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385 »).
Dopo solo qualche mese il d. lgs. 27 Gennaio 2010, n. 11 attua la PSD. Gli artt. 21-23 disciplinano disponibilità e valuta con riguardo a tutti gli «accrediti» ed a tutti gli «addebiti», dipendenti dall'esecuzione di «servizi di pagamento» (comprensivi dei bonifici e non degli assegni e delle cambiali). Nel contempo, l'art. 36, comma 2, accoglie la disposizione dell'art. 2 l. n. 102/2009, che viene depurata dei bonifici e limitata agli «assegni bancari e circolari tratti su una banca insediata in Italia» (con la «traenza» dei circolari si compensa il «versamento» dei bonifici, scomparso in questa versione della norma, che così è compiutamente formulata: «A decorrere dal 1° novembre 2009, la data di valuta per il beneficiario di assegni bancari e circolari tratti su una banca» «insediata in Italia non può superare, rispettivamente, uno e tre giorni lavorativi successivi alla data del versamento. Per i medesimi titoli, a decorrere dal 1° novembre 2009, la data di disponibilità economica per il beneficiario non può superare, rispettivamente, quattro e cinque giorni lavorativi successivi alla data del versamento. A decorrere dal 1° aprile 2010, la data di disponibilità economica non può superare i quattro giorni per tutti i titoli. E' nulla ogni pattuizione contraria. Resta fermo quanto previsto dall'art. 120, comma 1, del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385»).
Il passaggio di due stagioni ed è ancora la volta del d. lgs. 13 Agosto 2010, n. 141, che modifica il titolo VI del T.U.B. per dare attuazione alla direttiva n. 2008/48/CE sul credito ai consumatori, coeva, peraltro, alla PSD. Il decreto non muove le disposizioni per i servizi di pagamento, ma sposta ancora quelle sugli assegni (art. 4, comma 2): alloggiando quella sulla disponibilità nel comma 1 dell'art. 120 T.U.B., quella sulla valuta nel comma 1-bis, dove pure raccoglie la parte del previgente comma 1 relativa agli assegni, ampliando la regola agli assegni «tratti sulla stessa banca».
L'anno non è ancora finito ed il d. lgs. 14 Dicembre 2010, n. 218, recando modifiche e integrazioni al decreto 141, non riesce ad evitare di rinumerare (art. 3, comma 3) i commi 1 e 1-bis dell'art. 120: l'uno - onnipotenza del legislatore - come comma 01, l'altro come comma 1.
4) Una interpretazione di quelle comunitarie poi pedissequamente recepite negli artt. 21-23 del d. lgs. n. 11/2010 si è proposta nel mio «Data valuta» cit. Qui era stata formulata anche una proposta di organica normativa in tema di data valuta e, nella postilla, spunti di riflessione per una normativa sulla data di disponibilità (e sui tempi di regolamento delle operazioni), che tenevano conto, sia pure in breve, dei contenuti del decreto Tremonti-ter: le considerazioni su tali contenuti vengono qui a riprendersi e svilupparsi con particolare riguardo agli assegni.
Sarebbe poi necessario considerare l'intera disciplina sulla data valuta insieme a tutte le altre serie normative che negli ultimi anni sono venute ad investire, pezzo a pezzo, senza posa (da ultimo con il d. lgs. 19 Settembre 2012, n. 169, con la modifica dell'art. 127-bis, comma 1, T.U.B., in punto di «spese per l'informazione precontrattuale»: leggi, specialmente, spese d'istruttoria) e non senza andirivieni (ultimo il caso della travagliatissima disciplina sulle «remunerazioni degli affidamenti e degli sconfinanti»), grandissima parte del contenuto economico dei contratti bancari, sì che oggi sono regolate commissioni di massimo scoperto e sull'accordato, anatocismo, spese connesse ai rapporti aventi ad oggetto servizi di pagamento (art. 3 d. lgs. n. 11/2010), quelle d'informazione e d'istruttoria, commissione d'istruttoria veloce, costi di chiusura; è previsto l'ISC ed il TAEG; sono stabiliti forma e limiti contenutistici delle clausole economiche in genere (art. 117 T.U.B.) ed il limite dell'usura per i costi del finanziamento. Occorrerebbe allora verificare se tale complesso normativo, al fondo - al di là delle oscurità di singoli pezzi di disciplina e delle microfratture interne ad essi -, corrisponda ad un disegno grossomodo coerente ovvero se invece esprima più anime tra loro contrastanti. Nel primo caso, occorrerebbe vedere se tale disegno, nel suo insieme, concorra a garantire realmente un sistema bancario più efficiente e se, pur quando così fosse, nella prospettiva d'incrementare l'efficienza delle banche nel quadro dei principi cardini del diritto dell'economia, la normativa non sia suscettibile di ulteriori, radicali, sviluppi o addirittura non vi tenda. Nel secondo caso, bisognerebbe capire quali anime privilegiare per la costruzione di un sistema bancario più efficiente.
5) Certo, l'incorporazione anche della disciplina sui contenuti dei servizi di pagamento avrebbe recato con sé il problema dell'opportunità d'inglobare nel T.U.B. anche le discipline di altre operazioni di pagamento, come gli assegni, e poi di altre operazioni ancora, quali per esempio quelle di «cessione di crediti pecuniari verso corrispettivo» ex lege n. 52/1991. Ma ciò sottolinea semmai che l'incompletezza del T.U.B., a dispetto della sua funzione, è davvero notevole: il paragone con il Code monétaire et financier vigente in Francia è schiacciante.
E' naturale poi che l'inserimento di normative in un corpo più ampio potrebbe rimarcare la necessità di revisioni come implementazioni dei contenuti dell'uno e/o dell'altro. Ma procedere a ciò, ovviamente, sarebbe un bene, non un male, se servisse ad eliminare incoerenze ovvero colmare vuoti.
Così, ristringendo lo sguardo sulle operazioni di pagamento, in occasione del recepimento della PSD, non sarebbe stato inopportuno trattare temi qui disciplinati con riguardo ai servizi di pagamento anche rispetto ad altre operazioni di pagamento, quando a queste comuni: è il caso, per fare un esempio macroscopico, del tema dell'addebito di operazioni non ordinate dal soggetto legittimato; regolato negli artt. 7 ss. d. lgs. n. 11/10 per i servizi di pagamento, non ha ricevuto invece apposita disciplina per gli assegni, per quanto è con riguardo a tale settore che ha avuto le sua prime manifestazioni concrete e tuttora continui ad averne.
6) Quali parrebbero i depositi documentati da libretti (art. 1835 c.c.).
E la definizione della disciplina applicabile alle rimesse cash al di fuori dei servizi di pagamento, come pure all'incasso delle cambiali, oggi, è resa più complicata dalle incoerenze sussistenti tra le serie normative pertinenti agli assegni e quelle relative ai servizi di pagamento, nonché interne a queste proprio in punto di rimesse per cassa: v. infra, § 2.3.
7) Si è conservato, nell'art. 120, comma 1, T.U.B., l'incerto frammento normativo [prima limitato ad alcune ipotesi di assegni (v. retro, nt. 1 e testo corrispondente) e ora generalizzato a tutte] per cui «Gli interessi sul versamento di assegni ... sono conteggiati fino al giorno del prelevamento». Oggi, peraltro, per la data valuta dei «prelevamenti» connessi ad ordini di esecuzione di «servizi di pagamento» vige l'art. 23, comma 2, d. lgs. n. 11/2010; sì che rimane il problema della definizione del (momento del) prelevamento rispetto agli assegni e alle cambiali, nonché quello se la regola della data valuta pari al prelevamento, in tali casi, valga solo per gli interessi correnti su somme accreditate a seguito della riscossione di assegni (invece che sull'intero saldo positivo).
8) Per quanto l'art. 120 T.U.B. discorra di «disponibilità economica» non pare ragionevole ritenere che intenda far riferimento a fenomeno giuridico diverso da quello della «disponibilità», considerato dagli artt. 22-23 d. n. 11/10: quando si tratti della disponibilità della somma incassata.
Diversamente, per il caso in cui la somma, portata dall'assegno, pur non ancora incassata, perché il titolo è stato presentato in ritardo, debba comunque essere resa disponibile: in tal caso l'espressione «disponibilità» assume significato diverso; è a tale ipotesi, più precisamente, che pare riferirsi l'espressione «disponibilità economica»: v. infra, § 3.2 ed ivi nt. 29.
9) Per V. BELLO, sub art. 23, in La nuova disciplina dei servizi di pagamento, a cura di M. Mancini, M. Rispoli Farina, V. Santoro, A. Sciarrone Alibrandi, O. Troiano, Torino, 2011, p. 226, invece, non solo i due temi sono «logicamente connessi» (laddove gli interessi possono maturare o meno a prescindere dall'esigibilità del credito e viceversa), ma il tema della data di disponibilità appartiene alla materia della «esecuzione delle operazioni di pagamento». Quest'ultimo assunto - contrastato già dal comma 3 dell'art. 120 T.U.B. - si lega all'opinione seguita dall'autrice sulla natura dello «accredito»: su cui v. infra, nt. 13.
10) Ad esempio, non è appropriato comprendere la data di disponibilità nella parte del Foglio Informativo del conto corrente (offerto al consumatore) dedicata alle «principali condizioni economiche» (come prevede Banca d'Italia, Disposizioni sulla Trasparenza delle operazioni bancarie, ult. agg. Febbraio 2011, all. 4A): mentre è tale la data valuta, che si occupa di un credito pecuniario, concorrendo a quantificare quello degli interessi (dunque, appartiene al contenuto economico primario. Secondo V. BELLO, sub art. 23, cit., p. 223, «la data valuta, più che come condizione economica in senso stretto, può essere in realtà definita come un accessorio sul prezzo»), la data di disponibilità non appartiene al «contenuto economico», a meno di non annacquare la nozione e risolverla in tutto il regolamento contrattuale, come tale economicamente rilevante (ex art. 1321 c.c.).
Similmente, mentre della data valuta occorrerebbe tener conto nel calcolo del TAEG e del TEG, non altrettanto dovrebbe farsi con la data di disponibilità.
11) Sono questi i casi in cui la banca potrebbe dover rendere «disponibile» quanto ricevuto. Non, di regola, nell'ipotesi di «anticipi» con adiette cessioni «salvo buon fine». Queste, infatti, normalmente, si configurano come mutui con cessioni solutionis causa [(art. 1198 c.c.). Non come compravendite del credito: che, per loro natura, dovrebbero essere sprovviste della garanzia dell'adempimento e con cui nemmeno è coerente la maturazione di interessi sulla parte del credito ceduto «anticipata» (in altro senso è usata l'espressione «somma anticipata» nell'art. 1859, comma 1, c.c.). Né gli «anticipi mediante cessione» costituiscono mutui con cessione in garanzia: tale causa richiede l'inadempimento del debitore garantito per poter escutere la garanzia]. Può anche accadere, peraltro, che, in concreto, le cessioni abbiano causa gestoria: sì che, anche in tal caso, si porrebbe il problema del termine la banca deve accreditare (e, prima, il cliente può «disporre», esigere) la somma da lei incassata (termine al cui spirare, peraltro, immediatamente si realizzerebbe la compensazione tra il credito del cliente ex mandato e quello della banca ex mutuo).
12) Dovendo trattenere in deposito le somme per conto del cliente ricevute da terzi, è escluso in radice che la banca deve ritrasferirgliele e, dunque, che l'accredito possa servire a un tale effetto. Ricevute le somme, insomma, muta il titolo, dunque la disciplina, in base al quale la banca è «proprietaria» delle somme. Ciò si verifica salvo che le somme dalla banca ricevute da terzi non siano da imputarsi ad estinzione di un debito del cliente verso la banca, come avviene quando debito ed incassi siano «regolati nello» stesso conto corrente.
13) Documentando, anche per conto del cliente (arg. ex art. 119 T.U.B.), la formazione progressiva del saldo: dunque, la somma che effettivamente, tempo per tempo, «risulta a credito» del cliente e di cui questo può disporre (art. 1852 c.c.).
Di recente, per il valore dichiarativo delle annotazioni in conto, Trib. Milano (ord.), 4 aprile 2011; ID. (ord.), 7 aprile 2011, in Il caso.it..; A. A. DOLMETTA, Prescrizione e «operazioni bancarie in conto corrente»: sul comma 61 della legge n. 10/2011, ivi, p. 5. Contra, sembrerebbe, Cass., ss. uu., 2 dicembre 2010, n. 24418 («L'annotazione in conto di una siffata posta comporta un incremento del debito del correntista, o una riduzione del credito... »); V. BELLO, sub art. 23, cit., p. 230.
Secondo quest'ultimo orientamento «l'effetto dell'accreditamento è che la banca diventa debitrice verso il correntista dal momento dell'annotazione in conto». Ma il credito sussiste già con il versamento. Né pare corretto ritenere che con l'annotazione il credito ex mandato diventi credito ex deposito. L'idea pare artificiosa, considerando l'unitarietà del rapporto di conto corrente (v. anche retro, nt. precedente). Certo, non è sostenibile nel caso di versamento da parte del cliente. E contrasta, oggi, con il dato positivo per cui la data valuta - degli interessi dovuti per le somme depositate - prescinde dalla «disponibilità»: al punto che, nel caso di assegni, può essere addirittura anteriore. Ma anche in passato i contratti concepivano i due fenomeni come distinti, quando antergavano la valuta alla disponibilità (v. retro, § 1).
D'altro canto, neppure si vede la ragione per cui non il credito, ma la sua esigibilità dovrebbe subordinarsi all'accredito, che, per sua natura, è atto della banca e dichiarativo. Lo stesso art. 120, comma 3, T.U.B. separa la «disponibilità» dalla «esecuzione» dell'operazione.
Con il che non s'intende negare che l'accredito sia atto dovuto nei confronti del cliente (e rientri nella esecuzione non dell'operazione di pagamento, ma dell'intero incarico: cfr. l'art. 1712 c.c.): come accennato, ex art. 119 T.U.B. è la banca a dover «tenere i conti» anche nell'interesse del cliente. Di fatto, l'omissione dell'accredito può rendere non «utilizzabile» le somme da parte del cliente o addirittura significare rifiuto della banca di consentirne l'utilizzo (e in tale prospettiva può intendersi la definizione letteralmente «forte» del «mettere a disposizione», che era contenuta nel d. lgs. n. 253/2000: v. retro, nt. 2). Ragion per cui, normalmente, il mancato accredito comporta responsabilità della banca. Ma se questa, ad esempio, nonostante il mancato accredito di un bonifico, comunque consentisse al cliente di disporre del relativo importo, non si darebbe responsabilità della banca (o non negli stessi termini).
14) Ovvero quando inizino e cessino di prodursi gli interessi dovuti dal cliente sulle somme prestategli dalla banca.
15) Sui sistemi interbancari di regolamento degli assegni v. G. OLIVIERI, Compensazione e circolazione della moneta nei sistemi di pagamento, Milano, 2002, p. 108 ss.; G. MUCCIARONE, Sulla responsabilità della banca trattaria e della negoziatrice nei confronti del traente per pagamento di assegno bancario irregolare, in Dir. banca, 2008, p. 120 ss.; V. PROFETA, L'evoluzione dei servizi di pagamento non armonizzati: l'assegno nella prospettiva della dematerializzazione, in Il nuovo quadro normativo comunitario dei servizi di pagamento. Prime riflessioni, a cura di M. Mancini e M. Perassi, Quaderno di ricerca giuridica di Banca d'Italia, n. 63, Roma, 2008, p. 117 ss.; V. BELLO, sub art. 23, cit., p. 227 ss. e p. 237 ss.
16) Quando ancora il dibattito in materia di date era polarizzato dalla questione del carattere eccezionale o meno del genere di regola dettata in tema di data valuta nel previgente art. 120, comma 1, T.U.B., rimarcavano l'importanza di affrontare anche il profilo dei tempi di esecuzione delle operazioni di pagamento A. NIGRO, Disciplina di trasparenza delle operazioni bancarie e contenuto delle condizioni contrattuali: note esegetiche, in Dir. Banca, 1998, I, p. 352; C. SILVETTI, op. cit., p. 456.
Al riguardo, v. anche infra, nt. 20.
17) Peraltro, è giustamente reso possibile che l'autonomia privata preveda una data perché «l'esecuzione sia avviata» e «in tal caso il momento della ricezione [dell'ordine] coincide con il giorno convenuto» (art. 15, comma 2, d. lgs. n. 11/2010).
Con riguardo agli ordini di incasso, l'art. 20, al comma 3, prevede, in generale, che la banca «trasmette l'ordine É entro i limiti di tempo convenuti [co]l beneficiario» e, con riguardo agli «addebiti diretti», che «l'ordine viene trasmesso entro i limiti di tempo che consentano il regolamento dell'operazione alla data di scadenza convenuta». Norma quest'ultima, per vero, pleonastica.
18) Il riferimento contenuto nella disposizione (inutile nel suo contenuto diretto) anche alle norme sui servizi di pagamento relative ai «tempi di esecuzione» sarebbe inconferente se quelle sugli assegni non si occupassero anche di questo profilo.
19) Anche quando l'assegno bancario è «versato» presso un «recapito» diverso da quello su cui è tratto, si rende necessaria una presentazione al pagamento ad opera della banca, che agisce in duplice veste, di mandataria all'incasso e di trattaria/emittente.
Quando invece l'assegno bancario è «versato» presso lo stesso recapito su cui è tratto ovvero il circolare presso qualunque recapito dell'emittente (se è corretta la comune opinione secondo cui l'indicazione nel titolo soltanto di alcuni recapiti dell'emittente non può considerarsi tassativa ed il titolo resta pagabile presso qualunque recapito dell'emittente: così per tutti v. F. MARTORANO, Lineamenti generali dei titoli di credito, Napoli, 1979, p. 542; G. F. CAMPOBASSO, Diritto commerciale, 3, ed. 3, Torino, 2001, p. 321 s.; A. SEGRETO e A. CARRATO, L'assegno, Milano, 2012) do altro recapito indicato nel titolo per il suo pagamento, la norma dell'art. 120, comma 01, T.U.B. non pone un termine per l'adempimento dell'obbligo di presentazione al pagamento, questa essendo eseguita dal cliente, ma un termine per l'osservanza del dovere di verificare la «regolarità» del titolo prima di pagarlo. Al riguardo v. anche infra, ntt. 27 e 32.
Diversamente dall'art. 120, comma 01, T.U.B. Il d. lgs. n. 11/2010 non fissa un termine per l'esecuzione dell'ordine d'incasso: v. retro, nt. 17.
Sulla natura del termine per la presentazione stabilito dall'art. 120 v. infra, nt. 25.
20) Il punto parrebbe rientrare nella potestà regolamentare che l'art. 146 T.U.B. affida a Banca d'Italia.
21) Ma secondo V. MANZI, sub art. 120, in Commentario al Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, diretto da F. Capriglione, ed. 3, Milano, 2012, III, p. 1752, la «statuizione [del comma 1, lett. b] sembrerebbe declinarsi in funzione del diverso grado di celerità nell'acquisizione della disponibilità dei fondi» secondo che l'assegno sia bancario ovvero circolare.
22) V. circolare ABI, Serie Tecnica, n. 33, 7 Ottobre 2010.
23) Possibile deve essere nello stesso giorno non solo l'invio, da parte della negoziatrice, della richiesta di pagamento del titolo, nei modi propri della procedura di check truncation, ma pure il suo ricevimento da parte della trattaria.
Il contratto di conto corrente bancario (che normalmente comprende il servizio d'incasso assegni), dunque, deve regolare la data di disponibilità, in sostanza, secondo la fascia oraria di versamento del titolo.
24) La indicata soluzione, per gli assegni emessi dalla/tratti sulla stessa banca, nonché per i troncati, è quasi coerente con quanto stabilito per le date valuta: gli interessi partirebbero dal momento in cui la banca avrebbe potuto incassare la somma, salvo che per i troncati che possono presentarsi al pagamento lo stesso giorno del versamento, per i quali, comunque, gli interessi non scatterebbero prima di quando ne è possibile l'incasso. Invece, continuerebbe proprio a non capirsi (v. retro, § 2.3) perché, per gli altri assegni, da presentarsi in stanza di compensazione, la valuta potrebbe essere anteriore al momento in cui la banca potrebbe (definitivamente) incassarli. Ma tant'è.
Scartando la soluzione proposta, invece, si porrebbe il diverso problema se, per l'ipotesi (normale per gli assegni non da presentarsi in stanza) in cui l'assegno fosse incassato prima del quarto giorno, il suo importo dovrebbe rendersi disponibile dal giorno dell'incasso. La risposta positiva sarebbe quella coerente con la disciplina dei servizi di pagamento (v. retro, sempre § 2.3).
25) Il termine per la disponibilità è derogabile solo in favore del cliente ex art. 127, comma 1, T.U.B. Così è dunque anche quello per la presentazione, implicitamente stabilito nell'art. 120, comma 01, T.U.B. E non è impossibile che effettivamente risponda all'interesse del cliente il patto che escluda la presentazione prima di un dato giorno. In tal caso, il termine per la disponibilità correrà, per coerenza, dal giorno anteriore a quello convenzionalmente fissato per la presentazione. La rispondenza del patto all'interesse del cliente, della cui prova è onerata la banca, sembra potersi presumersi già dalla idoneità della struttura organizzativa della banca a rispettare il termine di legge (tanto più se congiunta alla non normalità di patti del genere in discorso con la clientela).
26) Tardiva rispetto ai termini implicitamente posti dall'art. 120 T.U.B. (v. retro, §§ 2.3 e 3.1), ovviamente, anche se non lo sia rispetto a quelli stabiliti all'art. 32 l. ass. A questo proposito v. infra, nt. 33.
27) Alla presentazione tardiva può anche seguire l'incasso del titolo dopo l'accredito del suo importo, ponendosi allora la questione se anche la somma incassata debba essere accreditata. Per la soluzione v. infra, nel testo.
Tanto questo problema, quanto quello appena delineato nel testo, a rigore, si pongono negli stessi termini quando l'assegno bancario sia versato presso un recapito diverso da quello su cui è tratto, poiché pure in tali casi il titolo deve presentarsi al pagamento ad opera della banca: v. retro, nt. 19.
Mentre il problema delineato nel testo non si pone negli stessi termini ove l'assegno sia versato presso lo stesso recapito su cui è tratto ovvero, nel caso di circolare, è pagabile (sul punto v. retro, sempre nt. 19): in tali ipotesi l'accredito segue sempre al pagamento (sì che l'altro problema neppure ha spazio per porsi). E può invece porsi il problema, ben diverso, della stornabilità dell'accredito per il caso in cui la banca accerti che l'assegno non era «regolare». Su ciò v. infra, nt. 32.
28) Se la clausola non precisa i casi in cui è possibile lo storno, è ad alto rischio di nullità perché potrebbe essere intesa (specie se si ritiene che la regola dell'art. 1370 c.c. prevale sugli altri canoni ermeneutici) come previsione in favore della banca di un potere di modificare in peius la sfera giuridica del cliente ad nutum.
29) Ciò pare essersi inteso dire - come accennato retro, nt. 8 - con l'espressione «disponibilità economica», usata nella disposizione dell'art. 120, comma 01, T.U.B.
Secondo V. BELLO, sub art. 23, cit., p. 238, «è da ritenere che, nonostante il suo tenore letterale, la norma disciplini la disponibilità giuridica (o non stornabilità)»: perché «da un punto di vista giuridico la disponibilità non può che essere una sola». L'argomento scivola nell'ontologismo dopo aver osservato che «la prassi bancaria conosce una disponibilità economica, intesa come facoltà di utilizzare l'importo, distinta dalla disponibilità giuridica, intesa come definitività (o non stornabilità) dell'accredito» (corsivo aggiunto).
30) Essendo la funzione prima dell'accredito quella di risarcire il cliente, va da sé che - secondo quanto lasciano intendere le disposizioni dell'art. 120 T.U.B. - la negoziatrice non potrebbe pretendere interessi sulla somma accreditata; dovendo seguire l'accredito all'inadempimento della banca, comunque, sarebbe finzionistico assegnare causa di prestito all'accredito.
Peraltro, l'accredito serve anche ad evitare - e ciò pure nell'interesse della banca e in generale di un'efficiente allocazione delle risorse - che dall'inadempimento seguano danni ulteriori rispetto a quello rappresentato dal mancato incasso e dalla mancata produzione degli interessi, che (in quanto «conseguenza immediata e diretta» dell'inadempimento e prevedibili, ex artt. 1223 e 1225 c.c.), pure andrebbero risarciti. Perciò, il cliente non potrebbe rifiutare (ex art. 1227 c.c.) l'accredito, pena l'irrisarcibilità di tali ulteriori danni (impropriamente detti «indiretti»).
31) Pure non pare che contrasti con l'art. 23, comma 2, d. lgs. n. 11/2010 la clausola, inserita in un mandato all'incasso di credito non cartolarizzato, con cui si prevede la facoltà della mandataria di stornare l'accredito a favore del cliente quando la banca del pagatore stornasse l'accredito a favore della prima (contra, se ben s'intende, V. BELLO, op. cit., p. 235 s.): la clausola non frustra la norma di legge, poiché non consente in alcun momento alla banca di godere di somme ricevute per il cliente senza avergliele accreditate. Piuttosto, occorre verificare se risponde ad un interesse meritevole di tutela la clausola interbancaria che attribuisce alla banca del pagatore di stornare l'accredito a favore della banca del beneficiario. Così potrebbe essere se la clausola fosse legata al caso in cui fondatamente il pagatore chieda il rimborso ex art. 13, comma 1, d. lgs. n. 11/2010; l'accredito a favore del beneficiario, infatti, in tal caso, sarebbe un ingiustificato arricchimento.
32) Per questa stessa ragione mi pare da ammettere la clausola di stornabilità per le ipotesi di assegno versato presso lo stesso recapito su cui è tratto ovvero, se circolare, è pagabile (v. retro, nt. 27), che sia risultato «irregolare» dopo il suo pagamento, nei limiti in cui l'irregolarità può farsi valere contro il cliente.
33) Naturalmente, ove la presentazione fosse avvenuta, oltre che al di là del termine stabilito all'art. 120, comma 01, T.U.B., pure al di fuori di quello per il protesto (artt. 46 e 32 l. ass.), la negoziatrice sarebbe comunque tenuta al risarcimento dei danni che da ciò eventualmente fossero conseguiti al cliente.



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