CrisiImpresa
Il Caso.it, Sez. Articoli e Saggi - Data pubblicazione 08/06/2021 Scarica PDF
Sull'ammissibilità delle domande "tardive" di partecipazione alla liquidazione del patrimonio del sovraindebitato
Edoardo Staunovo-Polacco, Avvocato in MilanoSommario: 1. Premessa. – 2. Il dato normativo ed il raffronto con la disciplina del fallimento e del Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza. – 3. Gli argomenti a sostegno delle tesi contrapposte e la soluzione preferibile.
1. Premessa.
Fra le questioni che si stanno proponendo con frequenza nell’applicazione della disciplina della composizione della crisi da sovraindebitamento, si segnala quella della proponibilità delle domande di partecipazione alla liquidazione del patrimonio ai sensi dagli artt. 14-ter ss. l. 3/2012 proposte oltre il termine fissato dal liquidatore per l’incombente, ai sensi dell’art. 14 sexies, lett. b), stessa legge.
Il problema trae origine dall’assenza, nel dato normativo, di una disposizione che espressamente consenta le insinuazioni proposte fuori termine, o preveda una fase tardiva di verifica dei crediti; al contempo, non è nemmeno presente alcuna norma che precluda al liquidatore di provvedere su di esse integrando lo stato passivo formato ai sensi dell’art. 14-octies l. 3/2012.
La disciplina positiva si limita a stabilire che il liquidatore stabilisca un termine per la presentazione delle domande, ma non precisa se quel termine sia previsto a pena di decadenza o di inammissibilità: né l’art. 14 sexies, lett. b), l. 3/2012 (dedicato all’inventario e all’elenco dei creditori), né i successivi artt. 14 septies ed octies (che disciplinano, rispettivamente, la domanda di partecipazione alla liquidazione e la formazione del passivo), assegnano ad esso carattere perentorio; e non si riscontra nessun’altra previsione che sancisca conseguenze in caso di inosservanza.
La situazione ha determinato il sorgere di due contrapposti orientamenti: uno più rigoroso, che non consente iniziative creditorie dopo la scadenza del termine fissato ai sensi dell’art. 14 sexies, lett. b), salva l’eccezionale ipotesi del ritardo che dipenda da causa non imputabile al creditore; l’altro più permissivo che, invece, ritiene che possano e debbano essere esaminate anche le domande che pervengano oltre il termine stabilito dal liquidatore.
I fautori del primo indirizzo fanno leva sulla mancata previsione di una fase di verifica tardiva, che invece nella procedura fallimentare esiste[1], e sul fatto che la natura non espressamente perentoria del termine dell’art. 14 sexies lett. b) l. 3/2012 non osta a che l’inosservanza produca conseguenze[2]: anche il mancato rispetto del termine ordinatorio, quando non prorogato prima della sua scadenza, preclude il compimento dell’attività prevista, salva sempre la rimessione in termini in caso di non imputabilità del ritardo[3].
Opposta soluzione è avanzata dalla maggioranza della dottrina[4] che, constatando sempre la mancanza di preclusioni, ammette senz’altro le richieste tardive di partecipazione alla liquidazione, valorizzando anche, per analogia, la disciplina fallimentare, con incertezze solo sulla perdita del diritto di beneficiare dei riparti anteriori; mentre in giurisprudenza, nello stesso senso, si è fatto leva altresì sulla natura amministrativa del procedimento di verifica nella liquidazione ex l. 3/2012 e sulla natura parimenti amministrativa dell’organo deputato ad assegnare il termine, come pure sull’inaccettabile espropriazione del diritto di credito che, aderendo all’impostazione contraria, si determinerebbe a carico dell’istante, senza un’esplicita previsione in tal senso, visto che la liquidazione patrimoniale è idonea a condurre all’esdebitazione[5].
2. Il dato normativo ed il raffronto con la disciplina del fallimento e del Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza
Nel tentativo di offrire un’accettabile soluzione del problema, iniziando dall’esame del dato normativo, ad avviso di chi scrive non è sufficiente limitarsi a prendere atto della pacifica inesistenza, nella procedura in esame, di una fase tardiva di verifica del passivo; diversamente, occorre verificare se, fra le norme della l. 3/2012, lette anche nel confronto con quelle della legge fallimentare e del Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza, vi siano indizi di una volontà del legislatore di consentire o non consentire al liquidatore di esaminare nel merito le domande che gli giungano successivamente alla scadenza nel termine assegnato ai sensi dell’art. 14-sexies, lett. b).
La tesi affermativa sembra avvalorata, innanzitutto, dal fatto che, nella liquidazione patrimoniale del sovraindebitato, la procedura di verifica è semplificata e non presenta disposizioni preclusive: nessuna norma sancisce che l’inosservanza del termine fissato dal liquidatore produca effetti preclusivi. Al contrario, nell’accertamento del passivo fallimentare (le cui norme regolano anche le amministrazioni straordinarie “comuni” ex d.lgs. 270/1999 e “speciali” ex d.l. 347/2003), esiste un termine dopo il quale le domande di ammissione sono espressamente qualificate come inammissibili (è il termine finale ex art. 101 l. fall. per presentare le “tardive”, salve le “supertardive”).
In secondo luogo, se si esamina la norma dedicata alla formazione del passivo (art 14-octies l. 3/2012), ci si avvede che dispone che il liquidatore esamini “le domande di cui all’articolo 14 septies”, ossia, in generale, le domande di partecipazione alla liquidazione, senza che vi sia un espresso richiamo alle (sole) domande pervenute prima della scadenza del termine assegnato ai sensi del precedente art. 14 sexies, lett. b).
Anche sotto questo profilo si coglie una significativa differenza rispetto alla disciplina fallimentare, là dove l’art. 95 l. fall. prevede che il Curatore debba esaminare “le domande di cui all’articolo 93”, che sono quelle che sono pervenute nel termine fissato dal Tribunale per le domande tempestive (“almeno trenta giorni prima dell’udienza fissata per l’esame dello stato passivo”, v. art. 93, primo comma, l. fall., dopodiché le domande sono tardive). Invece, nella disciplina del sovraindebitamento, come abbiamo visto, è stabilito che il liquidatore esamini “le domande”, senza limitazioni, e senza alcuna disposizione che impedisca la modifica dello stato passivo per l’ammissione di crediti dichiarati successivamente alla scadenza del termine ex art. 14-sexies lett. b), l. 3/2012.
Altra rilevante differenza si riscontra rispetto a quanto si legge nell’art. 270 del Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza che – salve ulteriori proroghe - entrerà in vigore l’1.9.2021.
Quel Codice, destinato a sostituire la l. 3/2012, anche rispetto alla disciplina della liquidazione del patrimonio del sovraindebitato, colmandone alcune lacune, prevede, tra le altre cose, che il termine per la presentazione delle domande sia fissato dal tribunale con la sentenza che apre la liquidazione controllata e debba essere osservato “a pena di inammissibilità” (art. 270, comma 2, lett. d) CCII).
Il decreto “correttivo” n. 147/2020 (in G.U. n. 276 del 5.11.2020), ha poi completato il quadro, precisando, con l’art. 273, comma 7, CCII, che le domande proposte oltre il termine decadenziale stabilito dal Tribunale sono condizionate, “in rito”, alla non-imputabilità del ritardo.
In definitiva, quindi, la disciplina della verifica dei crediti nelle procedure concorsuali, sul versante in esame, può essere così ricostruita:
a) nel fallimento [idem nella liquidazione giudiziale del nuovo Codice della Crisi, n.d.r.], il Curatore esamina in via tempestiva, per espressa disposizione di legge, le sole domande che gli pervengono nel termine stabilito dal Tribunale con la sentenza dichiarativa di fallimento, dopodiché vi è un termine per il deposito delle insinuazioni tardive, trascorso il quale le domande sono espressamente qualificate come inammissibili dalla legge, salvo il ritardo dipendente da causa non imputabile al creditore;
b) nella liquidazione controllata del sovra-indebitato di cui al Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza, il liquidatore esamina le domande che gli pervengono nel termine stabilito dal tribunale a pena di inammissibilità; quelle proposte oltre saranno ammissibili, per espressa disposizione di legge, solo se il ritardo sia dipeso da causa non imputabile al creditore;
c) nella liquidazione del patrimonio del sovra-indebitato di cui alla l. 3/2012, ci si limita a prevedere che il liquidatore esamini “le domande” dei creditori genericamente intese, senza che sia la legge o il tribunale a stabilire il termine entro cui presentarle, quanto piuttosto il liquidatore stesso, e non è prevista alcuna conseguenza per il ritardo.
3. Gli argomenti a sostegno delle tesi contrapposte e la soluzione preferibile.
Ad avviso di chi scrive, il silenzio del legislatore quanto alla proponibilità delle domande tardive non sembra affatto esprimere la volontà di escluderle dal sistema: ragionare in questi termini significherebbe costruire un sistema preclusivo che la l. 3/2012 non conosce, e che del resto sarebbe contraddetto dalla marcata differenza rispetto alle disposizioni della legge fallimentare (che invece contengono specifici termini preclusivi), e della disciplina innovativa tracciata dal Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza: questa ultima, in particolare, non avrebbe avuto senso se il sistema avesse già imposto la soluzione dell’inammissibilità delle domande pervenute oltre il termine, salva la non imputabilità del ritardo.
Parimenti, è da escludere il carattere dirimente dell’argomento secondo il quale la mancata previsione di una perentorietà del termine non osterebbe alla preclusione derivante dal mancato rispetto di un termine – comunque – ordinatorio. Esso non considera, infatti, che la disciplina concorsuale conosce già, proprio in tema di accertamento del passivo, un termine la cui inosservanza non produce conseguenze: è quello dell’art. 208 l. fall., che nella liquidazione coatta amministrativa prevede, per i creditori che non hanno ricevuto la comunicazione del commissario, un termine di sessanta giorni dall’avvio della liquidazione per la presentazione delle domande di riconoscimento di crediti o di rivendica.
A questo termine, in mancanza di previsioni decadenziali e nel contesto di una verifica dei crediti di natura amministrativa, la dottrina ha attribuito natura meramente acceleratoria[6]; in tal senso si è espressa anche la Suprema Corte[7], lasciando intendere che le scansioni della verifica dei crediti nelle procedure concorsuali non sono segnate per forza di cose da termini previsti a pena di decadenza, ma lo sono solo quando la legge lo prevede espressamente.
Un discorso analogo dovrebbe essere consentito anche rispetto all’iter procedimentale di verifica dei crediti della liquidazione del patrimonio[8]: anch’esso ha carattere amministrativo (l’intervento del giudice è previsto, in via eccezionale, solo in caso di contestazioni non superabili), ed in assenza di previsioni di inammissibilità, decadenza o altre preclusioni; salva, ovviamente, quella naturale derivante - per questa come per qualsiasi altra procedura liquidatoria - dall’esaurimento delle operazioni di ripartizione dell’attivo.
Non solo, ma sempre riguardo alla natura del termine, va rammentato che l’art. 152 c.p.c. (norma di carattere generale), stabilisce che “i termini per il compimento degli atti del processo sono stabiliti dalla legge; possono essere stabiliti dal giudice anche a pena di decadenza, soltanto se la legge lo permette espressamente”, ed al secondo comma dispone che “i termini stabiliti dalla legge sono ordinatori, tranne che la legge stessa li dichiari espressamente perentori”.
Il termine di cui qui si discute non è previsto dalla legge, e a differenza di quello dell’art. 270, comma 2, lett. d), del nuovo Codice della Crisi (che, coerentemente, ha una sanzione di inammissibilità per l’inosservanza), non è stabilito da un giudice, ma viene fissato dal liquidatore, ossia da un organo amministrativo, nella fase amministrativa della verifica dei crediti della liquidazione patrimoniale del sovraindebitato.
Esso, dunque, in mancanza di disposizione espressa, non pare decadenziale per definizione, e quindi non dovrebbe segnare la preclusione al deposito delle domande di partecipazione alla liquidazione.
Ulteriore argomento a conforto della soluzione dell’inesistenza di decadenze viene dal d.l. 137/2020, che in sede di conversione, con l’art. 4 ter, ha anticipato l’entrata in vigore di alcune disposizioni del Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza in materia di sovraindebitamento, modificando la l. 3/2012 e prevedendo l’applicazione delle disposizioni interessate anche alle procedure pendenti.
Fra tali norme non vi sono né l’art. 270, comma 2, lett. d), che ha introdotto la sanzione della inammissibilità per le domande pervenute oltre il termine, né l’art. 273, comma 7, che ne ha sancita l’ammissibilità a condizione che il ritardo non sia imputabile all’istante.
Ciò dovrebbe confermare, una volta di più, l’intenzione del legislatore di introdurre un sistema di preclusioni al riguardo solo nella liquidazione controllata del Codice della Crisi, senza che questa soluzione possa trovare applicazione rispetto alle procedure disciplinate dalle l. 3/2012; vuoi che fossero già in corso alla data di entrata in vigore del d.l. 137/2020 (rectius, della legge di conversione), vuoi che non fossero ancora iniziate.
Infine, un cenno va fatto a quell’osservazione, che si legge nei precedenti giurisprudenziali citati in nt. 5, quanto all’espropriazione del diritto di credito che si determinerebbe predicando l’inammissibilità di una partecipazione alla procedura oltre il termine stabilito dal liquidatore.
Il rilievo va condiviso: precludere al creditore il diritto al concorso in una procedura che si può concludere con l’esdebitazione, significa ammettere la definitiva estinzione del credito[9]. In mancanza di una espressa disposizione ciò non pare sostenibile, perché le obbligazioni si estinguono nei casi previsti dalla legge, e conferma la necessità di una interpretazione della l. 3/2012 che, in assenza di un inequivoco intento del legislatore di escludere dal concorso esdebitatorio i creditori che non abbiano osservato il termine di cui all’art. 14 sexies, lett. b) – ed anzi con plurimi indizi di una volontà di segno contrario – riconosca l’ammissibilità delle domande “tardive” di partecipazione alla liquidazione patrimoniale ex l. 3/2012.
[1] Questa l’argomentazione di Trib. Ancona 7 febbraio 2021, che riprende un orientamento già espresso dal medesimo tribunale in precedenti decisioni (http:// mobile.ilcaso.it/sentenze/ultime/25039/). Si veda inoltre, sempre in giurisprudenza, Trib. Forlì 23 giugno 2020, commentata da Mancini, Domande tardive nella liquidazione del patrimonio del sovraindebitato: le non univoche soluzioni della giurisprudenza, in www.ilfallimentarista.it, nonché, fra gli autori, Cesare, Sovraindebitamento: liquidazione controllata, in www.ilfallimentarista.it.
[2] V. Trib. Busto Arsizio 28 ottobre 2020, commentata da Fumagalli, Le domande “tardive” di partecipazione alla liquidazione sono inammissibili, in www.ilfallimentarista.it, e Trib. Lucca 3 dicembre 2020, http://mobile.ilcaso.it/sentenze/ultime/25379/.
[3] Così, sui termini processuali in generale, v. ad es. Cass. 19 gennaio 2005, n. 1064.
[4] Guglielmucci, Diritto fallimentare, Torino, 2015, 420; Leuzzi, La liquidazione del patrimonio dei soggetti sovraindebitati fra presente e futuro, e Vattermoli, La procedura di liquidazione del patrimonio del debitore alla luce del diritto «oggettivamente» concorsuale, in Dir. fall., 2013, I, 792; Lo Cascio, L’ennesima modifica alla legge sulla composizione della crisi da sovraindebitamento, in Fallimento, 2013, 824; Donzelli, La fase di apertura e la fase di accertamento del passivo, in Dir. fall., 2013, I, 629, nota n. 62. Trentini, Ammissibilità delle domande tardive nella procedura sovraindebitamentaria di liquidazione del patrimonio del debitore, in https://www.eclegal.it/ammissibilita-delle-domande-tardive-nella-procedura-sovraindebitamentaria-liquidazione-del-patrimonio-del-debitore/.
[5] Si vedano al riguardo Trib. Udine, 7 luglio 2020 (https://www.unijuris.it/node/5374), che ha ritenuto ammissibile quantomeno l’istanza depositata dopo la scadenza del termine assegnato dal liquidatore e prima della formazione dello stato passivo, nonché Trib. Mantova 1° febbraio 2021 (http://mobile.ilcaso.it/sentenze/ultime/24872).
[6] V., anche per ulteriori riferimenti, Maffei Alberti, Commentario breve alla legge fallimentare, Padova, 2013, 208.
[7] Cass. 12 febbraio 2008, n. 3380.
[8] Nello stesso senso v. Mancini, op. cit., che attribuisce al termine natura meramente organizzativa.
[9] Questo non si verifica, invece, nell’opposizione allo stato di graduazione dell’eredità beneficiata ex art. 498 c.p.c., nella quale, una volta scaduto il termine previsto dalla norma, per la giurisprudenza di legittimità i creditori che non hanno tempestivamente presentato la dichiarazione di credito subiscono solo la postergazione ai creditori tempestivi, in un procedimento che non può mai condurre all’esdebitazione (così Cass. 13 agosto 2018, n. 20713, e Cass. 19 ottobre 1994, n. 8527).
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