Bancario
Il Caso.it, Sez. Articoli e Saggi - Data pubblicazione 12/02/2011 Scarica PDF
Il ruolo dell'educazione finanziaria nella recente disciplina del mercato finanziario
Maria Teresa Paracampo, Ricercatrice in Diritto dell'EconomiaSOMMARIO: 1. L'autotutela del risparmiatore informato - 2. La tutela del risparmiatore tra obblighi di protezione ed iniziative di educazione finanziaria - 3. Educazione del consumatore ed educazione finanziaria del risparmiatore - 4. Educazione finanziaria: definizione e tratti peculiari - 5. L'evoluzione del percorso normativo, comunitario e nazionale, in materia di educazione finanziaria - 5.1. Le iniziative educative delle Authorities nazionali ed europee - 6. I programmi di educazione finanziaria: requisiti necessari e profili problematici - 6.1. L'ambito soggettivo di riferimento: l'identificazione dei destinatari - 6.2. Finanza comportamentale ed educazione finanziaria - 6.3. Contenuti e forma delle iniziative di educazione finanziaria - 6.4. L'attivazione di iniziative di educazione finanziaria e la ricerca delle risorse economiche necessarie - 7. Educazione finanziaria e consulenza finanziaria: il giusto connubio.
1. Il continuo susseguirsi negli ultimi anni di clamorosi crack finanziari e la
recente crisi globale hanno riproposto con forza l'esigenza di migliorare il
sistema di protezione dell'investitore, ripetutamente vittima (in)consapevole
di fenomeni del c.d. risparmio tradito, focalizzando l'attenzione sulla
necessità di intraprendere un nuovo percorso legislativo: quello
dell'educazione finanziaria del risparmiatore.
L'intento educativo in proposito maturato nasce dalla constatazione, sulla
scorta degli eventi indicati, di uno scarso livello culturale raggiunto dagli
investitori in materia finanziaria1, tale da esporli ad investimenti dei quali
non hanno compreso l'effettiva rischiosità.
Difatti, in un contesto normativo in cui la tutela degli investitori, nel
rapporto diretto con gli intermediari, continua ad essere affidata alla
correttezza dei comportamenti tenuti dagli intermediari medesimi,
l'arricchimento del bagaglio cognitivo dell'investitore in materia finanziaria,
in funzione tanto dell'assunzione di un ruolo più attivo e consapevole nelle
decisioni di investimento, quanto del rafforzamento della sua capacità di
autotutela anche nel rapporto con la controparte contrattuale, rappresenta un
obiettivo di crescita dell'investitore, in linea peraltro con il diritto
all'educazione del consumatore, sancito in termini generali dall'art. 4 d.lgs.
n. 206/2005 (Codice del Consumo).
Alla luce delle finalità di (auto)tutela indicate e forte della motivazione ivi
sottesa, si è innescato un vasto ed intenso dibattito in materia di educazione
finanziaria, il quale avviato già da tempo in ambito comunitario ed
internazionale sulla scia dei noti crack finanziari, ha inevitabilmente
prodotto una vasta eco anche nel nostro Paese, portando all'attivazione di una
serie di iniziative sorrette dall'intento (o dalla pretesa) di aiutare il
consumatore di servizi finanziari ad acquisire l'ABC della finanza, quasi
rappresentasse la ricetta giusta per prevenire ulteriori fenomeni di crisi,
compensare il mancato adempimento delle regole poste a carico di altri soggetti
e fronteggiare la crescente complessità dei prodotti finanziari offerti sul
mercato. L'educazione finanziaria diviene così il contrappeso a quello che
potrebbe definirsi il "fallimento" della normativa vigente nel
perseguimento delle sue finalità di tutela dell'investitore.
2. Il sistema di tutela dell'investitore si è andato nel tempo evolvendo e
progressivamente trasformando, cercando in qualche modo di offrire soluzioni
innovative per fronteggiare situazioni contingenti (crisi e scandali
finanziari), nella prospettiva di una migliore e più efficace protezione di
quello che per decenni è stato considerato il contraente debole nell'ambito di
rapporti finanziari (intesi in senso lato come inclusivi di quelli propriamente
bancari, finanziari in senso stretto ed assicurativi), patologicamente affetti
da asimmetria informativa.
E' noto come uno dei perni fondamentali, attorno ai quali ruota l'apparato di
protezione dell'investitore, sia rappresentato dall'informazione, sull'assunto
che la disponibilità della stessa tenda a ridurre il gap delle cennate
asimmetrie informative, nonché ad agevolare il cliente nell'attività
comparativa svolta su più prodotti finanziari, tale da consentirgli di
effettuare scelte consapevoli di investimento.
Eppure, il legislatore (comunitario e nazionale) giocando costantemente la
carta dell'informazione, sulla scorta della giustificazione
del principio generale di trasparenza, non ha mancato di usarne ed abusarne
fino ad evidenziarne anche le conseguenti pecche2.
Di qui il segno per il passaggio successivo: dalla trasparenza all'educazione
finanziaria dell'investitore.
La rilevanza del livello culturale dell'investitore in materia finanziaria
trova piena espressione nel momento in cui dovrebbe fornirgli gli strumenti per
"scrollarsi di dosso" quella generica etichetta di contraente debole,
che gli è stata affibbiata per decenni, e conseguentemente assurgere a livello
di parte contraente, in grado sia di confrontarsi ed interloquire con la
controparte contrattuale3, sia di riequilibrare il rapporto banca - cliente per
trasformarlo da asimmetrico in (tendenzialmente) simmetrico.
La circostanza appare sintomatica dell'alternanza fra i due poli della
"filosofia della trasparenza" e della contrapposta "filosofia
della supervisione burocratica" che hanno caratterizzato l'evoluzione
della legislazione del mercato finanziario4. Alternanza che ha trovato piena
espressione nel pensiero del Prof. Minervini quando sosteneva che «un regime
di paternalismo burocratico intriso di pessimismo si contrappone a un regime
fondato sulla fiducia nella attitudine selettiva dell'individuo informato, in
una parola sulla fede nella ragione»5.
A fronte dell'incapacità legislativa di tutelare adeguatamente l'investitore,
si ripropone con forza l'idea per la quale il sistema di protezione dei
consumatori di servizi finanziari non possa più far perno esclusivamente sulla
regolamentazione (e sulla speranza della correttezza dei comportamenti degli
intermediari finanziari), bensì debba far leva su strumenti di autotutela dei
risparmiatori, finalizzati a scuoterli da quella sorta di torpore informativo
nel quale si sono adagiati ed a risvegliare in loro la necessità di
intraprendere percorsi cognitivi di alfabetizzazione finanziaria, tali da
sensibilizzarli e renderli pienamente consapevoli sui rispettivi diritti e
relativi mezzi di tutela6.
L'educazione del consumatore di servizi finanziari non può tuttavia essere
considerata in maniera strumentale, secondo dinamiche che vedono da un lato la
formazione di un investitore consapevole, dall'altro la concomitante
attenuazione dei profili di responsabilità degli intermediari7. Anzi, sotto
questo aspetto scarsa efficacia rivestono le iniziative educative
dell'investitore se finalizzate esclusivamente a sopperire all'incapacità di un
disegno legislativo di tutela che risulta tuttora imperniato sul rispetto di
una serie di obblighi più formali che sostanziali.
E tanto si ripropone, a maggior ragione, specie a seguito del recepimento della
Mifid, che configura uno scenario normativo nel quale l'educazione finanziaria
dell'investitore dovrebbe fungere da contrappeso alla progressiva
cristallizzazione del rapporto informativo ed interattivo dell'intermediario
con il cliente in una serie di documenti "preconfezionati"8,
presupponendo nel contempo un investitore consapevole, che abbia maturato un
livello cognitivo tale da renderlo capace di assumere autonomamente le proprie
decisioni di investimento.
Tanto deriva dalla constatazione che ««non è pensabile che la regolamentazione
possa garantire una protezione totale o "assoluta" del
risparmiatore/investitore, come peraltro riconosciuto in ordinamenti di paesi
con mercati più sviluppati del nostro»»9.
In quest'ottica diviene pertanto necessario, se non addirittura indispensabile,
per l'investitore crescere culturalmente ed essere in grado di padroneggiare le
nozioni di base della finanza, nella prospettiva di una migliore tutela del
proprio interesse.
L'autotutela, che in questo momento rappresenta l'unica via di salvezza per il
risparmiatore di uscire indenne con i suoi risparmi dalla giungla finanziaria
nella quale si é perso, diviene così il nuovo imperativo categorico, destinato
a dominare la scena finanziaria del prossimo futuro.
Le iniziative educative appaiono quindi finalizzate ad accrescere il senso di
autoresponsabilità dell'investitore che, allo stato della legislazione, non
sembra però possa ancora spingersi sino al punto da configurare un vero e
proprio dovere giuridico.
Nello scenario tratteggiato, pertanto, incombe il rischio di sopravvalutare o
"esaltare" l'educazione come contrappeso dei comportamenti degli
intermediari, attribuendogli le fattezze di un elemento di compensazione della
responsabilità degli intermediari inadempienti, ovvero sbilanciando
eccessivamente, sul versante applicativo, il baricentro delle responsabilità a
sfavore degli investitori.
Il sistema deve quindi far leva su un mix di etero ed autotutela10, ma le
recenti innovazioni normative lasciano presagire un nuovo orizzonte teso a
valorizzare progressivamente il versante dell'autotutela e dello sviluppo del
senso di autoresponsabilità dell'investitore.
3. Il tema dell'educazione del risparmiatore non rappresenta un argomento del
tutto innovativo per il nostro ordinamento. Difatti nel corposo contesto
normativo in materia di tutela del consumatore l'art. 4 d.lgs. n. 206/2005
(Codice del Consumo), ne promuove l'educazione come suo diritto fondamentale.
Finalità precipua è quella di favorire la consapevolezza del consumatore in
ordine tanto ai suoi diritti quanto ai relativi mezzi di tutela.
Il disposto dell'articolo citato si caratterizza per l'utilizzo di una formula
generale che, con riguardo sia all'oggetto delle attività educative, sia al
carattere economico del rapporto nel quale il consumatore è parte contraente,
le attribuisce una portata di ampio respiro, tale quindi da includervi il
consumatore di servizi finanziari, sebbene anche quest'ultimo, riprendendo la
definizione classica, sia identificato esclusivamente nella persona fisica che
agisce per scopi estranei alla propria attività imprenditoriale e
professionale.
In proposito illustre redattore del Codice aveva già avuto modo di osservare
che «il diritto all'educazione del consumatore, nella logica sequenziale che
ha ispirato il criterio della riaggregazione sistematica, si pone come
antecedente indispensabile al fine di sviluppare strutture cognitive idonee a
fruire di un'offerta complessa, in particolare per quanto riguarda prodotti ad
elevato contenuto tecnico, come i servizi finanziari»11. In tal senso
«l'educazione si identifica nella predisposizione di informazioni non
commerciali che consentano al consumatore una conoscenza del mercato idonea a
renderlo consapevole delle proprie scelte di consumo perché capace di
percepirne benefici e costi, così da tradurre la capacità di scelta come
capacità di giudizio»12.
Sulla scorta di una fonte normativa di rango primario dovrebbe trovare pertanto
idonea giustificazione ogni programma educativo teso a promuovere e favorire un
miglioramento del livello culturale dei consumatori in materia finanziaria.
Conseguentemente dovrebbero essere incentivate tutte quelle iniziative
orientate alla valorizzazione degli strumenti che potenziano un'accorta - e non
capziosa - autotutela13; iniziative tutte finalizzate a trasformare il
consumatore, in qualunque settore economico abbia di volta in volta a
cimentarsi, in un consumatore consapevole delle proprie scelte e delle
conseguenze connesse. Un risultato, quest'ultimo, che richiede la necessaria
partecipazione attiva dell'investitore al processo di determinazione delle
proprie decisioni economico-finanziarie ed il conseguente sviluppo, sulla base
delle conoscenze acquisite, di un benché minimo acume critico che lo renda
capace di tutelare da sé il proprio interesse, consentendogli di districarsi
dinnanzi alla complessità dei prodotti finanziari e di scegliere con cognizione
di causa - pur nell'ambito dell'indispensabile apporto consulenziale e previa
valutazione di adeguatezza dell'intermediario - quello a lui più adeguato,
assumendosi, in definitiva, i rischi dell'investimento compiuto.
Eppure, a seguito dell'inizio della crisi finanziaria e a distanza di due anni
dall'ennesimo default (Lehman Brothers), si fa un gran parlare (anche troppo!)
di educazione finanziaria, quasi si trattasse di qualcosa di particolarmente
innovativo per il nostro ordinamento.
Tuttavia, un tratto distintivo tra l'ambito di applicazione determinato dal
generale diritto all'educazione e quello più specifico all'educazione
finanziaria, va semmai individuato nel target di riferimento sotteso ad ognuno
dei due versanti di intervento indicati. Così se il diritto all'educazione
sancito dall'art. 4 d.lgs. n. 206/2005 si presenta di vasta portata con
riguardo alla generalità dei settori economici che involgono interessi dei
consumatori, risulta però penalizzato dall'eccessiva limitazione soggettiva in
funzione esclusiva del soggetto che presenti tutte le indicate caratteristiche
della figura del consumatore, laddove il diritto all'educazione finanziaria
prescinde da questo presupposto per estendersi ad un target soggettivo più
ampio, quello dei cittadini. Costoro, integrino o meno gli estremi per il
riconoscimento dello status di consumatore, sono piuttosto presi in
considerazione in qualità di utenti - attuali o potenziali - dei servizi
finanziari.
4. Come si è già accennato, a fronte di un'ennesima occasione "di
risparmio tradito" - questa volta di dimensione globale - il dibattito
sull'educazione finanziaria dei risparmiatori/investitori si è intensificato
sulla scorta della considerazione che la stessa potesse rappresentare un
elemento integrante della exit - strategy dalla crisi a livello
microeconomico14.
Ogni discussione sull'argomento è stato così caratterizzato da un'enfasi e da
un fervore tali da far credere, esplicitamente o velatamente, sulla scia di
tanti proclami - talvolta solo propagandistici - agli "effetti
miracolosi" dell'educazione finanziaria, la quale avrebbe trasformato
l'investitore in un soggetto capace sia di comprendere i rischi connessi agli
strumenti finanziari, sia conseguentemente di assumere consapevoli decisioni di
investimento su base informata, anche avvalendosi, qualora ne avesse avuto
bisogno, del supporto consulenziale di un professionista del settore.
E' questa la sensazione che suscita anche la lettura della definizione offerta
dall'OCSE, per la quale l'educazione finanziaria consiste nel "processo
attraverso il quale i consumatori/investitori migliorano la propria
comprensione di prodotti e nozioni finanziarie e, attraverso l'informazione,
l'istruzione e un supporto oggettivo, sviluppano le capacità e la fiducia
necessarie per diventare maggiormente consapevoli dei rischi e delle
opportunità finanziarie, per effettuare scelte informate, comprendere a chi
chiedere supporto e mettere in atto altre azioni efficaci per migliorare il loro
benessere finanziario"15.
Una definizione che sembra una sorta di etichetta per un contenitore quanto mai
ricco di finalità, espressione della speranza (più che della convinzione)
dell'obiettivo di un investitore più attento, informato, avveduto e
perfettamente consapevole delle proprie scelte di risparmio, investimento ed
indebitamento: in altre parole, un alieno sceso sul pianeta della finanza ed in
grado di parlare la lingua degli abitanti autoctoni.
E se in condizioni normali è già difficile imparare una lingua straniera,
figuriamoci quella di un altro pianeta, lontana anni luce quanto a contenuto,
forma e carattere da quella usualmente utilizzata nella vita di tutti i giorni!
A fronte di un incremento dell'offerta sul mercato di prodotti finanziari
sempre più complessi, con i quali l'ingegneria finanziaria trova modo di
sbizzarrirsi come meglio crede, e di un linguaggio finanziario più forbito,
ricco di termini prima inesplorati o di nuova coniazione, si assiste ormai
costantemente e prevalentemente, anche nell'orientamento delle Authorities,
alla tendenza, accentuatasi specie a seguito l'attuazione della Mifid, a far
leva sull'idea di un investitore che si vuole a tutti i costi
"perfettamente consapevole" delle sue decisioni di investimento. E per
investitore consapevole si intende il soggetto che, a norma dell'art. 27 reg.
Consob intermediari, sia in grado di assumere autonomamente le proprie scelte
di investimento e di farsi carico delle relative conseguenze16.
Così, nonostante il profilo culturale prevalente spinga l'investitore più ad
"adagiarsi" sulle proposte del consulente che a valutarle
criticamente, il legislatore continua a regolamentare il settore sventolando
sempre più il vessillo della trasparenza, al cospetto della quale il risparmiatore
nella maggioranza dei casi assume due atteggiamenti diversi: o rinuncia -
disorientato e stordito - a dedicarsi all'argomento finanziario; oppure non
mostra a priori alcun interesse verso la finanza né tanto meno alcun desiderio
di conoscenza o approfondimento delle caratteristiche dei prodotti finanziari
su cui potrebbe compiere operazioni di investimento, dal momento che le ritiene
noiose e difficili da "digerire". Costui - il cliente meno
sofisticato - preferirà affidarsi alla professionalità di un consulente,
ritenendo invece "più conveniente (o magari anche solo più piacevole)
utilizzare il proprio tempo altrimenti che nello studio dei mercati finanziari,
delle loro dinamiche e dei prodotti che vi circolano"17.
Paradossalmente, un'informazione finanziaria più dettagliata potrebbe suscitare
maggiore interesse nel cliente professionale più qualificato - quello che meno
necessita di alfabetizzazione finanziaria - dal momento che "è meglio in
grado di discernere gli elementi essenziali e di intendere l'importanza dei
particolari"18.
Il che evidenzia un ostacolo di non facile soluzione nell'attivazione di
qualunque iniziativa educativa che sia sorretta dall'ambizione di un imprinting
efficiente ed efficace sul livello culturale dei risparmiatori. Ostacolo rappresentato
dalla dimensione psicologica del destinatario, la cui mancata e/o inadeguata
considerazione, nell'ambito di qualunque discorso in tema di innalzamento del
livello di alfabetizzazione dei risparmiatori in materia finanziaria, rischia
di inficiare a monte qualunque prospettiva di concreta realizzazione.
L'importanza della componente psicologica si riverbera su un duplice versante
di intervento: la consapevolezza del risparmiatore in ordine al livello
culturale acquisito in materia finanziaria e il riconoscimento della libertà di
apprendere ed imparare.
Il primo profilo trae origine dalla (mancanza di) consapevolezza in ordine alla
carenza di basi cognitive adeguate o sufficienti a destreggiarsi nel mondo
finanziario, sulla scia del motto di memoria socratica, "so di non
sapere". Il che impone di sviluppare la prima forma educativa sul terreno
della consapevolezza e della conseguente maturazione nel risparmiatore di
un'esigenza sia di crescita culturale, sia di una maggiore disponibilità ad
apprendere. Tanto dovrebbe trovare idonea espressione sia in ipotesi di
overconfidence, sia in quei casi di autorappresentazione non veritiera da parte
di quei risparmiatori che, mossi da un eccesso di orgoglio e presunzione, fanno
eccessivo affidamento su competenze finanziarie millantate ma non verificate19.
Con riguardo invece al secondo profilo di intervento su indicato, con portata
estesa alla generalità di tutti i possibili soggetti destinatari, va ribadita
una premessa fondamentale: l'educazione finanziaria è un diritto del
consumatore e non deve essere percepita o, peggio, fatta percepire come un
dovere. Non può essere imposta a nessuno, senza per questo - a fronte di un
rifiuto di apprendere o di imparare ovvero un rigetto di formazione - essere in
qualche modo colpevolizzato e responsabilizzato di tanto, o privato di un
sistema di tutela normativa che deve trovare applicazione a prescindere.
Ingenerare l'esigenza educativa ed accrescere conseguentemente la richiesta di
apprendimento identificano i due motori propulsori per un qualunque programma
di educazione20.
Va però precisato che non è importante solo cosa si insegna, bensì soprattutto
come la si insegna, dal momento che, in mancanza di qualunque interesse o di un
minimo di disponibilità da parte del destinatario, qualunque insegnamento è
destinato a cadere nel vuoto21.
Un programma educativo in materia finanziaria che aspiri ad essere efficiente
ed efficace nell'impatto con un target soggettivo di riferimento variegato,
composto tanto da giovani che da meno giovani, deve essere capace di
conquistare i suoi destinatari, cercando di parlare la stessa lingua, in modo
da avvicinarli alla conoscenza della finanza. L'uso di un linguaggio tecnico
non calibrato sulla capacità di comprensione dell'educando rischia solo di
allontanarlo e di escluderlo dalla conoscenza, rappresentando un ulteriore
motivo di fallimento sul piano della stessa tutela del consumatore.
Quello della "conquista" del risparmiatore in funzione della sua
educazione finanziaria rappresenta difatti un profilo di intervento piuttosto
delicato, atteso che, in presenza di molteplici stimoli connessi alla
diffusione di iniziative di investor education, il bisogno di educazione
finanziaria incontra un limite strutturale nel fatto che deve essere l'investitore
a farsi "parte attiva", andando a ricercare le informazioni sul sito
di un'Autorità di vigilanza.
La realizzazione delle finalità sottese alle iniziative educative comporta
quindi la necessaria collaborazione dell'investitore il quale, per reperire
quelle nozioni che lo aiutano ad incrementare il livello cognitivo in materia
finanziaria, potrebbe ricorrere anche a siti Internet non istituzionali,
esponendosi peraltro al rischio di "incappare" in informazioni non
soggette ad alcun controllo, che possono talora provocare diseducazione o
cattiva informazione.
5. A seguito della crisi finanziaria ed a fronte della constatazione del
persistente deficit di informazione, formazione e consapevolezza da parte dei
consumatori di prodotti e di servizi finanziari22, si è delineato un duplice
approccio normativo al tema dell'educazione finanziaria: quello più incisivo di
matrice comunitaria e quello più "blando" di stampo nazionale23.
Sul versante comunitario l'assetto legislativo in materia di servizi finanziari
- a onor del vero risalente ad epoca anteriore allo scoppio della crisi - si è
contraddistinto per una certa dinamicità che lo ha portato ad essere in
continuo movimento e progressiva evoluzione, sulla scorta dapprima dei diversi
step di realizzazione del PASF (Piano d'azione per i servizi finanziari) e poi
di quelli del post-PASF.
I diversi interventi hanno riproposto a più riprese il tema dell'educazione
finanziaria che è divenuto così una costante in tutti i documenti che si sono
occupati - e si occupano tuttora - di tutela del consumatore di servizi
finanziari24, tanto da aver portato alla costituzione di un gruppo di esperti,
dotati di esperienza pratica in materia25, i cui compiti spaziano dallo
svolgimento di una funzione consultiva su qualsiasi aspetto dell'educazione
finanziaria a quella ausiliaria della Commissione nell'individuazione di
eventuali ostacoli legislativi, regolamentari, amministrativi e d'altro genere
all'offerta educativa in materia finanziaria, unitamente alla condivisione ed
alla promozione delle pratiche ottimali sul punto in questione.
La finalità che muove il legislatore comunitario è di ampio respiro, in quanto
diretta a favorire l'efficace funzionamento del mercato interno dei servizi
finanziari e contestualmente a rimuovere eventuali ostacoli ad operazioni
transfrontaliere.
In questa prospettiva "l'educazione finanziaria è essenziale se si vuole
che il mercato unico apporti benefici diretti ai cittadini europei mettendoli
in grado di decidere in cognizione di causa in merito all'acquisto di servizi
finanziari e di comprendere elementi basilari di finanza personale, come
riconosciuto dalla comunicazione della Commissione ««Un mercato unico per
l'Europa del XXI secolo»»" (cfr. considerando 5, decisione della
Commissione 2008/365).
Così, se in ambito comunitario si parla di educazione finanziaria già da
diversi anni, il tema si è "imposto" con una certa enfasi sulla scena
nazionale solo di recente, soprattutto a seguito di espresse raccomandazioni
comunitarie a procedere su questa strada.
Peraltro, va subito evidenziato che, sulla scorta dell'onda emotiva suscitata
dalla crisi finanziaria, lo sprint che ha caratterizzato il primo periodo,
nell'intento di colmare questa grave lacuna, non ha trovato adeguato riscontro
con altrettanto alacre proseguimento del cammino successivo che si spingesse al
di là dei diffusi e costantemente ripetuti proclami.
Emblematico in tal senso è l'intervento normativo su un duplice versante.
Sul primo si segnala la modifica - nel corso dell'esame al Senato della legge
comunitaria 2009 (cfr. art. 13) - dell'art. 33 legge comunitaria 2008 (legge 7
luglio 2009, n. 88), con l'inserimento della lettera d-bis), la quale aggiunge
ai criteri delega ivi elencati per l'attuazione della direttiva 2008/48/CE in
tema di contratti di credito ai consumatori, anche quello di "prevedere il
ruolo dell'educazione finanziaria quale strumento di tutela del consumatore,
attribuendo il potere di promuovere iniziative di informazione ed educazione
volte a diffondere la cultura finanziaria fra il pubblico, al fine di favorire
relazioni responsabili e corrette tra intermediari e clienti"26.
Il principio di delega però è rimasto lettera morta, dal momento che,
discorrendo le numerose disposizioni del d.lgs. 13 agosto 2010, n. 141, di
recepimento della indicata direttiva, nonché quelle del relativo correttivo
d.lgs. 14 dicembre 2010, n. 218, non sembra possibile trovarne una dedicata
all'argomento in questione.
Sul secondo versante si registra poi la situazione di stallo in cui sembra
versare attualmente l'iter procedurale di ben cinque disegni di legge27,
presentati a più riprese nel corso del 2009, riunificati in un unico testo ed
all'esame di un Comitato ristretto presso la Commissione Industria del Senato.
Va però precisato che nel luglio del 2010 è stata presentata alla Camera dei
deputati una proposta di legge28 sempre sullo stesso argomento, cosa che ha
ritardato ulteriormente la definizione della procedura di approvazione
parlamentare.
Come se non bastasse, il tema dell'educazione finanziaria e l'esame del disegno
di legge in materia, che già figuravano all'ordine del giorno di una seduta del
Consiglio dei Ministri dell'8 settembre scorso, sono stati depennati e rinviati
a data da destinarsi, per dare precedenza ad altri problemi urgenti e
fronteggiare altre emergenze.
La circostanza non è certo di buon auspicio, considerato che il nostro Paese
vive di continue emergenze e per le scelte strategiche c'è sempre tempo! Magari
per il Consiglio dei Ministri l'educazione finanziaria e la necessità di
predisporre un processo di miglioramento delle capacità cognitive dei cittadini
non è poi così urgente ed improcrastinabile, pur stando ai moniti e alle
raccomandazioni formulati in proposito dal Parlamento Europeo e dall'OCSE al
Forum sull'educazione finanziaria tenutosi a Roma il 9 giugno 2010.
La diversità delle filosofie ispiratrici delle proposte in discussione si
riverbera sulla stessa considerazione dell'educazione finanziaria che, mentre
nella prospettiva dei disegni di legge fa leva sull'introduzione di uno
strumento di tutela del consumatore a carattere difensivo, nella proposta di
legge è sorretta invece da una ratio di tipo propositivo. Vi si legge infatti
che finalità precipua dell'educazione finanziaria deve essere
"l'educazione consapevole all'esercizio della propria libertà economica e
alla realizzazione del proprio progetto di vita più che semplice protezione dei
consumatori"29.
Tuttavia, nonostante le differenti connotazioni di fondo, i punti focali sui
quali ruotano i testi normativi sono essenzialmente due: l'inserimento nelle
scuole dell'educazione finanziaria quale materia di insegnamento e la
costituzione di un comitato di coordinamento delle varie iniziative in materia.
Particolarmente degno di nota e di apprezzamento il primo versante di
intervento che se per un verso recepisce le indicazioni fornite dalla
Commissione europea, per altro verso presenta, allo stato, scarse possibilità
pratiche di una compiuta realizzazione, specie a seguito della recente introduzione
della riforma delle scuole superiori, in applicazione della quale sono stati
eliminati taluni progetti sperimentali che avevano introdotto nelle scuole
l'insegnamento di diritto ed economia, principali veicoli di trasmissione di
programmi educativi in materia finanziaria.
La seconda novità saliente, quella del comitato, andrebbe poi ulteriormente
valorizzata e rafforzata nella sua composizione, differente da un disegno
legislativo all'altro. La sua costituzione si rivela difatti quanto mai
opportuna nell'ottica di evitare discontinuità negli interventi educativi e
coordinarne la realizzazione30, oltre che con funzione di controllo e di
supervisore tanto sui contenuti delle diverse fonti di informazione
finanziaria, quanto sui risultati effettivamente conseguiti con l'attivazione
di iniziative di educazione finanziaria.
5.1. Il persistente vuoto in relazione al mancato raggiungimento di un compiuto
assetto normativo in materia di educazione finanziaria è in parte colmato
dall'impegno profuso sul tema dalle Authorities, da segnalare come la vera
novità in campo nazionale.
AGCM, Banca d'Italia, Consob, Isvap, Covip: ciascuna impegnata a tutelare il
consumatore nel settore economico di rispettiva competenza, hanno dapprima
dedicato all'educazione o alla tutela del consumatore
(risparmiatore/investitore/assicurato) un link ad hoc nel sito web
istituzionale ed attivato proprie iniziative31, poi, a fronte della situazione
legislativa di stallo, tutte hanno deciso di unire le forze sottoscrivendo il 9
giugno 2010 un protocollo d'intesa32 finalizzato a realizzare congiuntamente
iniziative di educazione finanziaria, anche a mezzo di un portale web comune,
dove l'investitore può reperire materiali educativi e strumenti di supporto
tecnico33.
L'impegno delle Authorities tuttavia è destinato ad acquisire maggiore
rilevanza nel prossimo futuro, alla luce dell'espresso inserimento
dell'alfabetizzazione tra le competenze delle tre nuove Authorities europee
(Autorità europea delle assicurazioni e delle pensioni aziendali e
professionali, Autorità bancaria europea, Autorità europea degli strumenti
finanziari e dei mercati), la cui costituzione è stata varata dal Parlamento
europeo il 22 settembre scorso nell'ambito della definizione del nuovo assetto
della supervigilanza finanziaria targata UE, il cui debutto ufficiale è
previsto per l'inizio del 2011.
L'art. 6 bis dei tre regolamenti, che istituiscono rispettivamente le indicate
Autorità, ripropone pedissequamente per ciascuna la competenza relativa alla
protezione dei consumatori ed in questo ambito attribuisce loro "un ruolo
guida nella promozione della trasparenza, della semplicità e dell'equità sul
mercato per i prodotti o servizi finanziari destinati ai consumatori
nell'intero mercato interno, anche tramite il riesame e il coordinamento
dell'alfabetizzazione finanziaria e delle iniziative educative da parte delle
autorità competenti" (lett. ii).
L'ampliamento della competenza delle Authorities, sulla scorta di una fonte
normativa, anche alle finalità di educazione finanziaria (rectius:
alfabetizzazione finanziaria) dei risparmiatori/investitori ed il coordinamento
delle iniziative in materia a livello comunitario sono pertanto destinati ad
attribuire particolare rilievo ai programmi attivati in sede nazionale dalle
autorità competenti, le uniche che al momento - in mancanza di precisi punti
legislativi di riferimento - si stanno organizzando nella prospettiva di meglio
soddisfare l'obiettivo della tutela del consumatore di servizi finanziari.
6. L'intensificarsi del dibattito in ordine alla improrogabilità di un processo
di alfabetizzazione finanziaria dell'investitore/risparmiatore ha prodotto,
quale effetto immediato, tutto un pullulare delle più disparate iniziative, dal
fiorire di siti web appositamente creati sull'argomento, di blog, di forum sui
social network, di glossari finanziari prodotti e diffusi indiscriminatamente.
Il fenomeno si è propagato come una macchia d'olio, assumendo le sembianze
della moda (e del business) del momento. In campo sono scesi immediatamente i
giocatori principali del mercato (le associazioni di categoria degli
intermediari bancari e finanziari e le associazioni dei consumatori) che hanno
portato avanti talune iniziative educative prive di coordinamento e/o di un
disegno unitario, connotate da adesioni su base volontaristica e, talvolta, dal
carattere propagandistico ed autoreferenziale di chi le proponeva.
L'azione di bombardamento per il risparmiatore ha avuto inizio ed ha già
prodotto i suoi effetti: il disorientamento del destinatario!
Eppure, quello dell'educazione finanziaria rappresenta, nell'ambito di ogni
discussione sulla tutela dei consumatori, un tema estremamente delicato, che va
esaminato attentamente ed affrontato con le dovute precauzioni, rischiando
diversamente di vanificare il raggiungimento delle finalità dichiarate.
Difatti il tema, a prescindere dall'indiscusso merito riconosciuto ad ogni
programma informativo e di crescita culturale, si connota nel caso di specie
per talune criticità e taluni profili problematici - di ordine giuridico, ma
soprattutto psicologico, involgendo componenti emotive e razionali nelle scelte
finanziarie - spesso sottovalutati, che costituiscono altrettante variabili ed
incognite in grado di incidere sensibilmente sull'efficacia dei programmi di
educazione finanziaria.
Pertanto, nel tentativo di approntare un programma educativo che tenga in
debita considerazione dette criticità e conseguentemente aspiri a distinguersi
per efficienza ed efficacia, si dovrebbe far leva su tre presupposti
essenziali: chi si vuol raggiungere, cosa si vuol raggiungere, come lo si vuole
raggiungere, avendo comunque ben chiare le premesse ed il punto di partenza. La
mancanza di risposte anche ad uno solo di questi punti rischia di svilire
qualunque azione positiva che venga proposta o realizzata sotto l'egida
dell'educazione finanziaria.
Senza dimenticare altri due aspetti fondamentali per la buona riuscita del
programma educativo, anch'essi di necessaria e chiara definizione preventiva: a
chi compete la realizzazione di iniziative educative e chi deve sopportare il
peso economico per la relativa attuazione.
6.1. Il target soggettivo di riferimento dei processi educativi in materia
finanziaria, come già precisato, è genericamente rappresentato dai cittadini,
presi in considerazione, a prescindere dalla coincidenza o meno con lo status
di consumatore, nella relativa qualità di clienti - attuali, futuri o anche
solo potenziali - dei servizi finanziari.
In questo ambito, meno difficoltà comporta di certo la predisposizione e la
realizzazione di un piano strategico in materia di educazione finanziaria che
compia un investimento a lungo termine sulle generazioni future, in relazione
alle quali (eventuali) benefici non sono certo di immediato riscontro.
Tuttavia, con uno sguardo a lungo raggio e sorrette dalla convinzione di
alfabetizzare gli investitori del domani, si sono moltiplicate le iniziative a
favore dei giovani studenti34, con riferimento ai quali i ricordati disegni di
legge - i cui lavori sono tuttora in itinere - prevedono, sulla scorta delle
indicazioni comunitarie, l'inserimento dell'educazione finanziaria tra gli
insegnamenti scolastici.
Diversamente, l'intento educativo sfugge alla cristallizzazione entro limiti
predeterminati e si rivela così di non facile realizzazione nel caso di
destinatari non più giovani, o meglio, già fuori dal circuito scolastico,
atteso che il risparmiatore/investitore identifica il rappresentante di una
categoria di portata generica che nella sua omnicomprensività si presenta
estremamente ampia ed eterogenea, con riguardo tanto alla segmentazione di
categorie giuridiche e psicologiche, quanto alla stratificazione dei relativi
bisogni educativi e delle connesse esigenze di investimento.
La nota locuzione di pirandelliana memoria, "uno, nessuno e
centomila", appare quanto mai confacente al caso di specie per indicare le
molteplici facce dell'investitore, non facilmente riassumibile in un unico
prototipo soggettivo.
Allora su quale soggetto calibrare un programma educativo? Non certo
l'investitore medio cui fa riferimento la normativa secondaria35 o
l'investitore ragionevole36 che ricorre nella disciplina degli abusi di
mercato, dal momento che rappresentano parametri soggettivi preordinati al
raggiungimento di specifiche finalità, ma variamente interpretati, in mancanza
di una definizione normativa che possa offrirne una compiuta identificazione.
Il rischio è quello di tagliare fuori proprio quella fascia di soggetti che più
necessitano di alfabetizzazione finanziaria.
La difficoltà di individuare preventivamente delle fasce soggettive di
possibili destinatari e fruitori di programmi di educazione finanziaria deve
poi fare i conti anche con un innovativo sistema di classificazione della
clientela che, a seguito dell'attuazione della Mifid, si articola in una
triplice tipologia soggettiva (cliente al dettaglio, cliente professionale e
controparte qualificata), in corrispondenza della quale se per un verso si
rappresentano diversificate esigenze di investimento, per altro verso, in virtù
del principio di graduazione della tutela, è riconosciuto un sistema più o meno
incisivo di protezione dell'investitore37.
Nella nuova prospettiva comunitaria il cliente al dettaglio - che include (ecco
la vera novità!) persone sia fisiche che giuridiche - necessita del più elevato
grado di tutela e viene identificato in negativo, per esclusione rispetto al
cliente professionale per il quale vige invece una presunzione di
"esperienza e conoscenze e competenze necessarie per prendere consapevolmente
le proprie decisioni in materia di investimenti e per valutare i rischi che
assume" (allegato n. 3 reg. Consob intermediari).
Il sistema di classificazione si contraddistingue però per la sua flessibilità
e dinamicità in senso biunivoco: il passaggio da cliente al dettaglio a cliente
professionale (upgrading) e viceversa (downgrading), con conseguente e
correlativa (in)applicabilità della disciplina di tutela dell'investitore.
Il panorama soggettivo si presenta quindi estremamente variegato, articolato e
complesso, con confini mobili che impediscono di identificare l'investitore in
una dimensione statica, bensì esposta ad un continuo divenire, influenzato da
più variabili suscettibili di incidere sensibilmente sulla dinamicità e
storicità del cliente38.
In considerazione della difficoltà di tener conto di dette variabili,
diversificate in relazione a ciascuna fascia di destinatari, nonché della
mutevolezza delle concomitanti esigenze sia di investimento sia di educazione
finanziaria, incombe un duplice rischio: somministrare programmi educativi di
tenore estremamente generico, non commisurati agli effettivi bisogni; lasciare
insoddisfatte proprio quelle fasce soggettive che avrebbero preferito
iniziative più mirate e confacenti alle proprie necessità cognitive, tanto da
cercare in altra maniera di personalizzare il livello cognitivo in relazione
alle proprie esigenze.
6.2. Ogni discussione in tema di educazione finanziaria non può inoltre
prescindere dagli esiti dei molteplici studi svolti a livello internazionale in
materia di finanza comportamentale, delle cui tematiche si auspica già da tempo
un maggior coinvolgimento nel processo di regolamentazione del sistema di
protezione dell'investitore.
Ormai le ricerche effettuate sull'argomento sono numerose ed hanno condotto al
risultato univoco in ordine alla necessità di prendere in debita considerazione
la componente psicologica di un investitore che si è appurato essere di tipo
irrazionale39.
Profilo quest'ultimo del tutto trascurato dal legislatore, com'è stato
opportunamente evidenziato da chi ha lamentato che "chi tutela non conosce
il soggetto tutelato"40.
In questo contesto l'educazione finanziaria dovrebbe intervenire a colmare
questa lacuna normativa, facendosi nel contempo carico anche di avviare
parallelamente un processo di educazione emotiva, tesa appunto ad educare
l'investitore a gestire le proprie emozioni nel processo che precede e culmina
nella scelta finanziaria (sia essa di risparmio, di investimento o di
indebitamento).
Eppure, nella prospettiva di una più efficiente regolamentazione del sistema di
tutela dell'investitore, che tenga conto anche e soprattutto della sua
componente psicologico-emotiva nelle scelte di investimento, qualcosa si sta
muovendo sul versante della psicologia cognitiva.
Finalità dichiarata è quella di esaminare i comportamenti finanziari degli
investitori, frutto dell'interazione di componenti emotive e razionali tanto in
sede di compilazione del questionario informativo relativo alla profilatura del
cliente quanto nel momento della decisione di investimento, alla luce
dell'applicazione degli strumenti forniti dalle neuroscienze e nel quadro
dell'assetto regolamentare attualmente previsto dalla normativa in tema di
tutela dell'investitore.
I risultati raggiunti su questo fronte41 dovrebbero essere funzionali ad un
miglioramento del sistema di protezione del cliente, nella prospettiva di
offrire una risposta normativa più confacente al tipo di propensione al rischio
manifestata dall'investitore e della componente emotiva che influenza le sue
decisioni di investimento. Componente che in taluni casi prende il sopravvento
su quella razionale tanto da falsare e distorcere - magari pregiudicata da
pregresse esperienze finanziarie rispettivamente di perdite o guadagni - la
tolleranza al rischio manifestata dal cliente o far maturare un'avversione al
rischio, provocando reazioni emotive incontrollate e condizionate.
Nel momento in cui il rischio viene percepito come avversione alla perdita,
tutti gli elementi indicati sono quindi suscettibili di incidere sensibilmente
sulla sfera emotiva, sulla percezione e sul livello di tolleranza al rischio o
sull'atteggiamento comportamentale dell'investitore, specie in presenza di
situazioni di possibile incertezza finanziaria (sia personale sia globale, a
livello di sistema Paese)42.
In un contesto del genere la cennata idea in ordine all'educazione emotiva
dell'investitore, quale ulteriore capitolo nel processo di crescita cognitiva,
potrebbe essere affiancata da un intervento sul piano operativo da
concretizzarsi in un'estensione dell'area di valutazione finalizzata al
responso di adeguatezza di un'operazione finanziaria al profilo di rischio del
cliente. Estensione che, sulla scorta della know your customer rule, potrebbe
spingere l'intermediario ad esplorare altri due versanti complementari: la
dimensione finanziaria pregressa del cliente e le prospettive future.
Su quest'ultimo versante degno di nota e con valenza esemplificativa di un
approccio operativo attento alle implicazioni della finanza comportamentale si
rivela il testo del questionario informativo, utilizzato dai consulenti
finanziari indipendenti, associati Nafop43, ai fini della profilatura del
cliente.
Il nutrito numero di quesiti sottoposti alla compilazione del cliente e
strumentali alla formulazione di raccomandazioni di investimento adeguate al
cliente, è integrata da talune domande, inserite nella sezione relativa agli
obiettivi di investimento ed alla propensione al rischio, con le quali
particolare attenzione è riservata all'individuazione del reale profilo
psicologico del cliente. Profilo ricostruibile sulla base della valutazione
della perdita massima accettabile da parte del cliente e rapportata ad un
ipotetico portafoglio finanziario, dello stato emotivo ad essa conseguente,
nonché della sua capacità reattiva nei momenti di incertezza finanziaria ovvero
in quelli in cui l'andamento del mercato risulti sfavorevole.
Tuttavia se tanto favorisce in prospettiva la comprensione di eventuali
reazioni emotive in concomitanza di perdite finanziarie, sarebbe opportuno non
trascurare uno sguardo anche al passato che condiziona inevitabilmente i
processi di scelta da realizzare nell'immediato futuro.
Sotto questo profilo si propone così di allargare le maglie del presupposto sub
art. 39, comma 1, lett. a), reg. Consob intermediari, relativo alla conoscenza
ed esperienza del cliente nel settore di investimento rilevante per il tipo di
strumento o di servizio, per apprendere - accanto alle pregresse esperienze di
investimento - il vissuto finanziario, ivi inclusi i successi e gli insuccessi
conseguiti, in altre parole una sorta di curriculum finanziario.
6.3. Taluni profili problematici si registrano altresì con riguardo ai
contenuti ed alla forma dei programmi di educazione finanziaria, i quali devono
essere mirati sia dal punto di vista soggettivo, in relazione alle esigenze e
necessità cognitive legate a ciascuna fascia di soggetti destinatari, sia sotto
il profilo oggettivo.
In relazione all'aspetto da ultimo indicato si impone però una duplicità di
elementi da prendere in considerazione: l'uno attiene al contenuto informativo
ed alla relativa forma di somministrazione, che deve essere chiara, corretta,
non fuorviante, comprensibile e, soprattutto, fruibile da ciascun destinatario;
l'altro concerne l'oggetto dell'informazione da trasmettere. Le iniziative
educative dovranno così essere calibrate in funzione sia dei diversi settori di
intervento, sia delle caratteristiche del mezzo (telematico, informatico o
tradizionale) utilizzato e, conseguentemente, delle peculiarità dell'utente che
vi accede.
Di tal guisa, un programma di educazione finanziaria non può rivestire gli
stessi contenuti tanto per l'investitore on line che per quello che si avvalga
delle reti di distribuzione tradizionali. A fronte di una differente
operatività - telematica o meno (alla quale non sempre corrisponde un maggiore
o minore livello culturale, ma talvolta cela piuttosto una sorta di presunzione
di onnipotenza in ordine alle capacità o abilità personali) - ed a una diversa
considerazione o consapevolezza del livello culturale in materia finanziaria o
dei limiti personali degli investitori nella gestione del risparmio, le azioni
educative da intraprendere dovranno conseguentemente essere di diverso tenore.
In altri termini, traslando una nozione fondamentale dal campo degli
investimenti finanziari - quella dell'adeguatezza - ogni programma, per essere
efficiente rispetto alle finalità che si prefigge di realizzare ed efficace
sul piano pragmatico, dovrebbe superare un test di adeguatezza, i cui
presupposti siano rappresentati da chiarezza dei contenuti, semplicità delle
informazioni e facilità nella comprensione.
Diversamente, i discenti sarebbero solo ed inesorabilmente travolti da un
diluvio informativo, che rischierebbe di allontanarli da altre iniziative
educative: così l'illusione di educarli si trasformerebbe in un ennesimo
fallimento che nulla aggiungerebbe alla tutela degli investitori.
Nella prospettiva di evitare (e/o prevenire) un risultato del genere, sarebbe
opportuno porsi nella prospettiva dei fruitori, partendo dal basso, da chi
risulta privo della benché minima nozione in materia di finanza fino a risalire
gradualmente a livelli più elevati di alfabetizzazione. A tal fine sarebbe
auspicabile testare il programma proprio su un campione di soggetti in
rappresentanza dei possibili destinatari, evitando di farlo licenziare da un
comitato di persone già esperte nel settore (per costoro ovviamente tutto sarà
chiaro!).
Altra criticità si segnala con riferimento all'aspetto contenutistico ovvero
agli argomenti oggetto dei programmi di educazione finanziaria.
E anche su questo versante sembra incombere un altro problema connesso alla
genericità o specificità delle nozioni di base da impartire.
Nel primo caso (carattere generale delle nozioni) si pone l'interrogativo di
cosa aggiunga e di quale finalità ulteriore possa soddisfare, sul piano di una
valutazione della tutela del risparmiatore, un programma di educazione
finanziaria rispetto ad un documento informativo preconfezionato, consegnato
all'investitore in fase precontrattuale, nel quale sono già elencate le nozioni
base e le caratteristiche generali degli strumenti finanziari.
Al riguardo non va tralasciato che già con riferimento al regime previgente
l'attuazione della Mifid, si era sviluppata una copiosa giurisprudenza in
ordine agli effetti conseguenti alla materiale consegna all'investitore del
documento sui rischi generali degli investimenti in strumenti finanziari. E
come la consegna di detto documento non aiutava a creare consapevolezza
nell'investitore in ordine all'operazione finanziaria che si apprestava a
compiere concretamente ed al rischio sotteso allo strumento finanziario
trattato nella fattispecie concreta44, parimenti, nel caso di programmi
educativi, connotati da una valenza prettamente teorica e da un carattere pur
sempre generale, una somministrazione informativa troppo generica non
trasformerà un investitore analfabeta in un investitore informato e consapevole
delle proprie scelte di investimento.
In relazione ai contenuti da somministrare, nessuno si è preoccupato di
precisare quale sia il limite minimo, tale da identificare il livello educativo
di base e, per quanto da parte dei più accesi sostenitori dell'educazione
finanziaria si parli solo dell'ABC della finanza, l'argomento educativo viene
ripetutamente tirato in ballo in ogni discussione che verte su obbligazioni
strutturate, mutui subprime, strumenti finanziari derivati o comunque prodotti
complessi.
Sorge quindi il dubbio se un miglioramento del livello culturale del
risparmiatore debba involgere solo la comprensione delle nozioni finanziarie di
base, come spesso si ripete, ovvero debba spingersi ad includere informazioni
relative a prodotti complessi.
Il raggiungimento di una finalità del genere diventa piuttosto arduo, dal
momento che spesso la comprensione di prodotti complessi risulta difficoltosa
anche a chi (gli operatori bancari) è deputato alla loro distribuzione sul
mercato. Un tentativo di educazione in tal senso si presenta quindi
sostanzialmente illusorio già nelle sue premesse, rischiando peraltro - come
già accennato - di spostare il baricentro delle responsabilità tra le parti
contraenti: l'investitore assumerebbe su di sé la responsabilità di
investimenti della cui elevata rischiosità non è affatto consapevole, con
conseguente deresponsabilizzazione dell'intermediario che invece avrebbe dovuto
allertarlo.
Altro aspetto problematico riguarda altresì la durata di validità dei programmi
educativi.
Sotto questo profilo il livello, in termini di bisogno, di educazione
finanziaria dovrebbe crescere parallelamente al livello qualitativo
dell'offerta di prodotti finanziari e la velocità registrata nella relativa
evoluzione lascia chiaramente comprendere come ogni iniziativa educativa, dalla
sua progettazione alla relativa attuazione, risulti già obsoleta rispetto a
quello che il mercato propone e pertanto inadatta a fornire all'investitore gli
strumenti per fronteggiare o padroneggiare adeguatamente le novità finanziarie.
Parimenti, sorretti da identica motivazione, si rivelano inutili una serie di
iniziative educative intraprese in materia, ove tra le più comuni si annoverano
pagine e pagine di glossari in materia di finanza che sono ovunque diffusi, in
appendice o in allegato a quotidiani, e che si appalesano sterili nel momento
in cui rischiano di apparire avulsi dal contesto nel quale le parole ivi
racchiuse sono utilizzate. Le definizioni spesso appaiono più complicate del
termine usato ed ingenerano solo confusione e smarrimento in chi le legge, in
quanto prive di esempi volti a semplificarne il contenuto. Quale allora la loro
sorte? Quella di far compagnia ad altri dizionari, senza che il consumatore si
ricordi o possa, all'occorrenza, farvi ricorso o consultarli.
Si tratta poi di glossari che, vale la pena sottolinearlo, sono oltremodo
suscettibili di diventare anacronistici con una velocità talvolta maggiore di
quella utilizzata per compilarli e pubblicarli. L'evoluzione dei mercati
finanziari e l'offerta di prodotti sempre più complessi, unitamente alla
frequenza delle crisi finanziarie e dei clamorosi crack societari che si sono
verificati negli ultimi anni, hanno posto in risalto l'utilizzo di nuovi
termini economici, divenuti velocemente in voga nella cronaca finanziaria e
quindi non contemplati dai glossari o dizionari tradizionali già diffusi presso
il pubblico degli investitori.
Il tutto con un unico risultato: quello di favorire il ricorso a strumenti
telematici o enciclopedie generiche e non specializzate come Wikipedia!
6.4. Tra i profili problematici che caratterizzano e penalizzano iniziative di
ampio respiro, tese a realizzare un piano strategico di lungo periodo in tema
di educazione finanziaria, si annovera anche quello relativo al sostegno
economico ed alla conseguente ricerca delle risorse necessarie per finanziare
un impegno del genere indicato45.
Nodo quest'ultimo che appare tuttora irrisolto e di difficile soluzione, specie
nell'attuale momento storico caratterizzato per un verso da un'opera di
razionalizzazione delle spese, per altro verso da continui tagli per mancanza
di fondi pubblici.
Eppure il punto in questione, sebbene rappresenti il capitolo più delicato,
rimane di estrema importanza, tale da pregiudicare in partenza la realizzazione
di qualunque programma educativo.
A differenza di altri Paesi, comunitari e non, che hanno stanziato cospicui
budget a sostegno dell'educazione finanziaria dei consumatori, nell'esame dei
testi normativi presentati nei due rami del Parlamento si sono delineate
differenti - e talora opinabili - prospettive, lontane comunque da una concreta
determinazione in proposito.
Le proposte in campo spaziano da una sorta di tassa posta a carico delle
società finanziarie con tetti rapportati alla spesa sostenuta nell'anno
precedente per la pubblicità, all'idea di utilizzare parte dei fondi creati con
gli importi delle sanzioni pecuniarie pagate dagli intermediari, fino a quella
di porre a carico dello stesso soggetto promotore dell'iniziativa educativa la
ricerca delle necessarie risorse finanziarie.
E se in qualche modo delle risorse economiche dovessero essere recuperate,
sarebbe opportuno che non fossero erogate "a pioggia", bensì fossero
centellinate e dosate al raggiungimento di vari step del percorso educativo,
onde evitare l'incresciosa situazione di iniziative attivate ed interrotte per
mancanza di fondi.
Correlativamente, al costituendo Comitato di coordinamento in materia di
educazione finanziaria potrebbe essere attribuito un compito di controllo su
costi e spese effettuate, anche in relazione allo stato di avanzamento del
programma educativo e della verifica degli effettivi benefici realizzati.
Così, se per un verso, sulla scorta di un'analisi costi/benefici, sorge
inevitabilmente la domanda ( e il dubbio) sulla bontà dell'investimento
finanziario in iniziative di educazione finanziaria, per altro verso l'auspicio
è comunque riposto nella speranza che i costi non superino i benefici46 e le
spese sostenute non si traducano in un ennesimo costo posto a carico dello
stesso beneficiario (consumatore), ivi incluso quello che, nell'ambito della
sua piena libertà economica, abbia ritenuto di non voler fruire di educazione
finanziaria.
7. Il sistema di tutela dell'investitore, come già indicato, non ha mancato poi
di evidenziare la necessità di un efficace supporto consulenziale nel momento
sia dell'orientamento, sia della decisione finale di investimento.
In particolare, momento fondamentale ed imprescindibile nel processo di
crescita cognitiva dell'investitore è rappresentato dal servizio di consulenza,
la cui prestazione costituisce il più efficace strumento di attuazione di ogni
concreta iniziativa educativa.
E di tanto ne è pienamente consapevole il legislatore comunitario, il quale,
preso atto della "sempre maggiore dipendenza degli investitori dalle
raccomandazioni personalizzate"47, ha promosso il servizio di consulenza
in materia di investimenti da servizio accessorio ad attività finanziaria a
titolo principale.
L'upgrading in tal senso è diretto a soddisfare due esigenze: quella del
riconoscimento di una maggiore professionalità dei soggetti abilitati ad
operare sul mercato della consulenza48; quella degli investitori di poter fare
affidamento su consigli di investimento adeguati alle loro esigenze e forniti
da professionisti muniti di precisi requisiti49.
La ratio che ha mosso il legislatore comunitario ha fatto leva sul fatto che la
consulenza, se implementata correttamente e nei termini indicati dalla Mifid,
può essere un utile strumento per aumentare la protezione dei risparmiatori, la
qualità e la correttezza dei servizi finanziari50.
Di identico indirizzo anche la Consob che ha auspicato una valorizzazione della
consulenza, "come servizio strategico e di alto contenuto professionale,
la cui remunerazione sia collegata al servizio reso piuttosto che al prodotto
venduto"51.
Difatti, la consulenza finanziaria indipendente risponde all'esigenza di porre
al centro del servizio (l'interesse del) il cliente, coniugandosi perfettamente
sia con la diffusione della cultura finanziaria, sia con l'idea di un processo
educativo personalizzato nell'ambito del rapporto diretto consulente - cliente,
che tenga conto delle sue caratteristiche, dei suoi limiti cognitivi, delle sue
esigenze educative e, nel contempo, lo renda realmente consapevole delle
proprie scelte di investimento.
Sotto questo aspetto la consulenza finanziaria rappresenta l'occasione migliore
e il veicolo più appropriato di trasmissione dell'educazione finanziaria (a
costo zero!)52, con conseguente beneficio per ambedue le parti contrattuali:
per il cliente che, migliorando il suo livello cognitivo, potrà sia comprendere
meglio gli strumenti finanziari su cui investire, sia migliorare l'allocazione
del proprio portafoglio53; per il consulente finanziario il quale, compiendo un
investimento temporale sul cliente decrescente in rapporto alla sua crescita
culturale, potrà vedere rafforzato il carattere fiduciario del rapporto
professionale.
Per questa via l'educazione finanziaria, somministrata direttamente nel
rapporto consulente - cliente, attribuisce un significato concreto ed una
valenza sostanziale all'adempimento di quella corposa serie di obblighi
informativi e non, in cui si sostanzia il sistema di tutela dell'investitore e
che diversamente rileverebbe solo su un piano prettamente formale.
Tuttavia, sebbene siano trascorsi più di tre anni dall'entrata in vigore della
Mifid e si comincino a fare i primi bilanci sui costi e sui benefici sperati,
diversi malumori si sono sollevati in relazione alla mancata ed effettiva
implementazione della normativa comunitaria54. Le speranze sono rimesse al
processo di revisione della Mifid, attualmente in cantiere in sede
comunitaria55, il quale potrebbe ridare nuovo slancio ad un tema, quello della
consulenza finanziaria, che fatica tuttora a trovare effettiva cittadinanza nel
nostro Paese56.
Eppure, alla luce dell'indicato connubio esistente tra consulenza ed educazione
finanziaria, se la situazione normativa su quest'ultimo versante ristagna
tuttora presso le aule parlamentari, sarebbe quanto meno auspicabile un
sollecito intervento - nonostante la (quinta?) proroga disposta dal decreto
milleproroghe57 - ai fini del completamento dell'assetto regolamentare ed
operativo in tema di consulenti finanziari58.
Il debutto ufficiale dell'Albo dei consulenti finanziari se da un lato
restituisce credibilità professionale ad una categoria di operatori,
penalizzati dalla mancata definizione del quadro normativo di riferimento e per
tale motivo tuttora in cerca di una precisa collocazione sul mercato della
consulenza, dall'altro tutela l'investitore che potrà fare affidamento su
raccomandazioni di investimento fornite da professionisti seri e competenti.
* Il presente contributo è destinato agli Scritti in onore del Prof. Umberto
Belviso.
1) Significativo al riguardo lo studio condotto nel 2008 da The European House
Ambrosetti, dal titolo "L'educazione finanziaria in Italia. La prima
misurazione del livello di cultura finanziaria degli italiani" e
reperibile sul sito www.ambrosetti.eu.
2) A titolo esemplificativo, si pensi alla mole di informazioni racchiuse nel
prospetto informativo che ha contribuito ad allontanare i risparmiatori dal
risparmio gestito e in ordine al quale - sebbene si nutrano già dubbi (cfr.
Plus 24 del 23 ottobre 2010, Meno chiaro il prospetto UE) sulle reali finalità
di miglioramento della tutela dell'investitore sottese al KID (key information
document), di prossima inaugurazione con l'entrata in vigore della direttiva
2009/65/CE sugli OIVCM - a conclusione dei lavori comunitari finalizzati ad una
modifica della direttiva prospetti 2003/71/CE [cfr. COM(2009) 491 def. del 23
settembre 2009], è stata emanata di recente la direttiva 2010/73/UE del 24
novembre 2010, sorretta dalla duplice ratio di alleggerire gli oneri
amministrativi a carico delle imprese da un lato, di semplificare ulteriormente
- dal punto di vista formale e sostanziale - la nota di sintesi del prospetto
consegnata all'investitore in sede di investimento dall'altro lato (cfr.
considerando 15).
3) Sul punto si rimanda alle osservazioni sollevate in proposito da: S. Mieli,
La strategia della Banca d'Italia per rafforzare il rapporto fiduciario tra
banche e clientela, in Bancaria, n. 4/2009, 64 ss.
4) Cfr. A. Antonucci, L'accesso diretto delle imprese al mercato del capitale
di credito, in Banca borsa tit. cred., 1996, I, 619.
5) Cfr. G. Minervini, La Consob. Lezioni di diritto del mercato finanziario,
Napoli, 1989, 13.
6) In tal senso anche l'orientamento manifestato dall'Authority per la quale
deve essere favorito "l'innalzamento della cultura e dell'educazione
finanziaria dei risparmiatori come fattore di crescita, ma non nell'auspicio
che ciascuno diventi il consulente finanziario di se stesso, ma nella
prospettiva di una più ampia consapevolezza sulle 'regole del gioco', dei
doveri e delle responsabilità" (cfr. L. Cardia, La tutela del consumatore
di servizi finanziari, Roma, 19 marzo 2010).
7) Da un simile pericolo mette in guardia anche il Consiglio ECOFIN che nelle
conclusioni formulate l'8 maggio 2007 invita gli Stati membri a
"intensificare significativamente, se del caso in combinazione con le
responsabilità e le iniziative specifiche del settore finanziario, gli sforzi
volti alla sensibilizzazione delle famiglie sulla necessità di ricevere
informazioni ed istruzione, in modo da accrescere la loro preparazione
mantenendo nel contempo una tutela adeguata degli investitori".
8) Il meccanismo predisposto dalla Mifid a protezione dell'investitore si
inceppa nel momento in cui viene consacrato ed ufficializzato il ricorso -
talora eccessivo - alla standardizzazione del rapporto contrattuale.
9) Cfr. L. Cardia, Tutela del risparmio e competitività della piazza
finanziaria, intervento del 14 marzo 2005, consultabile sul sito www.consob.it.
10) Sul punto v. anche M. Trifilidis, L'educazione finanziaria: le iniziative a
livello internazionale, in Consumatori, Diritti e Mercato, n. 2/2009, 58, per
il quale "nei mercati bancari e finanziari la protezione del consumatore
può essere favorita dal combinarsi di tre differenti elementi: la trasparenza
delle condizioni contrattuali, un efficace sistema di risoluzione
extragiudiziale delle controversie intermediari/clientela, l'educazione
finanziaria del cittadino consumatore".
Sul primo elemento, quello della trasparenza delle condizioni contrattuali già
si è accennato nel testo, senza tralasciare che la relativa normativa, nella
prospettiva di rafforzare la relazione fiduciaria tra intermediari e clienti, è
stata ripetutamente modificata ed integrata nel tempo sino all'ultimo
intervento racchiuso nel d.lgs. n. 141/2010, emesso in attuazione della
direttiva comunitaria 2008/48/CE (su cui v. infra) in materia di contratti di
credito ai consumatori, che ha modificato anche la rubrica del titolo VI del TUB
da "Trasparenza delle condizioni contrattuali" a "Trasparenza
delle condizioni contrattuali e dei rapporti con i clienti".
Con riferimento al secondo elemento, quello della predisposizione di un
efficace sistema di risoluzione stragiudiziale delle controversie, finalizzato
ad una sollecita definizione delle stesse, l'attuale assetto normativo ormai
annovera, a seguito dell'attuazione di due distinti principi di delega
racchiusi nella legge risparmio, l'istituzione sia della Camera di
conciliazione ed arbitrato presso la Consob, sia dell'Arbitro Bancario
Finanziario. Nessuna procedura specifica è prevista per i contratti
assicurativi che tuttavia confluiscono, unitamente ai contratti bancari e
finanziari, nell'ampio ambito di applicazione della procedura di conciliazione
di cui al d.lgs. n. 28/2010, il cui debutto è previsto per il prossimo marzo
2011.
Infine, in punto di educazione finanziaria si sta cercando di provvedere e di
regolamentare un assetto normativo ad hoc (sugli interventi in questione si rinvia
infra), nonostante le criticità - alcune delle quali si darà conto nel
prosieguo - che il tema costantemente solleva.
11) Cfr. L. Rossi Carleo, Commento sub art. 4, in Codice del consumo.
Commentario, a cura di Alpa e Rossi Carleo, 2005, 115.
12) Cfr. L. Rossi Carleo, Il diritto all'informazione: dalla conoscibilità al
documento informativo, in Riv. dir. priv., 2004, 5.
13) Cfr. A. Antonucci, Frantumazione di regole e rimedi nel rapporto fra banca
e investitore, in Banca borsa tit. cred., 2007, II, 77.
14) Intervento di altra natura e consistenza necessitava a livello
macroeconomico a favore di una soluzione che aiutasse a prevenire altri
eventuali fenomeni patologici, nonché ad elaborare piani anticrisi delle banche
corredati da correttivi tesi a salvaguardare i contribuenti, per un esame
dettagliato dei quali si rinvia all'analisi effettuata da A. Antonucci,
Principio punitivo e tolleranza nella risposta europea alle crisi bancarie, in
Analisi Giuridica dell'Economia, n. 2/2010, 461.
15) Cfr. OCSE, Improving Financial Literacy: Analysis of Issues and Policies,
2005, 26.
16) Il percorso in direzione dell'accrescimento dell'elemento consapevolezza
parte dal disposto dell'art. 27, comma 2, reg. Consob intermediari, ai sensi
del quale "gli intermediari forniscono ai clienti o potenziali clienti, in
una forma comprensibile, informazioni appropriate affinché essi possano
ragionevolmente comprendere la natura del servizio di investimento e del tipo
specifico di strumenti finanziari interessati e i rischi ad essi connessi e, di
conseguenza, possano prendere le decisioni in materia di investimenti in modo
consapevole".
17) Cfr. R. Rordorf, La tutela del risparmiatore: norme nuove e problemi
vecchi, in La
distribuzione di prodotti finanziari, bancari e assicurativi. Nuove regole e
problemi applicativi, a cura di A. Antonucci - M.T. Paracampo, Atti del
Convegno tenutosi a Bari il 9 novembre 2007, Cacucci, 2008, 99.
18) Cfr. R. Rordorf, op. cit., 91.
19) In tal senso anche M. Motterlini (Economia emotiva. Che cosa si nasconde
dietro i nostri conti quotidiani, Bur Rizzoli, 2009, 245), il quale, a
conclusione di un saggio sugli errori sottesi alle scelte economiche, precisa
che "a cacciarci nei guai non è tanto ciò che non sappiamo, quanto ciò che
crediamo di sapere e non è così. Accettare gli errori per fare meno errori
significa pertanto riconoscere onestamente i propri limiti senza assumere di
avere capacità cognitive che gli esseri di questo mondo non possiedono.
Significa studiare i casi in cui la nostra emotività quotidiana sembra averla
vinta, imparare a identificarne i tranelli, e mettere a punto scelte economiche
e sociali che ne tengano responsabilmente conto. Così facendo eviteremo anche
di finire sfruttati da chi della nostra fragilità emotiva e dalla nostra
razionalità limitata volesse trarre cinicamente vantaggio".
20) A tal proposito, in un libro di Leo Buscaglia ("Vivere, amare,
capirsi", Arnoldo Mondatori Editore, 1982, 17) si legge una citazione
quanto mai calzante e confacente al caso, la cui paternità si fa risalire a
Carl Rogers, il quale sosteneva: "Io non credo che qualcuno abbia mai
insegnato qualcosa a qualcun altro. Contesto l'efficacia dell'insegnamento.
L'unica cosa che so è che chi vuole imparare impara. Un insegnante, al massimo,
è uno che facilita le cose, imbandisce la mensa e mostra agli altri che è
eccitante e meravigliosa e li invita a mangiare".
L'autore del libro, proseguendo, aggiungeva: "è il massimo che possiate
fare ... non potete costringere qualcuno a mangiare. Nessun insegnante ha mai
insegnato qualcosa a qualcuno. La gente in fondo è autodidatta. La parola
"educatore" deriva dal latino "educare", verbo simile a
"educere" che significa guidare, condurre. E appunto questo
l'educatore deve fare: guidare, essere entusiasta, capire se stesso, mettere
tutto questo sotto gli occhi degli altri e dire: ««Guardate, è meraviglioso.
Venite a mangiare con me»»".
Potrebbe dirsi un'utile lezione di cui far tesoro in ogni programma di
apprendimento, sia nelle scuole che nella vita di tutti i giorni e la cui
morale è riconducibile all'impossibilità di educare a tutti i costi il
consumatore o di forzarne in qualche modo l'apprendimento laddove non via sia
alcun interesse o disponibilità da parte sua ad imparare. Il che vale nei
confronti sia dei giovani che degli adulti.
Il carattere veritiero di una simile metafora si verifica già pensando alle
materie che più attirano ed entusiasmano gli studenti, spesso in coincidenza
con la simpatia e il senso di empatia che l'insegnante - a prescindere dalla
preparazione acquisita - è in grado di instaurare, coinvolgendo con il suo
entusiasmo anche gli studenti più refrattari.
21) Attente ad una simile prospettiva sono state talune iniziative promosse dal
Consorzio Patti Chiari, dedicate alle scuole, nelle quali hanno cercato di
coinvolgere gli studenti con qualcosa di più vicino ai loro passatempi, quali
giochi e cruciverba.
22) Il punto è stato rimarcato in occasione dell'incontro svoltosi il 10 aprile
2008 a Bruxelles tra UNI Europa Finance (UEF) e la Commissione Europea
Direzione Generale Mercato Interno Servizi Finanziari (DGIM).
23) Si tralasciano le iniziative a carattere internazionale, per
un'esemplificazione delle quali si rinvia a M. Trifilidis, op. cit., 58 ss.
24) Per citarne alcuni: Comunicazioni della Commissione Europea COM(2005) 115
def. del 6 aprile 2005, Migliorare la salute, la sicurezza e la fiducia dei
cittadini: una strategia in materia di salute e di tutela dei consumatori;
COM(2007) 99 def. del 13 marzo 2007, Maggiori poteri per i consumatori, più
benessere e tutela efficace; COM(2007) 226 def. del 30 aprile 2007, Libro Verde
sui servizi finanziari al dettaglio nel mercato unico; COM(2007) 808 def. del
18 dicembre 2007, educazione finanziaria; COM(2009) 204 def. del 30 aprile
2009, relativa ai prodotti di investimento al dettaglio preassemblati; la
risoluzione del Parlamento europeo del 18 novembre 2008 sulla protezione del
consumatore: migliorare l'educazione e la sensibilizzazione del consumatore in
materia di credito e finanza [P6_TA(2008)0539].
25) Cfr. decisione della Commissione (2008/365/CE) del 30 aprile 2008, adottata
sulla scorta delle indicazioni già formulate dalla Commissione europea
[COM(2007) 808 def.del 18 dicembre 2007, Educazione finanziaria].
26) A ben vedere però il considerando 26 della direttiva 2008/48/CE contemplava
l'educazione dei consumatori come misura puramente esemplificativa tra quelle
che ciascun Stato membro avrebbe dovuto adottare, unitamente all'informazione,
"per promuovere pratiche responsabili in tutte le fasi del rapporto di
credito, tenendo conto delle specificità del proprio mercato creditizio".
Nel contesto comunitario, connotato dalla costante preoccupazione del
legislatore di elevare il livello di tutela del consumatore, onde assicurare la
fiducia degli stessi parallelamente al continuo sviluppo del mercato del
credito al consumo, l'educazione finanziaria rappresenta una delle alternative
possibili nell'ottica di "promuovere lo sviluppo del mercato delle
attività transfrontaliere" (considerando 6) e così di "rendere
possibile la libera circolazione delle offerte di credito nelle migliori
condizioni sia per gli operatori dell'offerta sia per i soggetti che
rappresentano la domanda" (considerando 8).
27) Si tratta dei disegni di legge n. 1288: Disposizioni in materia di
educazione finanziaria; n. 1477: Norme in merito all'educazione finanziaria; n.
1593: Interventi per la tutela del consumatore in campo finanziario; n. 1626:
Disposizioni in materia di educazione finanziaria; n. 1796: Disposizioni volte
a promuovere l'educazione finanziaria.
28) Proposta di legge n. 3647: Disposizioni per la promozione dell'educazione
finanziaria.
29) Cfr. proposta n. 3647, cit.
30) Una delle pecche rilevate nella diffusione di programmi di educazione
finanziaria è legata all'assenza di un disegno unitario di coordinamento delle
varie iniziative, assunte dai principali giocatori del mercato (associazioni di
categoria degli intermediari bancari e finanziari da un lato ed associazioni
dei consumatori dall'altro) connotate piuttosto da adesioni su base
volontaristica e, talvolta, dal carattere propagandistico ed autoreferenziale
dei relativi promotori.
31) A titolo esemplificativo, si ricorda il Memorandum d'intesa siglato tra il
Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca con la Banca
d'Italia nel novembre 2007 finalizzato ad avviare un progetto sperimentale di
formazione in materia economica e finanziaria in alcune scuole.
32) Il protocollo d'intesa tra Autorità in materia di educazione finanziaria è
reperibile sul sito di ciascuna Autorità aderente.
33) L'iniziativa congiunta si segnala per la finalità di "offrire una sede
unica di educazione finanziaria per i risparmiatori che utilizzano servizi
bancari, finanziari, previdenziali e assicurativi, spesso presentati in modo
unitario e non sempre chiaramente percepiti nelle loro caratteristiche
tecniche" (cfr. L. Cardia, Incontro annuale con il mercato finanziario, 28
giugno 2010, reperibile sul sito www.consob.it).
34) Quella degli studenti identifica la categoria soggettiva sulla quale
attualmente il Consorzio Patti Chiari sta maggiormente facendo leva con una
serie di iniziative realizzate direttamente nelle scuole.
35) L'art. 28, comma 2, reg. Consob intermediari dispone che le informazioni
indirizzate a clienti e potenziali clienti, ivi comprese le comunicazioni
pubblicitarie e promozionali, "hanno un contenuto e sono presentate in
modo che siano comprensibili per l'investitore medio del gruppo al quale sono dirette
o dal quale saranno probabilmente ricevute".
36) Si precisa che quello dell'investitore ragionevole rappresenta un parametro
soggettivo che ricorre nell'articolato dell'art. 181 TUF, relativo alla
definizione di informazione privilegiata, in relazione alla quale il comma 4
precisa che ««per informazione che, se resa pubblica, potrebbe influire in modo
sensibile sui prezzi di strumenti finanziari si intende un'informazione che
presumibilmente un investitore ragionevole utilizzerebbe come uno degli elementi
su cui fondare le proprie decisioni di investimento»».
In ordine alla sua possibile identificazione è stato osservato (cfr. M. Sepe,
Profili evolutivi della disciplina dei mercati e la repressione degli abusi di
mercato, in L'ordinamento finanziario italiano, a cura di F. Capriglione,
Cedam, 2010, 2° ed., tomo II, 1107) che "non tutti gli investitori hanno
le medesime capacità di selezione e valutazione delle informazioni, sicché si
pone il quesito a quale tipo di investitore occorra avere riferimento (se a
quello professionale, quello abituale, quello occasionale, ecc.). L'esigenza di
salvaguardia dell'integrità del mercato induce a preferire il riferimento
all'investitore professionale".
37) Parimenti, lo stesso dicasi per i risparmiatori, in relazione ai quali il
provvedimento della Banca d'Italia del 29 luglio 2009 (sulla trasparenza delle
operazioni e dei servizi bancari e finanziari e sulla correttezza delle
relazioni tra intermediari e clienti), ammorbidendo la rigida - ed ormai
anacronistica - distinzione della clientela tra cliente e consumatore, ne ha
offerto una nuova ripartizione che si suddivide in cliente, cliente al
dettaglio e consumatore.
38) Variabili tutte che dipendono e mutano con l'età, la professione,
l'anzianità di servizio maturata, la famiglia di provenienza, il percorso
scolastico e universitario effettuato. La rilevanza attribuita a dette
variabili è sottolineata altresì dalla considerazione attribuita alle stesse ai
fini dalla valutazione di adeguatezza ai sensi dell'art. 39 reg. Consob
intermediari.
39) Negli ultimi anni si è assistito ad un crescente interesse verso i temi
della finanza comportamentale e ad una maggiore considerazione dei risultati
raggiunti dalla ricerca e dal dibattito dottrinario internazionale in materia,
riportati in uno studio ad hoc, curato nell'ambito della Consob, da N.
Linciano, Errori cognitivi e instabilità delle preferenze nelle scelte di
investimento dei risparmiatori retail, Consob, Quaderno di Finanza, n. 66,
2010.
40) Cfr. U. Morera, Legislatore razionale versus investitore irrazionale:
quando chi tutela non conosce il tutelato, in Analisi Giuridica dell'Economia,
n. 1/2009, 77.
41) Il versante in questione è stato indagato con accuratezza ed i risultati
esposti dalla Prof. Caterina Lucarelli in occasione del convegno dal titolo
"La finanza comportamentale e le scelte di investimento dei risparmiatori.
Le implicazioni per gli intermediari e le Autorità", organizzato
congiuntamente dalla Consob e dalla LUISS il 4 giugno 2010. Convegno quest'ultimo
al quale ha fatto seguito altro, di più ampia portata e a carattere
interdisciplinare, dal titolo "Scelte di investimento e regole di tutela.
Il ruolo della Finanza Comportamentale tra economia, psicologia e
diritto", tenutosi a Milano il 30 novembre 2010 ed organizzato da Consob e
dall'Associazione Disiano Preite per lo studio del diritto dell'economia.
I risultati della ricerca, riportati anche nel convegno da ultimo menzionato,
sono altresì riassunti in C. Lucarelli - G. Brighetti, Qual è la ««vera»»
tolleranza al rischio nelle decisioni finanziarie? Il contributo delle
neuroscienze in una ricerca empirica innovativa, in Bancaria, n. 12/2009, 88.
42) Difatti, sarà maggiormente propenso a correre un rischio chi in passato,
per bravura o solo per fortuna abbia conseguito un guadagno, con grande
soddisfazione emotiva, anche sul versante dell'autostima o di una
sopravvalutazione delle proprie abilità e/o capacità a realizzare operazioni
finanziarie. Viceversa per l'investitore che sia rimasto bruciato da perdite
finanziarie, il quale avrà conseguentemente maturato una maggiore avversione al
rischio.
43) La lettura del questionario informativo predisposto dall'Associazione Nafop
si deve alla cortesia del presidente dott. Cesare Armellini.
44) Sul punto, unitamente alle pronunce giurisprudenziali rilevanti sotto il
profilo indicato, mi sia consentito rinviare a M.T. Paracampo, Gli obblighi di
adeguatezza nella prestazione di servizi di investimento, in Banca borsa tit.
cred., 2007, II, 93, in particolare 98.
45) Si precisa che le iniziative finora intraprese (come quelle promosse dal
Consorzio Patti Chiari o quella de Il Salone del Risparmio, realizzata nel mese
di aprile 2010 da Assogestioni) sono state portate avanti con l'avallo delle
associazioni di categoria e dalle stesse sponsorizzate.
46) Il sospetto non è così remoto, come paventato già da Loren E. Willis,
Against Financial Literacy Education, in Iowa Law Review, 2008, vol. 94.
Sulla stessa linea anche M. Liera, Educare alla finanza? Non va bene a tutti,
in Il Sole 24 Ore, 22 novembre 2009.
47) Cfr. considerando 3 direttiva 2004/39/CE (Mifid).
48) Identica finalità ispira quella sorta di "ripulisti" che il
legislatore sta attuando con riferimento ai professionisti impegnati sul campo
del credito ai consumatori, come rivoluzionato dal d.lgs. n. 141/2010 che ha
altresì rafforzato la vigilanza sui soggetti abilitati all'esercizio
dell'attività in questione.
49) Difatti, il bisogno di consulenza e di aiuto dei risparmiatori nelle scelte
finanziarie - come è stato evidenziato - «segnala, in termini inequivoci, la
correlazione che intercorre tra un'operatività "su misura" e gli
effetti benefici che possono derivarne all'investitore; se ne evidenzia,
altresì, la funzione chiarificatrice in un contesto operativo caratterizzato
dalla presenza di prodotti ad alto rischio la cui complessità si pone, spesso,
a fondamento di situazioni nelle quali il risparmiatore può con estrema
facilità andare incontro a perdite o, quel che è peggio, divenire preda di intermediari
non corretti e senza scrupoli» (cfr. F. Capriglione, Intermediari finanziari
investitori mercati. Il recepimento della Mifid. Profili sistematici, Cedam,
2008, 104).
50) Meeting di Bruxelles del 10 aprile 2008, cit.
51) Cfr. L. Cardia, Incontro annuale con il mercato finanziario, cit., il quale
prende le mosse dalla constatazione dello "squilibrio esistente nei
portafogli dei risparmiatori italiani a sfavore del risparmio gestito (che)
riflette anche una scarsa conoscenza e capacità di orientamento tra le offerte
di prodotti finanziari".
52) A costo zero, in quanto oltre a fornire una risposta personalizzata al
bisogno di accrescimento del livello cognitivo dell'investitore, prescinde
dalla ricerca delle risorse finanziarie necessarie per l'attivazione di
programmi generali di alfabetizzazione finanziaria.
53) In tal senso si veda anche M. Scolari, Il valore della consulenza
finanziaria, in Banca Finanza, n. 4/2010, 20, il quale precisa opportunamente
che "l'educazione finanziaria non consiste soltanto nel trasferimento di
nozioni e di conoscenze sugli strumenti e sui mercati finanziari. Si tratta
invece di ««educare»» il cliente a comportamenti che consentano di costruire e
mantenere il proprio portafoglio secondo principi razionali e a valutarlo
correttamente con la necessaria frequenza".
54) Su taluni rilievi mossi in tal senso si rinvia alle osservazioni di R.
Sabbatini, La Mifid? E' rimasta sulla carta, Plus 24 del 6 giungo 2009; più di
recente v. G. Megale, Non è colpa della Mifid, in Advisor, n. 10/2010, 10, il
quale ultimo addebita il fallimento della Mifid nel perseguimento delle sue
finalità alla mancanza di una cultura della "qualità" della
consulenza.
55) Di recente è stato posto in pubblica consultazione il documento messo a
punto dalla Commissione europea, datato 8 dicembre 2010 e finalizzato alla
revisione della Mifid.
56) Significativo in tal senso il lungo ed impervio - tuttora non completato -
percorso per l'istituzione dell'Albo dei consulenti finanziari, sulle cui
alterne vicende mi sia consentito rinviare a M.T. Paracampo, Le società di
consulenza finanziaria: una disciplina in itinere, in Le Società, n. 12/2009,
1459 ss.
57) L'art. 1, comma 1, d.l. 29 dicembre 2010, n. 225 ha rinviato al 31 marzo
2011 il termine di scadenza (suscettibile di ulteriore proroga al 31 dicembre
2011 ai sensi del comma 2) "dei termini e dei regimi giuridici indicati
nella tabella 1 allegata con scadenza in data anteriore al 15 marzo 2011".
Nella tabella allegata è specificamente inclusa anche la fonte normativa sulla
disciplina transitoria applicabile ai consulenti finanziarie già operativi al
31 ottobre 2007 (cfr. art. 19, comma 14, d.lgs. n. 165/2007).
58 Ormai l'ultima parola - da tempo - spetta al Ministro dell'Economia, dal
quale si attende l'emanazione sia del decreto sui requisiti delle società di
consulenza finanziaria, sia di quello recante la nomina dei componenti
l'Organismo deputato alla tenuta dell'Albo professionale.
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