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Il Caso.it, Sez. Articoli e Saggi - Data pubblicazione 21/04/2020 Scarica PDF
Gli obblighi informativi nella domanda di concordato in bianco ai tempi del Coronavirus
Maria Antonia Maiolino, Giudice nel Tribunale di PadovaSommario: 1. La questione e gli orientamenti; 2. La natura degli obblighi informativi e del relativo termine; 3. La concreta declinazione degli obblighi informativi; 4. La concreta valutazione dell’inadempimento agli obblighi informativi.
1. La questione e gli orientamenti
La pandemia connessa al diffondersi del virus Covid–19 ha imposto una serie di interventi normativi, alcuni dei quali dedicati specificamente alla regolamentazione delle attività processuali.
In particolare l’art. 83 del d.l. 18/2020 stabilisce al comma secondo che “dal 9 marzo 2020 al 15 aprile 2020 è sospeso il decorso dei termini per il compimento di qualsiasi atto dei procedimenti civili e penali”, sospensione che si accompagna alla previsione di rinvio d’ufficio a data successiva al 15 aprile di tutte le “udienze dei procedimenti civili e penali pendenti presso tutti gli uffici giudiziari” (comma 1): l’unica deroga è rappresentata dai procedimenti per i quali sussistano ragioni di particolare urgenza, oggetto di un elenco esemplificativo e di una formula di salvaguardia finale: “tutti i procedimenti la cui ritardata trattazione può produrre grave pregiudizio alle parti” (comma 3).
L’art. 36 del d.l. 23/2020 ha poi prorogato all’11 maggio il termine del 15 aprile previsto dai primi due commi dell’art. 83 citato.
La sospensione dei termini processuali e la previsione di rinvio delle udienze non impedisce all’imprenditore in crisi l’accesso alla procedura concordataria: lo scopo della norma è infatti di impedire il verificarsi di decadenze e preclusioni ma non di impedire l’accesso alla soluzione giudiziale della crisi. Qualora però la domanda sia formulata ai sensi dell’art. 161, sesto comma, l.f. (c.d. concordato in bianco), anche il termine assegnato per la stesura del piano di concordato beneficerà della citata sospensione dei termini processuali [1].
Quindi, salvo che non ricorra l’ipotesi di “grave pregiudizio alle parti” e non sia espressamente dichiarata l’urgenza di trattazione, detto termine, se assegnato prima del 9 marzo 2020, sospenderà il suo decorso da detta data e riprenderà dal 12 maggio 2020 (o da data successiva in caso di ulteriore intervento normativo); se invece la domanda di concordato “in bianco” sia stata depositata dopo il 9 marzo, il termine sarà assegnato dal tribunale sin da subito, contestualmente alla nomina del commissario giudiziale, ma inizierà a decorrere dal 12 maggio p.v.
Ci si domanda se, pur sospeso il termine per la redazione del piano, la sospensione incida anche sugli obblighi informativi assegnati ai sensi dell’art. 161, ottavo comma, l.f. all’imprenditore che proponga domanda di concordato in bianco[2]. La questione assume notevole rilievo nella trattazione della procedura concordataria, giacché la violazione degli obblighi informativi è sanzionata dalla stessa norma con l’applicazione dell’art. 162 l.f. e quindi con la previsione di inammissibilità del concordato.
Si registrano al riguardo due opposti orientamenti.
Il primo è favorevole alla sospensione[3]: gli argomenti, per la verità non riportati nelle decisioni ma discusse tra gli addetti ai lavori, sono incentrate su un doppio ordine di considerazioni.
In primo luogo si sottolinea la difficoltà per il proponente di ottemperare agli obblighi informativi in una situazione di chiusura di moltissime attività economiche e professionali e di gravi limiti circolazione: molte aziende sono temporaneamente chiuse, il personale amministrativo non sta lavorando o opera in composizione ridotta, gli incontri con i professionisti di fiducia risultano difficoltosi e gli accessi agli uffici pubblici per lo più preclusi.
In secondo luogo si osserva che, quand’anche si riscontrasse una violazione tale da giustificare l’inammissibilità del concordato, la sospensione dell’attività giudiziale non consentirebbe l’avvio del subprocedimento ai sensi dell’art. 162 l.f., ed, in caso di richiesta, la declaratoria di fallimento dell’imprenditore: quindi di fatto si imporrebbero all’imprenditore già in difficoltà delle condotte senza poter attivare i meccanismi sanzionatori in caso di inadempimento.
Il secondo orientamento sostiene invece la soluzione opposta: pur sospeso il termine per la redazione del piano, il proponente rimane vincolato dagli obblighi informativi stabiliti dal tribunale[4].
Ebbene, pur nella difficoltà di rendere la normativa in materia compatibile con l’eccezionale situazione esistente, ove certo non si può indulgere in interpretazioni che gravino l’imprenditore in crisi di incombenti meramente burocratici, la seconda opzione interpretativa mi pare preferibile sulla base di alcune considerazioni, che partono dalla qualificazione degli obblighi in esame ed abbracciano infine argomenti di natura sistematica.
2. La natura degli obblighi informativi e del relativo termine.
Sotto un primo profilo va osservato che non ci troviamo in presenza di termini di natura processuale, i soli rientranti nel perimetro dell’art. 83 d.l. 18/2020, ora richiamato dall’art. 36 d.l. 23/2020. L’art. 161, ottavo comma, l.f. infatti stabilisce non tanto dei termini entro cui vadano svolte attività di impulso processuale (come ad esempio la norma che disciplina il termine per il deposito del piano di concordato), ma impone al proponente una specifica condotta, ovvero di mantenere acceso un canale informativo con il tribunale e gli organi della procedura. Quindi estendere la sospensione in esame anche agli obblighi informativi significa non tanto intervenire sulle scadenze temporali quanto affermare come non più doverosa detta condotta.
Sotto un profilo sistematico aggiungerei poi un’ulteriore considerazione.
L’art. 167 l.f. precisa che “il debitore conserva l’amministrazione dei suoi beni e l’esercizio dell’impresa, sotto la vigilanza del commissario giudiziale”; prosegue la norma distinguendo le attività che richiedono l’autorizzazione del tribunale, conducendo alla tradizionale affermazione per cui l’imprenditore può svolgere in autonomia l’attività di ordinaria amministrazione mentre necessita dell’autorizzazione del tribunale per le attività di straordinaria amministrazione, a pena di inefficacia degli atti medesimi. Il medesimo principio è richiamato per la fase del concordato in bianco dall’art. 161, settimo comma, con l’ulteriore limite per cui l’attività di straordinaria amministrazione non è autorizzabile se non sia urgente. Va poi sottolineato che l’attività gestoria prosegue sotto il c.d. ombrello protettivo della disciplina concordataria, richiamata in sintesi dall’art. 168 l.f.: in particolare rendendo improcedibili le aggressioni esecutive e nulle le iscrizioni ipotecarie.
Quindi, l’imprenditore in concordato non subisce lo spossessamento del patrimonio ma prosegue la propria attività sotto la vigilanza degli organi della procedura, vincolato alla richiesta di autorizzazione per gli atti straordinari e “protetto” nella sua attività ordinaria, quanto meno fintantoché il debitore non abbia “posto in essere una delle condotte previste dall’art. 173”, cui seguirà la declaratoria di improcedibilità della domanda (art. 161, sesto comma, l.f.).
Ora, se il proponente prosegue la gestione imprenditoriale in forma protetta ma il contraltare di questa protezione va individuata nei limiti giuridici cui soggiace e nel controllo del commissario giudiziale, è importante che detta vigilanza rimanga in concreto esercitabile attraverso canali predefiniti: e la prima forma di controllo passa proprio attraverso il flusso informativo tra l’imprenditore ed il tribunale/commissario giudiziale secondo le modalità stabilite al momento dell’assegnazione del termine ex art. 161, sesto comma, l.f.
Le oggettive difficoltà conseguenti alla drammatica situazione attuale andranno senz’altro affrontate, ma sul piano non tanto dell’elisione di qualsiasi obbligo informativo, bensì da un lato della concreta declinazione di tali obblighi e, dall’altro lato, dei parametri di valutazione dell’inadempimento.
3. La concreta declinazione degli obblighi informativi.
Il tribunale quindi per le nuove domande di concordato potrà modulare obblighi informativi che tengano conto dell’attuale situazione concreta ed analogamente modificare, su istanza di parte, gli obblighi assegnati prima dell’esplosione della pandemia.
In particolare, partendo dalle ipotesi più semplici, se la domanda preannuncia un piano di concordato puramente liquidatorio ed ogni attività risulta sostanzialmente congelata, potrà risultare sufficiente che il proponente dichiari nelle periodiche note informative di non aver svolto alcun atto gestorio o, al contrario, riferisca eventuali attività svolte.
Analogamente, se il piano si preannuncia invece in continuità ma l’attività imprenditoriale sia stata interrotta, sarà sufficiente che l’imprenditore questo riferisca, precisando quali provvedimenti siano stati adottati per la sospensione della forza lavoro e dei contratti in corso.
Qualora al contrario l’attività imprenditoriale stia effettivamente “continuando” nonostante il lockdown, si potrà distinguere l’ipotesi della continuità indiretta da quella diretta. Nel primo caso, di solito in presenza di affitto d’azienda, l’imprenditore dovrà quanto meno riferire se l’attività dell’affittuario stia o meno proseguendo regolarmente, ad esempio se vengano regolarmente versati i canoni di affitto d’azienda, le retribuzioni ai dipendenti ed, eventualmente, le somme dovute all’affittante/proponente per il magazzino prelevato (spesso infatti al contratto d’affitto d’azienda si affianca qualche forma negoziale che consente all’affittuario prelievi del magazzino): giacché, ad esempio, potrebbe essere necessario un intervento “conservativo” del tribunale se proseguissero i prelievi del magazzino ma nulla venisse pagato alla proprietà.
Nel secondo caso, ovvero quando il proponente il concordato sta proseguendo in proprio l’attività d’impresa, si potrà valutare nel caso concreto se “snellire” il contenuto delle informative o diradarne la periodicità, ma non vi è in effetti ragione per giustificare un totale buio informativo nel rapporto con l’autorità giudiziaria, giacché non è credibile che l’imprenditore stia proseguendo l’attività senza disporre di un minimo supporto organizzativo e corredo informativo sull’andamento dell’attività.
Pare quindi che alle serie difficoltà evidenziate dai sostenitori della tesi della sospensione degli obblighi informativi possa rispondersi declinando le modalità di adempimento degli obblighi in aderenza alla concreta situazione in cui versa il soggetto proponente e modulando di conseguenza il compito di monitoraggio in capo al commissario giudiziale. In ogni caso la dichiarazione periodica dell’imprenditore andrà accompagnata come minimo se non da una vera e propria attività di rendicontazione (sovrabbondante di fronte ad una attività completamente ferma), quanto meno da un estratto conto dei rapporti bancari da cui emergano i movimenti (o l’assenza di movimentazione), che rappresenta la soglia informativa minima ed irrinunciabile.
D’altro canto, gli ostacoli pratici posti dall’attuale situazione di emergenza non paiono idonei ad impedire qualsiasi flusso informativo solo che si applichi un minimo di diligenza.
Innanzitutto, non necessariamente l’imprenditore necessiterà di contatti con i professionisti per dichiarare che nessuna attività gestoria è stata compiuta ed, in ogni caso, contatti semplificati potranno essere tenuti via email o con altro mezzo di connessione da remoto. Inoltre la generalizzata diffusione della operatività on line dei conti bancari non sembra poter seriamente impedire la periodica trasmissione di un estratto conto bancario.
Piuttosto il tribunale, per consentire all’imprenditore di adempiere agli obblighi informativi in via autonoma, potrà intervenire semplificando le modalità di trasmissione delle note periodiche, ad esempio consentendo, in alternativa al deposito nel fascicolo telematico a cura del difensore, l’invio della documentazione via PEC al commissario giudiziale ed alla Cancelleria, che poi provvederà al caricamento nel fascicolo telematico o anche solo (almeno temporaneamente) all’annotazione dell’evento.
Sotto altro profilo, la generale previsione di sospensione delle attività di udienza (comprese quelle ex art. 162 l.f.) fino al’11 maggio 2020 non esclude in assoluto che specifiche ragioni di urgenza possano giustificare la deroga all’art. 83 e quindi la convocazione dell’imprenditore per l’inammissibilità del concordato preventivo e l’eventuale dichiarazione di fallimento: si pensi a condotte gravemente depauperative del patrimonio o a condotte irrimediabilmente distrattive che in assenza di periodica attività informativa e di vigilanza del commissario giudiziale verrebbero altrimenti scoperte a mesi di distanza[5].
L’art. 10 del d.l. 23/2020 pur prevedendo l’improcedibilità dei ricorsi prefallimentari depositati dal 9 marzo al 30 giugno 2020, da un lato non esclude che – si ribadisce: in caso di dichiarata urgenza – possa essere dichiarato il fallimento a fronte di un’istanza anteriore al 9 marzo 2020 (e quindi del tutto svincolata dal contesto emergenziale innescato dalla pandemia); dall’altro lato anche per le istanze successive al 9 marzo 2020 include una espressa deroga all’improcedibilità in caso di richiesta del pubblico ministero con contestuale domanda di provvedimenti ex art. 15, ottavo comma, l.f.
4. La concreta valutazione dell’inadempimento agli obblighi informativi.
Un secondo piano di intervento del tribunale per conciliare la permanenza degli obblighi informativi con l’attuale situazione emergenziale è quello decisorio: nel senso che, se l’art. 161, ottavo comma, stabilisce che in caso di violazione agli obblighi informativi si applica l’art. 162 l.f. con conseguente inammissibilità del concordato, residua comunque al tribunale la valutazione sulla effettiva configurabilità dell’inadempimento e sulla sua gravità, valorizzando ai fini dell’inammissibilità l’effettiva portata pregiudizievole dell’omissione informativa dell’imprenditore.
Ovvero, l’obbligo informativo a carico del proponente non consiste in un mero obbligo formale di adempimento burocratico, ma si inserisce in un contesto complesso, ove le periodiche informazioni non sono un valore assoluto in sé, ma uno strumento funzionale a rendere effettiva la vigilanza del commissario giudiziale.
Cosicché può affermarsi che la violazione informativa assurge a grave inadempimento ai nostri fini da un lato quando è intenzionale; dall’altro lato quando assume connotazione decettiva.
Il richiamo alla connotazione decettiva dell’intenzionale silenzio viene dall’indirizzo giurisprudenziale consolidato in ordine ai presupposti per la revoca del concordato in caso di condotte idonee ad “alterare la percezione dei creditori”, pregiudicando la loro possibilità di “compiere le valutazioni di competenza avendo presente l'effettiva consistenza e la reale situazione giuridica degli elementi attivi e passivi del patrimonio dell'impresa” (in motivazione Cass. 23 giugno 2011, n. 13817).
Ora, se stiamo discutendo dell’adempimento o meno degli obblighi informativi posti a carico del proponente in una fase processuale in cui ancora non è stato steso il piano da proporre ai creditori, e quindi i suoi “interlocutori” sono il tribunale da un lato ed il commissario giudiziale dall’altro, evidentemente non si potrà (ancora) parlare di idoneità del silenzio ad alterare la percezione dei creditori. Il problema però si potrà porre in termini analoghi con riferimento ai rapporti con gli organi della Procedura: ovvero si potrà valutare se il silenzio (e quindi la violazione in tutto o in parte degli obblighi informativi) sia in concreto idoneo ad alterare il flusso informativo imprescindibile perché il commissario giudiziale possa esercitare il proprio compito di vigilanza, compito che a sua volta presuppone che una condotta significativa da “vigilare” vi sia.
Cosicché potrà configurarsi un effettivo inadempimento agli obblighi di informativa periodica al tribunale quando non solo il proponente violi gli obblighi informativi posti a suo carico, ma quando emerga che la violazione dissimuli una condotta non ispirata al migliore interesse dei creditori ed idonea anzi a pregiudicarne gli interessi.
La Suprema Corte, indagando l’effettiva portata degli articoli 173 e 167 l.f., in presenza di azioni giudiziarie o di pagamenti non autorizzati dell’imprenditore è ormai consolidata nel ritenere potersi configurare l’atto in frode ai creditori o l’atto di straordinaria amministrazione inefficace solo quando la condotta del proponente non sia ispirata al criterio della migliore soddisfazione dei creditori e sia quindi diretta a frodarne le ragioni[6]: di conseguenza il giudice di merito non può arrestare la propria valutazione al mero rilievo del pagamento o dell’atto straordinario non autorizzati, ma dovrà approfondire le conseguenze effettive di tale condotta per coglierne l’effettiva portata dannosa.
Analogo criterio pare allora adeguato al caso di specie, dovendo il tribunale verificare se la violazione informativa sia funzionale a dissimulare una condotta (non astrattamente ma) concretamente idonea a pregiudicare le ragioni dei creditori: cosicché l’inadempimento agli obblighi informativi potrà considerarsi grave e quindi giustificare la declaratoria di inammissibilità del concordato quando valga ad occultare una condotta pregiudizievole ai creditori (ad esempio dissipativa o distrattiva di componenti attive) ovvero quando valga a mascherare una situazione che avrebbe altrimenti imposto un intervento incisivo del tribunale (ad esempio la riduzione del termine ai sensi dell’art. 161/VI l.f. o l’interruzione dell’attività aziendale ai sensi dell’art. 186 bis u.c. l.f.).
In conclusione, se non pare potersi affermare la sospensione degli obblighi informativi a carico dell’imprenditore in concordato preventivo, è però auspicabile che il tribunale intervenga adattando gli adempimenti all’effettiva situazione concreta in cui versa l’impresa ed in ogni caso tenendo conto di detta situazione nella verifica delle conseguenze dell’inadempimento, fuggendo ogni automatismo nell’applicazione della sanzione processuale.
[1] In tal senso si sono già pronunciati il Tribunale di Forlì nelle linee guida pubblicate in www.fallimentiesocietà.it, Trib. Udine 19.3.2020 inedita, Trib. Padova 13.3.2020 e Trib. Milano 19.3.2020 in www.ilcaso.it.
[2] L’art. 161 l.f. stabilisce infatti al comma 8 che “con il decreto che fissa il termine di cui al sesto comma, primo periodo, il tribunale deve disporre gli obblighi informativi periodici, anche relativi alla gestione finanziaria dell’impresa e all’attività compiuta ai fini della predisposizione della proposta e del piano, che il debitore deve assolvere, con periodicità almeno mensile e sotto la vigilanza del commissario giudiziale se nominato, fino alla scadenza del termine fissato”.
[3] Trib. Udine 19.3.2020 inedita, Trib. Milano 19.3.2020 in www.ilcaso.it; va peraltro segnalato un mutamento di orientamento del Tribunale di Milano, riportato nella circolare 15.4.2020.
[4] In tal senso si è pronunciato Trib. Rimini 14.4.2020 in www.ilcaso.it e la citata circolare del Tribunale di Milano 15.4.2020.
[5] Va al riguardo aggiunto che l’art. 9, quarto comma, d.l. 23/2020 consente ora all’imprenditore, che abbia già ottenuto il termine ex art. 161, sesto comma, l.f. e la relativa proroga, di chiedere una ulteriore proroga fino a 90 giorni “con specifico riferimento ai fatti sopravvenuto per effetto dell’emergenza epidemiologica COVID-19”: cosicché il termine per il deposito del piano, durante il quale va assicurata in concreto la vigilanza del commissario giudiziale, può allungarsi di un ulteriore periodo di tre mesi.
[6] Sulla necessità di verificare natura ed effetti dei pagamenti non autorizzati si leggano Cass. n. 7066 dell’11.4.2016, Cass. n. 11958 del 16.5.2018 e Cass. n. 16808 del 21.6.2019; in tema di azioni giudiziali non autorizzate si veda invece Cass. n. 26646 del 22.10.2018.
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