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Il Caso.it, Sez. Articoli e Saggi - Data pubblicazione 16/12/2013 Scarica PDF

Verifica contabile ai sensi del comma VIII, dell'art. 492 c.p.c. possibili riflessi sull'istruttoria pre-fallimentare ex art. 15 L.F.

Luca Cosentino, Dottore Commercialista in Pescara


La consolidata modifica dell’art. 492 c.p.c., in vigore dal 1° marzo 2006, introduce, in capo al creditore insoddisfatto, una serie di strumenti precedentemente inesistenti e, per l’esperto contabile, nuove opportunità professionali.

L'art. 492 c.p.c., al comma VIII, prevede la possibilità, per il creditore procedente, di ricorrere all'ausilio di un commercialista, un avvocato o un notaio, nominato dall'Ufficiale Giudiziario, qualora il pignoramento mobiliare nei confronti dell'imprenditore commerciale si riveli inidoneo o insufficiente rispetto all'entità del credito per cui si procede.

Il compito demandato all'esperto in materia contabile consiste nell'analisi delle scritture "al fine dell'individuazione di cose e crediti pignorabili".

Varie sono le problematiche che, sistematicamente, si presentano al consulente. Spesso, si tratta di verificare Stati Patrimoniali, Conti Economici e contabilità di ditte individuali che non sono tenute al deposito dei bilanci, mentre rimane l'obbligo di tenuta della contabilità, per cui occorre tenere conto dell'attendibilità sostanziale a fronte di connotati contabili sintomatici di una inesatta rappresentazione dei fatti d'azienda. Altra vertenza può scaturire dal rifiuto opposto dal debitore, o dal di lui consulente, di esibire i documenti di supporto alla stesura delle scritture contabili, infatti, mentre si ritiene che le fatture attive e passive possano essere agevolmente assimilate al concetto di "scritture contabili", così come non dovrebbero sussistere dubbi inerenti alla possibilità di controllare la cosiddetta Prima Nota, esistono potenziali conflittualità derivanti dal manifestato rifiuto di esibire gli estratti conto bancari ed altra documentazione del debitore.

Tale fonte documentale, indispensabile, come le predette, alla stesura delle scritture contabili, potrebbe non apparire assimilabile al concetto di "scritture contabili" per cui, a fronte del rifiuto di esibizione, il consulente, pur invocando l'intervento dell'Ufficiale Giudiziario[1] per l'acquisizione coatta, potrebbe fermarsi di fronte all'impossibilità in capo a quest'ultimo di esercitare la forza pubblica al fine di acquisire un documento non espressamente contemplato dalla norma. Questa esigenza può trovare, però, sostegno nella sentenza del Tribunale di Milano del 7 gennaio 2008 secondo la quale l’oggetto delle indagini ex comma VII e VIII dell’art. 492 c.p.c. concerne non solo i libri obbligatori ma anche tutta la documentazione di supporto conformemente a quanto previsto dall’art. 2214 c.c. nel cui ambito rientrano di certo gli estratti conto bancari inoltrati dall’Istituto di Credito al correntista in formato cartaceo o elettronico. L’applicazione estensiva richiamata in sentenza inerente all’art. 2214 c.c., però, escluderebbe[2] i piccoli imprenditori (art. 2083 c.c.) nei confronti dei quali occorrerebbe specifico provvedimento del giudice dell’esecuzione.

Ulteriori questioni possono scaturire, eventualmente, anche da una discrasia culturale ragionieristica tra il consulente incaricato ed i terzi fruitori della relazione, non proprio pratici di partita doppia, i quali, a fronte di cospicue Attività di Stato Patrimoniale possono nutrire aspettative di realizzo poi vanificate da una relazione del consulente in senso nettamente contrario.

In questa attività occorre evitare un inutile dispendio di energie considerando sia l’alea del risultato concreto conseguibile dal creditore, sia il contenuto riflesso economico che può avere l’attività del professionista incaricato specie se il parametro dell’onorario è commisurato alla fruttuosità della sua analisi. Per queste ragioni è opportuno trattare della casistica più frequente delle poste attive non necessariamente traducibili in attività sostanziali, al fine, appunto, di risparmiare preziose risorse.

Le Immobilizzazioni Immateriali possono essere costituite da Avviamento, Costi Pluriennali, Spese di costituzione ed altre poste attive. Tutte voci patrimoniali che, con particolare riferimento a quelle menzionate, a prescindere dalla loro entità, hanno remota possibilità di concreto realizzo, infatti l'Avviamento è una posta attiva immateriale iscrivibile in bilancio solo a fronte di acquisto a titolo oneroso. E' inscindibile dal normale funzionamento d'impresa e non è apprendibile autonomamente. Al contrario, nell’ambito delle immobilizzazioni immateriali occorre focalizzare l’attenzione sulla presenza, in Stato Patrimoniale, di brevetti o altre opere dell’ingegno in quanto tali poste possono rivelarsi proficuamente liquidabili. Rispetto al passato, l’Ufficio Italiano Brevetti e Marchi[3] ha ottimizzato i criteri di ricerca[4] telematica che fornisce dati sempre aggiornati; si consiglia, inoltre, la consultazione del World Intellectual Property Organization che consente di conoscere l’intero contesto mondiale affiliato.  L’ulteriore indagine[5], sempre gratuita, tramite W.I.P.O., consentirà di definire un quadro assolutamente esaustivo della situazione indicando, puntualmente, l’applicant, ovvero il richiedente/intestatario distinto per ciascun paese aderente[6] ed una scheda grafica/tecnica del bene.

Gli Oneri Pluriennali costituisconouna posta attiva patrimoniale di carattere immateriale. Si tratta di costi sostenuti nel passato la cui utilità si riflette anche negli anni successivi all'epoca di effettivo esborso della spesa per cui il costo è soggetto a capitalizzazione. Il valore di realizzo sarebbe, quindi, nullo.

Le Spese di costituzione sono anch'esse una posta attiva immateriale che contiene costi capitalizzati in ragione della loro utilità poliennale (per esempio le spese notarili di costituzione). Il valore effettivo è nullo.

Paradossalmente anche le Immobilizzazioni Materiali di Stato Patrimoniale possono tradire le più ponderate aspettative di realizzo del creditore insoddisfatto. Innanzitutto il loro valore contabile deve essere ridotto dell'importo eventualmente iscritto nelle passività a titolo di ammortamento.

Per quanto riguarda le attrezzature, macchine d'ufficio, mobili, arredi ed impianti nonché le rimanenze, si sottolinea che, sovente, queste sono state oggetto di pignoramento da parte dell’Ufficiale Giudiziario anche avvalendosi delle dichiarazioni rese ai sensi del IV comma dell’art. 492 c.p.c. Per tali beni, pertanto, potrebbe essere già stata effettuata la traduzione del controvalore in tale sede e, in base alla constatata non capienza rispetto al credito precettato, sarebbe stato invocato lo strumento dell’analisi ex comma VIII. Ovviamente, il controllo contabile è necessario al fine di verificare l'eventuale esistenza di altri beni pignorabili sfuggiti al predetto pignoramento o non dichiarati dal debitore.

Spesso il valore concreto di realizzo di tali beni è notevolmente ridimensionato rispetto al valore contabile. Si aggiunga, altresì, che alcuni beni, per loro natura, comportano notevoli oneri e problematiche tecniche per l'asporto, lo smontaggio, il trasporto, l’assemblaggio, ecc. per cui le possibilità di realizzo e la misura stessa di un “pronto realizzo” in sede coattiva sono condizionate da tali elementi: per alcuni macchinari anche di ingente valore è sufficiente la mancanza di un minuscolo componente infungibile per renderli inutilizzabili; un’autovettura appresa senza chiavi ha un valore decisamente più ridotto rispetto allo stesso mezzo dotato di chiavi (non si conosce, a priori, se il mezzo si accende e funziona, occorre asportare l’autovettura con il carro-attrezzi, cambiare la toppa del cruscotto, cambiare le serrature degli sportelli, adeguare il sistema antifurto, ecc.).

I crediti e le attività finanziarie iscritte nell'Attivo di Stato Patrimoniale costituiscono la problematica più rilevante per quanto concerne i limiti che il consulente deve porsi all'indagine. In questa circostanza (partecipazioni, immobilizzazioni finanziarie e crediti) potrebbe rappresentarsi la necessità di procedere con criteri di stima anche se occorre tenere sempre presente il fine dell'attività espletata, l'entità del credito per cui si procede ed altri fattori più peculiari in base ai quali considerare innanzitutto il rapporto costi/benefici; costo che, sovente, grava formalmente sul debitore esecutato ma materialmente sul creditore procedente (“se dalla relazione risultano cose o crediti non oggetto della dichiarazione del debitore, le spese dell'accesso alle scritture contabili e della relazione sono liquidate con provvedimento che costituisce titolo esecutivo contro il debitore”).

Generalmente si ritiene che l'esperto non possa attenersi alla mera indicazione del loro valore nominale ma occorra quantomeno collocare ciascun credito nelle differenti categorie dei crediti solvibili, crediti incagliati o in sofferenza, crediti stralciabili.

Nel caso in cui dall’esame della contabilità si riscontri l’esistenza di partecipazioni, è necessario considerare l’entità della stessa, il settore in cui opera la società partecipata, la situazione economico/finanziaria ma, soprattutto, i limiti alla circolazione della quota da pignorare con riferimento alle clausole di prelazione e di gradimento contemplate dalle norme statutarie nonché alla eventuale disciplina parasociale. Queste analisi devono costituire la preliminare base su cui ponderare, in funzione del valore attribuito, l’opportunità, per il creditore procedente, di dirottare il pignoramento sulla partecipazione in altra società.

Relativamente al caso dell'imprenditore individuale, una posta contabile dal carattere particolare concerne l'attività patrimoniale per antonomasia, ossia il contante che di prassi è riportato alla voce "Cassa". La lettura prettamente ragionieristica significa semplicemente che all'interno della cassa sussiste materialmente il denaro il cui importo è riportato in bilancio o nel partitario aggiornato. In realtà, trattando di impresa individuale, il significato e la ragione di una posta attiva di cassa pur rilevante è decisamente più articolata e necessita del seguente approfondimento mentre nel caso di società, sia di persone sia di capitali, il significato e l’entità del valore contabile delle poste liquide (“cassa”, “contanti”, “cassa contanti”, “fondi liquidi”, ecc.) è assolutamente lineare e deve coincidere perfettamente con la disponibilità materiale del denaro conservato fisicamente ed immediatamente disponibile.

Per l’imprenditore individuale il discorso è più complicato; la ditta non è una società di capitali, per cui la garanzia verso i creditori non è fornita dal capitale sociale bensì dal patrimonio personale. Di più, in questo caso non si tratta di una società di persone ma di una ditta individuale quindi l'unica forma di garanzia per i creditori è costituita proprio dal patrimonio personale del titolare della ditta stessa rammentando che l’imprenditore svolge la sua opera all'interno dell'esercizio commerciale e, per tale prestazione, matura il diritto alla percezione di un compenso. Ovviamente, non potendo essere dipendente di se stesso, opera, appunto, in qualità di piccolo imprenditore che trae sostentamento dalla propria attività.

Contabilmente, il titolare può alternativamente apprendere le risorse finanziarie dalle casse dell'impresa e registrare tali erogazioni oppure acquisire le somme destinate alla sua persona senza registrare l'uscita di denaro. Nella sostanza non cambia nulla. Per esempio, la seconda alternativa è, sovente, riscontrabile negli stati patrimoniali pro-forma dei liberi professionisti la cui cassa, al pari del titolare di ditta individuale, si accresce di anno in anno quando in realtà tali somme sono utilizzate per i propri bisogni personali e familiari e, non ultimo, per fronteggiare l'imposizione fiscale diretta.

Con particolare riferimento al caso dell'imprenditore individuale, la ragione di fondo di questa confusione patrimoniale deriva proprio dalla possibilità riservata ai creditori di soddisfarsi indifferentemente sul patrimonio del soggetto sia che i beni siano afferenti l'attività imprenditoriale, sia che attengano la sfera familiare. Per cui, se, ad esempio, il titolare della ditta, nel tempo, ha destinato i proventi della sua attività imprenditoriale ad acquistare una villa o un auto ha, in questo modo, incrementato il suo patrimonio personale, quindi ha accresciuto le possibilità di realizzo di eventuali creditori insoddisfatti, accentuando la sua vulnerabilità patrimoniale in caso di esecuzione.

Di più. Gli strumenti introdotti dalla Legge 24 febbraio 2006, nr. 52, consentono all'Ufficiale Giudiziario, di ricorrere, nel caso di non capienza dei beni pignorabili, su richiesta del creditore procedente, alla verifica mediante l'archivio dell'Anagrafe Tributaria[7] la cui efficacia investigativa risulta decisamente più idonea rispetto agli strumenti di cui può disporre il creditore[8]. Ad esempio, qualora il debitore detenesse uno yacht, a lui intestato, in una località balneare, si addiverrebbe all'individuazione di questo bene mobile registrato in capo al soggetto mediante la consultazione dell'Anagrafe Tributaria (negli U.S.A. esiste una squadra di Ufficiali Giudiziari specializzata nel pignoramento e nell’asporto coatto delle barche da diporto. Si tratta dei National Liquidators). Altro problema può riguardare l’interpretazione dei dati estratti dall’archivio dell’Anagrafe Tributaria, per la cui lettura occorre particolare perizia. Più fruibile appare il contenuto del programma “SERPICO”, in uso anche alla Guardia di Finanza, che, pur attingendo le informazioni dalla stessa banca dati, fornisce una rappresentazione più intelligibile.

Gli esempi di potenziale utilità della consultazione dell’Anagrafe Tributaria sono innumerevoli: il debitore potrebbe avere denunciato redditi da lavoro dipendente per cui è identificabile il datore di lavoro; il debitore potrebbe godere di una pensione; il debitore potrebbe essere parte in un contratto registrato[9]; se il debitore è un professionista potrebbero emergere ritenute d’acconto subite da parte di clienti[10]; potrebbero risultare crediti tributari verso l’Erario in capo al debitore, oltre ovviamente alla nutrita serie di beni mobili registrati eventualmente a lui intestati. Dalla verifica in parola potrebbero emergere anche titoli mobiliari di Stato non presenti nelle dichiarazioni reddituali in quanto oggetto di ritenuta secca alla fonte.

Riprendendo il tema del pignoramento nei confronti dell’imprenditore, pertanto, si ritiene che l'irrilevanza della pertinenza aziendale o personale del cespite ai fini della pignorabilità e la possibilità di escutere indifferentemente i due profili del soggetto debitore renda superflua la suddivisione contabile del residuo monetario, accumulabile nella posta dedicata alle liquidità, tenuto anche conto che parte cospicua di tali somme sono necessariamente destinate ai costi aziendali figurativi, alla tassazione, alla contribuzione previdenziale e ad altre incombenze di cui è difficile stabilire la soglia tra natura personale o imprenditoriale della destinazione.

Quanto sopra scritto, vale, ovviamente, ai fini che qui interessano. Infatti, nell’ipotesi che la ditta fallisca, il titolare dovrebbe giustificare, specificatamente ed in modo documentato, tutte le movimentazioni in uscita al fine di escludere condotte di ipotetica distrazione ossia impieghi estranei all'unico patrimonio personale ed imprenditoriale.

Nonostante il copioso assortimento delle componenti attive di Stato Patrimoniale anche in misura cospicua in termini di valore contabile, emerge la profonda discrasia rispetto al possibile valore di realizzo mediante liquidazione del patrimonio attivo aziendale il cui risultato sarebbe prossimo, in termini concreti, alla nullità.

Statisticamente, invece, la circostanza più interessante che quasi sistematicamente si riscontra è il rinvenimento, mediante l'analisi ex comma VIII dell'art. 492 c.p.c., di "cose e crediti pignorabili" non enunciati dal debitore nella dichiarazione resa, ai sensi del IV comma, all'Ufficiale Giudiziario. Le "cose e crediti pignorabili" rinvenute mediante l'analisi contabile, pur, come già asserito, non costituendo spesso elemento di idonea o utile traduzione sostanziale per il creditore, acquisiscono, a fronte della falsa o omessa dichiarazione resa dal debitore all'Ufficiale Giudiziario, il connotato di un efficace strumento persuasivo in capo all'insoddisfatto creditore procedente.

Questo è uno degli elementi sostanzialmente più rilevanti dei risultati conseguibili con l’adozione di tale strumento[11] paventando, appunto, la sanzione penale prevista dall’art. 388 c.p. che, specificatamente, al VI comma recita: “la pena di cui al quinto comma si applica al debitore o all’amministratore, direttore generale o liquidatore della società debitrice che, invitato dall’ufficiale giudiziario a indicare le cose o i crediti pignorabili, omette di rispondere nel termine di quindici giorni o effettua una falsa dichiarazione”; ovviamente il presupposto per la configurazione del reato è costituito dalla verbalizzazione dell’invito da parte dell’Ufficiale Giudiziario che deve adempiere alla disciplina dettata dal IV comma[12] dell’art. 492 c.p.c.; si evidenzia che la fattispecie in argomento è nettamente distinta dalla previsione del III comma[13] dell’art. 388 c.p. inerente al diverso caso in cui siano sottratti i beni pignorati anche a seguito della dichiarazione resa ai sensi dello stesso IV comma[14] art. 492 c.p.c.

E’ opportuno ripetere, pertanto, che la sola rappresentazione della prospettiva di conseguenze penali derivanti dall’omessa o falsa dichiarazione all’Ufficiale Giudiziario risulta, di prassi, decisamente più efficacie specialmente rispetto a quei creditori il cui profilo personale non consente di accettare rischi[15] di tale genere.

L’utilizzo della verifica ex comma VIII, art. 492 c.p.c., potrebbe non limitarsi all’ambito dell’esecuzione individuale ma essere impiegato anche nella non rara deriva fallimentare della società insolvente considerando che le modifiche alla legge fallimentare hanno spesso il fine di velocizzare, semplificandole, le procedure concorsuali. La fase prodromica dell’istituto è costituita dall’istruttoria pre-fallimentare. Questa, però, a volte si materializza in situazioni speculari alla ratio legis di accelerazione della procedura.

Questioni rilevanti e di non rapida soluzione potrebbero derivare, appunto, anche dall’esame dei “bilanci, relativi agli ultimi tre esercizi, nonché una situazione patrimoniale, economica e finanziaria aggiornata”.

Infatti, nonostante la facoltà di nominare consulenti tecnici, potrebbero sorgere inconciliabili divergenze sia nel merito dell’interpretazione delle scritture sia nel merito della genuinità delle stesse. Sovente, in ambito giudiziario, si può materializzare la potenziale asimmetria tra l’accuratezza dell’accertamento tecnico e la necessità di speditezza, elementi ambedue catalizzatori di una giustizia funzionale ed efficiente. A volte, infatti, si instaura un rapporto inversamente proporzionale tra le due componenti.

Nell’ambito dell’istruttoria ex art. 15 L.F., le complementari esigenze di rapidità e certezza potrebbero trovare asilo nell’utilizzo di mezzi esogeni alla legge fallimentare. Sono, appunto, i nuovi strumenti di cui il legislatore ha dotato il creditore, ovvero la stessa figura che, di fatto, si intende tutelare, questa volta nel rispetto del principio della par condicio, nella procedura fallimentare, ad assolvere a tale duplice scopo.

Come già scritto, l’art. 492 c.p.c., al comma VIII, prevede la possibilità, in capo al creditore procedente, di ricorrere all'ausilio di un esperto contabile, nominato dall'Ufficiale Giudiziario, qualora il pignoramento mobiliare nei confronti dell'imprenditore commerciale si riveli inidoneo o insufficiente rispetto all'entità del credito per cui si procede. Il compito demandato all'esperto in materia contabile consiste nell'analisi delle scritture "al fine dell'individuazione di cose e crediti pignorabili".

A differenza dell’istruttoria pre-fallimentare, il pignoramento e l’applicazione del predetto comma VIII interviene non solo in una fase temporale a volte remota rispetto alla futura istruttoria pre-fallimentare ma, soprattutto, agisce in un momento in cui difficilmente il debitore prospetta, per la sua impresa, la dichiarazione di fallimento.

Diversamente, non raramente, il debitore insolvente ha modo e tempo di prepararsi, sotto diversi profili, ad affrontare l’istruttoria che potrebbe sfociare nel fallimento.

Di più. L’istituto contemplato dal comma VIII dell’art. 492 c.p.c., essendo ai più sconosciuto, ha la qualità  della sorpresa che non consente, grazie alla tempistica che lo caratterizza, al debitore senza molti scrupoli, di organizzare una rappresentazione contabile volutamente alterata. Lo scopo per il quale il creditore procede all’analisi delle scritture in questa sede ("al fine dell'individuazione di cose e crediti pignorabili") comporta, per il debitore volutamente insolvente, una scelta amletica qualora allo stesso si paventasse la procedura di fallimento. Infatti, un accorto espediente in occasione della verifica da pignoramento potrebbe rivelarsi una scelta controproducente e causativa del successivo fallimento.

Nel concreto, si configura una molteplicità di sinergie derivanti da tale strumento con riflessi ed economie, sostanziali e temporali, anche nella delicata fase dell’istruttoria ai sensi dell’art. 15 L.F. La natura pragmatica della verifica ex comma VIII dell’art. 492 c.p.c. appare, inoltre, pienamente consona al procedimento di accertamento dei presupposti economici per la dichiarazione di fallimento, ovvero lo stato di insolvenza. Tenuto conto dell’idoneità alla traduzione liquidatoria che devono possedere le attività sia in sede di pignoramento sia in sede di fallimento. In proposito, si avverte, però, che una possibile discrasia tra fase liquidatoria da pignoramento e liquidazione dell’attivo concorsuale potrebbe derivare dalla possibilità, preclusa al primo istituto, di alienare l’impresa nel suo insieme, ovvero procedere alla cessione d’azienda[16] come è invece possibile in caso di fallimento. Nel senso della convergenza degli scopi prefissati da ambedue i profili, si rileva l’importanza di verificare la strutturazione del Patrimonio Netto nelle sue componenti[17] tenendo conto della necessità di individuare l’entità della speculare traduzione sostanziale nelle Attività di Stato Patrimoniale considerando che non esiste alcun vincolo di destinazione delle somme accantonate a riserva.

Collimano pienamente i criteri nel caso delle valutazioni delle Immobilizzazioni Materiali iscritte nello Stato Patrimoniale rammentando, inoltre, che essendo l’analisi ex art. 492 c.p.c. finalizzata anche all’accertamento dell’eventuale esistenza di altri beni pignorabili sfuggiti al pignoramento o non dichiarati dal debitore, si ravvisa l’uso di tale fonte anche in sede di inventario fallimentare specie nei casi in cui non sia stato acquisito un’attendibile o esaustivo impianto contabile.

Come già scritto, i crediti e le attività finanziarie iscritte nell'Attivo di Stato Patrimoniale potrebbero costituire una problematica importante tenuto conto che la stima di partecipazioni, crediti ed altri strumenti finanziari, spesso necessitano di tempi e metodi più impegnativi a volte smisurati rispetto all’aleatorio credito che il creditore intende recuperare. Per il pignoramento delle quote di società di capitali, in particolare, occorre prestare la massima attenzione alle clausole di prelazione, clausole di gradimento e similari riserve ostative, nonché alla disciplina parasociale.

Di straordinaria efficacia, appare, altresì, il valore probatorio della verifica ex art. 492 c.p.c. nei casi in cui l’imprenditore insolvente non sia obbligato al deposito dei bilanci presso la CCIAA. La mera acquisizione delle fonti contabili, difatti, consente di apprendere una situazione statica contabile della situazione d’impresa che, altrimenti, in prossimità della dichiarazione di fallimento sarebbe soggetta a notevoli possibilità di alterazione anche retroattiva. La “fotografia” scattata in occasione della verifica ex comma 8, art. 492 c.p.c., appare quindi utile sia in sede di istruttoria pre-fallimentare sia, successivamente, per l’attività complessivamente demandata alla curatela.

L’eventuale fruizione della verifica ex comma VIII, art. 492 c.p.c. in sede di esame contabile pre-fallimentare oltre ad essere un considerevole mezzo privo di costi per la collettività in generale e per la massa in particolare, magari ricompensando il creditore consentendogli un certo grado di privilegio in sede di ammissione allo S.P. per le spese sostenute a tale fine, attribuirebbe un valore ancor più significativo all’analisi contabile in sede di pignoramento con notevole incisività di tale inconsueto mezzo di cui può disporre il creditore procedente (artt. 2749, 2755 e 2770 c.c.).



[1] “Il professionista nominato può richiedere informazioni agli uffici finanziari sul luogo di tenuta nonché sulle modalità di conservazione, anche informatiche o telematiche, delle scritture contabili indicati nelle dichiarazioni fiscali del debitore e vi accede ovunque si trovi, richiedendo quando occorre l'assistenza dell'ufficiale giudiziario territorialmente competente”.

[2] Il 3° comma dell’art. 2214 c.c. recita: “Le disposizioni di questo paragrafo non si applicano ai piccoli imprenditori”.

[3] Aliquota del Ministero dello Sviluppo Economico. Il 4 dicembre 2009, dopo oltre 40 anni di controversie sulle lingue ufficiali utilizzabili in ambito europeo, con voto unanime dei 27 paesi dell’Ue, è stato inserito l’italiano quale lingua legalmente utilizzabile. A breve si prevede pertanto una maggiore fruibilità anche dell’Ufficio europeo brevetti.

[4] Sono possibili criteri di ricerca per codice, data, provincia, testo (descrizione), titolare, classe e ricerche avanzate, comunque, il Ministero ha attivato anche un efficiente servizio gratuito di call center.

[5] La ricerca telematica può essere effettuata mediante n°11 diverse ed autonome chiavi di ricerca.

[6] Il WIPO, con sede a Ginevra, in Svizzera, conta attualmente 184 stati membri e regola 24 trattati internazionali.

[7] L'Anagrafe Tributaria, istituita con D.P.R. 29 settembre 1973, n°605, è la banca dati utilizzata per la raccolta e l’elaborazione delle informazioni fiscali dei contribuenti italiani. L’Anagrafe Tributaria “raccoglie e ordina su scala nazionale i dati e le notizie risultanti dalle dichiarazioni e dalle denunce presentate agli uffici dell’amministrazione finanziaria e dai relativi accertamenti, nonché i dati e le notizie che possono comunque assumere rilevanza ai fini tributari”.

[8] Si rammenta la possibilità di consultare banche dati pubbliche tra le quali P.R.A., Conservatoria, Catasto e tutto quanto rinvenibile dall’archivio delle C.C.I.A.A.

[9] Se il debitore è il locatore, anche come usufruttuario, è possibile il pignoramento presso terzi ovvero presso il conduttore per il pagamento degli affitti.

[10] Essendo identificabili si potrebbe procedere al pignoramento presso terzi ovvero presso i clienti del professionista per le parcelle da pagare a seguito dell’attività espletata in loro favore.

[11] Ovvero la verifica contabile ex comma VIII, art. 492 c.p.c.

[12] “Quando per la soddisfazione del creditore procedente i beni assoggettati a pignoramento appaiono insufficienti ovvero per essi appare manifesta la lunga durata della liquidazione l'ufficiale giudiziario invita il debitore ad indicare ulteriori beni utilmente pignorabili, i luoghi in cui si trovano ovvero le generalità dei terzi debitori, avvertendolo della sanzione prevista per l'omessa o falsa dichiarazione”.

[13] Comma 3, art. 388 c.p.: “Chiunque sottrae, sopprime, distrugge, disperde o deteriora una cosa di sua proprietà sottoposta a pignoramento ovvero a sequestro giudiziario o conservativo è punito con la reclusione fino a un anno e con la multa fino a euro 309”.

[14] “... Se sono indicate cose mobili queste, dal momento della dichiarazione, sono considerate pignorate anche agli effetti dell'articolo 388, terzo comma, del codice penale e l'ufficiale giudiziario provvede ad accedere al luogo in cui si trovano ...”

[15] Oltre allo specifico richiamo di legge, sarebbe astrattamente rilevante la previsione dell’art. 483 c.p. che, al I comma, volendo considerare la natura di atto pubblico della dichiarazione resa all’U.G., contempla la seguente fattispecie: “chiunque attesta falsamente al pubblico ufficiale, in un atto pubblico, fatti dei quali l’atto è destinato a provare la verità, è punito con la reclusione fino a due anni”.

[16] Valorizzando, potenzialmente, tutte le componenti immateriali dell’Attivo.

[17] Capitale sociale e Riserve di qualsiasi genere.


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