Bancario
Il Caso.it, Sez. Articoli e Saggi - Data pubblicazione 01/12/2009 Scarica PDF
Le società di consulenza finanziaria: una disciplina in itinere
Maria Teresa Paracampo, Ricercatrice in Diritto dell'EconomiaSommario: 1. Premessa; 2. Il contesto normativo comunitario e le scelte del legislatore nazionale; 3. Il riconoscimento normativo delle SCF e la disciplina applicabile; 3.1. Il confronto con le Società di intermediazione mobiliare: l'istituzione del Tavolo di Lavoro delle Sim di Consulenza; 3.2. I requisiti strutturali delle SCF. L'oggetto sociale delle società di consulenza finanziaria; 3.3. Il capitale sociale; 3.4. La composizione societaria delle SCF; 3.4.1. Composizione societaria e consulenti assicurativi; 3.5. I requisiti di indipendenza; 4. L'iscrizione delle SCF nell'albo dei consulenti finanziari; 4.1. Albo dei consulenti finanziari, forme di pubblicità e tutela degli investitori; 5. Qualche considerazione conclusiva
1. Premessa
Tra le novità più significative introdotte dalla direttiva 2004/39/CE (Mifid)
nell'ordinamento finanziario è da segnalare la promozione del servizio di
consulenza in materia di investimenti ad attività finanziaria a titolo
principale1.
L'upgrading in tal senso è stata motivato dallo stesso legislatore comunitario
sulla base della constatazione della ««sempre maggiore dipendenza degli
investitori dalle raccomandazioni personalizzate»» (considerando 3 Mifid).
Difatti, il bisogno di consulenza e di aiuto dei risparmiatori nelle scelte
finanziarie - come è stato evidenziato - "segnala, in termini inequivoci,
la correlazione che intercorre tra un'operatività ««su misura»» e gli effetti
benefici che possono derivarne all'investitore; se ne evidenzia, altresì, la
funzione chiarificatrice in un contesto operativo caratterizzato dalla presenza
di prodotti ad alto rischio la cui complessità si pone, spesso, a fondamento di
situazioni nelle quali il risparmiatore può con estrema facilità andare
incontro a perdite o, quel che è peggio, divenire preda di intermediari non
corretti e senza scrupoli"2.
Versante quest'ultimo che non è rimasto immune al vento riformatore, atteso che
con un travagliato iter normativo - tuttora non completamente definito e le cui
fasi si sono intersecate e succedute in maniera disordinata - il mondo della
consulenza ha registrato il censimento di nuovi adepti (i consulenti finanziari
persone fisiche e le società di consulenza finanziaria), legittimati alla
prestazione del servizio di consulenza in materia di investimenti, sebbene
nelle limitate forme operative fissate ex lege: senza detenere somme di denaro
o strumenti finanziari di pertinenza dei clienti. E ciascuno degli operatori
professionali si caratterizza ed è destinato a distinguersi sul mercato per un
proprio statuto normativo: in taluni casi definito (Sim), in altri parzialmente
definito (consulenti finanziari persone fisiche), in altri ancora tutto da
definire (società di consulenza finanziaria).
Quello da ultimo indicato rappresenta il versante soggettivo più critico,
introdotto nel nostro ordinamento solo recentemente, a seguito di un intervento
legislativo che si è intersecato perpendicolarmente nell'ambito del percorso -
peraltro irto di ostacoli - relativo all'istituzione e al debutto operativo
dell'albo dei consulenti finanziari. Intervento motivato principalmente
dall'intento di riallineare le iniziali scelte del legislatore nazionale al
contesto normativo comunitario.
E' proprio dalle disposizioni della Mifid che bisogna prendere le mosse per
comprendere la genesi delle società di consulenza finanziaria (d'ora in poi:
SCF) e per ricostruire le principali coordinate normative che hanno segnato le
fasi di un iter travagliato e tuttora non concluso, ricco di problematiche di
natura temporale e sostanziale.
2. Il contesto normativo comunitario e le scelte del legislatore nazionale
All'origine della querelle che ha portato al riconoscimento della cittadinanza
nazionale alle SCF vi sono dunque talune premesse normative di stampo
comunitario, a partire da quelle che toccano ambiti soggettivi di applicazione
della direttiva, rimessi alla discrezionalità degli Stati membri.
Così, dapprima l'art. 3, par. 1, Mifid, prevede un'esenzione facoltativa
dall'applicazione della direttiva, rimessa sempre alla discrezionalità degli
Stati membri, nei confronti delle "persone"3 che: ««non sono autorizzate
a detenere fondi o titoli appartenenti ai clienti e che per questo motivo non
possono mai trovarsi in situazione di debito con i loro clienti; e non sono
autorizzate a prestare servizi di investimento, tranne la ricezione e la
trasmissione di ordini in valori mobiliari e quote di organismi di investimento
collettivo e l'attività di consulenza in materia di investimenti relativa a
tali strumenti; e nell'ambito della prestazione di tali servizi sono
autorizzate a trasmettere ordini soltanto»» ad una serie di soggetti ivi
elencati, ««a condizione che le attività di tali persone siano regolamentate a
livello nazionale»»4.
Parallelamente, l'art. 4, par. 1, n. 1), Mifid, nell'ambito della definizione
di impresa di investimento, rimette sempre alla discrezionalità degli Stati
membri la possibilità di estenderne i margini includendovi ««le imprese che non
sono persone giuridiche a condizione che:
a) il loro status giuridico garantisca ai terzi un livello di protezione dei
loro interessi equivalente a quello offerto dalle persone giuridiche, e
b) siano oggetto di una vigilanza prudenziale equivalente adeguata al loro
status giuridico»».
Contestualmente, l'art. 67 Mifid, nell'apportare una serie di modifiche alla
direttiva 93/6/CEE del 15 marzo 1993 relativa all'adeguatezza patrimoniale
delle imprese di investimento e degli enti creditizi, fissa due parametri
quantitativi di carattere strutturale che incidono anche sul versante dei
requisiti patrimoniali delle società in questione.
L'articolo su indicato contiene dapprima una premessa nel comma 1 - in specie,
lett. c) - che esclude dalla definizione di impresa di investimento quelle
««imprese che sono esclusivamente autorizzate a prestare i servizi di
consulenza in materia di investimenti e/o ricevere e trasmettere ordini di
investitori, in entrambi i casi senza detenere fondi o titoli appartenenti ai
loro clienti e che, per questo motivo, non possono mai trovarsi in situazione
di debito con i loro clienti»».
In conseguenza di tanto il par. 3 elenca taluni requisiti patrimoniali che, nel
genus, sono applicabili in via alternativa sulla scorta della scelta effettuata
dall'impresa interessata, mentre nella species, sono tassativi quanto a tetti
minimi da rispettare5.
Il tenore delle disposizioni riportate - che porta ora a favorire l'accesso al
mercato anche ad operatori sotto forma di imprese individuali, ora a
considerare imprese di investimento, con tutte le conseguenze che ne conseguono
sul versante disciplinare, anche quelle imprese non dotate di personalità
giuridica - ha aperto ampie possibilità di scelta al legislatore nazionale
sull'opportunità di estendere (ai sensi dell'art. 4) l'ambito dei soggetti
qualificabili come imprese di investimento ovvero di raffigurare fattispecie
soggettive (ai sensi dell'art. 3) diverse dalle imprese di investimento ed, in
tale qualità, esentate dall'applicazione della direttiva.
Sulla base di tali premesse normative, il legislatore nazionale tuttavia, al
termine di un lungo dibattito, ha preferito esercitare un'opzione normativa di
parziale adeguamento. Difatti la legge comunitaria 2006 (L. n. 13/2007),
recante i criteri di delega per il recepimento della Mifid, ha circoscritto
esclusivamente alle persone fisiche l'ambito dei soggetti abilitati a prestare
il servizio di consulenza in materia di investimenti con le limitazioni
operative indicate dagli artt. 3, par. 1 e 67 Mifid (senza detenere fondi o
strumenti finanziari di pertinenza della clientela), escludendo contestualmente
identica possibilità per le persone giuridiche6.
Successivamente, la scelta iniziale del legislatore nazionale di inibire
l'attività di consulenza alle persone giuridiche è stata oggetto di una sorta
di ripensamento (un vero e proprio revirement) che ha portato all'introduzione
nel Tuf dell'art. 18 ter7, relativo alle società di consulenza finanziaria.
Dette società, nella veste di società per azioni e di società a responsabilità
limitata, sono state così legittimate ad esercitare l'attività di consulenza in
materia di investimenti con le stesse limitazioni operative previste per i
consulenti finanziari persone fisiche: senza detenere fondi o strumenti
finanziari di pertinenza della clientela.
Il riallineamento con la normativa comunitaria non è però privo di traumi, dal
momento che solleva diverse problematiche (specie nel raffronto con le Sim), ed
ha i suoi costi sul versante dell'implementazione della nuova disciplina che,
se per un verso continua a subire ritardi, per altro verso non appare di facile
e sollecita definizione.
Nella prospettiva di riassumere la cronistoria delle SCF e la complessa cornice
normativa nella quale vanno inquadrate, va altresì segnalato che quando tutto
sembrava pronto per far partire e rendere ufficialmente operativo l'albo dei
consulenti finanziari ecco verificarsi l'ennesimo "incidente di
percorso" in quella che ormai é lunga e tormentata vicenda che si trascina
ormai da troppo tempo e che ha tutto il sapore di una classica "soap opera
normativa all'italiana"8, nella quale si sono alternati continui rinvii e
interventi a sorpresa.
Nel caso in questione il colpo di scena è racchiuso nel decreto legislativo 17
luglio 2009, n. 101 che reca modifiche e integrazioni ai d.lgs. 24 febbraio
1998, n. 58 (Testo Unico della Finanza) e d.lgs. n. 17 settembre 2007, n. 164
(di recepimento della Mifid), in particolare all'art. 18 bis, con riguardo
tanto all'organismo deputato alla tenuta dell'albo dei consulenti finanziari,
quanto all'albo medesimo che il legislatore tende a disciplinare sulla
falsariga di quello già istituito ed operante per i promotori finanziari,
creandone un parallelismo tecnico-organizzativo9.
Va però precisato che il termine di decorrenza per il debutto ed il contestuale
riconoscimento ufficiale delle SCF nel mondo della consulenza, fissato per il
1° ottobre 2009, è passato invano e pressoché inosservato.
Il legislatore ha mancato all'appuntamento che si era prefissato, rinviando
implicitamente ad un identico nastro di partenza tanto i consulenti ex art. 18
bis, quanto le SCF ex art. 18 ter Tuf. Nastro di partenza che, se avrà fine il
balletto dei rinvii e non interverranno altre proroghe, dovrebbe coincidere - a
seguito del quarto rinvio - con la data del 31 dicembre 2009.
3. Il riconoscimento normativo delle SCF e la disciplina applicabile
Il prossimo debutto dell'albo è destinato a mutare lo scenario della consulenza
in materia di investimenti con il pieno riconoscimento di due nuovi operatori
professionali, il consulente finanziario e le società di consulenza
finanziaria, che si contenderanno il mercato con le Sim di pura consulenza.
Tanto rischia però di creare sia confusione sui tratti peculiari di ciascun
soggetto (in particolare tra sim di pura consulenza e società di consulenza
finanziaria indipendente che, di primo acchito, assumono le sembianze di due
"gemelli diversi", pur prestando identico servizio con medesime
limitazioni operative), sia distorsioni della concorrenza tra operatori dello
stesso settore.
Difatti la crescita del mercato e lo sviluppo di una pluralità di soggetti
impegnati nel settore della consulenza pone diverse problematiche di
coordinamento del contesto normativo, unitamente all'esigenza di trovare il
giusto equilibrio di contemperamento tra gli statuti normativi dei diversi
operatori.
Motivo per cui si rende necessario livellare il campo delle regole tra le due
realtà societarie, onde evitare trattamenti discriminatori e disparitari, che
diversamente potrebbero ritorcersi a danno della professionalità dei soggetti
già operanti e della tutela degli investitori. Nel contempo, la definizione di
regole certe ed omogenee consente loro di concorrere ad armi pari ed evitare
che quel sistema di controlli, cui sono sottoposte le Sim, possa incrinarsi
concedendo "sconti regolamentari" e vantaggi competitivi ai nuovi
adepti della consulenza.
3.1. Il confronto con le Società di intermediazione mobiliare: l'istituzione
del Tavolo di Lavoro delle Sim di Consulenza
Al fine indicato e nella prospettiva di coordinare e riequilibrare il contesto
normativo, è stato di recente istituito un Tavolo di Lavoro delle Sim di
consulenza. Tavolo le cui finalità trovano espressione nel Protocollo di
Intesa10 stipulato tra la quasi totalità delle Sim autorizzate a prestare la
consulenza in materia di investimenti con limitazioni operative, cioè senza
detenzione, neanche temporanea, delle disponibilità liquide e degli strumenti
finanziari della clientela e senza assunzione di rischi da parte delle società
stesse.
Obiettivo precipuo - come si legge nel citato Protocollo - è quello di
costituire un "luogo di studio e discussione per affrontare in modo
sistematico i temi più rilevanti della consulenza finanziaria indipendente che
saranno determinati in esito al confronto democratico tra i diversi
partecipanti ed elaborare proposte e/o soluzioni condivise per supportare
iniziative di confronto con le Autorità competenti, nonché attività di
formazione, informazione e comunicazione, anche coordinate con istituzioni, sia
pubbliche che private".
Il sodalizio tra le Sim di consulenza nasce quindi dall'esigenza pressoché unanime
di "avviare un confronto con le Autorità di Vigilanza al fine di favorire
un'adeguata rappresentazione delle specificità dell'attività di consulenza in
materia di investimenti e di richiedere adattamenti della regolamentazione
finalizzati ad un miglioramento dell'efficienza del servizio di consulenza
prestato ai clienti".
In questa prospettiva si inseriscono talune proposte avanzate dal sodalizio ed
illustrate alla Consob nell'audizione tenutasi il 2 luglio scorso. Proposte
che, prendendo le mosse dalla caratteristica principale del servizio, prestato
senza assunzione di rischio per la Sim di pura consulenza, sono finalizzate ad
evidenziare l'inutilità e la superfluità nel caso specifico di alcune
disposizioni, generalmente applicabili a tutti gli intermediari finanziari. E
le proposte spaziano dalla richiesta di una semplificazione degli oneri
amministrativi e di conseguente alleggerimento degli adempimenti connessi
all'attività di segnalazione all'Autorità di vigilanza; a quella relativa
all'instaurazione di forme di collaborazione con i consulenti finanziari e le
nasciture SCF; alla possibilità di ricorrere all'offerta fuori sede
personalmente, senza doversi avvalere necessariamente di promotori finanziari,
onde rendere più proficuo il dialogo diretto con il cliente anche all'esterno
della sede sociale; fino all'opportunità di rivedere l'obbligo di adesione
delle Sim di consulenza al Fondo Nazionale di Garanzia, dal momento che non
detengono, neanche temporaneamente, liquidità e titoli della clientela.
Le Società aderenti al Procotollo d'Intesa ritengono però prioritario e
"sottolineano l'importanza di mantenere una idonea ed adeguata struttura
dei controlli sull'attività di consulenza da parte delle Autorità, a
salvaguardia degli interessi dei clienti e a tutela dell'immagine del
settore". In questa prospettiva auspicano che i regolamenti attuativi
della Consob "definiscano chiaramente un contesto normativo e
regolamentare omogeneo, coerente ed unico per tutti i soggetti che operano nel
settore della consulenza, prescindendo dalla figura giuridica prescelta".
3.2. I requisiti strutturali delle SCF. L'oggetto sociale delle società di
consulenza finanziaria
Il tenore estremamente laconico della disciplina delle SCF, rimessa
essenzialmente alla emananda regolamentazione secondaria11, genera diversi
dubbi ed interrogativi che, in attesa di soluzioni regolamentari, si
affastellano soprattutto sui requisiti strutturali che devono connotare le
nuove società. A titolo esemplificativo, se ne prenderanno in considerazione
solo taluni - quali l'oggetto sociale, il capitale sociale, la composizione
societaria, il requisito dell'indipendenza - pur potendo la disamina essere
estesa ad altri profili.
Preliminarmente, accanto alla regolamentazione dei requisiti indicati appare
innanzitutto auspicabile un intervento - di non secondaria importanza - in
ordine alla denominazione sociale che, parimenti alle Sim, dovrebbe nel caso
specifico contenere l'indicazione obbligatoria di "società di consulenza
finanziaria". E tanto al fine di consentirne, anche a tutela degli
investitori, un'immediata riconoscibilità sul mercato, con le caratteristiche
proprie che le contraddistinguono rispetto agli altri operatori del settore.
Con riguardo all'oggetto sociale delle SCF, è verosimile che abbia carattere
esclusivo e coincida con la definizione di consulenza in materia di
investimenti di cui all'art. 1, comma 5 quinquies, Tuf12, ristretta però nei
margini operativi fissati dall'art. 18 ter e quindi prestata ««senza detenere
somme di denaro o strumenti finanziari di pertinenza dei clienti»»13.
Esclusività dell'oggetto sociale che tuttavia non risulta intaccata - nei
limiti in cui viene meglio definita nell'atto costitutivo14 di ciascuna società
- dalla congiunta prestazione di servizi accessori per i quali, non vigendo
alcuna riserva di attività, non ricorre alcun obbligo di autorizzazione e sono
quindi liberamente esercitabili. A condizione però che venga rispettato
l'elemento indefettibile dell'indicato limite operativo, che solo può
concorrere a rendere compatibile l'esercizio congiunto dell'attività di
consulenza e di servizi accessori.
Al riguardo non sembra poi vi siano fattori normativi che ostino ad
un'integrazione di tal sorta. Anzi, nell'elenco dei servizi accessori di cui
all'art. 1, comma 6, Tuf, appaiono a tal fine funzionali quelli di cui alle
lett.
d) - f), ovverossia: da un lato quello della ««consulenza alle imprese in
materia di struttura finanziaria, di strategia industriale e di questioni
connesse, nonché la consulenza e i servizi concernenti le concentrazioni e
l'acquisto di imprese»»; dall'altro lato quello della ««ricerca in materia di
investimenti, l'analisi finanziaria o altre forme di raccomandazione generale
riguardanti operazioni relative a strumenti finanziari»»15.
A contrario, va esclusa la prestazione quei servizi accessori che, come già
detto, involgono la detenzione di denaro o di strumenti finanziari, ovvero
l'assunzione di rischi in proprio da parte della SCF, quale ««la concessione di
finanziamenti agli investitori per consentire loro di effettuare un'operazione
relativa a strumenti finanziari, nella quale interviene il soggetto che concede
il finanziamento»» [art. 1, comma 6, lett. c), Tuf].
La lett. g-bis) del medesimo articolo individua poi, con formula di chiusura,
««le attività e i servizi individuati con regolamento del Ministro
dell'economia e delle finanze, sentite la Banca d'Italia e la Consob, e
connessi alla prestazione di servizi di investimento o accessori aventi ad
oggetto strumenti derivati»»16.
Il carattere non tassativo dell'elenco dei servizi accessori, aperto
all'evoluzione finanziaria ed all'introduzione di nuovi servizi, farebbe quindi
propendere per l'integrazione della prestazione della consulenza con altri
servizi di nuova coniazione, che possono accedere al servizio di consulenza e
possono contribuire a renderlo più efficace, a condizione sempre che non venga
compromesso quel limite operativo (assenza di detenzione di disponibilità
liquide e di strumenti finanziari di pertinenza della clientela) che
rappresenta la caratteristica peculiare della consulenza finanziaria e che
giustifica l'applicazione di un regime normativo speciale (artt. 18 bis e ter
Tuf e disposizioni di attuazione).
Va però precisato che l'oggetto sociale e l'ambito dei servizi esercitabili è
suscettibile di un'ulteriore integrazione, in attuazione di un'espressa
disposizione della Mifid (art. 67), nella quale il legislatore comunitario ha
fissato determinati requisiti patrimoniali (capitale iniziale di euro cinquantamila
e sottoscrizione obbligatoria di copertura assicurativa della responsabilità
civile professionale) per le ««imprese che sono esclusivamente autorizzate a
prestare i servizi di consulenza in materia di investimenti e/o a ricevere e
trasmettere ordini di investitori, in entrambi i casi senza detenere fondi o
titoli appartenenti ai loro clienti»»17.
Circostanza quest'ultima che, pur involgendo un servizio di investimento a
titolo principale (i.e. ricezione e trasmissione ordini), se per un verso non
ha trovato piena attuazione nel nostro ordinamento, per altro verso non esclude
un possibile intervento legislativo atto a riallineare la normativa nazionale a
quella comunitaria e ad estendere i margini di operatività delle SCF. Il che
non svilisce in alcun modo il carattere esclusivo dell'oggetto sociale, dal
momento che, come si è indicato, anche il servizio di ricezione e trasmissione
ordini dovrebbe essere prestato senza detenzione di denaro o di strumenti
finanziari della clientela, condizione imprescindibile a fronte della quale
dette società ««non possono mai trovarsi in situazione di debito con i loro
clienti»» (art. 67, par. 1).
Di identico avviso si mostra altresì il sodalizio delle Sim di Consulenza che,
sulla scorta dell'esperienza diretta derivante dal costante rapporto con il
cliente e dalla constatazione di talune inefficienze temporali tra il momento
della formulazione della raccomandazione e il trasferimento dell'ordine
all'intermediario a cura del cliente, auspica che l'attività di ricezione e
trasmissione ordini possa essere svolta, quale estensione del servizio di
consulenza, esclusivamente nei confronti dei propri clienti.
L'unico ostacolo che si frappone su questa strada è dato dal fatto che la
prestazione del servizio di ricezione e trasmissione ordini è assoggettato ad
autorizzazione che, nel caso delle Sim, farebbe lievitare sensibilmente ed in
maniera sproporzionata gli obblighi di patrimonializzazione.
La proposta avanzata pertanto prevede - e la soluzione potrebbe essere condivisa
con le SCF - che l'attività in questione, in deroga alle disposizioni
regolamentari, possa essere considerata attività connessa e strumentale al
servizio di consulenza, potendo essere esercitata esclusivamente nei confronti
dei clienti già destinatari di raccomandazioni personalizzate.
Altro profilo concerne le modalità della prestazione dell'attività di
consulenza - face to face ovvero on line - che condiziona la struttura
organizzativa delle SCF.
Sul primo versante l'attività potrà essere svolta direttamente presso la sede
della società ovvero a mezzo di offerta fuori sede, modalità quest'ultima che
nel caso delle SCF non comporta necessariamente l'obbligo18 - già previsto per
gli intermediari finanziari - di avvalersi di promotori finanziari19.
Con riguardo alla modalità telematica, il cui uso è ormai invalso anche nella
prestazione dei servizi finanziari, anche la consulenza, in qualità di servizio
di investimento, può essere oggetto di commercializzazione a distanza. A tal
proposito la Consob è intervenuta precisando che la consulenza in materia di
investimenti può essere esercitata anche via web tramite l'invio di e-mail o
sms e che per essere qualificata come attività personalizzata deve essere
specificamente rivolta al singolo cliente, tener conto delle sue
caratteristiche ed essere attinente a determinati strumenti finanziari.
Operatività che necessita di un'adeguata piattaforma informatica e comporta per
le SCF la creazione di un sito web al quale l'accesso del cliente sia
subordinato all'utilizzo di una password.
3.3. Il capitale sociale
Altro profilo dai risvolti problematici è rappresentato dal capitale sociale,
la cui dotazione iniziale costituisce una delle discriminanti tra le Sim di
pura consulenza e le nasciture SCF.
Anche su questo versante il gap tra i due operatori è notevole: le prime devono
rispettare livelli di patrimonializzazione piuttosto elevati, fissati dalla
Banca d'Italia che in materia è competente, ai sensi dell'art. 6, comma 1,
lett. a), Tuf, ad esercitare compiti di vigilanza prudenziale sugli
intermediari ed, in particolare, a disciplinare gli obblighi delle Sim e delle
Sgr in materia di adeguatezza patrimoniale, contenimento del rischio nelle sue
diverse configurazioni e partecipazioni detenibili.
Di conseguenza, la prestazione del servizio di consulenza da parte delle Sim è
subordinato al rilascio di un'autorizzazione condizionata, inter alia, dal
rispetto del limite di capitale versato, che deve essere di ammontare non
inferiore a quello determinato in via generale dalla Banca d'Italia [ex art.
19, comma 1, lett. d), Tuf].
Gli importi minimi del capitale versato dalle Sim, come fissati dal regolamento
della Banca d'Italia del 29 ottobre 2007, sono differenziati in relazione alla
tipologia di servizio o attività di investimento che gli intermediari intendono
svolgere. In un crescendo quantitativo la dotazione di capitale minima risulta
più che raddoppiata in funzione dello svolgimento di servizi che comportano
l'assunzione di rischi20.
Nella specie, con riguardo alle Sim di pura consulenza - che intendono prestare
esclusivamente il servizio di consulenza in materia di investimenti con la
limitazione operativa derivante dall'assenza di detenzione, anche in via
temporanea, di disponibilità liquide e strumenti finanziari di pertinenza della
clientela e senza assunzione di rischi in proprio da parte delle società -
l'importo minimo di capitale (che deve essere rispettato continuativamente
durante la vita societaria) coincide altresì con l'importo minimo di euro centoventimila,
già fissato per la costituzione delle società per azioni.
Differenti i tetti minimi fissati invece dall'art. 67 Mifid che, modificando in
proposito gli artt. 2 e 3 della direttiva 93/6/CE, relativa all'adeguatezza
patrimoniale delle imprese di investimento e degli enti creditizi, ha previsto
espressamente - come già evidenziato21 - la dotazione minima di capitale di
euro cinquantamila o la sottoscrizione di polizza assicurativa per la
responsabilità civile professionale (per un massimale rispettivamente di euro
un milione per ciascuna richiesta di indennizzo e di euro un
milionecinquecentomila per l'importo totale delle richieste di indennizzo),
ovvero una combinazione di entrambi equivalente alle precedenti forme di
copertura. Dotazione valida - si precisa ancora una volta - per le imprese
autorizzate a prestare unicamente servizi di consulenza in materia di
investimenti e/o a ricevere e trasmettere ordini di investitori senza detenere
fondi o titoli appartenenti ai loro clienti.
La determinazione di detti importi, confermati dal combinato disposto degli
artt. 3, par. 1, lett. b), punto iii) e 7 direttiva 2006/49/CE del 14 giugno
2006, di rifusione della citata direttiva 93/6/CE, rappresenta - si ricorda
nuovamente - una delle cause all'origine della querelle che si è prolungata
fino all'introduzione dell'art. 18 ter Tuf ed al riconoscimento giuridico delle
SCF sotto forma di spa o di srl.
Purtroppo, la querelle rischia di riaccendersi e di trascinarsi ulteriormente,
dal momento che difficilmente il limite quantitativo di capitale su riportato
(euro cinquantamila) é compatibile con gli importi minimi fissati
inderogabilmente dal codice civile per le forme giuridiche prescelte (di euro
centoventimila per le spa ex art. 2327 c.c., di euro diecimila per le srl ex
art. 2463, comma 2, n. 4, c.c.).
La questione non è di poco conto e costituisce uno dei nodi critici - in tema
di requisiti patrimoniali - su cui si attende un intervento risolutivo del
Ministro dell'economia ai sensi dell'art. 18 ter, comma 1, Tuf.
3.4. La composizione societaria delle SCF
La delimitazione dell'oggetto sociale incide inevitabilmente su altro versante
di carattere soggettivo, con riguardo al quale nasce un dubbio che concerne la
composizione tanto societaria che professionale della SCF, se cioè la
proprietà, in ragione dell'esclusività dell'oggetto sociale, debba essere da un
canto circoscritta e coincidere con quella dei soli consulenti ovvero possa
essere aperta ad azionisti-investitori esterni alla società.
Sul punto l'art. 18 ter Tuf non offre sostanziali indici interpretativi,
risultando carente proprio su uno degli aspetti più salienti della disciplina
in tema di SCF.
Unico riferimento si scorge con riguardo alla possibile determinazione dei
requisiti di professionalità, onorabilità e indipendenza degli esponenti
aziendali (e quindi dei soggetti che ricoprono cariche apicali nella società),
dal momento che la relativa regolamentazione non costituisce un campo obbligato
di intervento normativo, bensì l'esercizio di un potere discrezionale
riconosciuto al Ministro dell'economia, il cui ambito si estende dal quantum
all'an. Alla competenza ministeriale viene rimessa la decisione non solo in che
termini disciplinare i requisiti in questione, ma anche - a monte - sul
"se" intervenire in materia.
I requisiti, per l'importanza del servizio reso al pubblico degli investitori,
potrebbero ricalcare quelli previsti ex art. 13 Tuf per i soggetti abilitati ai
sensi dell'art. 18 Tuf.
Diversamente, il disposto dell'art. 18 ter pecca per la mancanza di qualunque
riferimento ai requisiti di onorabilità dei soci e detentori di partecipazioni,
come non vi è traccia alcuna della possibilità che la SCF possa far parte di un
gruppo societario.
Pur in assenza di una competenza normativa specifica, sarebbe auspicabile
un'indicazione ministeriale su entrambi i profili indicati, dal momento che
sono suscettibili di incidere sul versante dell'indipendenza delle SCF. Ed un
intervento in tal senso potrebbe essere fatto rientrare proprio nelle maglie allargate
del requisito di indipendenza, che l'art. 18 ter, comma 1, rimette alla
necessaria ed esclusiva competenza ministeriale.
Dovrebbero così essere regolamentati i requisiti di onorabilità dei titolari di
partecipazioni nelle SCF, magari alla stregua di quanto previsto sia nel Tub
che nel Tuf. Allo stesso modo, dovrebbero essere altresì determinate le soglie
partecipative22, il superamento delle quali potrebbe influire sul controllo
della società, determinandone le scelte e quindi rischiando, in definitiva, di
compromettere quel requisito di indipendenza che deve connotare anche le SCF.
Parimenti, potrebbe prevedersi e disciplinarsi la possibilità per la SCF di
essere integrata in un gruppo di società (alcune specializzate nell'analisi
finanziaria indipendente, altre in servizi di consulenza aziendale), anche
straniere, che, pur conservando il requisito dell'indipendenza rispetto ad
emittenti ed intermediari (come prescritto dall'art. 5, comma 1, d.m. n.
206/2008 per i consulenti persone fisiche), prestino servizi accessori
strumentali ad un più proficuo esercizio della consulenza. Soluzione questa che
- se seguita - potrebbe allargare il raggio di azione della vigilanza
esercitata dall'organismo, estendendolo dalla singola società alla struttura
del gruppo, onde sia evitare che talune vicende societarie possano avere
ripercussioni negative sulla SCF e possano eventualmente pregiudicarne il
carattere dell'indipendenza23, sia verificare il perdurante rispetto dello
stesso requisito ai fini della permanenza dell'iscrizione nell'albo.
Ancora. Dal punto di vista della composizione professionale non si specifica se
la società di consulenza finanziaria, ai fini della stessa qualificazione come
tale, debba essere composta esclusivamente da consulenti finanziari o possa
integrarsi e avvalersi dell'ausilio di altre competenze collaterali (es.
avvocati e commercialisti), rimesse a professionisti appartenenti ad altro
ordine professionale, iscritti al relativo albo e per i quali la prestazione
della consulenza in maniera occasionale, nell'ottica della Mifid24, rientra nel
corposo campo delle esenzioni, sottratto all'autorizzazione dell'autorità di
vigilanza.
Costoro, in qualità di professionisti, risultano peraltro già inclusi anche
nell'elenco degli associati Nafop (una delle più rappresentative associazioni
di categoria dei consulenti finanziari indipendenti) ed in tale qualità possono
fornire il proprio contributo sul versante operativo di pertinenza, nel
rispetto tuttavia delle competenze professionali ad essi riservate ex lege.
Parimenti, su un profilo strettamente connesso si presenta la questione se i
consulenti debbano necessariamente avere la qualità di socio o possano essere
assunti con contratto di lavoro subordinato e se in entrambi i casi debbano
essere previamente iscritti all'albo dei consulenti persone fisiche ovvero
l'iscrizione della società della quale sono soci o dalla quale dipendono nella
sezione ad hoc dell'albo possa sanare eventuali mancanze in tal senso e quindi
sia sufficiente ai fini della prestazione del servizio di consulenza.
E se quest'ultima ipotesi va esclusa alla luce della funzione costitutiva che
svolge l'iscrizione all'albo ai fini dell'operatività della SCF, la prima
invece sembra da avvalorare in considerazione del fatto che nell'esercizio
dell'attività di consulenza il consulente, sia in qualità di persona fisica che
in forma societaria, può avvalersi - sotto la propria direzione e
responsabilità (ex art. 2232 c.c.) - di ausiliari o di collaboratori che, ai
sensi dell'art. 2094 c.c., in qualità di prestatori di lavoro subordinato, si
obbligano mediante retribuzione a collaborare nell'impresa, prestando il
proprio lavoro intellettuale alle dipendenze e sotto la direzione
dell'imprenditore. Siffatta possibilità è peraltro avallata dalla bozza del
regolamento Consob che nell'art. 1, lett. l), reca la definizione di
"soggetti rilevanti", categoria soggettiva che include ««i dipendenti
del consulente finanziario nonché ogni altra persona fisica i cui servizi siano
a disposizione e sotto il controllo del consulente finanziario e che
partecipino alla prestazione del servizio di consulenza ed all'esercizio
dell'attività di consulenza da parte del medesimo consulente»».
E' evidente quindi che diverse sono le domande ed i dubbi ingenerati da una
disciplina lacunosa, sui quali si può tentare di avanzare ipotesi
ricostruttive, ma in questo caso è il legislatore che, una volta legittimate le
società di consulenza finanziaria, dovrebbe snocciolare i diversi interrogativi
che ne conseguono e trovare una soluzione normativa.
3.4.1. Composizione societaria e consulenti assicurativi
Un'ulteriore considerazione di rende doverosa in tema di composizione
societaria e professionale delle SCF.
La denominazione che contraddistingue le società in questione come
"società di consulenza finanziaria" e la connotazione finanziaria
della consulenza prestata, intesa in senso lato, farebbero propendere per la
possibilità, rimessa alla scelta di ciascuna società, di arricchirne la
composizione, avvalendosi altresì della competenza professionale di consulenti
assicurativi.
Non vanno infatti tralasciati due fattori - entrambi di estrazione normativa -
che depongono in tal senso.
In primo luogo, non vi è un rapporto di incompatibilità tra l'attività di
consulenza esercitata dal consulente finanziario e quella assicurativa prestata
da un intermediario assicurativo. Intermediario che, nel rispetto del requisito
di indipendenza che sempre deve connotare le SCF, potrà immedesimarsi solo con
la figura del mediatore di assicurazione (altresì denominato broker) che, ai
sensi dell'art. 109, comma 2, lett. b), d.lgs. n. 209/2005 (Codice delle
assicurazioni private)25, agisce su incarico del cliente e senza potere di
rappresentanza di imprese di assicurazione. Depone esplicitamente in tal senso
anche l'elenco delle situazioni di incompatibilità contemplate dalla bozza del
regolamento Consob sui consulenti finanziari, che sub art. 13, comma 1 prevede
l'incompatibilità dell'attività di consulente finanziario solo con le figure dell'agente
di assicurazione e comunque con quei soggetti che prestano attività di
intermediazione assicurativa sotto il vincolo contrattuale con imprese di
assicurazione..
Il broker è esentato da siffatta incompatibilità, in quanto è l'unico in grado
di rispondere alla finalità sottesa alla disposizione di cui all'art. 120,
comma 4, lett. a), d.lgs. n. 209/2005, ai sensi della quale -muovendo da
prospettiva identica a quella dei consulenti finanziari - può prestare ««un
servizio di consulenza fondata su una analisi imparziale»» dei prodotti offerti
dal mercato26, tale da individuare e raccomandare quello che tenga conto delle
caratteristiche del cliente e risulti pertanto più adeguato alle sue esigenze
assicurative.
In secondo luogo, la soluzione indicata (integrazione della composizione
professionale con consulenti assicurativi) viene avvalorata da altro fattore -
sempre normativo - di tipo oggettivo.
L'art. 67, par. 3, Mifid, con disposto rifuso nell'art. 8 direttiva 2006/49/CE
(relativa all'adeguatezza patrimoniale delle imprese di investimento e degli
enti creditizi), non esclude l'indicata possibilità, tanto da prevedere
requisiti patrimoniali dimezzati27 rispetto a quelli in generale fissati per le
imprese che sono autorizzate unicamente a prestare servizi di consulenza in
materia di investimenti e/o a ricevere e trasmettere ordini di investitori
senza detenere fondi o titoli appartenenti ai loro clienti, purché dette
imprese siano registrate anche ai sensi della direttiva 2002/92/CE in tema di
intermediazione assicurativa e ne soddisfino i requisiti ivi fissati.
In una simile prospettiva si offrirebbe al cliente un servizio di consulenza
prestato a 360 gradi, tale da soddisfare le sue esigenze tanto di carattere
finanziario in senso stretto, quanto di tipo assicurativo e previdenziale.
3.5. I requisiti di indipendenza
Uno dei versanti disciplinari più critici che l'art. 18 ter Tuf rimette alla
competenza regolamentare del Ministro dell'economia concerne i requisiti di
indipendenza delle SCF. Requisiti il cui rispetto, se nella generalità degli
intermediari finanziari assume particolare rilevanza e valore deterrente ai
fini della prevenzione di una nutrita serie di conflitti di interesse, nel caso
dei consulenti persone fisiche e delle SCF rappresenta il tratto
caratterizzante dei nuovi operatori finanziari28, tanto da divenire
determinante ai fini della stessa iscrizione (e permanenza dell'iscrizione)
all'albo.
Difatti nel primo caso le soluzioni legislative adottate, impostate sui quattro
moduli della prevenzione, identificazione, gestione e comunicazione al cliente
di conflitti di interesse comportano per l'intermediario l'adempimento di
taluni obblighi - alcuni di provenienza eteronormativa, altri di fonte
autoregolamentare - finalizzati ad evitare che l'investitore possa subire un
pregiudizio da situazioni in cui l'intermediario opera in conflitto di
interesse29.
Diversamente, per i consulenti e le società di consulenza finanziaria quello
dell'indipendenza - o comunque della posizione di strutturale indipendenza
rispetto agli investimenti consigliati - costituisce un requisito
indispensabile che condiziona a monte la stessa iscrizione nell'albo e la cui
violazione assurge pertanto sia a motivo ostativo della permanenza
dell'iscrizione medesima, sia a causa invalidante del contratto di consulenza
eventualmente concluso30.
Ben si comprende quindi l'importanza della definizione di un simile requisito,
la cui individuazione ed esatta delimitazione, già oggetto di una lunga ed
annosa discussione con riguardo ai consulenti persone fisiche, si ripropone
nuovamente nel caso di specie con modalità e forme più complesse, in ragione
della veste societaria che il nuovo operatore può rivestire e che pertanto
potrebbe esporlo ad un più ampio spettro di possibili situazioni conflittuali.
E tanto sia che operi singolarmente, sia che risulti integrato nella struttura
di un gruppo societario, profili entrambi che, come già indicato in tema di
composizione societaria delle SCF, necessitano di un intervento ministeriale.
Con specifico riferimento al requisito dell'indipendenza, va precisato che
l'art. 5 d.m. n. 206/200831 assume una posizione ambivalente in ordine a due
distinte fattispecie.
Posizione di netto rifiuto per la percezione di qualunque forma di commissione
o provvigione - la norma parla genericamente di "beneficio" - da
parte di soggetti diversi dal cliente al quale è reso il servizio, pena il
diniego di iscrizione o la cancellazione dall'albo.
Diversamente, assume una posizione più morbida per quanto concerne il divieto
per i consulenti finanziari di intrattenere rapporti (di natura patrimoniale o
professionale o di altra natura, compresa quella familiare) con emittenti ed
intermediari32, in quanto non lo esclude a priori e ne subordina la validità (o
la tollerabilità), ai fini dell'iscrizione nell'albo prima e della permanenza
della stessa poi, ad una preventiva informativa nei confronti dell'Organismo e
contestuale dichiarazione che detti rapporti ««non sono tali da condizionare
l'indipendenza di giudizio nella prestazione di consulenza in materia di
investimenti»» (art. 5, comma 2).
Suscita però perplessità la possibilità così riconosciuta a contrario ai
consulenti di intrattenere rapporti con intermediari ed emittenti, il cui
carattere di eventuale compromissione del requisito dell'indipendenza è rimessa
(o sanato?) all'autodichiarazione (una sorta di autocertificazione) degli
stessi consulenti, mentre all'organismo compete la (semplice?) valutazione
delle relative dichiarazioni ai fini della permanenza dell'iscrizione
all'albo33.
La disposizione, singolarmente considerata, sembra tradire - come è stato
evidenziato - lo spirito della legge sulla nuova "consulenza
indipendente"34.
Purtuttavia, volendo attribuire un'interpretazione estensiva ed allargare le
maglie applicative della previsione, pena lo svuotamento di poteri dello stesso
organismo ridotto ad un mero luogo di passaggio cartaceo, appare opportuno
inquadrare il compito di valutazione dell'organismo nell'ambito delle più ampie
funzioni ad esso assegnate dalla norma di fonte primaria, l'art. 18 bis, comma
6, lett. d) - f), Tuf, nella versione da ultimo adottata con il d.lgs. n.
101/2009.
Ai sensi di detti commi, l'organismo dispone di poteri istruttori funzionali
allo svolgimento delle proprie attività, esercitando poteri di vigilanza sugli
iscritti all'albo e potendo da un lato richiedere loro ««la comunicazione di
dati e notizie e la trasmissione di atti e documenti, secondo le modalità e nei
termini dallo stesso determinati»»; dall'altro effettuare nei loro confronti
««ispezioni e richiedere l'esibizione dei documenti ed il compimento degli atti
ritenuti necessari, nonché procedere ad audizione personale»».
Inquadrando la disposizione in questa prospettiva, l'organismo non dovrebbe
limitarsi a valutare la dichiarazione ricevuta, bensì dovrebbe estendere i
limiti del suo operato - se necessario - controllando prima il tenore della
dichiarazione e verificando eventuali pregiudizi del requisito di indipendenza
sulla scorta dei poteri di controllo di cui dispone, poi esercitando poteri
sanzionatori ed intervenendo sulla sorte dell'iscritto all'albo.
La formulazione dell'art. 5 risente poi del carattere individuale della figura
del consulente persona fisica e va pertanto riadattato e/o rinnovato tenendo
conto della forma societaria dei nuovi adepti della consulenza, ivi inclusi i
requisiti di indipendenza che dovranno rispettare altresì i dipendenti e/o i
soggetti che collaborano alla prestazione del servizio di consulenza (i.e.
"soggetti rilevanti"), i soci - che prestino o meno l'attività di
consulenza - nonché gli esponenti aziendali, magari rimettendo
all'autodeterminazione della società la predisposizione di eventuali procedure
interne e l'adozione di una policy a presidio del requisito dell'indipendenza.
Il che si riflette sul versante della tutela degli investitori e di un corretto
ed imparziale esercizio dell'attività di consulenza in materia di investimenti.
Nella stessa prospettiva il requisito dell'indipendenza va ricalibrato sul
duplice binario, soggettivo ed oggettivo, con riferimento tanto ai rapporti
interpersonali - principalmente con intermediari ed emittenti prodotti
finanziari - quanto all'oggetto della raccomandazione personalizzata, lo
strumento finanziario.
Peraltro, sulla scia della disciplina dei conflitti di interesse dettata dal
regolamento congiunto Banca d'Italia e Consob, che rimane aperta
all'identificazione nella prassi di innovative fattispecie conflittuali, allo
stesso modo sarebbe auspicabile che anche il regolamento ministeriale non
circoscrivesse il requisito dell'indipendenza delle SCF alle ipotesi
individuate dall'art. 5, commi 1 e 3, d.m. n. 206/2008 per i consulenti persone
fisiche o comunque a quelle che vorrà indicare, bensì adottasse una formula
omnicomprensiva di chiusura tale da includere ogni circostanza non preventivata
che possa comunque pregiudicare una valutazione obiettiva e la formulazione di
una corretta e disinteressata raccomandazione personalizzata di investimento.
4. L'iscrizione delle SCF nell'albo dei consulenti finanziari
In ultima battuta, sembra opportuno riservare qualche riflessione
all'iscrizione delle SCF in una sezione istituita ad hoc nell'albo dei
consulenti finanziari ai sensi dell'art. 18 ter, comma 3, Tuf, nonché alla
funzione ad essa riconosciuta.
L'iscrizione nell'albo, stando all'incipit dell'art. 18 ter, comma 1, Tuf,
avrebbe potuto essere operativa a decorrere dall'ormai passato 1° ottobre 2009.
Termine quest'ultimo che fungeva da dies a quo per l'ingresso ufficiale delle
SCF sul mercato della consulenza e che, come già detto, è stato spostato,
unitamente al debutto operativo dell'albo, al 31 dicembre 2009.
Va subito precisato che sembra doversi riconoscere all'iscrizione delle SCF
nell'albo dei consulenti finanziari una funzione differente rispetto a quella
assolta rispetto all'iscrizione delle banche e delle imprese di investimento
nei rispettivi albi (artt. 13 Tub e 20 Tuf).
In entrambi i casi da ultimo indicati l'iscrizione rappresenta l'ultimo
tassello del procedimento di autorizzazione, che segue il rilascio della stessa
e l'iscrizione nel registro delle imprese, segnando nel contempo l'ingresso
ufficiale dell'impresa - in qualità di banca o di impresa di investimento - nel
mercato bancario o in quello finanziario e nel sistema di vigilanza delle
rispettive autorità di controllo35.
L'iscrizione costituisce pertanto un atto dovuto con funzione meramente
ricognitiva, cui si aggiunge una funzione informativa di pubblicità notizia36.
A differenza delle banche e delle imprese di investimento, la funzione da
riconoscere all'iscrizione delle SCF non si esaurisce pertanto in quella di
rappresentare la fase conclusiva dell'iter autorizzativo all'esercizio
professionale nei confronti del pubblico dell'attività bancaria e finanziaria,
bensì diviene essa stessa parte integrante della procedura di abilitazione e
legittimazione alla prestazione del servizio di consulenza in materia di
investimenti.
Nel caso di specie la procedura autorizzativa culmina e trova espressione
proprio nell'iscrizione della società all'albo, assumendo efficacia costitutiva
della procedura medesima - anche ai fini della regolare prestazione del
servizio - e non meramente ricognitiva in ordine alla sussistenza dei requisiti
richiesti dal regolamento ministeriale ai fini dello svolgimento dell'attività
di consulenza.
Ovviamente, anche nel caso delle SCF l'iscrizione all'albo sarà subordinata al
perfezionamento del procedimento di iscrizione delle società nel registro delle
imprese, la cui funzione di certificazione anagrafica e di pubblicità con
efficacia costitutiva è condizione sufficiente esclusivamente al fine di
rendere certa la data a decorrere dalla quale la società - non ancora in
qualità di SCF - può considerarsi venuta ad esistenza.
La qualificazione della stessa come SCF presuppone infatti un plus, un
obbligatorio passaggio successivo, quello dell'iscrizione all'albo, che le
abilita alla prestazione del servizio di consulenza. E' difatti l'iscrizione
che qualifica ed autorizza sotto il profilo operativo i consulenti finanziari,
svolgendo nel contempo una funzione di documentazione e certificazione dei
requisiti prescritti ex lege.
Sembra pertanto doversi escludersi il riconoscimento di un valore
esclusivamente e puramente di pubblicità-notizia dell'iscrizione all'albo,
rivestendo un maggiore e pregnante significato di condizione essenziale e
necessaria ai fini della prestazione del servizio di consulenza. L'iscrizione
diviene così requisito fondamentale e imprescindibile che da un lato avvalora e
"certifica" il possesso, da parte del consulente-professionista e
delle SCF, dei requisiti prescritti dal d.m. n. 206/2008, dall'altro assume
carattere ostativo per l'esercizio della professione in sua mancanza37 o
cancellazione, tale da invalidare il contratto eventualmente concluso e
configurare la fattispecie dell'esercizio abusivo della professione.
Fattispecie diversamente configurata, in quanto prende in considerazione la
mancanza della prescritta autorizzazione, da parte di banche ed imprese di
investimento, per l'esercizio di attività coperte da riserva di legge, la
mancanza di iscrizione nell'albo per
i consulenti finanziari e presumibilmente per le SCF.
E le differenze si notano altresì anche sul tipo di sanzione comminata: la
reclusione nel primo caso, la sanzione amministrativa pecuniaria nel secondo.
In quest'ultimo caso l'illecito depenalizzato è omologato dall'art. 190, comma
1, Tuf - come modificato dal d.lgs. n. 101/200938 - alla semplice violazione di
disposizioni normative, laddove ci si sarebbe aspettati maggior rigore in
relazione ad un'attività tanto delicata per la tutela degli investitori.
4.1. Albo dei consulenti finanziari, forme di pubblicità e tutela degli
investitori
L'art. 18 bis, comma 7, lett. a), Tuf, la cui applicabilità alle SCF è
espressamente richiamata dall'art. 18 ter, comma 3, rimette alla Consob la
determinazione, inter alia, dei principi e dei criteri relativi alla formazione
dell'albo e alle relative forme di pubblicità.
In attuazione di tale competenza la bozza del regolamento Consob del 5 giugno
2008 - sul quale si è già conclusa da più di un anno la consultazione - dedica
l'art. 7 alla pubblicità dell'albo e delle sanzioni irrogate agli iscritti,
prevedendo che ««l'Organismo tiene a disposizione del pubblico l'albo aggiornato
con modalità idonee ad assicurarne la massima diffusione»»39.
Ne emergono una pluralità di compiti, strettamente correlati, con relative
responsabilità a carico dell'organismo, il quale deve:
- in primo luogo, tenere l'albo a disposizione del pubblico, cioè
far sì che il pubblico degli investitori o comunque chiunque vi abbia interesse
possa accedere agevolmente all'albo e consultare le informazioni ivi riportate;
- in secondo luogo e conseguentemente al compito ora indicato,
tenere l'albo costantemente aggiornato, provvedendo ed adoperandosi affinché lo
stesso venga tempestivamente aggiornato, specie con riguardo a notizie
rilevanti quali il mutamento del domicilio presso il quale il consulente
iscritto svolge la sua attività, ovvero ad eventuali provvedimenti sanzionatori
adottati nei suoi confronti. Provvedimenti questi ultimi che peraltro
l'organismo è tenuto a rendere pubblici ai sensi del comma 2 dello stesso
articolo indicato. Il che comporta, a carico dell'organismo, un continuo e
costante monitoraggio dello stato e della perdurante validità delle
informazioni ivi registrate e relative tanto ai consulenti iscritti, quanto
alle SCF;
- in terzo luogo, adottare le modalità più adeguate in funzione del fine,
quello di garantirne la massima diffusione.
La norma, a parte un riferimento minimale ad Internet, non specifica le
modalità che possono in teoria ritenersi più idonee sotto questo punto di
vista, rimettendone la scelta all'organismo che gode in proposito di ampia
discrezionalità quanto a canali telematici ed informatici utilizzabili, purché
di spiccato ed immediato contenuto informativo, che tengano conto
dell'innovazione tecnologica, della relativa possibilità di accesso e facilità
di fruizione da parte del destinatario finale, il pubblico. Il che fa
presumere, a carico dell'organismo, l'ulteriore compito di dotarsi di un
proprio sito web nel quale evidenziare siffatte informazioni.
Tutte le funzioni dell'organismo ora evidenziate sono strettamente collegate
dalla ratio sottostante tanto all'iscrizione del consulente (e delle SCF)
all'albo, quanto alla relativa pubblicità. La finalità prettamente informativa
e di tutela del pubblico degli investitori, che rappresenta peraltro l'elemento
centrale ed indefettibile nell'architettura del servizio di consulenza in
termini di raccomandazione personalizzata, non si esaurisce pertanto in quella
che appare una semplice pubblicità notizia, ma si connota per un plus che pone
l'accento piuttosto sulla facilità e velocità di accesso, nonché sull'agevole
fruizione delle informazioni relative agli iscritti all'albo.
Identica finalità appare sottesa al disposto dell'art. 7, comma 2, ai sensi del
quale ««l'organismo pubblica i provvedimenti sanzionatori adottati nei
confronti dei consulenti finanziari»», ove l'intento prioritario è quello di
diffondere al pubblico, a prescindere dal mezzo utilizzato (se solo con
l'annotazione sull'albo o ad adiuvandum con altri canali di diffusione), e di
rendere tempestivamente conoscibile sul mercato il nominativo di consulenti nei
cui confronti siano state comminate delle sanzioni, unitamente al tipo di
sanzione irrogata. E il mezzo di divulgazione dovrà essere tanto più efficace e
veloce quanto più grave sarà il provvedimento adottato (es. radiazione
dall'albo), onde tutelare gli investitori da consulenti che abbiano compiuto
gravi violazioni normative.
Una disposizione di tal sorta è pertanto foriera di conseguenze per
l'organismo, dal momento che rafforza da un lato la vigilanza dello stesso
sugli iscritti, dall'altro la relativa responsabilità in una duplice direzione:
verso la Consob che ne controlla l'operato e che è tenuta ad intervenire per
gravi mancanze dell'organismo nell'adempimento dei propri compiti e verso il
pubblico che fa affidamento sulle informazioni riportate nell'albo.
Tanto discende dalla locuzione ««tiene a disposizione del pubblico»» che,
introdotta sulla falsariga di quanto già previsto per l'albo dei promotori
finanziari, sposta il pendolo informativo più sul versante dell'accessibilità e
della velocità di fruizione da parte del pubblico che su quello del meccanismo
della semplice pubblicità notizia, atteso che assume rilevanza prioritaria la
tutela dell'investitore, in particolare che possa affidarsi ad un consulente
dotato di quei requisiti di professionalità, onorabilità, indipendenza e
patrimoniali - come determinati dal d. m. n. 206/2008 per i consulenti persone
fisiche e tuttora da determinarsi con riguardo alle SCF - di cui l'albo, al
quale il consulente o la società di consulenza sono iscritti, costituisce un
presupposto indefettibile di garanzia.
Il che potrebbe portare a configurare - nel ventaglio delle numerose situazioni
astrattamente ipotizzabili - un'ulteriore fattispecie di responsabilità
dell'organismo per false e/o erronee informazioni che hanno fuorviato
l'investitore (a causa, per esempio, di un ritardo nell'aggiornamento di
un'informazione ovvero della mancata pubblicità data ad un provvedimento
sanzionatorio adottato nei confronti di un iscritto).
E, in teoria, altra fattispecie di responsabilità dell'organismo potrebbe
configurarsi nei confronti dello stesso consulente iscritto che, avendo
ottemperato al dovere di comunicare tempestivamente ogni variazione del
domicilio eletto in Italia e del relativo indirizzo (ex art. 6, comma 3, bozza
del reg. Consob) - o della sede per le SCF - subisca un danno per ritardo
nell'aggiornamento delle informazioni riportate nell'albo.
Va però osservato che tutto il meccanismo pubblicitario riconosciuto all'albo a
tutela del pubblico nasconde un punto debole, in quanto presuppone
necessariamente la compartecipazione dell'investitore che - quale contropartita
del dovere dell'organismo di tenere l'albo a disposizione del pubblico - deve
farsi parte attiva ed adoperarsi per verificare le informazioni riportate
nell'albo medesimo.
Sul punto va infatti evidenziato che il legislatore ha omesso di inserire
nell'impianto normativo degli artt. 18 bis e ter la disposizione - già
sperimentata con riferimento tanto alle società bancarie ed ai gruppi bancari
(artt. 13, comma 2 e 60, comma 2, Tub) quanto alle imprese di investimento
(art. 20, comma 3, Tuf) - relativa all'obbligo del soggetto iscritto di
indicare negli atti e nella propria corrispondenza gli estremi dell'iscrizione
nell'albo. Cosa che risulta di maggiore ed immediata evidenza per l'investitore
che si trovi a relazionarsi con un consulente che operi sia singolarmente, sia
in forma societaria.
Siffatto profilo, in un quadro normativo tuttora de iure condendo, specie per
le SCF, potrebbe rappresentare un ulteriore impulso alla tutela del pubblico,
confortando il cliente - già al primo impatto - sugli estremi di
identificazione e di riconoscimento sia dei consulenti persone fisiche sia
delle SCF, nonché sul regolare svolgimento del servizio di consulenza da parte
dei soggetti iscritti all'albo.
5. Qualche considerazione conclusiva
La riconosciuta cittadinanza nel nostro ordinamento alle SCF nella veste di
s.p.a. e di s.r.l. non è stata accompagnata dalla definizione di un quadro
disciplinare adeguato e completo.
La relativa regolamentazione, che al momento si prospetta alquanto scarna e
lacunosa, deve pronunciarsi comunque in nome della tutela degli investitori e
del rispetto della concorrenza nel settore della consulenza. Finalità entrambe
che, poste a confronto con quella di favorire lo sviluppo di una pluralità di
operatori impegnati nel settore della consulenza, a prescindere da barriere
economiche, pongono il legislatore dinnanzi ad un bivio normativo, ove ciascuna
strada - quella di un'iper-regolamentazione da un lato e quella di una
regolamentazione c.d. "leggera" dall'altra - non è priva di
conseguenze.
Difatti, seguendo la prima via si conseguirebbe un duplice obiettivo: garantire
gli investitori sui requisiti delle SCF e sui controlli cui sarebbero
assoggettate, unitamente a quello di non introdurre discriminazioni con le Sim
di pura consulenza, già operanti sul mercato. Nel contempo siffatta scelta
normativa reca in sé il rischio di consentire l'accesso sul mercato a tanti
"cloni" delle Sim di consulenza, appesantendo eccessivamente la
struttura delle SCF.
La strada alternativa reca invece la determinazione di un regime normativo
particolare per le SCF, imperniato però su requisiti ritenuti troppo
"leggeri", il che rischia - contrariamente alle intenzioni del
legislatore comunitario - sia di tradursi nell'accreditamento di soggetti privi
delle adeguate garanzie di tutela per il cliente, sia di tramutarsi - sotto
mentite spoglie - in una sorta di rinnovata "liberalizzazione soggettiva",
che in fatto supera la riserva di attività.
Il contemperamento e la ricerca del giusto equilibrio tra le indicate opposte
esigenze non è certo facile, ma dovrebbe forse far riflettere il legislatore
sulla possibilità di rischiare un clamoroso autogol, laddove, viceversa,
facendo ricorso ad altri espedienti, potrebbe ancora centrare l'obiettivo
prefissato.
Ci si chiede, ad esempio, se probabilmente non sarebbe stato più agevole
percorrere altra strada, quella di apportare le opportune modifiche alla
disciplina delle Sim di pura consulenza, dal momento che le stesse, sebbene
prestino il servizio di consulenza nelle stesse forme e con identiche
limitazioni operative previste per le SCF, sono già sottoposte a stringenti
controlli da parte delle Autorità di vigilanza.
Sotto questo punto di vista si sarebbe ovviata alla mancanza del passaporto
europeo di cui sono prive le SCF, le quali, ai sensi dell'art. 3, par. 2,
Mifid, non essendo soggette all'applicazione della direttiva, non possono
prestare l'attività di consulenza in regime di libertà di stabilimento e di
libera prestazione di servizi.
Ancora. Si sono evidenziate le criticità della preventiva identificazione della
veste societaria di s.p.a. e di s.r.l., scelta compiuta quando avrebbe potuto
essere adottato, per l'esercizio in comune di professioni protette (e tale può
essere qualificata quella del consulente finanziario, dovendo necessariamente
essere iscritto ad un albo professionale) il modello della società tra
professionisti, sulla scorta di quello della società tra avvocati che fa
ricorso allo schema delle società di persone, richiamando, in particolare, la
disciplina delle società in nome collettivo.
Peraltro il meccanismo ideato, motivato da un presunto corretto recepimento
della Mifid, che ha portato all'introduzione dell'art. 18 ter Tuf, sembra aver
prodotto un ibrido che se per un verso presenta i caratteri di una professione
intellettuale, per altro verso si presenta con la veste imprenditoriale,
rendendo difficile la conciliazione - specie con riguardo al profilo normativo
- tra interessi sottesi ad ambedue le evidenziate esigenze.
Difatti, non va omesso che i consulenti finanziari nella prima versione
dell'art. 18 bis erano espressamente qualificati come "professionisti
intellettuali"40, in possesso dei requisiti di professionalità,
onorabilità, indipendenza e patrimoniali determinati con regolamento del
Ministro dell'economia. Detta qualificazione rendeva di conseguenza applicabile
la disciplina dettata anche per l'esercizio delle altre professioni
intellettuali c.d. protette, per le quali si rende necessaria l'iscrizione in
apposito albo professionale. Una volta sparito (o soppresso!) l'inciso su
indicato e legittimata la forma societaria di capitali (i.e. spa e srl), sembra
inevitabile ormai il richiamo alla disciplina sull'attività di impresa. Il che
fa nascere altro dubbio sulla mancata opportunità di adottare la diversa e più
consona veste della società tra professionisti per l'esercizio in comune di
professioni intellettuali, alla stregua del modello della società tra avvocati.
Auspicio per la normativa secondaria che chiarisca il nodo in funzione della
tutela del cliente.
* Il presente contributo è destinato agli Scritti in onore del Prof. Francesco
Capriglione ed è pubblicato sulla rivista Le Società, n. 12/2009.
1) La qualificazione del servizio di consulenza ha subito alterne vicende: nel
vigore della L. n. 1/1991 era considerato a pieno titolo un'attività di
intermediazione mobiliare che richiedeva apposita autorizzazione;
successivamente è stato liberalizzato e retrocesso nel girone dei servizi
accessori dal d.lgs. n. 415/1996, in attuazione della direttiva 93/22/CEE.
2) Così Capriglione F., Intermediari finanziari investitori mercati. Il
recepimento della Mifid. Profili sistematici, Cedam, 2008, 104.
3) Il considerando 9 Mifid precisa che ««il riferimento a persone dovrebbe
essere inteso nel senso che esso include sia le persone fisiche sia le persone
giuridiche»».
4) La norma precisa al par. 2 che ««le persone escluse dall'ambito di
applicazione della presente direttiva a norma del paragrafo 1 non godono delle
libertà di prestare servizi e/o di effettuare attività di investimento o di
stabilire succursali previste, rispettivamente, dalle disposizioni
dell'articolo 31 e dell'articolo 32»».
5) Requisiti che si articolano: nella fissazione di un capitale iniziale di
cinquantamila euro; oppure nella sottoscrizione di un'assicurazione della
responsabilità civile professionale estesa all'intero territorio comunitario o
una garanzia comparabile contro la responsabilità derivante da negligenza
professionale, che assicuri una copertura di almeno un milione di euro per
ciascuna richiesta di indennizzo e di un milionecinquecentomila euro all'anno
per l'importo totale delle richieste di indennizzo; oppure nella previsione di
una combinazione di capitale iniziale e di assicurazione della responsabilità
civile professionale in una forma che comporti un livello di copertura
equivalente a quella prevista dai predetti requisiti di capitale o di
assicurazione.
6) Conformemente alla delega ricevuta, il legislatore, dilatando l'art. 18 Tuf
relativo ai soggetti abilitati alla prestazione di servizi di investimento, ha
introdotto l'art. 18 bis sui consulenti finanziari persone fisiche, dotati dei
requisiti di professionalità, onorabilità, indipendenza e patrimoniali fissati
da un decreto ministeriale ed iscritti all'albo professionale tenuto a cura di
un organismo di categoria, a sua volta sottoposto alla vigilanza della Consob.
La definizione del quadro disciplinare, rimesso prettamente alla normazione
secondaria, si articola in due decreti del Ministro dell'economia (uno sui
requisiti dei consulenti, l'altro di nomina dei membri dell'organismo) e nel
regolamento Consob (sulle modalità di tenuta dell'albo e sulle regole di
condotta dei consulenti).
Attualmente è disponibile solo il d.m. 24 dicembre 2008, n. 206, il primo - e
al momento anche l'unico - a vedere la luce, che consacra la nascita dell'albo
professionale e ufficializza i requisiti di professionalità, onorabilità,
indipendenza e patrimoniali per l'iscrizione all'albo delle persone fisiche
consulenti finanziari. Disciplina quest'ultima destinata però a rimanere
"lettera morta", in attesa che il puzzle normativo non venga
completato con i pezzi mancanti (i.e. il regolamento Consob e il decreto
ministeriale di nomina dei membri dell'organismo deputato alla tenuta
dell'albo) che sono strettamente intersecati tanto da costituire condizione
imprescindibile ai fini del debutto operativo dell'albo. Debutto che, dopo un
movimentato balletto di rinvii, dovrebbe - rebus sic stantibus - avvenire il
prossimo 31 dicembre 2009. Difatti l'art. 19, comma 14, d.lgs. n. 164/2007
indicava dapprima - per il debutto ufficiale dell'albo dei consulenti finanziari
- la data del 30 giugno 2008, poi spostata al 31 dicembre 2008, ulteriormente
rinviata al 30 giugno 2009 ad opera dell'art. 41, comma 16 bis, d.l. 30
dicembre 2008, n. 207 (c.d. decreto Milleproroghe), convertito in L. 27
febbraio 2009, n. 14 e nuovamente prorogata al 31 dicembre 2009 con il decreto
anticrisi (art. 23 d.l. 1° luglio 2009, n. 78, convertito in L. 3 agosto 2009,
n. 102).
Il testo dell'art. 19, comma 4, d.lgs. n. 164/2007 risulta attualmente così
modificato: «« Fino alla data di entrata in vigore dei provvedimenti di cui
all'articolo 18 bis del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, e comunque
non oltre il 31 dicembre 2009, la riserva di attività di cui all'articolo 18
del medesimo decreto non pregiudica la possibilità per i soggetti che, alla
data del 31 ottobre 2007, prestano consulenza in materia di investimenti, di
continuare a svolgere il servizio di cui all'art. 1, comma 5, lett. f), del
decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, senza detenere somme di denaro o
strumenti finanziari di pertinenza dei clienti»».
7) Si tratta di previsione inserita in sede di discussione del d.d.l. n. 1082,
recante "Disposizioni per lo sviluppo economico, la semplificazione, la
competitività nonché in materia di processo civile (Disegno di legge collegato
alla manovra di finanza pubblica, ai sensi dell'articolo 126-bis del
Regolamento)", poi approvato con L. 18 giugno 2009, n. 69 (art. 2).
L'accoglimento dell'emendamento relativo all'introduzione dell'art. 18 ter, in
ordine al riconoscimento giuridico delle società di consulenza finanziaria,
diverse dalle Sim, sotto forma di spa o srl, è stata considerata una vittoria
dell'Assofinance, associazione di categoria che ha perorato tenacemente la
causa in questione per il tramite della Sen. Bonfrisco, ponendo fine ad
"una vicenda che si trascina da qualche anno a causa di un'errata
interpretazione data, nella passata legislatura, dal precedente Governo al
recepimento della Mifid".
Per comodità di lettura, si riporta il disposto dell'art. 18 ter Tuf: ««A decorrere
dal 1° ottobre 2009, la riserva di attività di cui all'articolo 18 non
pregiudica la possibilità per le società costituite in forma di società per
azioni o società a responsabilità limitata, in possesso dei requisiti
patrimoniali e di indipendenza stabiliti con regolamento adottato dal Ministro
dell'economia e delle finanze, sentite la Banca d'Italia e la Consob, di
prestare la consulenza in materia di investimenti, senza detenere somme di
denaro o strumenti finanziari di pertinenza dei clienti.
Il Ministro dell'economia e delle finanze, sentite la Banca d'Italia e la
Consob, può prevedere il possesso, da parte degli esponenti aziendali, dei
requisiti di professionalità, onorabilità e indipendenza.
Nell'albo di cui all'art. 18 bis, comma 2, è istituita una sezione dedicata
alle società di consulenza finanziaria per la quale si applicano i commi 3, 4,
5, 6, 7 e 8 del medesimo articolo»».
8) Altro esempio degno di citazione è la legge risparmio (L. 28 dicembre 2005,
n. 262) che, nata con l'intento di tutelare il risparmio ed i risparmiatori
all'indomani dei noti scandali finanziari, ha avuto una gestazione lunga due
anni, producendo però diverse storture, talvolta in contraddizione con
l'ordinamento comunitario che sugli stessi temi andava in direzione opposta,
tanto da richiedere in un primo tempo un nuovo intervento a distanza di un anno
a mezzo di un decreto correttivo (d.lgs. 29 dicembre 2006) e in un secondo
momento l'abrogazione di alcuni articoli ad opera della legge comunitaria 2006,
recante attuazione della direttiva 2004/39/CE (Mifid).
Su quest'ultimo profilo si pensi alla disciplina dei conflitti di interesse
nella prestazione dei servizi di investimento o alla modifica dell'art. 21 Tuf
sull'adeguatezza e sulla preventiva definizione del grado di rischiosità di
ciascuno strumento finanziario, in ordine ai quali mi sia consentito rinviare
alle osservazioni critiche già sollevate rispettivamente in: Antonucci A. -
Paracampo M.T., Conflitti d'interesse e disciplina delle attività finanziarie:
il titolo II della legge risparmio e le sue successive modifiche, in Banca
borsa tit. cred., 2007, I, 286, specie 303 ss.; Paracampo M.T., Gli obblighi di
adeguatezza nella prestazione dei servizi di investimento, ibidem, 2007, II,
93, in particolare 115 ss.
9) Nella relazione illustrativa del decreto citato l'intervento legislativo,
recante una revisione dell'art. 18 bis Tuf, viene motivato dalla necessità di
mantenere "inalterata l'originaria impostazione di fondo della norma, ma
ne chiarisce e completa alcuni profili fondamentali ai fini del miglior
funzionamento della disciplina ivi contenuta. Per conservare la necessaria
coerenza tra la disciplina in materia di consulenti finanziari e quella in
materia di promotori finanziari il presente decreto interviene anche su
quest'ultima, modificando il quarto comma dell'articolo 31 del Tuf".
10) Si precisa che la lettura del Protocollo di Intesa tra le Sim di Consulenza
e del documento preparatorio per l'audizione delle stesse innanzi alla Consob
avvenuta nel mese di luglio, si deve alla cortesia del rappresentante del
Tavolo di Lavoro, Dott. Massimo Scolari.
11) All'appello mancano ancora, oltre al decreto ministeriale sui requisiti
delle SCF e dei relativi esponenti aziendali, il regolamento Consob e il
decreto ministeriale di nomina dei membri dell'organismo deputato alla tenuta
dell'albo.
Peraltro, se le notizie sul versante dell'albo non appaiono positive, visto i
continui rinvii, non sono incoraggianti neanche quelle sul versante
dell'organismo, la cui costituzione rappresenta la condicio sine qua non per
l'operatività dell'albo, dal momento che è incaricata dell'iscrizione dei
consulenti nell'albo e del controllo sull'operato degli stessi.
L'art. 14 bis d.lgs. n. 164/2007, introdotto recentemente dall'art. 2 d.lgs. n.
101/2009, rimette alla competenza ministeriale la nomina dei membri in sede di
prima applicazione, ma nella giungla dei parametri temporali fissati ora a pena
di decadenza, ora quali termini di inizio decorrenza, non è possibile
rintracciarne uno per l'emanazione del citato decreto.
12) L'art. 1, comma 5 septies, Tuf, precisa che ««per "consulenza in
materia di investimenti" si intende la prestazione di raccomandazioni
personalizzate a un cliente, dietro sua richiesta o per iniziativa del
prestatore del servizio, riguardo a una o più operazioni relative ad un
determinato strumento finanziario. La raccomandazione è personalizzata quando è
presentata come adatta per il cliente o è basata sulla considerazione delle
caratteristiche del cliente. Una raccomandazione non è personalizzata se viene
diffusa al pubblico mediante canali di distribuzione»». L'introduzione di una
definizione del servizio rappresenta altro elemento di novità della Mifid,
laddove nel sistema previgente l'individuazione della fattispecie era affidata
esclusivamente all'orientamento della Consob. Orientamento la cui evoluzione ha
messo in luce le differenze con altre fattispecie assimilabili alla consulenza
e, in particolare, con quelle differenti rappresentate dalle raccomandazioni
generali di investimento, qualificate poi dalla Mifid come servizio accessorio.
Sulla cronistoria e sulle opportune distinzioni dei servizi in questione mi sia
consentito rinviare a Paracampo M.T., L'informativa finanziaria derivata. Ruolo
e responsabilità degli analisti finanziari, Cacucci, 2008.
Va infine precisato che i margini della definizione ed i tratti caratterizzanti
del servizio di consulenza sono oggetto altresì del consultation paper del CESR
su "Understanding the definition of advice under Mifid" del 14
ottobre 2009.
13) E' proprio l'esclusività dell'oggetto sociale che qualifica le società in
questione come società di consulenza finanziaria.
14) Con riguardo all'atto costitutivo ed allo statuto delle società di
consulenza finanziaria, vale la pena ricordare che l'art. 18 ter Tuf, nella sua
estrema laconicità dispositiva, nulla prevede circa la presentazione (o la
valutazione) degli stessi all'organismo deputato al controllo dei requisiti
necessari all'iscrizione nell'albo.
E tanto a differenza delle Sim per le quali una delle condizioni più rilevanti,
in sede di autorizzazione, è rappresentata - ai sensi dell'art. 19, comma 1,
lett. e), Tuf, dalla presentazione, ««unitamente all'atto costitutivo e allo
statuto, (di) un programma concernente l'attività iniziale, ivi compresa
l'illustrazione dei tipi delle operazioni previste, delle procedure adottate
per l'esercizio dell'attività e dei tipi di servizi accessori che si intende
esercitare, nonché una relazione sulla struttura organizzativa, ivi compresa
l'illustrazione dell'eventuale affidamento a terzi di funzioni operative
essenziali»». Presentazione che, nel contesto di tutti i presupposti richiesti
dall'art. 19, comma 1, è finalizzata alla verifica, da parte della Consob,
delle condizioni necessarie affinché ««risulti garantita la sana e prudente
gestione, e assicurata la capacità dell'impresa di esercitare correttamente i
servizi o le attività di investimento»» (art. 19, comma 2, Tuf).
Si auspica pertanto che le maglie normative del ristretto ambito regolamentare
del Ministro dell'economia, circoscritto alla determinazione dei requisiti
patrimoniali e di indipendenza, vengano un po' forzate ed allargate onde
inserire previsioni di tal sorta, che riconoscano altresì una qualche forma di
controllo dell'organismo di vigilanza sull'atto costitutivo e sullo statuto
societario, nonché sulla struttura organizzativa prescelta o sull'eventuale
partecipazione a gruppi societari.
15) Va precisato che in ordine al servizio di consulenza aziendale è assente
una definizione espressa (per alcune considerazioni in proposito si rinvia a de
Mari M., Consulenza in tema di private equity versus consulenza in materia di
investimenti (ragioni di una distinzione), in Le Società, n. 4/2009, 401), a
differenza di quello di ricerca ed analisi finanziaria, con riguardo al quale
l'annosa problematica relativa ai conflitti di interesse, nei quali possono
incorrere gli analisti finanziari che operano alle dipendenze di intermediari
finanziari, ha spinto il legislatore, comunitario primo nazionale poi, a
dettare apposita disciplina - che si innesta trasversalmente su altra di
generale applicabilità con riguardo a tutti i soggetti che diffondono
raccomandazioni generali di investimento - unitamente ad un'espressa definizione
del servizio medesimo. In proposito mi sia consentito rinviare più diffusamente
a Paracampo M.T., L'informativa finanziaria derivata, cit..
16) Parallelamente, l'art. 18, comma 5, Tuf riconosce al Ministro dell'economia
e delle finanze, sentite la Banca d'Italia e la Consob, una duplice competenza
regolamentare relativa: in primo luogo, all'individuazione di ««nuove categorie
di strumenti finanziari, nuovi servizi e attività di investimento e nuovi
servizi accessori, indicando quali soggetti sottoposti a forme di vigilanza
prudenziale possono esercitare i nuovi servizi e attività»» e tanto si
giustifica ««al fine di tener conto dell'evoluzione dei mercati finanziari e
delle norme di adattamento stabilite dalle autorità comunitarie»» (lett. a); in
secondo luogo, all'adozione di norme di attuazione e di integrazione delle
riserve di attività previste dal presente articolo (art. 18), nel rispetto
delle disposizioni comunitarie»» (lett. b). (i corsivi sono miei).
17) In proposito, già nella relazione accompagnatoria della proposta di
direttiva Mifid del 2002 [COM(2002) 625 def. del 19 novembre 2002], si leggeva
che anche in questo caso "non (si) pongono rischi di controparte o rischi
sistemici agli altri partecipanti al mercato e i clienti non corrono il rischio
di una perdita diretta di fondi e titoli".
18) Non va dimenticato che le SCF non sono qualificabili come imprese di
investimento e in tale qualità non sono tenute all'applicazione della Mifid.
19) Sul punto il sodalizio delle Sim di Consulenza ha già evidenziato
l'opportunità di consentire un dialogo diretto degli esponenti aziendali delle
Sim e dei loro collaboratori con la propria clientela anche all'esterno della
sede sociale, "in merito, ad esempio, all'evoluzione delle condizioni
economiche e dei mercati finanziari, tematiche che non sono tra l'altro
comprese nella definizione dell'attività di consulenza tratteggiata dalla
normativa comunitaria" (documento preparatorio per l'audizione presso la
Consob).
In questa prospettiva auspica che vengano introdotte in materia di offerta
fuori sede del servizio di consulenza regole di comportamento omogenee tanto
per le SCF quanto per le Sim di Consulenza.
20) E' stato però opportunamente rilevato che "è ormai unanimemente
condiviso che l'imposizione di livelli di capitale minimo non risponde tanto
all'esigenza di fronteggiare il rischio associato con la prestazione di
servizi, quanto a quella di selezionare gli operatori all'ingresso sul mercato,
scoraggiando iniziative imprenditoriali marginali, che potrebbero rappresentare
un fattore di rischio per il sistema nel suo complesso" (cfr. Annunziata
F., La disciplina del mercato mobiliare, Giappichelli, 4° ed., 2008, 221).
21) Su cui v. supra.
22) Vanno ivi incluse ««anche le partecipazioni possedute per il tramite di
società controllate, di società fiduciarie o per interposta persona, nonché i
casi in cui i diritti derivanti dalle partecipazioni spettano o sono attribuiti
ad un soggetto diverso dal titolare delle partecipazioni stesse od esistono
accordi concernenti l'esercizio dei diritti di voto»» (art. 14, comma 3, Tuf).
23) Sul punto v. più diffusamente infra.
24) L'art. 2 Mifid, nell'elencare le fattispecie soggettive sottratte
all'applicazione della direttiva, indica sub lett. c) e j), rispettivamente ««le
persone che prestano servizi di investimento a titolo accessorio nell'ambito di
un'attività professionale, se detta attività è disciplinata da disposizioni
legislative o regolamentari o da un codice di deontologia professionale i quali
non escludono la prestazione dei servizi di cui trattasi; le persone che
forniscono consulenza in materia di investimenti nell'esercizio di un'altra
attività professionale non contemplata dalla presente direttiva, purché tale
consulenza non sia specificamente rimunerata»».
25) Il d.lgs. 7 settembre 2005, n. 209 è stato emanato in attuazione della
direttiva 2002/92/CE in materia di intermediazione assicurativa.
26) Per un commento più approfondito sull'argomento si rinvia a Moliterni F.,
Commento sub art. 120, in Il Codice delle Assicurazioni Private. Commentario al
D.lgs. 7 settembre 2005, n. 209, diretto da Francesco Capriglione, con la
collaborazione di Alpa G. e Antonucci A., Cedam, 2007, vol. II, tomo I, 146, in
particolare 162, il quale evidenzia come detta consulenza imparziale sia
"vincolata solo all'obbligo - sostanzialmente eguale e contrario -
dell'analisi di un numero sufficientemente ampio di prodotti di differenti
imprese assicurative ed alla conseguente individuazione del prodotto idoneo a
soddisfare le richieste del cliente/contraente".
27) Trattasi di: capitale iniziale di euro venticinquemila; copertura
assicurativa di almeno cinquecentomila per ciascuna richiesta di indennizzo e
di settecentocinquantamila euro per l'importo totale delle richieste di indennizzo;
una combinazione di entrambe le forme indicate che comporti un livello di
copertura equivalente.
28) L'originaria denominazione dei consulenti persone fisiche includeva
l'aggettivo "indipendenti" (i.e. consulenti indipendenti),
successivamente - al termine della consultazione sulla bozza di decreto
legislativo - tramutata in "consulenti finanziari", dal momento che,
si era osservato, "la qualificazione di indipendenti solo per i soggetti
operanti ex art. 18 bis portava in qualche modo ad un indebolimento della
necessità dei requisiti di autonomia ed indipendenza che invece sono in qualche
modo coessenziali alla natura stessa del servizio di consulenza in materia di
investimenti" [cfr. Zitiello L. (a cura di), I consulenti finanziari, in
La Mifid in Italia. La nuova disciplina dei mercati, servizi e strumenti
finanziari, 2° ed., ITA edizioni, 2009, 475].
29) Sul punto si rinvia più diffusamente alle osservazioni di Antonucci A.,
Regole di condotta e conflitti di interesse, in Banca borsa tit. cred., n.
1/2009, I, 9 ss.
30) Si potrebbe dire che il principio dell'indipendenza prende il posto di
quello della sana e prudente gestione che non assume valore pregnante per le
SCF come per le Sim, soggette a stringenti regole di vigilanza prudenziale, dal
momento la peculiarità operativa relativa all'assenza di detenzione di denaro e
strumenti finanziari della clientela dovrebbe comportare implicitamente
l'avversione a qualunque forma di rischio.
31) Per comodità di lettura si riporta il disposto dell'articolo citato nel
testo: ««Non possono essere iscritti all'Albo i soggetti che intrattengono,
direttamente, indirettamente o per conto di terzi, rapporti di natura
patrimoniale o professionale o di altra natura, compresa quella familiare, con
emittenti e intermediari, con società loro controllate, controllanti o
sottoposte a comune controllo, con l'azionista o il gruppo di azionisti che
controllano tali società, o con amministratori o dirigenti di tali società, se
tali rapporti possono condizionare l'indipendenza di giudizio nella prestazione
della consulenza in materia di investimenti.
Gli iscritti all'Albo informano l'Organismo, nei limiti e secondo le modalità
da questo stabilite, dei rapporti intrattenuti con i soggetti di cui al comma
1, dichiarando che essi non sono tali da condizionare l'indipendenza di
giudizio nella prestazione di consulenza in materia di investimenti.
L'Organismo valuta le suddette dichiarazioni ai fini della permanenza
dell'iscrizione all'Albo.
Per la prestazione di consulenza in materia di investimenti gli iscritti
all'Albo non possono percepire alcuna forma di beneficio da soggetti diversi
dal cliente al quale è reso il servizio»».
32) Uno dei profili messi a fuoco dal Tavolo di Lavoro delle Sim di Consulenza
nel documento preparatorio per l'audizione in Consob concerne la limitazione
relativa all'instaurazione di rapporti patrimoniali o professionali da parte
del consulente con gli intermediari, dal momento che - a parere degli esponenti
delle Sim di consulenza, che per loro natura non offrono a terzi prodotti
finanziari - tra i diversi soggetti specializzati in diverse aree o rami di
attività potrebbero sorgere occasioni di incontro e di collaborazione di varia
natura, che non necessariamente implicano pregiudizio dell'indispensabile
requisito di indipendenza. Anzi, su questo versante il Tavolo di Lavoro si è
prefisso di "approfondire la tematica dei conflitti di interesse ed in
particolare degli incentivi nell'ambito della consulenza in materia di
strumenti finanziari, al fine di individuare e definire, ove possibile,
procedure e linee comuni di comportamento condivise".
33) Va poi verificato quale significato assegnare alla sanzione comminata, se
in altri termini è immediatamente risolutiva con radiazione dell'iscritto
dall'albo ovvero, a seconda della minore gravità della fattispecie incriminata,
possa consistere in una temporanea sospensione finalizzata a far sì che
l'iscritto possa sollecitamente porre fine alla violazione perpetrata.
34) In questi termini de Mari M., La consulenza in materia di investimenti:
prime valutazioni e problemi applicativi, in Dir. banc., 2008, I, 413.
35) Con riferimento al settore bancario è stato opportunamente sottolineato
(cfr. Napoletano G., Commento sub art. 13 Tub, in Commentario al Testo Unico
delle leggi in materia bancaria e creditizia, a cura di F. Capriglione, Cedam,
2001, 2° ed., tomo I, 114) che "la funzione dell'iscrizione nell'albo
delle banche può ritenersi duplice: in primo luogo essa costituisce
l'operazione amministrativa che conclude l'iter legale di accesso dell'impresa
al mercato bancario, seguendo l'adozione del provvedimento di autorizzazione, e
segna contestualmente l'ingresso della banca nell'ambito del sistema di
vigilanza esercitato dalla Banca d'Italia; può parlarsi, a questo proposito, di
una funzione organizzativa dell'iscrizione all'albo, correlata all'esercizio
della vigilanza bancaria. Da questo punto di vista, risulta ancora utile,
mutatis mutandis, la tesi secondo la quale l'iscrizione all'albo segna
l'ingresso in quello che, anni fa, venne definito come un ordinamento sezionale
e che oggi può definirsi come un ambito del mercato disciplinato da norme
speciali. Nella prospettiva qui evidenziata, l'albo delle banche si inserisce
in un sistema amministrativo complesso e l'iscrizione all'albo svolge una
funzione interna alla struttura della vigilanza bancaria".
36) Cfr. Appio C. L., Commento sub art. 13 Tub, in Testo Unico delle leggi in
materia bancaria e creditizia, a cura di Belli - Contento - Patroni Griffi -
Porzio - Santoro, Zanichelli, vol. I, 2003, 256, la quale precisa che
l'iscrizione, rispondendo ad esigenze di trasparenza, rappresenta pertanto uno
"strumento di carattere informativo per il pubblico dei
risparmiatori", i quali, nel momento in cui entreranno "in contatto
con la banca, avranno la certezza che quest'ultima abbia ricevuto
l'autorizzazione allo svolgimento dell'attività bancaria, sia iscritta nel
registro delle imprese e sia sottoposta alla vigilanza della Banca
d'Italia".
37) Conseguentemente, in ipotesi di società regolarmente costituitesi, in tempo
per l'originario appuntamento del 1° ottobre 2009, non potranno essere
considerate a tutti gli effetti come SCF e sarà loro inibito
l'esercizio dell'attività di consulenza fino al debutto dell'albo nel quale
dovranno essere iscritte.
38) Identica sanzione è stata prevista per i promotori finanziari che operano
in assenza di iscrizione nel relativo albo professionale, con la differenza che
il legislatore non ha provveduto nel contempo a modificare l'art. 166, comma 2,
Tuf che commina per la stessa fattispecie la pena detentiva.
39) Sebbene il regolamento attenda tuttora di essere emanato, non sembra che
l'articolo in questione possa subire sostanziali modifiche, dal momento che sul
punto risulta formulato sulla falsariga della disciplina relativa all'albo dei
promotori finanziari.
40) La relazione illustrativa, che accompagnava lo schema di decreto
legislativo recante modifica del Tuf, in attuazione della Mifid, precisava
infatti sub art. 18 bis che l'articolo di nuova coniazione - introdotto nel
corpo della normativa primaria sulla scorta della delega contenuta nella legge
comunitaria 2006, che ne circoscriveva l'ambito soggettivo alle sole persone
fisiche - era diretto ad istituire l'ordine professionale, sottoposto alla
vigilanza della Consob, e l'albo dei consulenti indipendenti.
Scarica Articolo PDF