Societario
Il Caso.it, Sez. Articoli e Saggi - Data pubblicazione 01/09/2020 Scarica PDF
Limiti e tutela cautelare del diritto di controllo del socio non amministratore di S.r.l.
Luigi Pecorella, LL.M. International Financial Law presso King's College London(Tribunale Bologna, 18 giugno 2020) Sommario: 1. L’art. 2476, comma 2, c.c. e il rispetto dei
canoni di correttezza e buona fede; - 2. La tutela del diritto di riservatezza
della società; - 3. La tutela cautelare d’urgenza del diritto di controllo del
socio. “Per i singoli soci di S.r.l. sforniti di cariche
gestorie, l’accesso alla documentazione ritenuta utile a verificare gli
elementi di interesse riguardo l’andamento della società a responsabilità
limitata cui partecipano, non trova limiti specifici, se non quelli desumibili
dal comportamento secondo buona fede, ed in generale dalle esigenze di tutela
della società medesima; attengono all’esercizio della suddetta facoltà anche la
possibilità di estrarre copia della documentazione richiesta, nonché di operare
l’esame attraverso terzi professionisti appositamente incaricati. L’interpretazione più diffusa circa l’interesse ad
agire e la nozione di periculum tipici dell’art. 2476, comma 2, c.c. riconosce
tale requisito come insito nella posizione di socio, destinatario di obblighi e
diritti i cui presupposti di fatto debbono essere costantemente noti al
relativo titolare, sotto il profilo sia attivo che passivo” (massima non ufficiale) 1.
L’art. 2476, comma 2, c.c. e il rispetto dei principi di correttezza e buona
fede. Una
succinta pronuncia del tribunale felsineo offre l’opportunità di soffermarsi
sulla tematica inerente all’estensione del diritto di controllo del socio non
amministratore di s.r.l., sancito all’art. 2476, comma 2, c.c., dando atto dei
limiti di cui esso soffre nel suo concreto esercizio sulla scorta di una
copiosa – e, oramai, consolidata – giurisprudenza. A norma
dell’art. 2476, comma 2, c.c., “i soci che non partecipano all’amministrazione
hanno diritto di avere dagli amministratori notizie sullo svolgimento degli
affari sociali e di consultare, anche tramite professionisti di loro fiducia, i
libri sociali ed i documenti relativi all’amministrazione”. Tale principio,
come noto, conferma la rilevanza centrale attribuita alla figura del socio
nella s.r.l. quale “modello trans-tipico di governance personalisticamente
orientato”[1], come
emerge dall’articolata disciplina ascrittale dal legislatore. In particolare,
la previsione del diritto in esame si pone nel solco dell’intervenuta
“privatizzazione del controllo gestionale” della s.r.l. ad opera della riforma
del diritto societario, ad esito della quale il modello di gestione
contrassegnante tale tipo societario ricalca virtualmente quello della società
di persone[2]. Muovendo dalla lettera della norma e dalla
funzione da essa rivestita nell’ambito della s.r.l., la giurisprudenza ha
configurato il diritto individuale di controllo come diritto potestativo[3]
pacificamente esercitabile senza che il socio sia onerato di dimostrarne
l’utilità rispetto alla soddisfazione di un suo specifico interesse alla
conoscenza dei documenti o delle informazioni cui intende accedere[4]. Nonostante
tale diritto non sembrerebbe soggetto ad alcuna limitazione specifica nel
contesto normativo della s.r.l. – tanto che si ritiene che il socio possa
estendere il proprio controllo ben oltre l’ispezione dei soli libri sociali,
potendo egli prendere in consultazione e
in esame tutta la documentazione sociale da cui ritenga di poter estrarre
informazioni utili in ordine all’amministrazione della società – la
giurisprudenza ne ha comunque individuato taluni limiti c.d. interni[5]
mediante il ricorso ai canoni generali della buona fede e della correttezza. In
particolare, si è ritenuto che il dovere del socio di esercitare il proprio
diritto di controllo secondo buona fede e correttezza sia un corollario
necessario dell’applicabilità di tali canoni generali anche nell’esecuzione del
contratto sociale[6]. Nel solco di tale
insegnamento, l’ordinanza in commento ribadisce, appunto, che l’esercizio del
diritto di controllo di cui all’art. 2476, comma 2, c.c. “non trova limiti
specifici, se non quelli desumibili dal comportamento secondo buona fede, ed in
genere dalle esigenze di tutela della società medesima.” Invero,
il rispetto dei principi di correttezza (art. 1175 c.c.) e di buona fede (art.
1375 c.c.) si impone laddove debba operare un contemperamento tra confliggenti
interessi, così come nell’ambito del rapporto sociale, in cui ben può
verificarsi che l’ingerenza del socio non amministratore – in forza delle
prerogative di controllo assegnategli dall’ordinamento e della riconosciuta
ampiezza di tali facoltà – possa essere strumentalmente volta ad ostacolare lo
svolgimento dell’attività sociale. A fronte di tale (non rara) eventualità,
l’applicazione dei principi fissati agli artt. 1175 e 1375 c.c. attua una
salvaguardia sostanziale dell’interesse della società, imponendo talvolta una
deroga alla ricordata regola della insindacabilità dei motivi e degli interessi
sottesi alla richiesta del socio di consultare i documenti relativi
all’amministrazione[7]. In
applicazione di tali principi, pertanto, gli amministratori possono
legittimamente rifiutarsi di fornire informazioni o di consentire la
consultazione dei documenti sociali ogni qualvolta la richiesta del socio si
palesi come meramente emulativa o vessatoria nella scelta dei tempi e delle
modalità di esercizio, palesando, in ultima analisi, un fine dilatorio ed
ostruzionistico[8]. Ad evidenza del carattere
sostanziale della tutela imposta dal rispetto dei canoni generali della
correttezza e della buona fede, giova la configurazione ad opera della
giurisprudenza di un preciso dovere in capo agli amministratori di rifiutare
l’accesso alla documentazione del socio allorché vi sia un concreto rischio che
ciò possa causare un pregiudizio alla s.r.l., con la conseguenza, in caso di
mancato diniego, della loro personale responsabilità rispetto ai danni
eventualmente patiti dalla società[9]. 2. La tutela del diritto di riservatezza della società Proprio muovendo
dall’applicazione dei canoni generali della buona fede e della correttezza, la
giurisprudenza si è da ultimo soffermata sui limiti all’esercizio del diritto
di controllo del socio non amministratore di s.r.l. in rapporto al diritto di
riservatezza della società rispetto ai dati sociali. Nella specie, si è affermato
che il contemperamento tra l’esercizio del diritto del socio alla consultazione
della documentazione sociale e il diritto della società alla riservatezza dei
dati sociali[10], da condursi come
evidenziato alla stregua del principio di buona fede, comporta che il diritto
alla consultazione della documentazione sociale e alla estrazione di copia
possa trovare specifica limitazione (ad esempio, attraverso l’accorgimento del
mascheramento preventivo dei “dati sensibili” presenti nella documentazione,
quali i dati relativi a clienti e fornitori) in presenza di non pretestuose
esigenze di riservatezza fatte valere dalla società[11]. A tal riguardo, la “non
pretestuosità” delle ragioni avanzate dalla società in ordine alla protezione
dei propri dati riservati è stata affermata nell’eventualità in cui sussista un
rapporto di concorrenza tra la società ed il socio, potendo in tale circostanza
ritenersi che l’iniziativa del socio finalizzata alla consultazione e
all’estrazione dei dati sociali possa essere preordinata al soddisfacimento di
un proprio personale interesse concorrenziale[12]. Difatti, come è evidente, la
mera conoscenza in capo al socio concorrente di dati riservati – quali quelli
attinenti al know-how aziendale nonché quelli, anche di natura
economica, dei clienti e fornitori – è di per sé idonea a costituire un
pregiudizio all’interesse della società, sicché s’impone agli amministratori
l’obbligo di adottare opportuni accorgimenti. Tale non è stato ritenuto dalla
giurisprudenza[13] l’accesso alle
informazioni sociali da parte del socio subordinato alla sottoscrizione di un
accordo di riservatezza (non-disclosure agreement) volto a vincolare il
socio ad un utilizzo meramente endosocietario dei dati ottenuti[14]. Più
opportunamente, ferma la necessità di valutare modalità di protezione dei dati
societari conformi alle esigenze di volta in volta ricorrenti, si ritiene
infatti che gli amministratori debbano adoperare l’accorgimento del
mascheramento preventivo dei dati sensibili cui il socio possa attingere per lo
svolgimento della propria attività in concorrenza con quella della società. Sennonché – in mancanza di
un rapporto di concorrenza tra il socio non amministratore e la società idoneo
a giustificare la predetta soluzione – dubbi sono stati legittimamente avanzati
rispetto a quali dati possano essere oggetto di mascheramento (e in quale
misura) da parte degli amministratori. In particolare, si è affermato che il
mascheramento di tutti i dati sensibili relativi le operazioni sociali non
possa essere indiscriminatamente attuato ove esso comporti un’indebita
restrizione alla verifica condotta dal socio sulle condotte dell’organo
gestorio. L’inopportunità di consentire un mascheramento “indiscriminato” dei
dati societari da parte degli amministratori si coglie con evidenza allorché il
controllo del socio (non concorrente) abbia ad oggetto una verifica puntuale
della contabilità depositata in sede camerale allorquando egli abbia avanzato
contestazioni rispetto a determinate operazioni asseritamente “non cristalline”
(si pensi, ad esempio, a contestazioni dallo stesso avanzate in ordine all’eventuale
sottrazione di somme da parte degli amministratori mediante il compimento di
operazioni fittizie). Come è evidente, in tale eventualità il mascheramento di
determinati dati sensibili (nel caso di specie, i nomi dei beneficiari dei
versamenti e/o pagamenti) svuoterebbe pressoché completamente di contenuto il
diritto di controllo di cui all’art. 2476, comma 2, c.c.; per cui, in tale
circostanza, si è affermato che il mascheramento possa essere operato
unicamente in relazione a quei dati sensibili il cui oscuramento non osti ad un
effettivo controllo da parte del socio in ordine alle condotte e alle
operazioni perpetrate dall’organo gestorio[15]. In conclusione, il
contemperamento tra le prerogative di controllo del socio non amministratore e
il diritto alla protezione dei dati sensibili societari comporta, da un lato,
che il socio sia in grado di dimostrare uno specifico ed attuale interesse alla
consultazione e, dall’altro, la non pretestuosità delle ragioni avanzate dalla
società a tutela del proprio diritto alla riservatezza, dovendo tale giudizio –
lungi da realizzarsi mediante il ricorso a soluzioni predeterminate – ricorrere
agli accorgimenti idonei a garantire il soddisfacimento delle effettive e
confliggenti esigenze ricorrenti caso per caso. 3. La tutela cautelare d’urgenza del diritto di controllo del
socio Avendo succintamente
richiamato i suesposti orientamenti in ordine all’ampiezza e ai limiti
all’esercizio del diritto del socio non amministratore ad accedere alla
documentazione sociale, il tribunale felsineo ha in conclusione accolto
l’istanza cautelare proposta ante causam dal socio ricorrente avverso la
società, previo accertamento rispetto alla sussistenza dei presupposti
richiesti a tal fine ai sensi dell’art. 700 c.p.c. Tale accertamento, invero,
assume connotati peculiari nell’ambito dell’art. 2476, comma 2, c.c., in
quanto, richiamando la pronuncia in commento, “l’interpretazione più diffusa
circa l’interesse ad agire e la nozione di periculum tipici dell’art.
2476 co. 2 c.c. riconosce tale requisito come insito nella posizione del socio,
destinatario di obblighi i diritti i cui presupposti di fatto debbono essere
costantemente noti al relativo titolare, sotto il profilo sia attivo che
passivo.” Anzitutto, pronunciandosi in
tal senso, il tribunale felsineo ha acceduto all’orientamento largamente
predominante[16] secondo cui la
possibilità per il socio di s.r.l. di esercitare il proprio diritto di
controllo in via cautelare, ex art. 700 c.p.c. – a seguito del diniego opposto dagli
amministratori – debba necessariamente trovare giustificazione nella sua natura
di diritto soggettivo potestativo e nell’evidenza che, in assenza di ogni altro
strumento cautelare tipico, il ricorso alla tutela d’urgenza si presenta come
lo strumento più consono e celere al soddisfacimento delle istanze del socio.
Infatti, come è stato evidenziato[17], la
tutela del diritto in questione risulterebbe di fatto vanificata ove fosse
assoggettata ai tempi di un ordinario giudizio di cognizione, dovendo ritenersi
che un eccessivo differimento nel tempo dell’acquisizione delle informazioni
richieste dal socio possa pregiudicare sostanzialmente anche una sua eventuale
e consequenziale reazione, oltreché condurre ad un aggravamento delle
condizioni che avevano indotto il socio ad attivarsi in tal senso[18].
Vieppiù, va evidenziato come tale rimedio, ancorché cautelare, sia idoneo a
fornire una tutela definitiva al socio senza che si renda necessario instaurare
un successivo giudizio di merito; ciò in forza dell’art. 669-octies,
comma 6,c.p.c., il quale, con riferimento ai provvedimenti d’urgenza
emessi ai sensi dell’art. 700 c.p.c., non subordina l’efficacia del
provvedimento cautelare alla proposizione, da parte del ricorrente, del
giudizio di merito. In secondo luogo,
l’ordinanza in commento afferma che il requisito del periculum in mora,
richiesto inter alia dall’art. 700 c.p.c. ai fini dell’emissione del
provvedimento d’urgenza, sia da considerarsi soddisfatto per il solo fatto che
la società non abbia collaborato per dare attuazione al diritto del controllo
del socio, così ponendosi nel solco dell’orientamento – oramai maggioritario[19] –
che considera come esistente in re ipsa nella posizione del socio il
pericolo del pregiudizio che legittima al ricorso alla cautela d’urgenza. Ed
invero, l’impedito o il ritardato adempimento da parte degli amministratori
alla richiesta di consultazione del socio[20] è in
grado di precludere l’esperibilità dei connessi poteri di reazione sia
all’interno della società che attraverso azioni giudiziarie volte
all’accertamento e il risarcimento di eventuali danni imputabili alla mala
gestio degli amministratori. A tale
orientamento – ad avviso del quale il periculum può ritenersi insito
nella lesione del diritto di controllo del socio – si contrappone l’altro[21] –
oramai recessivo – secondo cui la concessione del cautelare debba essere
subordinata alla previa dimostrazione da parte del socio ricorrente di un
pregiudizio ricorrente ed irreparabile, con tutto quanto ne consegue in termini
di aggravio procedurale, specialmente considerando la difficoltà di
quantificazione del controvalore economico consistente nel pregiudizio
patrimoniale sofferto dal socio. In
questa prospettiva, risulta senz’altro apprezzabile e meglio rispondente alla ratio
sottesa all’art. 2476, comma 2, c.c. la posizione assunta dall’ordinanza in
commento, la quale, limitandosi a registrare “la prolungata inerzia degli
organi societari”, ha ravvisato tutte le condizioni per disporre il
provvedimento cautelare ex art. 700 c.p.c. volto a consentire al socio,
oppure a persone da lui incaricate, “di accedere alla sede legale od a
qualsiasi altro luogo ove siano reperibili i libri sociali ed i documenti
relativi alla amministrazione, con autorizzazione a disporne per il tempo
necessario ad un idoneo esame, nonché ad estrarne copia a spese del medesimo
socio.” [1] Cfr. M. Cavanna, I “diritti particolari” a
contenuto gestorio dei soci non amministratori di società di persone: per una
rilettura transtipica di talune norme in tema di S.r.l.”, in La società
a responsabilità limitata: un modello transtipico alla prova del Codice della
Crisi, Studi in onore di Oreste Cagnasso, a cura di M. Irrera, Torino,
2020, 207. [2] E, in
particolare, la previsione in materia di controllo dei soci non amministratori
di cui all’art. 2261 c.c. Cfr. R.
Ambrosini, Diritto di controllo del socio di s.r.l. alla luce della
riforma societaria e tutela innominata, in Società, 2005, 1544. [3] Cfr.,
ex multis, Trib. Milano, 24 settembre [4] Cfr. Trib. Milano, 13
maggio [5] Non
ci si riferisce pertanto alle eventuali limitazioni (di natura esterna) di cui
tale diritto potrebbe soffrire ad opera dell’autonomia statutaria e di
eventuali patti volti a limitarne od escluderne l’esercizio, tematica che
attiene alla diversa (e discussa) questione circa la natura indisponibile o
meno del diritto stesso. Sul punto, ci si limita ad osservare che l’assunto
dell’inderogabilità, per quanto largamente condiviso, non è pacifico. Cfr. G. Rescio, La nuova disciplina della
s.r.l.: l’autonomia statutaria e le decisioni dei soci, in AA.VV., La
riforma del diritto societario, a cura di N. Di Cagno, Bari, 2004, 164 ss.
Da ultimo, anche in considerazione delle recenti innovazioni che hanno
interessato l’s.r.l., P. Benazzo, Categorie
di quote, diritto di voto e governance della “nuovissima” s.r.l.: quale ruolo e
quale spazio per la disciplina azionaria nella s.r.l.-P.M.I. aperta?, in Riv.
soc., 2018, 1441 ss. [6] Cfr. Trib. Catania, 3
marzo [7] Cfr. A. Bertolotti, I diritti dei soci ex
art. 2476, 2° comma: qualche ulteriore considerazione sul tema, in Giur.
it., 2006, II, 124. [8] Cfr.,
da ultimo, Trib. Venezia, 20 giugno [9] Cfr.,
Trib. Roma, 9 luglio [10] Che,
secondo taluna dottrina, discenderebbe direttamente dalla tutela accordata al
“segreto aziendale” dagli artt. 98 e 99 del d. lgs., 10 febbraio 2005, n. 30 (“Codice
della Proprietà Industriale”), in conseguenza della quale gli amministratori
dovrebbero sempre secretare le informazioni riservate e protette dalle norme
innanzi richiamate. Cfr. R. Guidotti,
Sulla derogabilità della norma relativa ai diritti di controllo del socio
nella S.r.l., in Giur. comm, 2010, I, 422. [11]
Cfr., ex multis, Trib. Milano, 13 aprile [12] Cfr.
Trib. Milano, 15 giugno [13] Cfr. Trib. Milano, 13
maggio 2017, cit. [14] Cfr. Trib. Milano, 20
luglio [15] Cfr. Trib. Napoli, 31
luglio 2018, in Società, 2019, 6, 700; Trib. Milano, 20 luglio 2017,
cit. [16] Cfr.
Trib. Bari, 10 maggio 2004, in Giur. it., 2005, 308; Trib. Parma, 25
ottobre 2004, in Società, 2005, 758. [17] Cfr.
L. Nazzicone, Codice delle
misure cautelari societarie, Torino, 2012, 136; A. Bertolotti, op. cit., 124. [18] Cfr.
Trib. Napoli, 31 luglio 2018, cit., 1341. [19] Cfr.
Trib. Napoli, 31 luglio 2018, cit.; Trib. Milano, 8 ottobre 2015, in www.giurisprudenzadelleimprese.it;
Trib. Torino, 3 luglio 2015, ibidem; Trib. S.M. Capua Vetere, 10 giugno
2011, in Società 2011, 1014; Trib. Roma, 16 gennaio 2008, in Riv.
not., 2009, 671; Trib. Napoli, 9 novembre 2005, in Società, 2006,
1406. [20] Oltre a poter
autonomamente configurare il reato di impedito controllo di cui all’art. 2625
c.c. Cfr. Cass. pen., 27 settembre 2016, n. 47307, in Dejure. [21] Cfr.
Trib. Torino, 7 aprile 2017, in www.giurisprudenzadelleimprese.it; Trib.
Milano, 8 maggio 2014, ibidem; Trib. Napoli, 9 novembre 2005, in Società,
2006, 1406; Trib. Nocera Inferiore, 13 ottobre 2005, in Giur. comm.,
2007, II, 159.
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