Bancario
Il Caso.it, Sez. Articoli e Saggi - Data pubblicazione 26/03/2008 Scarica PDF
Le agenzie di rating e la responsabilità per informazioni inesatte
Giovanni Facci, Ricercatore confermatoSOMMARIO: 1. Premessa. - 2. Le valutazioni delle agenzie di rating. - 3. L'influenza del rating sui mercati finanziari. - 4. Il rating e la circolazione degli strumenti finanziari. - 5. La responsabilità delle agenzie di rating. - 6. (Segue). Il pregiudizio patrimoniale. - 7. (Segue). Il danno ingiusto. - 8. (Segue). Il nesso di causalità. - 9. (Segue). Il criterio di imputazione di responsabilità e le false informazioni fornite dall'emittente. - 10. La responsabilità contrattuale.
1. - La recente crisi dei mutui subprime americani - i cui effetti negativi si
stanno ancora riversando sui mercati finanziari, con serio rischio per le
prospettive di crescita dell'economia internazionale - ha sollevato il problema
del ruolo svolto dalle agenzie di rating e della loro eventuale responsabilità.
In estrema sintesi, si può ricordare che la crisi è stata determinata dalla
vendita di strumenti finanziari collegati ai c.d. mutui subprime, mutui cioè
concessi a clienti che già in passato avevano manifestato insolvenza. A questi
clienti sono stati concessi mutui a tassi più elevati rispetto a quelli offerti
a clienti «prime», al fine di compensare il maggiore livello di rischio.
A rendere ancor più rischioso il profilo di questi mutui è la circostanza che
spesso sono stati rilasciati a persone che dichiaravano soltanto il proprio
reddito, senza fornire alcuna documentazione al riguardo e l'ammontare del
mutuo era spesso un multiplo del reddito dichiarato oppure il mutuo era
concesso ad un tasso d'interesse inizialmente scontato che poi nei successivi
1224 mesi era destinato inevitabilmente ad alzarsi (1).
In ogni caso, più alto è il rischio più alto è il rincaro posto su questi mutui
da chi li eroga, ossia è più alto lo spread verso il tasso base.
In seguito, tali mutui sono stati oggetto di operazioni di cartolarizzazione:
in tal modo, chi li ha erogati li ha posti sul mercato ed agli occhi
dell'investitore le cartolarizzazioni basate su mutui subprime fornivano
margini di guadagno più alti rispetto a quelle di mutui prime. Senza contare,
inoltre, che agli investitori sono stati offerti strumenti sempre più
complessi: gli strumenti finanziari con asset sottostanti di mutui subprime
sono stati spesso oggetto di ulteriori operazioni di cartolarizzazione (ad
esempio Collateralized debt obligation (2)); inoltre i cash-flow di queste
nuove cartolarizzazioni potevano essere ulteriormente aggregati e
(ri)cartolarizzati.
Tale sistema ha retto fino a quando il prezzo degli immobili si è mantenuto
alto, come si è verificato nel corso degli ultimi anni; non appena i prezzi
hanno cominciato a subire una flessione si è verificata una sorta di effetto
domino: il cliente ad alto rischio ha smesso di pagare, talvolta anche perchè
non aveva più incentivi a farlo, tenuto conto che si trovava a pagare un
immobile di valore inferiore al proprio debito; quanti più immobili sono
arrivati sul mercato a causa delle procedure esecutive, più i prezzi si sono
abbassati e più alte sono state le perdite da parte di coloro che hanno
acquistato strumenti finanziari basati su mutui subprime.
A questo punto è evidente il ruolo delle agenzie di rating, messe sotto accusa,
non solo perchè le cartolarizzazioni dei mutui subprime sono state effettuate
con una percentuale troppo alta di rating favorevoli, ma anche per il ritardo
con il quale è intervenuta la revisione dei giudizi inizialmente assegnati. In
tal modo, ha ripreso vigore il dibattito sul conflitto di interessi delle
agenzie di rating (3), già affiorato nel corso degli ultimi anni, in
particolare dopo i noti scandali finanziari Enron e Parmalat (4) che hanno
fatto emergere in modo evidente il problema delle regole di condotta che
debbono essere seguite da chi produce e diffonde siffatte valutazioni.
2. - Le agenzie di rating esprimono pareri sul merito di credito di un
determinato emittente o strumento finanziario, valutando la probabilità di
fallimento dell'emittente, o rispetto ai suoi obblighi finanziari in generale
(rating dell'emittente) o rispetto ad un determinato debito o titolo a reddito
fisso (rating dello strumento) (5); così facendo, il rating può essere definito
come una previsione, espressa in forma sintetica, circa le prospettive di
solvibilità di un debitore, soggetto pubblico o privato, ad una certa data (6).
Nel formulare il giudizio sul merito del credito, le agenzie considerano
qualsiasi evento futuro che può essere anticipato e che può influenzare le
capacità di rimborso dell'emittente, sulla base di valutazioni analitiche,
obiettive ed indipendenti; poiché tale rischio può continuamente variare con il
mutare delle condizioni in cui opera l'azienda, od in relazione alle scelte e
strategie perseguite, le agenzie normalmente effettuano un monitoraggio
continuo del rating ed all'occorrenza intervengono con dei cambiamenti dello
stesso (7). Così facendo, le revisioni possono avvenire in qualsiasi momento,
se le mutate condizioni del settore di appartenenza dell'emittente o le
variazioni nella struttura finanziaria, patrimoniale e manageriale dell'azienda
sono tali da mettere in pericolo il regolare pagamento di capitale ed interessi
(8).
L'importanza del rating è ancor più di stretta attualità, con l'attuazione del
Nuovo Accordo internazionale sui requisiti patrimoniali delle banche, noto come
Basilea 2, in base al quale le banche dei Paesi aderenti debbono accantonare
quote di capitale proporzionali al rischio derivante dai vari rapporti di
credito assunti, valutato attraverso lo strumento del rating (9). In tal modo,
il rating diventa la condizione fondamentale che regola l'accesso al credito
bancario da parte delle imprese (10).
Con riguardo agli strumenti finanziari, i rating classificano gli emittenti in
categorie che corrispondono a gradi più o meno elevati di rischio fallimento;
di conseguenza, le agenzie utilizzano scale di valutazione nell'ambito delle
quali il discrimine fondamentale è tra la categoria «investment grade» (rischio
debole), alla quale appartengono i titoli che ottengono un rating di alto
livello, superiore ad una data soglia della scala e la categoria detta
«speculative grade» (rischio elevato), nella quale sono collocati i titoli a
basso livello di rating o not rated (junk bonds, maggiormente diffusi nel
mercato statunitense e solitamente caratterizzati da un alto rendimento:
high-yield bonds) (11).
Il rating, comunque, include anche altre informazioni sulle motivazioni
sottostanti all'assegnazione di quella specifica valutazione; in particolare la
maggior parte dei rating incorporano un cosiddetto «outlook» o prospettiva, che
indica la tendenza attesa del rating: la prospettiva può essere stabile,
positiva o negativa a seconda che la tendenza del rating sia di mantenimento
della categoria in essere, di miglioramento o di peggioramento
I rating sono solitamente richiesti - e pagati - dagli emittenti stessi
In questo caso, essi si basano sia su dati pubblicamente disponibili, sia su
informazioni che non sono accessibili al pubblico, ma che sono volontariamente
rivelate dall'entità oggetto di rating (ad esempio, in colloqui con dirigenti
finanziari dell'entità). Può succedere, però, che le agenzie pubblichino rating
di loro iniziativa (non su richiesta dell'emittente): in questo caso i rating
sono generalmente elaborati senza avere accesso ad informazioni non pubbliche
(14).
3. - I rating esercitano un'influenza considerevole sui mercati finanziari, in
quanto, pur essendo basati su valutazioni complesse, sono facilmente ed
immediatamente comprensibili per tutti gli investitori, a prescindere dal grado
di competenza e profilo (15); inoltre, l'affidamento degli investitori nei
giudizi espressi dalle agenzie di rating è elevato, stante la buona reputazione
di cui godono le stesse agenzie.
Per questi motivi, le agenzie svolgono un ruolo alquanto positivo, sia per gli
investitori sia per gli emittenti: agli investitori forniscono un'informazione
che li aiuta a valutare i rischi connessi ad un determinato titolo, quanto agli
emittenti contribuiscono ad abbassare i costi da loro sostenuti per raccogliere
capitali (almeno in caso di rating favorevole) (16).
Il ricorso alle valutazioni espresse dalle agenzie è aumentato in misura
esponenziale nel corso degli anni 90, con il convergere sempre maggiore sui
mercati del capitale di soggetti inesperti per i quali l'informazione primaria
risulta, per vastità e tecnicismo, di difficile comprensione, tanto da rendere
necessaria l'interposizione di una documentazione più sintetica e chiara (17);
senza contare poi che l'internazionalizzazione dei mercati, l'affacciarsi di
nuovi prenditori di fondi, l'ampliamento della gamma di titoli offerti,
caratterizzati da strutture finanziarie sempre più complesse, hanno reso sempre
più difficile il processo di scelta da parte degli investitori istituzionali
ed, ancor più, privati (18).
Il rating rappresenta, così, un vero e proprio parametro selettivo,
un'ulteriore fonte di informazioni relativa ai titoli presenti sul mercato
finanziario, che permette di semplificare e velocizzare il processo
decisionale: soprattutto se gli operatori necessitano di agire rapidamente, il
rating offre un aiuto non indifferente, rivelandosi mezzo informativo unico e
semplice da utilizzare, sintetico, affidabile e disponibile in qualsiasi
momento (19).
Il ruolo fondamentale del rating per il risparmiatore, ai fini della scelta di
investimento, è ben rappresentato dall'orientamento giurisprudenziale che
afferma la responsabilità dell'intermediario allorché non segnali - e non in
modo generico od approssimativo - la valutazione operata dalle agenzie
specializzate; si sostiene, infatti, che il rating è un fattore idoneo ad
influenzare in modo rilevante il processo decisionale dell'investitore, con la
conseguenza che la mancata comunicazione rappresenta la violazione dei più
elementari obblighi informativi (20).
In ogni caso, le agenzie di rating svolgono una funzione importante anche per
l'emittente: il successo commerciale di quasi tutte le emissioni di titoli di
debito dipende in gran parte dal rating che hanno ottenuto. In questo modo, il
rating è diventato un presupposto indispensabile per ottenere finanziamenti
esterni sui mercati mobiliari, soprattutto quando l'emittente non ha ancora una
presenza consolidata sui mercati obbligazionari; il rating di un emittente,
inoltre, determina i tassi di interesse che dovrà offrire per ottenere un
finanziamento esterno (21).
A ciò si aggiunga che nel caso in cui la presenza del rating sia obbligatoria
per legge o per le consuetudini, la valutazione di rating diviene condizione
necessaria per l'accesso al mercato ed irrinunciabile per il buon esito
dell'emissione (22).
Le diverse legislazioni nazionali, infatti, prevedono attualmente che alcuni
prodotti d'investimento possono essere venduti soltanto se il loro emittente
può dimostrare di avere un certo livello di merito di credito attestato da un
rating emesso da un'agenzia conosciuta (23); così, ad esempio, con riferimento
alle operazioni di cartolarizzazione dei crediti, l'art. 2, IV co., della l. n.
130 del 1999 prevede che nel caso in cui i titoli oggetto delle operazioni di
cartolarizzazione siano offerti ad investitori non professionali, l'operazione
debba essere sottoposta alla valutazione del merito di credito da parte di
operatori terzi. Allo stesso modo il IV co. dell'art. 100 bis T.u.f., relativo
alla circolazione dei prodotti finanziari, prevede che il co. II dello stesso
articolo (24) non si applica nell'ipotesi di rivendita di titoli di debito da
Stati membri dell'Ocse, con rating assegnato da almeno due primarie agenzie.
Alla Consob, inoltre, è attribuita la competenza di definire, con proprio regolamento,
i requisiti di professionalità ed i criteri per assicurare l'indipendenza di
tali soggetti, nonché il contenuto dell'informativa sugli eventuali rapporti
tra le agenzie di rating ed i soggetti che a vario titolo partecipano
all'operazione di cartolarizzazione (25).
Il rating, infine, svolge anche una funzione segnaletica, nei confronti del
mercato, della situazione finanziaria ed economica dell'azienda: soprattutto
nel caso in cui l'impresa ottenga una valutazione elevata, quest'ultima può essere
sfruttata come strumento di comunicazione e di pubblicità finanziaria,
divenendo quindi quasi una sorta di status simbol per l'azienda richiedente
(26).
4. - Il rating - come si è già rilevato in precedenza - condiziona fortemente
la scelta d'investimento da parte dei risparmiatori, tant'è che la mancata
comunicazione dello stesso costituisce la violazione di uno dei più elementari
doveri informativi posti in capo all'intermediario finanziario (27).
Si tenga in considerazione che le agenzie di rating utilizzano ampie formule
volte a sottolineare che i rating non rappresentano dei consigli di
investimento od una consulenza finanziaria, né equivalgono a raccomandazioni
per la compravendita o la detenzione di specifici titoli (28). In particolare,
le agenzie sono solite affermare che il rating è un «opinione indipendente
sull'affidabilità finanziaria di un soggetto economico in un certo momento» non
è «una certificazione contabile né una garanzia sull'effettivo pagamento del
debito» né «una raccomandazione ad acquistare o vendere un titolo» o «un
giudizio sulla convenienza di un particolare investimento» (29).
In questo modo, le agenzie intendono rimarcare la differenza tra i rating di
credito e le analisi effettuate dagli analisti che si occupano del mercato
azionario od obbligazionario e che formulano raccomandazioni ad acquistare,
vendere o mantenere un titolo azionario od obbligazionario (30).
Si sottolinea, inoltre, l'opportunità che ciascun investitore faccia le proprie
ricerche e valuti autonomamente ciascun titolo di cui prende in esame la
compravendita e la detenzione (31); si specifica, infatti, che il rating è «uno
dei tanti strumenti» a disposizione dei risparmiatori, per avere «una migliore
ed indipendente stima del rischio di credito dei titoli», al fine di «poter
meglio effettuare le scelte di portafoglio sulla base delle preferenze di
rischio e rendimento» (32).
In estrema sintesi, si vuole ribadire che il rating è una semplice «opinione»
proveniente da un soggetto «indipendente», mentre il responsabile della scelta
di investimento rimane sempre e soltanto l'investitore.
Anche la Direttiva 2003/125/Ce del 22 dicembre 2003, recante modalità di
esecuzione della Direttiva 2003/6/Ce del 28 gennaio 2003, del Parlamento e del
Consiglio sul market abuse, precisa che i giudizi espressi dalle agenzie non
integrano una raccomandazione di investimento, ai sensi della Direttiva, ma
semplici «pareri sulla capacità di credito di un particolare emittente o di un
particolare strumento finanziario ad una certa data».
Nonostante tali precisazioni, è un dato notorio che gli investitori non
professionali ripongono ampio affidamento sulle valutazioni espresse dalle
agenzie (33), in quanto la funzione principale del rating è proprio quella di
consentire di ponderare meglio i rischi di credito assunti (34).
È questa, pertanto, la ragione per la quale la mancata comunicazione del rating
è fonte di responsabilità per l'intermediario (35), sulla base del presupposto
che la valutazione delle agenzie è un fattore idoneo ad influenzare
profondamente il processo decisionale dell'investitore.
In questo modo, si pone il problema, in primo luogo della «qualità» dei rating
e successivamente quello della eventuale responsabilità delle agenzie nel caso
di valutazioni non veritiere.
Con riguardo al primo aspetto, si può solo rilevare - non essendo questo il
tema della presente indagine - che l'attività delle agenzie deve basarsi
sull'obiettività ed imparzialità delle valutazioni e ciò dovrebbe riflettersi
sia nelle regole di condotta che essi si impongono, sia nella organizzazione
interna sia nelle loro fonti di profitto (36); questo è, ad esempio, il motivo
per il quale sussiste il divieto per le agenzie di prendere parte al
collocamento ed alla negoziazione dei titoli (37).
In ogni caso, i dubbi che l'informazione delle agenzie di rating non sia sempre
neutrale provengono da una molteplicità di circostanze, tra cui in primis il
sistema di remunerazione che produce spesso un conflitto di interessi (38); in
tal modo, l'attendibilità delle valutazioni potrebbe essere compromessa dai
rapporti intrattenuti con l'emittente. Così ad esempio nell'ambito della crisi
legata ai mutui subprime, è forte il sospetto che la troppa generosità nel
rilasciare valutazioni positive sia derivato non tanto da errori materiali
quanto dall'interesse delle stesse agenzie all'emissione dei «bond».
La sopravvivenza di un'agenzia sul mercato, tuttavia, dipende essenzialmente
dalla bontà dei giudizi emessi ed, ancora di più, dall'indipendenza e trasparenza
del suo operare (39). Se gli investitori avvertissero che le valutazioni
formulate da una certa agenzia non esprimono, con la dovuta puntualità e
competenza, l'effettiva valutazione del rischio di credito degli emittenti,
comincerebbero ad ignorare quelle informazioni e la caduta di credibilità ne
determinerebbe l'uscita dal mercato (40); a tal proposito, seppur con riguardo
alle società di revisione, si può ricordare come Arthur Andersen sia scomparsa
dal mercato a causa della perdita della reputazione piuttosto che per le
sentenze di condanna (41).
A ciò si aggiunga che la Direttiva europea sui requisiti patrimoniali n. 482006
(CRD) - che introduce un nuovo quadro di adeguatezza per gli enti creditizi e
le imprese di investimento, basandosi sui nuovi requisiti patrimoniali
internazionali adottati nel 2004, dal Comitato di Basilea per la vigilanza
bancaria (Basilea II) - prevede l'utilizzo di valutazioni provenienti soltanto
da agenzie che godono di credibilità ed affidabilità da parte degli utenti, da
valutarsi sulla base di determinati requisiti espressamente previsti.
Per questo motivo, la CRD indica un certo numero di prerogative che le agenzie
esterne di valutazione del merito di credito (ECAI) debbono soddisfare per
poter essere riconosciute dall'autorità competente; così ad esempio, i loro
rating debbono essere attribuiti in modo obiettivo ed indipendente e
regolarmente rivisti. È previsto, altresì, che le autorità competenti debbono
verificare se, sul mercato, le valutazioni del merito di credito di una data
ECAI siano considerate credibili ed affidabili dai loro utenti.
Allo stesso modo, il co. V, dell'art. 2 della l. 30 aprile 1999, n. 130,
concernente le operazioni di cartolarizzazione dei crediti, attribuisce alla
Consob di stabilire, con proprio regolamento, i requisiti di professionalità ed
i criteri che debbono presentare le agenzie di rating, al fine di assicurare
l'indipendenza nella valutazione del merito di credito e l'informativa sugli
eventuali conflitti di interessi.
Al riguardo, la Consob, con delibera n. 12175 del 2 novembre 1999, non solo ha
previsto specifici requisiti di professionalità che debbono rispettare gli
operatori incaricati di svolgere la valutazione del merito di credito nelle
operazioni disciplinate dalla legge n. 130/1999 (42), ma ha anche emanato
principi volti a garantire l'indipendenza nelle valutazioni (43).
5. - Nell'ipotesi in cui il rating, espresso in relazione ad alcuni strumenti
finanziari largamente diffusi sul mercato, si riveli in tutto o in parte
infondato, si pone il problema di stabilire se possa sussistere una
responsabilità dell'agenzia nei confronti degli investitori, che, facendo
affidamento in buona fede sulle valutazioni espresse dall'agenzia, hanno subito
un pregiudizio, a causa dell'insolvenza dell'emittente.
Si tenga in considerazione che gli investitori sono terzi estranei al rapporto
contrattuale che vincola l'emittente e l'agenzia di rating con la conseguenza
che la responsabilità che viene in rilievo è quella extracontrattuale, di cui
all'art. 2043 c.c.
La fattispecie di responsabilità non muta nemmeno nell'ipotesi, meno frequente,
in cui il rating non sia stato richiesto dall'emittente, ma sia stato assegnato
su iniziativa dell'agenzia, al di fuori di qualsiasi incarico: anche in questo
caso non sussiste alcun vincolo contrattuale tra chi ha emesso il rating e chi
lamenta il pregiudizio.
In tal modo, dovendosi far riferimento all'art. 2043 c.c. per accertare
l'eventuale responsabilità dell'emittente, si può utilizzare lo schema
d'indagine delineato dalla C. sez. un. n. 500 del 1999 (44). Tale pronuncia,
infatti, nel rappresentare i profili di responsabilità extracontrattuale della
P.A. per illegittimo esercizio della funzione pubblica ha indicato le linee di
indagine che l'operatore deve seguire, in ordine successivo, per verificare
l'esistenza di un illecito civile riconducibile all'art. 2043 c.c.
In base a questa ricostruzione, l'interprete deve: riscontrare la sussistenza
dell'evento di danno, inteso proprio come evento economicamente pregiudizievole
(danno patrimoniale); vagliare la sussistenza di un danno ingiusto (la lesione
dell'interesse meritevole di tutela secondo l'ordinamento giuridico);
verificare se la lesione sia casualmente riferibile ad un autore (la presenza
della causalità di fatto, intesa in senso analogo alla previsione dell'art. 40
c.p.); infine accertare se c'è stata o meno la colpa od un altro criterio di
imputazione (45).
Si propone, così, una lettura al contrario dell'art. 2043, nel quale il danno
patrimoniale è il dato finale, mentre la colpa, quello iniziale. In sede
applicativa, tuttavia, è proprio la sussistenza di un danno patrimoniale che
legittima l'interprete a procedere oltre nella verifica della completezza della
fattispecie di responsabilità. Se manca il danno patrimoniale, non può esservi
nemmeno l'illecito aquiliano, pertanto appare corretto muovere dal dato
legislativamente posto in fine, per accertare se sussiste la responsabilità
civile (46).
La struttura dell'illecito civile indicata dalla pronuncia 5001999 viene
delineata per la risarcibilità degli interessi legittimi, ma sembra avere una
portata generale; di conseguenza, appare opportuno seguire questo schema anche
nella presente indagine, tenuto conto della particolarità della fattispecie
oggetto di esame.
Si consideri, infine, che la responsabilità delle agenzie di rating per
informazioni inesatte nei confronti dei terzi potrebbe essere considerata anche
di natura contrattuale, se si adottasse l'orientamento che, nell'ambito della
responsabilità professionale, tende ad applicare, nei confronti dei terzi, la
responsabilità da «contatto sociale».
Tale ricostruzione, consolidatasi come è noto nell'ambito della responsabilità
medica (47), è stata poi impiegata anche per altre figure professionali come ad
esempio il notaio (48) oppure l'odontoiatra (49), sulla base della convinzione
che la responsabilità contrattuale tuteli meglio il cliente, offrendo una
garanzia più ampia, fondata, principalmente, sul più lungo termine di prescrizione.
Nella pronuncia della S.C., n. 589/1999, in cui è stata applicata, per la prima
volta, la responsabilità da contatto sociale per il medico dipendente, si
sottolinea come tale ricostruzione potrebbe essere adottata per ogni «operatore
di una professione c.d. protetta».
È di tutta evidenza che le agenzie di rating esulano dall'ambito delle
tradizionali professioni protette, tenuto conto tra l'altro che l'attività
degli analisti finanziari (50) è una professione libera (51); tuttavia, è
indubbio che le agenzie possiedono uno status particolare che genera un
notevole affidamento nei terzi sulla corretta esecuzione della prestazione.
In questo senso, depone non solo il carattere fortemente oligopolistico
dell'industria del rating (52), ma anche il fatto che la sopravvivenza di
un'agenzia - come si è già rilevato - dipende proprio dalla reputazione che si
è conquistata sul mercato per l'attendibilità e l'affidabilità del suo operare
(53); senza contare, poi, il ruolo istituzionale delle agenzie di rating, in
considerazione della crescente importanza del mercato delle obbligazioni
private e del fatto che, ai giudizi delle agenzie, è riconosciuto un sempre più
esteso riconoscimento all'interno delle regolamentazioni, oltre che della
prassi, dei mercati finanziari (54).
In tal modo, anche se si ragiona in termini di responsabilità contrattuale
fondata sul contatto sociale intervenuto tra il terzo e l'agenzia (55), non si
può, automaticamente, far derivare dalla semplice diffusione di rating errati
una responsabilità nei confronti degli investitori per i pregiudizi dagli
stessi subiti. In questa ipotesi, infatti, si deve accertare se il danno patito
sia risarcibile secondo le norme che disciplinano la causalità giuridica,
la quale svolge la funzione di selezionare le conseguenze dannose.
In ambito contrattuale, infatti, si deve applicare la regola secondo la quale,
in caso di inadempimento del debitore, si debbono delimitare le conseguenze
risarcibili, disciplinate dall'art. 1223 c.c. e quindi verificare se le
conseguenze si configurino come sviluppo del rischio che la corretta esecuzione
della prestazione avrebbe permesso di arginare.
Su questo aspetto, comunque, ci si soffermerà nel § n. 10.
6. - Alla luce dei recenti scandali finanziari (56), sia nazionali che
internazionali, l'ipotesi più probabile in cui si può profilare il problema di
una responsabilità delle agenzie di rating è rappresentata dal caso in cui,
nonostante la valutazione positiva, l'emittente divenga insolvente, con
conseguente pregiudizio degli investitori, che hanno fatto affidamento sul
giudizio positivo rilasciato dall'agenzia.
Astrattamente, in ogni caso, potrebbero presentarsi anche altri scenari, come,
ad esempio, nell'ipotesi in cui il pregiudizio lamentato sia collegato non
all'investimento realizzato ma a quello che non è stato effettuato, a causa di
un rating negativo, rivelatosi poi infondato; in questa fattispecie, pertanto,
verrebbe in rilievo una lesione in senso negativo della libertà contrattuale
del risparmiatore, il quale è stato indotto a non concludere un contratto di
investimento che, invece, sarebbe stato concluso, se la valutazione fosse stata
corretta (57). In tal caso, pertanto, l'evento di danno lamentato sarebbe
rappresentato dal guadagno che l'investitore, invece, avrebbe ricavato ponendo
in essere l'investimento.
Indubbiamente più realistica è l'ipotesi in cui il pregiudizio sia lamentato
dall'emittente, nel caso di rating negativo, assegnato su iniziativa
dell'agenzia (58). In questa fattispecie, si pone il problema non solo della
lesione della libertà contrattuale in senso negativo ma anche della lesione
della reputazione economica dell'emittente stesso (59).
In altri termini, l'evento di danno lamentato dall'emittente è espresso non
solo dai pregiudizi conseguenti al comportamento degli investitori, indotti a
non sottoscrivere o a vendere i titoli oggetto di rating, ma anche dalla
lesione della reputazione economica dell'emittente stesso (60).
Gli scenari, comunque, possono essere ancora più complicati, basti pensare
all'ipotesi in cui un investitore storico, a causa del rating negativo
assegnato negligentemente dall'agenzia, sia indotto a vendere frettolosamente
gli strumenti finanziari, subendo così un pregiudizio patrimoniale.
In ogni caso, appare opportuno focalizzare l'attenzione sul primo caso
configurato, tenuto conto del rilievo effettivo dello stesso, senza considerare
poi che tutte le ipotesi esaminate hanno in comune l'identico accertamento
dell'elemento soggettivo della colpa, che - come si vedrà in seguito - è
indubbiamente il presupposto di più difficile riscontro, al fine di verificare
la sussistenza di una responsabilità delle agenzie di rating.
Nell'ipotesi, pertanto, in cui la responsabilità dell'agenzia di rating sia
invocata dall'investitore - il quale è stato indotto a sottoscrivere strumenti
finanziari rivelatisi assolutamente inadeguati rispetto alla valutazione
espressa dall'agenzia, a causa del default dell'emittente - l'evento di danno è
costituito dalla perdita patrimoniale subita dal risparmiatore.
Nello specifico tale pregiudizio è rappresentato, generalmente, dall'importo
impiegato nell'investimento in questione, detratto, comunque, il valore attuale
dei titoli e l'importo delle cedole eventualmente percepite (allorché gli
strumenti siano ancora nella disponibilità dell'investitore) (61) oppure nella
differenza tra la somma di acquisto e quella minore a cui l'investitore sia
stato costretto a venderli a seguito dell'insolvenza dell'emittente.
Si tenga in considerazione, in ogni caso, che nell'ipotesi in cui si accerti
una responsabilità dell'agenzia di rating, ai fini della quantificazione del
danno, possono essere tenute in considerazione anche altre circostanze
rilevanti, come, ad esempio, un eventuale concorso di colpa dell'investitore,
ex art. 1227 c.c.; tale ipotesi, comunque, sarà esaminata nel § n. 8, in quanto
attiene alla fase causativa del danno.
7. - Nel caso in cui un terzo invochi la responsabilità dell'agenzia di rating
- per aver rilasciato un rating assolutamente inadeguato rispetto alla
situazione economica dell'emittente - lamenta la lesione della propria libertà
contrattuale; in altre parole, sostiene che l'agenzia, con l'emanazione di un
rating errato, ha interferito nell'attività negoziale ed ha alterato la propria
volontà, in quanto egli confidava nella correttezza del giudizio emesso
dall'agenzia e di conseguenza nella solvibilità dell'emittente.
D'altro canto, però, le agenzie di rating tengono a sottolineare che il rating
è una «opinione indipendente» sull'affidabilità finanziaria dell'emittente e
per gli investitori è solo «uno dei tanti strumenti loro disponibili per avere
una migliore ed indipendente stima del rischio di credito dei titoli
obbligazionari» (62); detto in altri termini, il rating non è un «commento
sull'opportunità di un dato investimento», in quanto spetta a ciascun
investitore fare le proprie ricerche e valutare autonomamente ciascun titolo di
cui prenda in esame la compravendita o la detenzione (63), con la conseguenza
che la decisione dell'investimento è ricollegabile soltanto alla volontà
dell'investitore.
Nella fattispecie, pertanto, si deve verificare se l'affidamento
dell'investitore sulla solvibilità dell'emittente, generato dalla valutazione
dell'agenzia, sia meritevole di tutela: si tratta di accertare se il danno
patito dall'investitore (che è un terzo rispetto all'agenzia) e cagionato
dall'affidamento riposto nel rating sia o meno ingiusto.
Si deve operare, così, un giudizio di bilanciamento tra gli interessi contrapposti
e tale giudizio deve essere condotto alla luce dell'insegnamento della Cass.,
sez. un., 5001999 (64): per accertare l'ingiustizia del danno l'operatore deve
procedere ad un «giudizio di comparazione degli interessi in conflitto, e cioè
dell'interesse effettivo del soggetto che si afferma danneggiato, e
dell'interesse che il comportamento lesivo dell'autore del fatto è volto a
perseguire, al fine di accertare se il sacrificio dell'interesse del soggetto
danneggiato trovi o meno giustificazione nella realizzazione del contrapposto
interesse dell'autore della condotta, in ragione della sua prevalenza».
La clausola generale dell'ingiustizia del danno, infatti, risolve ogni
conflitto mediante un giudizio comparativo tra gli interessi contrapposti: la
comparazione di detti interessi si risolve nell'accertare in quale misura e per
quale fine l'ordinamento giuridico esprime una certa tutela, seppure in ambiti
diversi da quelli in conflitto (65).
Con riguardo all'interesse perseguito dalle agenzie di rating, si tenga in
considerazione che queste ultime spesso comparano la propria attività di
analisi e di valutazione del merito di credito all'attività giornalistica
avente ad oggetto la materia finanziaria, con la conseguente richiesta di
estendere loro la tutela accordata da norme di rango costituzionale alla
libertà di stampa (66).
Seguendo questa impostazione, pertanto, viene in rilievo il principio
costituzionale di libera manifestazione del pensiero, di cui all'art. 21 Cost.
che si contrapporrebbe all'art. 47 Cost. che tutela il risparmio, invocato
dagli investitori.
In ogni caso, il giudizio di comparazione e valutazione degli interessi
contrapposti non è rimesso alla discrezionalità del giudice, ma deve essere
condotto alla stregua del diritto positivo, al fine di accertare se «il
sacrificio dell'interesse del soggetto danneggiato trovi o meno giustificazione
nella realizzazione del contrapposto interesse dell'autore della condotta, in
ragione della sua prevalenza» (67).
In altre parole, si tratta di accertare se, nel nostro ordinamento, vi siano
indici che portano a ritenere che l'affidamento incolpevole del risparmiatore
nella veridicità e correttezza delle informazioni rese da un soggetto
affidabile quale l'agenzia di rating sia particolarmente tutelato oppure se sia
destinato a soccombere davanti alla tutela riconosciuta alla libertà di
informazione.
A tal proposito, si deve rilevare che se la condotta del terzo, che ha diffuso
le informazioni errate, è caratterizzata dall'elemento soggettivo del dolo è
indubbio che il danno sia ingiusto: in ambito contrattuale, in caso di dolo del
terzo, il contraente che era a conoscenza del dolo sarà responsabile ex art.
1338 c.c., mentre il risarcimento del danno extracontrattuale potrà essere
richiesto senza limiti al terzo autore del dolo; inoltre, l'azione nei
confronti del terzo è esperibile anche se il contratto non viene annullato ed
anche se lo stesso non può essere annullato, perché manca la conoscenza del
raggiro del terzo da parte del contraente che ne ha tratto vantaggio (68).
A prescindere dall'esistenza del dolo - che nell'ambito dell'illecito
extracontrattuale non è soltanto un criterio di imputazione della
responsabilità ma incide anche sulla stessa qualificazione di ingiustizia del
danno (69) - si può sottolineare che anche se è incerto che nel nostro sistema
sussista un diritto del singolo all'esattezza dell'informazione altrui (70),
tuttavia, in caso di lesione della libertà contrattuale per false informazioni,
si tende a tutelare l'affidamento del terzo, allorché l'informazione provenga
da un soggetto che riveste uno status, tale da ingenerare un particolare
affidamento nella serietà e veridicità dell'informazione resa (71).
Questo, ad esempio, è il caso della lesione dell'affidamento suscitato dalla
lettera di patronage, allorché un istituto bancario sia indotto a concedere
linee di credito, sul presupposto della veridicità delle dichiarazioni del
patronnant (72); altrettanto significativo è il caso della banca nell'ipotesi
in cui, fornendo ad un privato false od incomplete informazioni sulla
situazione finanziaria di un proprio cliente, determini il primo a concludere
un contratto, che si riveli successivamente dannoso proprio a causa
dell'insolvenza della controparte (73), oppure nel caso in cui la banca
trattaria abbia fornito notizie (ad es., benefondi) non corrispondenti
realmente alla situazione finanziaria del traente al momento della richiesta
delle informazioni (74).
Al riguardo, il principio che sovente viene ripetuto è che la banca, in caso di
richiesta di informazioni, è libera di dare o di rifiutare le informazioni
richieste, ma se le fornisce deve darle veritiere, altrimenti risponde ex art.
2043 c.c. (75); tale assunto è motivato facendo riferimento alla posizione
della banca ed al particolare status di quest'ultima, parte del sistema
bancario, ispirato a regole di trasparenza ed alla corretta gestione del
credito.
Con riguardo alla banca, in ogni caso, potrebbe sostenersi che la vera fonte
dell'obbligo di fornire informazioni veritiere, in casi come quello del
benfondi, risieda nella prassi bancaria in base alla quale le banche si
scambiano informazioni che si debbono presumere veritiere nell'interesse
dell'intero sistema bancario (76). Allo stesso modo, con riferimento alla
lettera di patronage, si potrebbe affermare che l'esigenza di valutare con
maggior rigore la responsabilità, risieda nella particolare posizione
dell'informatore, il quale non solo conosce i fatti che attesta nella lettera
ma
è anche terzo interessato al negozio patrocinato, della cui conclusione o
continuazione si rende promotore o intermediario in senso lato (77).
Di conseguenza, questi casi potrebbero risultare non decisivi per valutare se
sia ingiusto il danno patito dall'investitore e se sussista un proprio
interesse, giuridicamente tutelato, a ricevere dall'agenzia di rating
informazioni corrette.
Si tenga presente, comunque, che la giurisprudenza è solita affermare la
sussistenza di un obbligo di fornire informazioni esatte per chi svolge professionalmente
o istituzionalmente attività di raccolta e diffusione di informazioni di
carattere economico (78) e già questo potrebbe essere un indice da cui desumere
la prevalenza dell'interesse del risparmiatore.
Allo stesso modo, si può ricordare come nel nostro ordinamento vi sia già una
norma che riguarda la responsabilità di un soggetto particolarmente qualificato
nei confronti dei terzi per i danni cagionati dalle informazioni inesatte
rilasciate (79): il legislatore, con l'art. 164, co. II, T.u.f. e con l'art.
2409 sexies - introdotto dal d.lgs. 17 gennaio 2003, n. 6 - ha espressamente
tipizzato l'illecito dei revisori contabili nei confronti dei terzi, risolvendo
così il problema dell'ingiustizia del danno e della sussistenza di un diritto
tutelato dei terzi a ricevere informazioni corrette (80).
Di recente, inoltre, l'art. 94 T.u.f., come sostituito dall'art. 3, d.lgs. n.
51 del 28 marzo 2007, ha «tipizzato» la fattispecie della «responsabilità da
prospetto», prevedendo una responsabilità parziaria tra i vari soggetti
responsabili delle informazioni contenute nel prospetto, ad esclusione
dell'intermediario responsabile del collocamento, il quale è sottratto al
regime di responsabilità pro quota (co. IX). Senza contare, altresì, che, dai
compilatori del codice civile del 1942, l'art. 2935 c.c. è stato
"pensato" proprio con riferimento alla fattispecie della
responsabilità per informazioni erronee degli amministratori nei confronti del
socio o del terzo (81).
In ogni caso, possono individuarsi anche altri criteri normativi, ben più
pregnanti, da cui desumere che l'affidamento incolpevole nella veridicità delle
risultanze provenienti dal rating è particolarmente tutelato. Significativa è
la recente normativa comunitaria volta a tutelare la trasparenza del mercato
finanziario, attraverso la predisposizione di regole che debbono garantire
l'integrità delle informazioni sugli strumenti finanziari.
In particolare, l'art, 1 punto 2, lett. c), della direttiva 2003/6/Ce -
sull'abuso di informazioni privilegiate e la manipolazione del mercato -
prevede il divieto della diffusione di informazioni false o fuorvianti in
merito agli strumenti finanziari, se la persona che le ha diffuse sapeva o
avrebbe dovuto sapere che le informazioni erano false o fuorvianti.
Sulla base di tale riferimento, la Commissione sulle agenzie di rating del
credito, istituita presso la UE, ha formalmente sottolineato la necessità per
le agenzie di rating di dotarsi di politiche e procedure interne che permettano
di garantire l'obiettività, l'indipendenza e l'affidabilità, in modo da
accrescere la fiducia degli investitori (82). Senza contare che il Codice Iosco
(83) contiene criteri generali ai quali le agenzie debbono ispirarsi, al fine
di migliorare la trasparenza del processo di assegnazione del rating, di
proteggere l'integrità e l'indipendenza delle agenzie nei rapporti con gli
emittenti, gli investitori e gli altri partecipanti al mercato.
Anche il legislatore italiano (84), intervenendo con la disciplina di
attuazione della direttiva 2003/6/Ce, ha previsto il divieto di diffusione di
informazioni false o fuorvianti, perché costituiscono una manipolazione del
mercato.
In tal modo, risulta evidente che l'ordinamento giuridico esprime una tutela
particolarmente forte per l'interesse degli investitori a ricevere informazioni
obiettive ed affidabili; si consideri, altresì, che tanto più l'interesse degli
investitori è tutelato, tanto più aumenta la fiducia degli stessi nel mercato
finanziario, così che la corretta circolazione delle informazioni appare
indispensabile non solo per la tutela dei risparmiatori ma anche per un
corretto funzionamento del mercato (85).
Alla luce del rilievo assunto dalla tutela del risparmio pubblico, pertanto, è
impensabile che non sia richiesto uno standard professionale alquanto elevato
per chi diffonde informazioni finanziarie, tenuto conto che la trasmissione di
informazioni corrette è fondamentale non solo per i risparmiatori (al fine di
poter effettuare scelte consapevoli tra i vari prodotti finanziari) ma anche
per l'integrità del mercato.
Anche se il co. 8º dell'art. 114 del T.u.f. (86) e l'art. 69 decies del
Regolamento Consob n. 11971 (c.d. regolamento emittenti) (87) - nel prevedere
obblighi di trasparenza per i soggetti che producono studi o raccomandazioni -
escludono dal proprio ambito di applicazione le agenzie di rating, è indubbia
la sussistenza di doveri di correttezza e di trasparenza per le stesse,
derivanti non solo dai principi generali dell'ordinamento, ma anche dalla
legislazione comunitaria e dal Codice Iosco.
Di conseguenza, l'esclusione delle agenzie di rating dall'ambito di operatività
dell'art. 114 T.U.F. e dell'art. 69 decies Reg. Emittenti potrebbe essere
interpretata con la volontà, non di attenuare gli obblighi di condotta in capo
alle agenzie, bensì di distinguere - come già effettuato dalla Direttiva
2003/125Ce, riguardante la corretta presentazione delle raccomandazioni di
investimento - i rating dagli studi e dalle raccomandazioni emanate dagli
analisti finanziari.
Appare poco convincente, di conseguenza, il richiamo al principio
costituzionale di libera manifestazione del pensiero, invocato spesso dalle
agenzie di rating, al fine di escludere ogni responsabilità e giustificato
sulla base del presupposto che il rating sarebbe soltanto una semplice
«opinione». Si consideri, infatti, che il legislatore ha esteso gli obblighi di
trasparenza e correttezza, previsti per i soggetti che producono studi o
raccomandazioni, anche ai giornalisti che diffondono notizie sugli strumenti
finanziari (88), rinviando in ogni caso alle norme di autoregolamentazione
proprie di detta professione, per l'attuazione di tali doveri (89).
Può essere utile, comunque, richiamare l'orientamento in tema dei c.d.
warentests, ossia dei servizi giornalistici che presuppongono o diffondono
verifiche delle caratteristiche qualitative di un prodotto o di più prodotti
tra loro fungibili; anche in questo caso, la diffusione delle informazioni, se
errate, può pregiudicare la libertà contrattuale ed anche in questa ipotesi il
diritto di chi pubblica o divulga tali indagini è fondato sull'art. 21 cost.
Tali indagini, comunque, sono considerate perfettamente lecite, se le prove
merceologiche sono effettuate con diligenza, serietà ed obbiettività (90);
pertanto, il discrimine tra liceità ed illiceità è individuabile nella serietà
e scientificità del metodo seguito in sede di analisi comparativa tra prodotti
diversi, mentre l'erroneità delle informazioni potrà far sorgere la
responsabilità soltanto se conosciuta o conoscibile dal giornalista di media
preparazione (91).
Detto in altri termini, l'interesse a non subire interferenze nella propria
attività contrattuale prevale allorché la pubblicazione di dati non presenti
quel minimo di rigore scientifico che si impone nell'esercizio del diritto di
cronaca oppure se, nonostante il rigore del metodo seguito, i risultati sono
palesemente errati e l'errore sia riconoscibile da un professionista di media
preparazione (92).
Alla luce di queste considerazioni, sarebbe contraddittorio non ritenere
meritevole di tutela l'affidamento generato da comunicazioni rese al mercato,
allorché tali informazioni provengano da un soggetto particolarmente
qualificato, come le agenzie di rating, che ragionevolmente ingenerano fiducia
nella serietà e credibilità delle proprie valutazioni. Tale assunto, in ogni
caso, non può portare ad affermare la responsabilità ogniqualvolta le
valutazioni si siano rivelate errate, ma soltanto nel caso in cui le agenzie
non si siano attenute allo standard professionale richiesto.
Tale standard professionale, in ogni caso, dovrà essere valutato con
particolare rigore, tenuto conto dello status delle agenzie di rating e del
conseguente affidamento suscitato dalle proprie dichiarazioni nonché della
circostanza che le informazioni fornite influenzano non solo la libertà
contrattuale dei destinatari ma anche un bene (il risparmio pubblico), oggetto
di particolare tutela da parte dell'ordinamento.
8. - Ai fini del sorgere della responsabilità dell'agenzia di rating è
necessario che sussista un rapporto di causalità tra la condotta dell'agenzia,
che ha portato all'emissione di una valutazione errata ed il pregiudizio subito
dall'investitore a causa dell'insolvenza dell'emittente.
Occorre, pertanto, che sia dimostrato il nesso causale tra l'errata valutazione
circa il rischio di insolvenza dell'emittente e la perdita dell'investimento;
in altre parole, l'investitore deve provare che, se la valutazione espressa
dall'agenzia fosse stata corretta, sarebbe stato disincentivato e non avrebbe
quindi sottoscritto gli strumenti finanziari dell'emittente.
L'onere probatorio è il medesimo che incombe sull'investitore allorché lamenti
la responsabilità dell'intermediario per violazione degli obblighi informativi:
anche in questa ipotesi - ai fini del sorgere della responsabilità -
l'investitore deve dimostrare che una informazione corretta lo avrebbe dissuaso
dal compiere l'operazione ovvero lo avrebbe condotto ad una scelta di
investimento diversa (93).
È evidente, in ogni caso, che l'investitore potrà assolvere al proprio onere
probatorio mediante presunzioni a norma dell'art. 2727 c.c.; in particolare,
nel caso di insolvenza dell'emittente nonostante il rating positivo, l'attore
potrà assumere come «normale e corrispondente a regolarità causale», che non
avrebbe sottoscritto i titoli, se non vi fosse stata l'erronea valutazione
sulla solvibilità dell'emittente.
Tale assunto non pare superabile dalle formule che generalmente accompagnano il
rilascio del rating, al fine di sottolineare che il «rating assegnato non
rappresenta una raccomandazione ad acquistare, vendere o detenere titoli»,
oppure che il rating è assegnato «in base al presupposto e al sottointeso che
ciascun investitore farà le proprie ricerche e valuterà autonomamente ciascun
titolo di cui prenda in esame la compravendita o la detenzione» (94).
Siffatte enunciazioni appaiono generiche ed indeterminate e, pertanto, di stile
e non idonee a confutare il ruolo fondamentale che il rating svolge nel processo
decisionale del risparmiatore, ai fini della scelta di investimento. Il rating,
infatti, è considerato dalla giurisprudenza un elemento che condiziona in modo
determinante la scelta di investimento, tant'è che la mancata comunicazione
dello stesso rappresenta la violazione dei più elementari obblighi informativi
spettanti all'intermediario (95).
Sarebbe, pertanto, contraddittorio ravvisare l'esistenza di un nesso causale
tra la mancata comunicazione del rating da parte dell'intermediario e la scelta
d'investimento e negare, invece, il rapporto nell'ipotesi di rating erroneo,
rilasciato dall'agenzia. In altre parole, la finalità del rating, volta a
consentire ai risparmiatori scelte maggiormente consapevoli, agevola il ricorso
alle presunzioni, consentendo di fondare una presunzione semplice di causalità
efficiente e di ipotizzare la sussistenza di un nesso causale «tipizzato» tra
il fatto doloso o colposo dell'agenzia ed il pregiudizio subito dal terzo.
Nel caso di specie, pertanto - pur vertendosi in tema di responsabilità
extracontrattuale in cui spetta al danneggiato l'onere di provare il rapporto
tra la condotta del danneggiante ed il pregiudizio lamentato - può ritenersi in
re ipsa il nesso di causalità tra l'emanazione di un rating positivo, l'investimento
effettuato ed il danno subito dall'investitore, in conseguenza dell'insolvenza
dell'emittente.
Diviene, così, onere dell'agenzia convenuta fornire la prova dell'esistenza di
fatti idonei ad interrompere il nesso causale, al fine di dimostrare che la
valutazione positiva fornita dall'agenzia non ha influenzato la scelta
dell'investitore, come, ad esempio, nel caso in cui risulti che nel portafoglio
di quest'ultimo vi erano numerosi titoli appartenenti alla c.d. categoria
«speculative grade».
Tale impostazione appare coerente con i principi in ordine alla distribuzione
dell'onere della prova ed al rilievo che assume a tal fine la «vicinanza alla
prova», e cioè la effettiva possibilità per l'una o per l'altra parte di
offrirla (96): sarebbe alquanto gravoso per l'investitore dimostrare che la
decisione è stata indotta esclusivamente o prevalentemente dalla valutazione
dell'agenzia.
Sarà, invece, onere del convenuto fornire la prova di fatti da cui si evinca
l'insussistenza di un rapporto causale, come ad esempio nell'ipotesi in cui
emerga un profilo dell'investitore caratterizzato da una forte propensione al
rischio: in questa ipotesi, è dubbio che possa ammettersi un nesso causale tra
il rating erroneo ed il pregiudizio patrimoniale subito dal risparmiatore,
essendo plausibile ritenere che anche nel caso di rating negativo,
l'investitore avrebbe ugualmente sottoscritto i titoli (97).
La situazione è differente nel caso in cui dopo un'iniziale rating positivo
(errato), l'agenzia abbia provveduto a rivedere, in negativo, le proprie
valutazioni: se il risparmiatore ha sottoscritto l'investimento dopo che
l'agenzia ha provveduto a rivedere la propria stima, non vi è alcun nesso tra
l'iniziale errore e la perdita patrimoniale subita.
Discorso diverso deve essere effettuato nell'ipotesi in cui l'iniziale rating
positivo abbia influenzato la scelta di investimento; in particolare, si pone
il problema di accertare sia se il risparmiatore sia tenuto ad attivarsi per
conoscere l'eventuale progressivo deterioramento del rating, sia se lo stesso,
una volta appreso il mutamento del rating, abbia il dovere di limitare le
conseguenze dannose, vendendo ad esempio i titoli.
Appare chiaro che l'indagine deve essere condotta caso per caso; a livello
generale, comunque, si possono svolgere alcune considerazioni. In particolare,
si può sottolineare che si tende ad affermare l'obbligo dell'intermediario di
comunicare al cliente il progressivo peggioramento del rating soltanto nel caso
di rapporto di gestione del portafoglio, mentre si esclude tale dovere allorché
l'intermediario si sia limitato a prestare il solo servizio di negoziazione
(98); di conseguenza, solo in quest'ultima ipotesi verrebbe in rilievo un
eventuale dovere di autoinformazione.
In ogni caso, in qualsiasi modo l'investitore abbia avuto conoscenza del
deterioramento del rating, si pone il problema di ipotizzare un dovere, ex art.
1227, comma 2°, di vendere il titolo al fine di ridurre o comunque non
aggravare le conseguenze dannose derivanti dall'illecito dell'agenzia. Il
discrimen tra danni evitabili, e quindi non risarcibili, e danni non evitabili,
come tali risarcibili, infatti, è costituito dall'onere di adoperare
l'ordinaria diligenza senza attività gravose o straordinarie, tranne che il facere
non sia legittimato in base al principio di correttezza che caratterizza l'art.
1227, comma 2° (99).
Pertanto, si dovrà valutare, di volta in volta, tenuto conto di tutte le
circostanze, se l'investitore, in base al dovere di correttezza, avrebbe potuto
ridurre i danni, ad esempio, rivendendo gli strumenti finanziari, non appena a
conoscenza del deterioramento del rating (100).
Tale indagine, comunque, dovrà essere effettuata tenendo in considerazione che
la diligenza - che avrebbe dovuto impiegare il danneggiato al fine di limitare
le conseguenze dannose - deve essere valutata con riferimento al tipo di
investitore che viene in rilievo nella fattispecie: così, ad esempio, è
indubbio che ad un investitore professionale sia richiesto un grado di diligenza
più elevato rispetto a quella richiesta, al fine di evitare il danno, ad un
investitore inesperto.
Si tende a ritenere, infatti, che per valutare la condotta colposa di un
soggetto assumono importanza non solo gli elementi oggettivi ma anche le condizioni
personali dell'agente, soprattutto se vi è la prova che esse erano superiori
alla media (101); in tal modo, è stata sempre valutata con maggiore severità la
condotta di chi, nel particolare frangente in cui deve essere apprezzato il
comportamento, poteva disporre di informazioni o di mezzi notevolmente
superiori alla media (102).
9. - In precedenza, si è sottolineato che la responsabilità dell'agenzia di
rating non può derivare dalla semplice valutazione errata ma è anche necessario
che sussista il dolo o la colpa della agenzia stessa; di conseguenza non si può
affermare la responsabilità solo perché il rating, espresso in relazione ad
alcuni strumenti finanziari, largamente diffusi sul mercato, non rispecchia la
reale prospettiva di solvibilità del debitore, senza che vi sia alcuna colpa o
mancanza di buona fede dell'agenzia.
Significativo, ad esempio, è il caso verificatosi con riguardo ai rating
inerenti alle operazioni di cartolarizzazione di crediti derivanti da contratti
di leasing (103); in particolare le valutazioni espresse tenevano in
considerazione anche un orientamento giurisprudenziale, in tema di effetti
della procedura concorsuale sul contratto di leasing, che poi è stato
inaspettatamente disatteso dalla Corte di Cassazione: la S.C., con la pronuncia
n. 5552 del 2003 (104), ha smentito il precedente orientamento, ritenuto
assolutamente prevalente, volto ad affermare la prosecuzione automatica del
contratto di leasing, nonostante gli effetti del fallimento.
In questo modo, la decisione della S.C. ha destato notevole confusione con
riguardo al rilascio dei rating delle operazioni di cartolarizzazione di
crediti derivanti da contratti di leasing, con possibili ricadute fortemente
negative per il settore del leasing nel suo complesso, vista l'importanza
assunta per le imprese del settore dalla cartolarizzazione dei canoni (105); i
rating estremamente positivi per i titoli immessi nel mercato finanziario in
esecuzione di operazioni italiane di cartolarizzazione di canoni di leasing,
infatti, si basavano anche sull'orientamento favorevole alla regola della
prosecuzione del contratto di leasing (106) .
Tale situazione ha, pertanto, indotto il legislatore ad intervenire, con la l.
26 febbraio 2004, n. 45, in base alla quale «la sottoposizione a procedura
concorsuale delle società autorizzate alla concessione di finanziamenti sotto
forma di locazione finanziaria non è causa di scioglimento dei contratti di
locazione finanziaria, inclusi quelli a carattere traslativo né consente agli
organi della procedura di optare per lo scioglimento dei contratti stessi;
l'utilizzatore conserva la facoltà di acquistare, alla scadenza, la proprietà
del bene verso il pagamento del prezzo pattuito».
In un caso di questo genere, è evidente che il rating inizialmente assegnato
non esprimeva una valutazione realistica del merito del credito, in quanto un
presupposto giuridico tenuto in considerazione ai fini del rilascio è stato poi
smentito dalla giurisprudenza di legittimità; tuttavia, è altrettanto chiaro
che non siamo in presenza di un errore dell'agenzia, in quanto nel momento in
cui la valutazione è stata rilasciata, era difficilmente prevedibile il
mutamento intervenuto in ordine al problema della prosecuzione del contratto di
leasing in caso di fallimento della società concedente.
Diversa, invece, potrebbe essere la situazione in cui l'erronea valutazione
della solvibilità dell'emittente dipenda dall'adozione di criteri infondati ed
inappropriati; in questo caso, è evidente che può essere affermata la responsabilità
se l'errore è riconducibile ad una imperizia da parte del commettee
dell'agenzia che assegna il rating.
Il problema maggiore, tuttavia, sorge quando l'erronea valutazione dipende
dalla falsità dei dati posti a base del giudizio; come è noto, infatti, le
agenzie fondano le proprie valutazioni non solo su informazioni pubbliche
(provenienti dalla stessa società emittente o dalla stampa specializzata), ma
anche su dati ed informazioni che non sono accessibili al pubblico, ma che sono
volontariamente rivelate dall'entità oggetto del rating.
Può accadere pertanto che i vertici aziendali dell'emittente forniscano dati
falsi, al fine di ottenere una valutazione positiva. Al riguardo, le agenzie
sottolineano che la veridicità dei dati non può essere da loro verificata, non
essendo dotate delle risorse appropriate per espletare un controllo di tal
genere, né generalmente sono autorizzate a farlo dalla società.
Senza contare che i dati e le informazioni ricevute dalla società sono già
stati preventivamente sottoposti ad una serie di verifiche interne espletate,
ad esempio, dal Consiglio di Amministrazione, dal Collegio sindacale e dalla
società di revisione, che ha anche poteri ispettivi e di accertamento per lo
svolgimento delle proprie funzioni.
Le agenzie possono richiedere dati ed informazioni, anche confidenziali, ma
all'interno del rapporto contrattuale di mutua fiducia che caratterizza la
relazione di rating: se l'emittente non fornisce i dati e le informazioni,
essenziali alla formulazione del rating, le agenzie non hanno poteri coercitivi
ma hanno soltanto la facoltà di rifiutare la valutazione, non essendo possibile
formulare un'opinione adeguata sul rischio di credito di tale emittente (107).
In questo modo, le agenzie sottolineano - al fine di escludere la propria
responsabilità - la mancanza di poteri ispettivi o di controllo nei confronti
della società e dei suoi organi, potendo fare affidamento soltanto sul
contratto che li lega alla società ed al conseguente obbligo che la società
fornisca tempestivamente qualunque informazione rilevante per le valutazioni di
rating.
In ogni caso, per valutare la condotta che gli analisti finanziari incaricati
di rilasciare il rating debbono tenere rispetto ai dati ed alle informazioni
fornite dall'emittente può essere utile prendere spunto dalla considerazione
secondo la quale la pubblicazione del rating è assimilata, in generale, ad una
semplice informazione giornalistica (tant'è che le agenzie solitamente
diffondono il rating attraverso un comunicato stampa) (108).
Al riguardo, si può rilevare che il giornalista ha sempre l'obbligo di
controllare l'attendibilità della fonte informativa; in particolare, il
giornalista, per invocare l'esimente della verità putativa, deve usare
legittimamente le fonti informative, mediante l'esame e la verifica dei fatti
che ne costituiscono il contenuto (109).
Tale dovere diventa ancor più stringente nell'ipotesi in cui il giornalista
abbia diffuso una notizia che incide sulla commerciabilità di un prodotto,
avvalendosi di dati forniti da un esperto. In questa ipotesi, il giornalista
può esimersi da responsabilità solo se abbia svolto controlli, riscontri ed
accertamenti intesi a verificare il risultato (110); tali principi sono stati
affermati in una pronuncia riguardante la diffusione, nel corso di una
trasmissione televisiva, dei risultati di un'analisi chimica condotta su un
prodotto alimentare (111).
Proprio tenendo in considerazione che il rating può fortemente incidere, in
negativo, sui diritti patrimoniali dei risparmiatori, nonché il particolare
status professionale riconosciuto alle agenzie di rating, appare indubbio che
il commette incaricato debba attenersi ad un canone di prudenza particolarmente
elevato, nell'utilizzare le informazioni ed i dati fornititi dall'emittente.
Tale assunto non porta a ritenere che le agenzie debbano diventare garanti
della veridicità delle informazioni contabili fornite dall'emittente, né che
abbiano doveri di accertare analiticamente la veridicità delle informazioni e
dei dati forniti dall'emittente; in caso contrario, infatti, si finirebbe per
imporre alle agenzie un dovere di eseguire nuovamente prestazioni già svolte da
altri, quali ad esempio il Collegio sindacale e la società di Revisione.
Tuttavia, non solo nell'ipotesi in cui i dati e le informazioni fornite siano
all'evidenza inconciliabili tra loro, ma anche nell'eventualità in cui vi siano
indizi che facciano dubitare della genuinità delle stesse (quali, ad esempio,
potrebbero risultare da un controllo incrociato dei dati effettuato
dall'agenzia), il commette incaricato del rating ha l'obbligo di cautelarsi,
prima di procedere all'assegnazione, con controlli, riscontri, accertamenti e
richieste di ulteriori informazioni, al fine di verificare l'attendibilità dei
dati forniti dall'emittente e vincere così ogni dubbio ed incertezza
prospettabile in ordine ad essa.
Solo in questa ipotesi, l'agenzia che abbia rilasciato un rating su presupposti
falsi, potrà dire di avere agito in totale buona fede, nella convinzione di aver
divulgato una informazione vera; inoltre, sembra potersi affermare che,
nell'ipotesi in cui i riscontri non abbiano fugato i dubbi né l'emittente abbia
fornito risposte convincenti, l'agenzia, al fine di non incorrere in eventuale
responsabilità, sarà tenuta a rifiutare di rilasciare il rating.
Al riguardo, si può rilevare che anche per le società di revisione, in caso di
mancata scoperta di frodi contabili durante l'attività di revisione contabile
(112), si tende ad accertare se la mancata scoperta sia imputabile a
superficialità o trascuratezza oppure alla abilità di occultamento degli
amministratori (113). Così facendo, la successiva scoperta nel bilancio di un
errore significativo dovuto a frodi non è di per sé indice dell'inadempimento
del revisore, in quanto in alcuni casi le procedure di revisione sono
oggettivamente inefficaci nell'individuare errori conseguenti a comportamenti
od eventi intenzionali occultati (114) .
Si ritiene opportuno, invece, verificare - in ragione delle concrete circostanze,
tenuto conto della presenza o meno di indici di sospetto e di peculiari
criticità - se i revisori che non abbiano rilevato frodi contabili poi
rivelatesi perpetrate fossero obiettivamente tenuti a svolgere indagini più
approfondite, secondo il paradigma del revisore diligente e se, in caso
affermativo, la mancata scoperta sia dovuta a negligenza ed imperizia o
piuttosto alla astuzia nell'occultamento degli amministratori (115) .
10. - Si è già sottolineato in precedenza (§ n. 4) come la responsabilità da
«contatto sociale» possa astrattamente estendersi anche alle agenzie di rating,
tenuto conto del loro particolare status e del conseguente, notevole,
affidamento riposto dagli investitori nella correttezza delle valutazioni da
esse svolte (116).
Di conseguenza, si tratta di accertare se il danno patito dall'investitore sia
risarcibile secondo le norme che disciplinano la causalità giuridica, la quale
svolge la funzione di selezionare le conseguenze risarcibili in ambito
contrattuale. In particolare, attraverso l'art. 1223 c.c., il legislatore ha
voluto escludere il risarcimento delle conseguenze che si presentano come
anormali nella loro connessione con quel determinato fatto e quindi espressione
di un rischio che non è necessariamente insito nella mancata o nell'inesatta
esecuzione della prestazione, poiché poteva manifestarsi in altro modo od in
altro momento (117).
Detto in termini diversi, nel contesto in esame, si deve verificare se
l'investitore sarebbe stato comunque esposto al pregiudizio subito, a
prescindere dall'inadempimento dell'agenzia di rating oppure se la perdita
subita dal risparmiatore sia una conseguenza immediata e diretta
dell'inadempimento dell'agenzia.
In tal modo, si possono muovere le medesime considerazioni già svolte in
precedenza, con riguardo all'accertamento della causalità di fatto tra la
condotta dell'agenzia e l'evento dannoso, caratterizzate dal rilievo secondo il
quale al rating è attribuito un ruolo fondamentale nel processo decisionale
dell'investitore, ai fini della scelta di investimento, con il risultato che il
pregiudizio patrimoniale subito appare una conseguenza immediata e diretta
dell'inadempimento dell'agenzia.
Una soluzione differente, inoltre, volta a negare la risarcibilità del danno
non appare plausibile nemmeno attraverso il limite della prevedibilità di cui
all'art. 1225 c.c., applicabile soltanto nell'ambito della responsabilità
contrattuale (118). La regola dell'art. 1225 c.c., infatti, è spesso vanificata
non solo a causa dell'abbandono di una nozione restrittiva del dolo -
imperniato sull'animus nocendi a favore di una concezione ampia ed elastica
(119) - ma anche perché nella prassi giurisprudenziale il criterio della
prevedibilità tende a coincidere con la valutazione che i giudici esprimono per
accertare il rapporto causale delle conseguenze dannose, attraverso i principi
della regolarità causale (120) .
In ogni caso, anche ragionando in termini di responsabilità contrattuale, non
si può sostenere che in ogni caso in cui vi sia un default dell'emittente,
nonostante il rating positivo, vi possa essere una responsabilità dell'agenzia.
È indubbio, infatti, che l'obbligazione dell'agenzia è una obbligazione di
mezzi, tenuto conto della natura stessa del rating, consistente in una
«valutazione» o «parere» sull'affidabilità creditizia dell'emittente.
Al riguardo, la distinzione tra obbligazioni di mezzi e di risultato, se non
può certo essere utilizzata per introdurre una differenziazione sul piano della
disciplina della responsabilità - essendo innegabile che tutti i profili di
responsabilità del professionista intellettuale, siano essi connessi ad
obbligazioni di mezzi o di risultato, debbono essere ricondotti nell'ambito
della disciplina generale dell'inadempimento delle obbligazioni (121) - può,
tuttavia, essere mantenuta su un piano meramente descrittivo, per stabilire a
che cosa sia tenuto il debitore di una certa obbligazione (122); in altre
parole, la partizione viene in rilievo per individuare l'oggetto della
prestazione, rispetto alla quale si dovrà valutare se il debitore ha adempiuto
in modo esatto (123).
Nel caso di specie, l'agenzia non garantisce la solvibilità o l'affidabilità
del debitore, ma semplicemente è tenuta a prestare, in modo diligente, la
propria opera al fine di esprimere una valutazione precisa ed attendibile. Di
conseguenza, essendo in presenza di una obbligazione di mezzi - nelle quali il
mancato od inesatto risultato della prestazione non consiste
nell'inadempimento, ma costituisce il danno conseguente alla non diligente
esecuzione della prestazione - l'agenzia, per liberarsi da responsabilità, deve
dimostrare l'esattezza dell'adempimento, provando che la sua condotta è stata
conforme alle regole tecniche che dovevano essere seguite nel caso di specie.
[1] Al riguardo il sito di Borsa italiana (http://www.borsaitaliana.it/documenti/rubriche/sottolalente/mutuisubprime.htm)
evidenzia che tra le varie tipologie di mutui subprime hanno avuto una certa
diffusione i mutui con un tasso fisso iniziale che si converte nel tempo al
tasso variabile ed è quindi ancorato al tasso d'interesse stabilito dalle
banche centrali. Alcune formule prevedevano che per i primi due o tre anni il
mutuatario subprime pagasse un tasso fisso che nel periodo restante (spesso dai
28 anni in su) diventava variabile. Si sono in questo settore registrati
numerosi casi in cui un tasso d'interesse iniziale intorno al 4% finiva con gli
aggiustamenti annuali per avvicinarsi al 10 per cento. Un simile incremento nel
tasso d'interesse può portare la rata mensile che il debitore deve pagare a una
crescita dell'85 per cento.
[2] Secondo la definizione contenuta nel Glossario della Borsa Italiana «gli
strumenti che appartengono alla categoria delle CDO (Collateralized Debt
Obligation) sono strumenti di debito emessi a valere su un portafoglio di
attività eterogenee fra loro: obbligazioni, strumenti di debito, titoli in
generale. Le CDO possono essere a loro volta classificate in diversi gruppi di
attività che differiscono in base alla tipologia di titoli presenti nel pool
sottostante. Si hanno così le CBO (Collateralized Bond Obligation), con
sottostante un portafoglio obbligazionario oppure le CMO (Collateralized
Mortgage Obligation), con sottostante un pool di prestiti/mutui. Gli strumenti
inclusi nel portafoglio differiscono per il grado di rischio e per la qualità
dell'emittente; naturalmente, quanto più il portafoglio sottostante è composto
da strumenti a basso merito creditizio tanto più elevato è il tasso di
interesse associato alle CDO. Nonostante il sottostante possa avere un rating
anche piuttosto basso (junk bonds), le CDO possiedono in genere un rating di
"investment grade", ossia un rating migliore; ciò è possibile poichè
l'elevato numero di strumenti presenti nel pool consente di ottenere un buon
grado di diversificazione e quindi una diminuzione del rischio».
[3] Al riguardo, Il Committee of European Securities Regulators (Cesr) -
l'organismo di consultazione fra le autorità di vigilanza sui mercati
finanziari dei Paesi dell'Unione Europea, di cui la Consob fa parte - ha
avviato ulteriori accertamenti sull'attività delle agenzie di rating
(Comunicato stampa Consob del 12 settembre 2007).
[4] È noto che i gruppi Enron e Parmalat fino alla vigilia dei rispettivi
default, da cui sono stati investiti, godevano di rating positivi. Sul rating
di Parmalat, si veda l'Intervento di Standard & Poor's, Commissioni riunite
VI "Finanze" e X "Attività produttive, commercio e
turismo", della Camera dei deputati e 6 "Finanze e Tesoro" e 10
"Industria, commercio e turismo" del Senato della Repubblica, 3
febbraio 2004, 7.
[5] Comunicazione della Commissione sulle agenzie di rating del credito, in
Gazzetta ufficiale dell'Unione europea, del 11 marzo 2006.
[6] GOMELLINI, Gli scandali dei mercati finanziari, l'attività di rating e i
Modelli di prevenzione dei reati (a margine del recente intervento legislativo
di "salvataggio" del rating dei titoli risultanti da operazioni di
cartolarizzazione di canoni di leasing e della prossima attuazione del Nuovo
Accordo di Basilea 2), in Diritto della banca e del mercato finanziario, 2004,
p. 594, nota 10.
[7] Intervento di Standard & Poor's, cit.
[8] E. MONTI, Le asimmetrie informative e l'attività di rating: una proposta
per l'Italia, in Bancaria, 1995, p. 17.
[9] Direttiva 2006/48/CE del 14 giugno 2006, relativa all'accesso all'attività
degli enti creditizi ed al suo esercizio.
[10] GOMELLINI, Gli scandali dei mercati finanziari, l'attività di rating e i
Modelli di prevenzione dei reati, cit., p. 598.
[11] GOMELLINI, Gli scandali dei mercati finanziari, l'attività di rating e i
Modelli di prevenzione dei reati, cit., nota 10, 594.
[12] Intervento di Standard & Poor's, cit.
[13] Al riguardo, si veda il § 3.12 del Codice Moody's, in http://www.moodys.com/italia:
«Nel recente passato Moody's non ha assegnato rating non richiesti. Tuttavia,
nella sua veste di esperto che fornisce pubblicamente pareri in materia
creditizia, Moody's si riserva il diritto di assegnare in futuro rating non
richiesti se ritiene che (i) la pubblicazione di un rating di questo tipo sia
nell'interesse del mercato o degli investitori e (ii) siano disponibili
informazioni sufficienti su cui basare un'analisi adeguata e, se pertinente,
anche una costante sorveglianza. Qualora il rating assegnato rientri tra quelli
non richiesti, Moody's non solleciterà né accetterà compensi dall'emittente per
i propri servizi di analisi per almeno un anno a partire dalla data di
pubblicazione del rating in questione».
[14] Comunicazione della Commissione sulle agenzie di rating del credito, cit.
[15] Il rating è espresso da alcune categorie che, nelle classificazioni
utilizzate da Standard & Poor's vanno dalla AAA, che corrisponde alla più
elevata qualità del credito, alla D, corrispondente all'insolvenza o default. I
rating che vanno dalla AAA alla CCC possono essere accompagnati da un + o un -.
[16] Comunicazione della Commissione sulle agenzie di rating del credito, cit.
[17] DI CASTRI, I conflitti di interesse degli analisti finanziari: disciplina
statunitense, evoluzione della normativa comunitaria e prospettive
nell'ordinamento italiano, in Banca impresa società, 2004, p. 483.
[18] E. MONTI, Le asimmetrie informative e l'attività di rating: una proposta
per l'Italia, cit., p. 22.
[19] E. MONTI, Le asimmetrie informative e l'attività di rating: una proposta
per l'Italia, cit., p. 24, il quale sottolinea, tuttavia, un limite all'utilità
complessiva rappresentato dal dato che l'attribuzione del rating avviene
generalmente su richiesta, di conseguenza appare verosimile che solo le imprese
che ritengono di meritare la valutazione di più alto livello possono avanzare
l'istanza di attribuzione del rating; agli altri emittenti, viceversa, non
converrà sottoporsi ad un giudizio, poiché non otterrebbero dal rating quei
vantaggi in precedenza considerati. In ogni caso, tali osservazioni cessano di
essere valide quando l'attribuzione del rating è resa obbligatoria dalle
autorità che regolamentano i mercati; negli altri casi, invece, il rating
segnala solo gli emittenti migliori, non permettendo che gli investitori
dispongano di un set informativo completo relativo ai titoli presenti sul
mercato.
[20] Trib. Pinerolo, 14 ottobre 2005, Trib. Catania, 5 maggio 2006 e Trib.
Cagliari, 2 gennaio 2006, n. 43, in Resp. civ. Prev., 2007, fasc. IV, 912, con
nota di FACCI, Il rating e la circolazione del prodotto finanziario: profili di
responsabilità; Trib. Mantova, sez. II Civile - G.U. Dr. Mauro Bernardi, 5
aprile 2005; Trib. Biella, 12 luglio 2005, Pres. L. Grimaldi, Rel. E. Reggiani,
in http://www.ilcaso.it.
[21] Comunicazione della Commissione sulle agenzie di rating del credito, cit.,
la quale sottolinea che i rating sono utilizzati sempre più spesso nelle
disposizioni contrattuali relative all'interruzione di una linea di credito,
all'accelerazione del rimborso del debito o alla modifica di altre condizioni
del credito.
[22] E. MONTI, Le asimmetrie informative e l'attività di rating: una proposta
per l'Italia, cit., p. 23.
[23] Comunicazione della Commissione sulle agenzie di rating del credito, cit.
[24] Secondo il co. II dell'art. 100 bis T.u.f. «Si realizza una offerta al
pubblico anche qualora i prodotti finanziari che abbiano costituito oggetto in
Italia o all'estero di un collocamento riservato a investitori professionali
siano, nei dodici mesi successivi, sistematicamente rivenduti a soggetti
diversi da investitori professionali e tale rivendita non ricada in alcuno dei
casi di inapplicabilità previsti dall'articolo 100».
[25] Al riguardo RABITTI BEDOGNI, L'informativa derivata Le previsioni degli
analisti e i giudizi delle agenzie di rating. Problemi attuali e possibili
sviluppi regolamentari, in http://w3.uniroma1.it/dirittomercatifinanziari/Rating.pdf.
[26] E. MONTI, Le asimmetrie informative e l'attività di rating: una proposta
per l'Italia, cit., p. 23.
[27] Trib. Pinerolo, 14 ottobre 2005, cit.
[28] In questo senso il Codice Moody's, cit.
[29] Intervento di Standard & Poor's, cit.
[30] Intervento di Standard & Poor's, cit.
[31] Al riguardo, il Codice Moody's, cit.
[32] Intervento di Standard & Poor's, cit.
[33] GOMELLINI, Gli scandali dei mercati finanziari, l'attività di rating e i
Modelli di prevenzione dei reati, cit., p. 603.
[34] Intervento di Standard & Poor's, cit.
[35] Trib. Pinerolo, 14 ottobre 2005, cit.; Trib. Catania, 5 maggio 2006, cit.
[36] E. MONTI, Le asimmetrie informative e l'attività di rating: una proposta
per l'Italia, cit., p. 22.
[37] La direttiva 20036Ce vieta ad ogni persona che disponga di informazioni
privilegiate di utilizzare tali informazioni al fine di acquisire o cedere gli
strumenti finanziari ai quali tali informazioni si riferiscono; in tal modo, se
un emittente decide di autorizzare un'agenzia di rating ad avere accesso ad
informazioni privilegiate, l'agenzia non solo sarà tenuta ad un obbligo di
riservatezza (art. 6, § n. 3, direttiva 20036Ce), ma anche non potrà utilizzare
tali informazioni al fine di effettuare attività di negoziazione (Comunicazione
della Commissione sulle agenzie di rating del credito, cit.). Un rating,
inoltre, può di per sé costituire un'informazione privilegiata, soprattutto nel
caso in cui l'agenzia abbia accesso ad informazioni non pubbliche
dell'emittente; in questo caso, è vietato utilizzare il rating non ancora
pubblicato per effettuare attività di negoziazione o comunicare tale
informazione a terzi, eccetto nell'esercizio normale del proprio lavoro, della
propria professione o nell'adempimento delle proprie funzioni. L'agenzia,
comunque, è tenuta a comunicare un rating di imminente pubblicazione
all'emittente, affinché quest'ultimo verifichi l'esattezza delle informazioni
sulle quali tale rating è basato.
[38] FANNI, Il dibattito in corso sul riconoscimento formale delle agenzie di
rating da parte di un'autorità pubblica europea o nazionale interessa il nostro
Paese?, in Assicurazioni, 2005, p. 98. Sulla situazione di conflitto di
interessi in cui spesso versa l'analista, si veda CAPRIGLIONE, L'attività di
ricerca degli analisti finanziari. Definizione, contenuti e regole nel sistema
normativo italiano, in Banca borsa e titoli di credito, 2004, p. 120.
[39] E. MONTI, Le asimmetrie informative e l'attività di rating: una proposta
per l'Italia, cit., p. 22.
[40] E. MONTI, Le asimmetrie informative e l'attività di rating: una proposta
per l'Italia, cit., p. 22.
[41] Al riguardo, PRESTI, La responsabilità del revisore, in Banca, borsa,
titoli di credito, 2007, 179.
[42] L'art. 2 dispone che «1. Gli operatori incaricati di svolgere la
valutazione del merito di credito nelle operazioni disciplinate dalla legge n.
130/1999 devono essere costituiti in forma societaria e essere organizzati in
modo che: a) alla formulazione del giudizio sul merito di credito concorrano
persone che abbiano maturato un'esperienza direttiva non inferiore a 3 anni in
società o strutture aziendali specializzate nella valutazione dei crediti; b)
sia prevista, per ciascuna fase in cui si articola la valutazione e per i
relativi aggiornamenti, l'utilizzazione di procedure predeterminate e conformi
alle prassi internazionali, che assicurino la riservatezza delle informazioni e
dei dati acquisiti; c) siano predisposti supporti tecnici e dotazioni di
personale adeguati in relazione alla procedure utilizzate ed agli incarichi che
si stima di svolgere in ciascun anno. 2. I requisiti previsti dal comma 1 si
considerano posseduti dagli operatori attivi nei mercati dell'Unione Europea da
almeno tre anni nell'attività di valutazione del merito di credito alla data di
entrata in vigore del presente regolamento».
[43] L'art. 3 prevede che «1. La valutazione del merito di credito nelle
operazioni disciplinate dalla legge n. 130/1999 non può essere effettuata da
operatori che: a) controllano o sono controllati da uno dei soggetti che
partecipano all'operazione; b) sono controllati dal medesimo soggetto che
controlla uno dei soggetti che partecipano all'operazione; c) sono collegati ad
uno dei detti soggetti. 2. Il prospetto informativo contiene indicazioni circa
i rapporti di partecipazione al capitale che intercorrono tra l'operatore
incaricato della valutazione del merito di credito, gli altri soggetti che
partecipano all'operazione ed i soggetti che rispettivamente li controllano e
ne sono controllati. 3. Le situazioni di controllo e di collegamento sono
definite in base al disposto, rispettivamente, dell'art. 93 del d.lgs. 24
febbraio 1998, n. 58 e dell'art. 2359, comma 3, del codice civile. Per soggetti
che partecipano all'operazioni si intendono: il soggetto cedente, la società
per la cartolarizzazione dei crediti, i soggetti incaricati della riscossione
dei crediti ceduti e dei servizi di cassa e di pagamento e gli altri soggetti
che eventualmente partecipano all'operazione a garanzia del pagamento dei
debiti ceduti.
[44] Cass., sez. un., 22 luglio 1999, n. 500, in Danno e resp., 1999, p. 965,
con commenti di PALMIERI e PARDOLESI, MONATERI, ROPPO, PONZANELLI; in Corriere
giur., 1999, p. 1367, annotata da DI MAJO, Il risarcimento degli interessi
"non più solo legittimi", e di MARICONDA, "Si fa questione d'un
diritto civile ..."; in Resp. civ., 1999, p. 981; in Contratto e impr.,
1999, p. 1025, con nota di FRANZONI, La lesione dell'interesse legittimo è,
dunque, risarcibile.
[45] Cass., sez. un., 22 luglio 1999, n. 500, cit.: «qualora sia stata dedotta
davanti al giudice ordinario una domanda risarcitoria ex art. 2043 c.c. nei
confronti della P.A. per illegittimo esercizio della funzione pubblica, il
detto giudice, onde stabilire se la fattispecie concreta sia o meno riconducibile
nello schema normativo delineato dall'art. 2043 c.c., dovrà procedere, in
ordine successivo, a svolgere le seguenti indagini: a) in primo luogo, dovrà
accertare la sussistenza di un evento dannoso; b) procederà quindi a stabilire
se l'accertato danno sia qualificabile come danno ingiusto, in relazione alla
sua incidenza su un interesse rilevante per l'ordinamento, che può essere
indifferentemente un interesse tutelato nelle forme del diritto soggettivo
(assoluto o relativo), ovvero nelle forme dell'interesse legittimo (quando,
cioè, questo risulti funzionale alla protezione di un determinato bene della
vita, poiché è la lesione dell'interesse al bene che rileva ai fini in esame, o
altro interesse (non elevato ad oggetto di immediata tutela, ma) giuridicamente
rilevante (in quanto preso in considerazione dall'ordinamento a fini diversi da
quelli risarcitori, e quindi non riconducibile a mero interesse di fatto); c)
dovrà inoltre accertare, sotto il profilo causale, facendo applicazione dei
noti criteri generali, se l'evento dannoso sia riferibile ad una condotta
(positiva o omissiva) della P.A.; d) provvederà, infine, a stabilire se il
detto evento dannoso sia imputabile a dolo o colpa della P.A.».
[46] FRANZONI, La lesione dell'interesse legittimo è, dunque, risarcibile, in
Contratto e impr., 1999, p. 1042.
[47] Cass., 22 gennaio 1999, n. 589, in Resp. civ., 1999, p. 652, con nota di
FORZIATI, La responsabilità contrattuale del medico dipendente: il contratto
sociale conquista la Cassazione; in Danno e resp., 1999, p. 294, con nota di
CARBONE, La responsabilità del medico ospedaliero come responsabilità da
contatto; in Nuova giur. civ., 2000, I, p. 343, con nota di THIENE, La
Cassazione ammette la configurabilità di un rapporto obbligatorio senza obbligo
primario di prestazione; in Contratti, 1999, p. 1007, con nota di GUERINONI,
Obbligazione da contatto sociale e responsabilità contrattuale nei confronti
del terzo; Cass., 29 luglio 2004, n. 14488, in Dir. e Giust., 2004, f. 33, 12;
con nota di ROSSETTI; in Resp. civ., 2004, p. 1348, con nota di GORGONI; in
Famiglia e diritto, 2004, p. 559, con nota di FACCI; in Foro it., 2004, I, c.
1567, con nota di FABIANI; in Foro it., 2004, I, c. 3327, con nota di BITETTO;
Cass., 21 giugno 2004, n. 11448, in Mass. Giust. civ., 2004, f. 6; Trib. Roma,
16 gennaio 2004, in Dir. e giur., 2004, p. 255.
[48] Cass., 23 ottobre 2002, n. 14934, in Riv. not., 2003, p. 766; Trib. Monza,
sez. Desio, 17 novembre 2003, in Giur. merito, 2004, p. 680.
[49] Trib. Bologna, 18 ottobre 2004, in La responsabilità civile, 2005, p. 74.
[50] Comunemente si individuano tre categorie di analisti finanziari: i sell
side analyst, i buy side analyst e gli independent analyst. I primi tipicamente
lavorano per conto di società di intermediazione, broker o dealer e la loro
attività consiste nell'indirizzare le scelte di investimento dei clienti delle
stesse; i secondi lavorano per conto di fondi e la loro attività è volta ad
orientare le scelte del portafoglio dei soggetti per i quali lavorano; infine
gli independent analyst svolgono attività in conto proprio o per conto di
soggetti che comunque non sono riconducibili a gruppi di cui facciano parte gli
intermediari finanziari; generalmente, l'analisi finanziaria è l'oggetto
esclusivo della loro attività. È questo, essenzialmente, il caso delle agenzie
di rating. Al riguardo, si veda RABITTI BEDOGNI, Gli obblighi di
"disclosure" degli analisti finanziari, cit.; DI CASTRI, I conflitti
di interesse degli analisti finanziari: disciplina statunitense, evoluzione
della normativa comunitaria e prospettive nell'ordinamento italiano, in Banca
impresa società, 2004, p. 483.
[51] MAZZONI, Osservazioni in tema di responsabilità civile degli analisti
finanziari, in Analisi giuridica dell'economia, 2002, p. 209.
[52] Su tale aspetto, si veda TONELLO, Le agenzie di rating finanziario. Il
dibattito su un modello economico esposto al rischio di conflitto di interessi.
Verso un sistema pubblico di controllo?, in Contratto e impr., 2005, p. 929.
[53] E. MONTI, Le asimmetrie informative e l'attività di rating: una proposta
per l'Italia, cit., p. 22. Significativo, al riguardo, anche Intervento di
Standard & Poor's, cit., p. 6, secondo il quale «il valore che il mercato
ci riconosce, e che da sempre è alla base della nostra reputazione, è
riconducibile all'indipendenza, credibilità e integrità delle nostre analisi».
[54] RABITTI BEDOGNI, L'informativa derivata. Le previsioni degli analisti e i
giudizi delle agenzie di rating. Problemi attuali e possibili sviluppi
regolamentari, 4.
[55] Sulla possibilità di estendere la responsabilità da contatto sociale agli
analisti finanziari: MAZZONI, Osservazioni in tema di responsabilità civile
degli intermediari finanziari, cit., p. 228.
[56] È noto, come già ricordato, che sia Enron sia Parmalat godevano di rating
positivi fino a poco prima dei rispettivi crack.
[57] Sulla lesione della libertà contrattuale in senso negativo, App. Milano 14
gennaio 1975, in Arch. civ., 1975, 894; Trib. Roma 21 gennaio 1989, in Corr.
giur., 1989, 860.
[58] Il problema, invece, non sembra porsi nel caso di rating richiesto
dall'emittente, in quanto il rating, prima di essere reso pubblico, viene
sottoposto all'emittente, il quale può fornire chiarimenti ed informazioni
ulteriori se ritiene che la valutazione non sia veritiera, potendo anche
richiedere che il rating sia mantenuto riservato.
[59] Particolarmente significativo, al riguardo, è un caso accaduto di recente
in Francia, riguardante non una agenzia di rating, ma analisi finanziarie
prodotte da un periodico d'informazione di una banca d'affari che,
costantemente forniva previsioni non incoraggianti sui titoli della società,
presentando invece in modo più che elogiativo le prospettive del principale
concorrente (sulla sentenza, ZENO ZENCOVICH, Profili di uno statuto
dell'informazione economica e finanziaria, cit., 947; ARDIZZONE, La
responsabilità degli analisti finanziari in Francia, in Riv. Dir. Soc., 2005,
294). Probabilmente, in un diverso ambito dell'informazione finanziaria, la
condotta del quotidiano, sarebbe stata scriminata dall'esercizio del diritto di
cronaca e di critica; nel caso di specie, tuttavia, i giudici, nell'affermare
la responsabilità della parte convenuta, hanno attribuito fondamentale rilievo
alla situazione di conflitto di interessi della banca d'affari, la quale non
solo svolgeva attività di consulenza ma era anche uno dei principali
finanziatori dell'azienda concorrente e, dunque, aveva un diretto interesse al
suo successo (ZENO ZENCOVICH, Profili di uno statuto dell'informazione
economica e finanziaria, cit., 947).
[60] Con riguardo al caso ricordato nella nota precedente, il risarcimento del
danno è stato calcolato in modo da ricomprendere non solo le spese
pubblicitarie compiute per compensare l'attacco all'immagine ed alla
reputazione finanziaria, ma anche una percentuale della riduzione della
capitalizzazione di borsa conseguente ai consigli di vendita del titolo.
[61] In questo senso, circa la responsabilità dell'intermediario per violazione
dei doveri informativi, in merito all'operazione di sottoscrizione di
obbligazioni argentine, Trib. Milano 28 marzo 2007, in La responsabilità
civile, XI, 2007.
[62] Intervento di Standard & Poor's, cit.
[63] In questo senso Codice Moody's; § II, 8, cit.
[64] Cass., sez. un., 22 luglio 1999, n. 500, cit.
[65] FRANZONI, L'illecito, in Trattato della responsabilità civile, diretto da
Franzoni, Milano, 2004, p. 914.
[66] Sul punto TONELLO, Le agenzie di rating finanziario. Il dibattito su un
modello economico esposto al rischio di conflitto di interessi. Verso un
sistema pubblico di controllo?, cit.
[67] Cass., sez. un., 22 luglio 1999, n. 500, cit.
[68] In questo senso GALGANO, Le mobili frontiere del danno ingiusto, in
Contratto e impr., 1985, p. 11.
[69] Sul punto, per tutti, FRANZONI, L'illecito, cit., p. 807.
[70] GALGANO, Le mobili frontiere del danno ingiusto, cit., p. 11; BUSNELLI,
Itinerari europei nella terra di nessuno tra contratto e fatto illecito: la
responsabilità da informazioni inesatte, in Contratto e impr., 1991, p. 554,
muovendo dalla distinzione tra informazioni inesatte che non ingenerano
responsabilità e informazioni inesatte che ingenerano responsabilità, distingue
tra informazione come consiglio amichevole, informazione come
"servizio" e informazione come (elemento confluente in un)
"prodotto"; nel primo caso, di regola, il danno non è mai ingiusto e
nell'ultima ipotesi il danno è tendenzialmente sempre ingiusto, mentre il
problema di individuazione dell'ingiustizia del danno si pone per il caso
centrale.
[71] Sul punto si veda BUSNELLI, Itinerari europei nella terra di nessuno tra
contratto e fatto illecito: la responsabilità da informazioni inesatte, cit.,
p. 563. In senso contrario, RANIERI, Responsabilità da false informazioni, in
Le operazioni bancarie, a cura di PORTALE, I, Milano, 1978, p. 294.
[72] Di recente, PERCHINUNNO, Il danno da lesione dell'affidamento suscitato
dalla lettera di patronage, in Contratto e impr., 2006, p. 611; SOLDATI, Le
lettere di patronage, in Contratto e impr., 2003, p. 1656.
[73] App. Milano, 14 marzo 1986, in Banca Borsa, 1987, II, p. 627, secondo la
quale «la banca che fornisce informazioni false o inesatte circa la situazione
economica e la solvibilità di un cliente è responsabile in via
extracontrattuale, verso il destinatario delle informazioni, dei danni da
costui subiti (nella specie, per i finanziamenti erogati al cliente insolvibile
in seguito alle suddette informazioni)"».
[74] Tra le tante, Cass., 1 agosto 2001, n. 10492, in Danno e resp., 2002, p.
90, secondo la quale «la banca trattaria, ove fornisca, pur non essendo a ciò
obbligata, le informazioni richieste da altro istituto di credito in ordine
alla esistenza di una sufficiente provvista per il pagamento di un assegno di
conto corrente, deve dare, per non incorrere in responsabilità
extracontrattuale ex art. 2043 c.c., informazioni esatte e completamente
veritiere con riguardo alla situazione presente al momento della richiesta,
anche specificando, nel caso in cui si debba attendere il buon fine di effetti
versati sul conto del traente, che i fondi non sono immediatamente
disponibili». Inoltre, Cass., 9 giugno 1998, n. 5659, in Foro it., 1999, I, c.
660, con nota di LAMBO; Cass., 7 febbraio 1979, n. 820, in Banca, borsa, 1980,
II, p. 1042; Cass., 13 luglio 1967, n. 1742, in Giur. it., 1967, I, 1582, hanno
affermato la responsabilità della banca trattaria verso il richiedente, a
titolo di illecito extracontrattuale, dei danni che possono derivare in
conseguenza del pagamento o dell'accreditamento al presentatore dell'assegno
sul non veritiero presupposto della sua copertura. Si deve, però, segnalare
Cass., 5 luglio 2000, n. 8983, in Giust. civ., 2000, I, p. 2555, con nota di
GIACALONE, secondo la quale "l'istituto bancario che, tramite un proprio
dipendente, abbia, su richiesta di un cliente correntista, fornito
assicurazioni a quest'ultimo (telefonicamente o con altro mezzo di
comunicazione) circa l'esistenza di fondi sufficienti al pagamento di un
assegno di conto corrente è contrattualmente responsabile - configurandosi
nella specie un rapporto di mandato - se le notizie così fornite non risultino,
poi, rispondenti alla situazione di fatto esistente al momento della
richiesta".
[75] Cass., 9 giugno 1998, n. 5659, in Danno e resp., 1999, p. 56; Trib.
Latina, 28 aprile 1990, in Banca, borsa, 1985, II, p. 107.
[76] Lo sottolinea FRANZONI, L'illecito, in Trattato della responsabilità
civile, diretto da Franzoni, Milano, 2004, p. 905. In giurisprudenza,
riconducono il benefondi ad una prassi interna nei rapporti tra gli istituti di
credito, fonte di affidamento reciproco e di responsabilità civile, tra le
altre: Cass., 10 marzo 2000, n. 2742, in Nuova giur. civ., 2001, p. 449; Cass.
civ., 6 giugno 2003, n. 9103, in Resp. civ., 2004, p. 756, con nota di FRAU,
Brevi note in tema di benefondi e di informazioni bancarie.
[77] MAZZONI, Le lettere di patronage, Milano, 1986, p. 197; BUSNELLI,
Itinerari europei nella terra di nessuno tra contratto e fatto illecito: la
responsabilità da informazioni inesatte, cit., p. 570.
[78] Cass., 6 gennaio 1984, n. 94, in Mass. Giust. civ., 1984, fasc. 1, secondo
la quale "sussiste a carico di un'organizzazione che svolge il compito di
fornire informazioni commerciali la responsabilità per danni cagionati a terzi,
ex art. 2043, qualora, pur senza formulare apprezzamenti o giudizi negativi
sulla moralità della persona (fisica o giuridica) sulla quale fornisce le
informazioni stesse, riferisca una situazione non corrispondente al vero,
costituendo la divergenza tra la situazione reale e quella risultante
dall'informazione una violazione delle comuni norme di prudenza e di diligenza
occorrenti nella ricerca della fonte dell'informazione".
[79] Sul punto, TACCANI, Danno da informazione economica: sistema tedesco e
sistema italiano a confronto, cit., p. 724, al quale si rimanda con riguardo al
dibattito sulla possibilità o meno di applicare in via analogica l'art. 164,
co. II.
[80] Al riguardo, sia consentito il rinvio a FACCI, Il danno da informazione
inesatta nell'attività di revisione contabile, in Resp. Civ. prev., 2007, p.
2013.
[81] Al riguardo, FERRARINI, La responsabilità da prospetto, Milano, 1986, p.
147; CARNEVALI, La responsabilità civile degli amministratori per danno ai
risparmiatori, in questa rivista, 1988, p. 85; FRANZONI, Gli amministratori e i
sindaci, in Le Società, Trattato diretto da Galgano, Torino, 2002, p. 363;
PARALUPI, Responsabilità civile da prospetto: informazione e danno ingiusto, in
Rivista del diritto commerciale e del diritto generale delle obbligazioni, 2001,
p. 596; ALVISI, Abusi di mercato e tutele civili, in Contratto e
impresa/Europa, 2007, p. 252. Sul caso giurisprudenziale che sta alla base
dell'art. 2935 c.c., si veda App. Roma 8 luglio 1911, in Riv. Dir. Comm., 1911,
II, p. 663 e Cass. Roma 24 maggio 1912, in Riv. Dir. Comm., 1912, II, p. 945.
[82] Comunicazione della Commissione sulle agenzie di rating del credito, cit.,
la quale sottolinea l'importanza per la Commissione che le agenzie di rating
applichino effettivamente le procedure dirette a garantire la qualità del
rating.
[83] Codice elaborato dalla Organizzazione internazionale delle autorità di
vigilanza sui mercati finanziari (c.d. Codice Iosco) pubblicato nel dicembre
2004; tale testo è stato emanato in seguito all'iniziativa delle autorità
internazionali di regolamentazione in materia di valori mobiliari, delle
agenzie di rating, degli emittenti e di altri operatori di mercato. Il codice
opera sulla base della formula «conformarsi o spiegare»: le agenzie di rating
dovrebbero integrare tutte le disposizioni del codice IOSCO nel loro codice di
condotta interno e, qualora non lo facciano, sono tenute a spiegare in che modo
il loro codice rifletta comunque le disposizioni del codice della IOSCO.
[84] Al riguardo, si veda il Titolo I bis (artt. 180-187 quaterdecies) del
Testo Unico della finanza, concernente l'Abuso di informazioni privilegiate e
manipolazione del mercato, introdotto dall'art. 9 della l. n. 62 del 18.4.2005
(Legge comunitaria 2004).
[85] COSTI, Informazione e contratto nel mercato finanziario, in Riv. trim.
dir. e proc. civ., 1993, p. 720; SENIGAGLIA, Informazione contrattuale nella
net economy e trasparenza del mercato, in Europa dir. priv., 2002, p. 234.
Sull'assenza di notizie quale limite alla libertà di concorrenza, si veda anche
VETTORI, Le asimmetrie informative fra regole di validità e regole di
responsabilità, in Riv. dir. priv., 2003, p. 241.
[86] L'art. 114 del T.U.F., co. VIII, come sostituito dall'art. 14 della l. n.
262 del 28.12.2005 (legge sul risparmio), nel prevedere obblighi di trasparenza
sui soggetti che producono studi o raccomandazioni, esclude dal proprio ambito
di applicazione le «società di rating»; tuttavia, la precedente versione del
co. VIII dell'art. 114 T.U.F., introdotta dall'art. 9 della l. 18 aprile 2005,
n. 62 (recepimento della direttiva 2003/6/CE del Parlamento europeo del
Consiglio, del 28 gennaio 2003, relativa all'abuso di informazioni privilegiate
e alla manipolazione del mercato - abusi di mercato - e delle direttive della
Commissione di attuazione 2003/124/CE, 2003/125/CE e 2004/72/CE),
ricomprendeva, nel proprio campo di applicazione, le «società di rating». In
seguito, la c.d. legge sul risparmio di qualche mese successiva le ha escluse
dal proprio ambito di operatività.
[87] Nella versione risultante dalla delibera n. 15915 del 3 maggio 2007,
l'art. 69 decies Regolamento Consob espressamente prevede che «I soggetti
abilitati e gli altri soggetti che professionalmente producono o diffondono
valutazioni del merito di credito, escluse le agenzie di rating, osservano,
nello svolgimento di tale attività, le prescrizioni contenute negli articoli
69, 69- bis, 69-ter, lettere a), b), d), e) e f), 69-quater, 69-quinquies,
commi 1, 2, lettera a), e 3, 69-sexies e 69-septies». La precedente versione,
invece, prevedeva che le agenzie di rating informano «il pubblico delle misure
adottate al fine di presentare l'informazione in modo corretto e di comunicare
l'esistenza di ogni interesse o conflitto di interessi riguardo ai soggetti o
agli strumenti finanziari cui l'informazione si riferisce, specificando,
altresì, se e in quale forma tali misure sono aderenti a quelle emanate dalla
International Organization of Securities Commissions in materia di Credit
Rating Agencies».
[88] A tal proposito, si veda i co. VIII e X, dell'art. 114, del T.U.F.
[89] Al riguardo, si segnala la La Carta dei Doveri dell'Informazione
Economica, emanata dal Consiglio Nazionale dell'Ordine dei giornalisti.
Sull'argomento, ZENO ZENCOVICH, Profili di uno statuto dell'informazione
economica e finanziaria, in Dir. Inf., 2005, 935. Di recente, comunque, la
Consob, con provvedimento del 5 giugno 2007, n. 15964, (in G.U. del 17 luglio
2007, n. 164), ha deliberato ai sensi dell'art. 114 T.u.f., co. X, la
sussistenza, per le norme di autoregolamentazione contenute nella Carta dei
doveri dell'informazione economica, delle condizioni indicate nell'art.
69-octies, co. 1, del regolamento Consob n. 11971/1999 (c.d. Regolamento
Emittenti).
[90] DOGLIOTTI, FIGONE, I diritti della personalità, in La responsabilità
civile, a cura di Cendon, Torino, 1998, p. 331.
[91] DOGLIOTTI, FIGONE, I diritti della personalità, cit., p. 331. In
giurisprudenza in questo senso, tra le altre Trib. Roma, 23 luglio 1984, in
Foro it., 1984, I, c. 1963, "la liceità del c.d. Warentest (servizio
giornalistico che presuppone o diffonde verifiche delle caratteristiche
qualitative di un prodotto o di più prodotti tra loro fungibili) va determinata
in base al criterio della serietà e scientificità del metodo seguito nell'analisi
comparativa tra prodotti diversi, a nulla rilevando l'eventuale erroneità dei
risultati conseguiti, salvo il caso in cui tale erroneità sia conosciuta o
conoscibile dal giornalista di media preparazione professionale".
[92] FRANZONI, L'illecito, in Trattato della responsabilità civile, diretto da
Franzoni, Milano, 2004, p. 907.
[93] Trib. Catania, 23 gennaio 2007, Pres. G.B. Macrì, Rel. B. Paternò Raddusa;
Trib. Venezia, 4 maggio 2006 - Pres. R. Zacco, Rel. A. Fidanzia; Trib. Milano,
Sez. VI civ. - Pres. Alda Vanoni, Rel. Carla Romana Raineri -, 9 novembre 2005.
Trib. Genova, sez. I civ. - Rel. Dr. D. Canepa -, 15 marzo 2005. In senso
diverso, Tribunale di Mantova, sez. II - Pres. Dr. A. Dell'Aringa, Rel. Dr. L.
Bettini - 15 marzo 2005, secondo la quale «il cliente è onerato solo della
prova della condotta del soggetto che presta il servizio di investimento e di
quella del danno subito, restando a carico di tale soggetto quella di un fatto
che elida il nesso di causalità sussistente fra illecito e conseguenze dannose,
il quale si presume esistente fino a prova contraria».
[94] Al riguardo, Codice Moody's, cit., p. 6.
[95] Trib. Pinerolo, 14 ottobre 2005 - Pres. Parnisari, Est. Salerno; Trib.
Catania, 5 maggio 2006, cit.
[96] Sul c.d. principio di vicinanza della prova, Cass. 2 febbraio 2007, n.
2308, in Giust. civ. Mass., 2007; Cass. 21 giugno 2004, n. 11488, in Danno e
resp., 2005, 23, con nota di DE MATTEIS; Cass. 28 maggio 2004, n. 10297, in
Riv. it. medicina legale, 2005, 1273; Cass. 21 luglio 2003, n. 11316, in Foro
it., 2003, I, 2970.
[97] Un nesso potrebbe essere ravvisato, tuttavia, tra il rating e l'eventuale
maggior prezzo di acquisto pagato per titoli, classificati erroneamente come a
rischio debole, allorché il prezzo sia stato «falsato» dall'erronea valutazione
dell'agenzia.
[98] Trib. Milano, sez. VI, 26 aprile 2006, n. 4882, Pres. A. Bernardini, Rel,
S. Puliga; Trib. Bari, sez. II, 7 novembre 2006, Giud. unico Agostinacchio;
Trib. Bari, 11 dicembre 2006, Pres. Di Lalla, Rel. Magaletti, secondo la quale
«l'informazione sul rating dei titoli è espressamente prevista nel solo
servizio di gestione su base individuale di portafogli di investimento per
conto terzi e pertanto, non può legittimamente prevedersi siffatto onere
allorché l'intermediario si limiti a negoziare per conto dei clienti titoli di
investimento ricercati sul mercato, su loro espressa richiesta».
[99] Sul punto, ROSSELLO, Il danno evitabile, Padova, 1990, 64.
[100] Con riguardo alle false informazioni contabili, in senso affermativo,
PERRONE, Informazione al mercato e tutele dell'investitore, Milano, 2003, 216;
BRUNO, L'azione di risarcimento per danni da informazione non corretta sul
mercato finanziario, Napoli, 2000, 215.
[101] FRANZONI, Dei fatti illeciti, in Commentario al codice civile
Scialoja-Branca, diretto da GALGANO, Bologna-Roma, 1993, sub art. 2043, 132.
[102] In questo senso BUSSANI, La colpa soggettiva, Padova, 1991, 18.
[103] Al riguardo, GOMELLINI, Gli scandali dei mercati finanziari, l'attività
di rating e i Modelli di prevenzione dei reati (a margine del recente
intervento legislativo di "salvataggio" del rating dei titoli
risultanti da operazioni di cartolarizzazione di canoni di leasing e della
prossima attuazione del Nuovo Accordo di Basilea 2), in Diritto della banca e
del mercato finanziario, 2004, p. 594.
[104] Cass., 9 aprile 2003, n. 5552, in Giur. it., 2004, p. 559, con nota di
SANZO. In particolare, la S.C., ha ritenuto che in caso di fallimento del
concedente del bene in leasing traslativo, ove la cosa venduta non sia ancora
passata in proprietà del compratore, il curatore ha facoltà di scelta fra lo
scioglimento del contratto e il subentro nel rapporto.
[105] GOMELLINI, Gli scandali dei mercati finanziari, cit., p. 594.
[106] GOMELLINI, Gli scandali dei mercati finanziari, cit., il quale sottolinea
come le agenzie avessero preannunciato una drastica riduzione del rating, per
il timore che, una volta sciolto da parte del curatore il contratto di leasing
da cui originano i crediti cartolarizzati, le operazioni potessero colassare,
per il venire meno dei crediti.
[107] Intervento di Standard & Poor's, cit.
[108] GOMELLINI, Gli scandali dei mercati finanziari, l'attività di rating e i
Modelli di prevenzione dei reati, cit., p. 602.
[109] Cass., 4 febbraio 2005, n. 2271, in Mass. Giur. it., 2005; Cass. pen.,
sez. V, 9 luglio 2004, n. 37345, in Riv. pen., 2005, p. 1024; Cass. pen.,
Sez.V, 16 gennaio 2001, n. 8570; Cass. pen., sez. V, 17 gennaio 2001, n. 11657.
[110] Cass. civ., sez. III, 4 febbraio 1992, n. 1147, in Foro it., 1992, I, c.
2127; ed in Corriere giur., 1992, p. 774.
[111] Nella motivazione, in ogni caso, si sottolinea la maggiore responsabilità
professionale cui deve attenersi il giornalista televisivo, tenuto conto della
particolare incisività del mezzo, allorché diffonda notizie che possono
pregiudicare i diritti di terzi.
[112] Al riguardo, si veda il § 21, Principi di revisione, n. 240, a cura del
Consiglio nazionale dei dottori commercialisti e consiglio nazionale dei
ragionieri, Milano, 2007. Gli errori di bilancio, infatti, che possono
presentarsi ai revisori possono derivare da frodi o comportamenti o eventi non
intenzionali: ciò che distingue le due categorie è l'intenzionalità o meno
dell'atto che determina errori in bilancio. In particolare, le frodi rilevanti
che comportano la presenza di errori significativi in bilancio sono le false
informative economico finanziarie, che riguardano l'omissione in bilancio di
importi o di un'informativa adeguata al fine di ingannare gli utilizzatori del
bilancio, influenzando la loro percezione della redditività aziendale. L'altro
tipo di frode rilevante per il revisore deriva dall'appropriazione illecita di
beni ed attività dell'impresa. L'appropriazione illecita è spesso commessa da dipendenti,
tuttavia, può coinvolgere anche la direzione che normalmente ha maggiore
possibilità di occultare o dissimulare tali appropriazioni.
[113] SPIOTTA, Il nuovo diritto societario, Commentario diretto da Cottino,
Bonfante, Cagnasso, Montalenti, Bologna, 2004, p. 1025. Sul punto anche
BUSSOLETTI, Le società di revisione, Milano, 1985, 88, il quale sottolinea come
il revisore abbia la possibilità di scoprire non tutti i falsi ma solo quelli
che possono emergere nell'attività di ricerca di quel «vero» che è la realtà
attingibile del revisore.
[114] Al riguardo, il § 20, Principi di revisione, n. 240, cit.
[115] In questi termini, MONTALENTI, La società quotata, in Trattato di diritto
commerciale, diretto da Cottino, Padova, 2004, 316. Si pensi, ad esempio, al
caso in cui alcuni documenti rilevanti siano stati falsificati; la revisione
svolta in conformità ai principi di revisione, raramente, comporta la verifica
dell'autenticità della documentazione, né il revisore è preparato a tale scopo
o ci si può attendere che sia considerato un esperto in questo campo; senza
considerare, inoltre, che un revisore può non individuare l'esistenza di
modifiche ad un documento, per esempio, attraverso un accordo a latere, che non
è stato reso noto al revisore. In questa fattispecie, pertanto, appare
improbabile individuare responsabilità, a meno che durante l'espletamento del
controllo contabile, non fossero emersi elementi che potevano indurre il
revisore a ritenere che un documento potesse essere non autentico o che il contenuto
dello stesso fosse stato modificato, con la conseguenza che il revisore avrebbe
dovuto svolgere approfondimenti, come per esempio una richiesta di conferma
diretta ai terzi, oppure valutando l'eventuale utilizzo del lavoro di un
esperto per accertare l'autenticità del documento (in questo senso, il § 26,
Principi di revisione, n. 240, cit.).
[116] In senso favorevole a configurare la responsabilità da contatto sociale
degli analisti finanziari: MAZZONI, Osservazioni in tema di responsabilità
civile degli intermediari finanziari, cit., p. 228.
[117] VISINTINI, Trattato breve della responsabilità civile, Padova, 1999, p.
555; REALMONTE, Il problema del rapporto di causalità nel risarcimento del
danno, Milano, 1967, p. 205.
[118] Il limite della prevedibilità, infatti, di cui all'art. 1225 c.c., è
strettamente collegato alla funzione della responsabilità contrattuale,
consistente nel tutelare le parti da un rischio specifico di danno, creato
dalla particolare relazione che si è in precedenza instaurata tra due soggetti
(sottolineano tale aspetto SALVI, voce Risarcimento, in Enc. del dir., XL,
Milano, 1989, p. 1068; ROSSELLO, Il danno evitabile, Padova, 1990, p. 23.
[119] GIARDINA, Responsabilità contrattuale ed extracontrattuale: una
distinzione attuale?, in Riv. Crit. Dir. priv., 1986, 86.
[120] Sul punto, si veda PINORI, Il danno contrattuale, Criteri di valutazione.
Tecniche e regole giudiziali di liquidazione, II, Padova, 2001, 250.
[121] Di recente, Cass. sez. un. 28 luglio 2005, n. 15781, in La responsabilità
civile, 2006, 229, con nota di FACCI, L'obbligazione di risultato del
progettista al vaglio delle Sezioni Unite.
[122] Tra gli altri, CATTANEO, La responsabilità del professionista, Milano,
1958, p. 47; PARADISO, La responsabilità medica: dal torto al contratto, in
Riv. dir. civ., 2001, p. 329; FRANZONI, Le obbligazioni di mezzi e di
risultato, in Trattato delle obbligazioni, diretto da Franzoni, in I grandi
temi, Torino, 2004, p. 1343.
[123] In ogni caso, anche nelle obbligazioni c.d. di mezzi, il debitore è
tenuto ad un risultato, inteso non come il raggiungimento dello scopo finale
perseguito dalla parte, bensì come insieme delle prestazioni che il debitore
deve compiere in vista di tale fine A. GABRIELLI, La r.c. del professionista, in
La responsabilità civile, a cura di Cendon, Torino, 1998, VI, p. 265.
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