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Il Caso.it, Sez. Articoli e Saggi - Data pubblicazione 05/02/2020 Scarica PDF
Usura e oneri eventuali: mora, penale di risoluzione e indennizzo di anticipata estinzione. La sentenza del Tribunale di Torino, 14 dicembre 2019
Roberto Marcelli e Amedeo Valente, Consulenti FinanziariLa sentenza del Tribunale di Torino, 14
dicembre 2019.
La sentenza si distingue per la puntuale e circostanziata analisi delle
problematiche giuridiche che sottendono, in particolare, la verifica dell'usura
nella mora pervenendo, attraverso un percorso argomentativo rigoroso, a
conclusioni chiare e indefettibili. Gli aspetti esaminati nella decisione,
prospettano consistenti fondamenti logico-giuridici, in grado di dirimere le
alternative posizioni assunte dalla Cassazione e di offrire un apprezzabile contributo
di riflessione alle Sezioni Unite della Cassazione chiamate ad affrontare la
problematica dell'usura nella mora. La soluzione tecnica prospettata per la
verifica dell'usura nella mora risulta prestarsi compiutamente ai dettami
stabiliti dalla Cassazione S. U. n. 16303/18 per la CMS.[2]
1. I termini della sentenza.
I punti di riferimento, individuati dalla sentenza nella norma primaria, che
interessano più direttamente la problematica dell'usura nella mora, sono i
seguenti:
i) La formula "collegamento all'erogazione del credito" è
evidentemente più ampia di quella ("corrispettivo della prestazione del
denaro") prevista dal co. 1, poiché copre anche costi del credito diversi
dagli interessi corrispettivi, comunque inerenti alla concessione di credito
ancorché estranei o in posizione accessoria rispetto al sinallagma. Si trae
conferma della maggiore larghezza, considerando che il nomen juris è tenuto per
irrilevante, sia dallo stesso art. 644 co. 4 ("remunerazione a qualsiasi
titolo"), sia dalla norma di interpretazione autentica art. un. del d.l.
29/12/2000 n. 394 conv. in legge 27/2/2001 n. 24 ("interessi promessi o
comunque convenuti, "a qualsiasi titolo"). Anche l'interesse
moratorio è inerente alla concessione del credito. La pattuizione è contenuta
nel contratto e può agevolmente assumersi come condicio sine qua non per la
concessione del credito'.[3]
Appurata la indiscutibile inerenza della mora alla concessione del credito, la
sentenza richiama la dottrina e giurisprudenza (Cass. N. 27442/18) che, con
dovizia di argomenti, hanno asserito la sostanziale omogeneità funzionale fra
interessi corrispettivi e moratori. Inoltre, dopo la sentenza delle Sezioni
Unite n. 24675/17, l'interpretazione autentica dell'art. 644 c.p. e art. 1815
c.c., comma 2, viene ricondotta ai termini fissati dal D.L. 394/00, secondo cui
'si intendono usurari gli interessi che superano il limite della legge nel
momento in cui essi sono promessi indipendentemente dal momento del loro
pagamento'. Di riflesso, la sufficienza della promessa fa rientrare pienamente,
nel campo di applicazione della norma di interpretazione autentica, gli
interessi di mora come 'interessi promessi a qualsiasi titolo', a prescindere
che sia intervenuto o meno il loro pagamento.
ii) 'Ai sensi dell'art. 2 co. 1 della legge 108/96 il tasso medio, rilevato e
pubblicato su base trimestrale, a partire dal quale si determina "il
limite oltre il quale gli interessi sono sempre usurarti" (art. 644 c.p.)
deve essere: ? effettivo; ? globale; ? riferito ad anno () Ora, il metodo
comunemente accettato per determinare il costo complessivo ed effettivo di un
mutuo (o altro finanziamento a rimborso graduale) è il c.d. TAEG - anche noto
come TIR o tasso di rendimento finanziario'.
Rilevato l'impiego della metodologia del TAEG per la rilevazione dei tassi
medi, è ragionevole debba attendersi simmetria nella formula di calcolo dello
specifico TEG. Rilevata inoltre l'onnicomprensività del tasso limite, discende
da ciò che il contratto, nel suo insieme, sia lecito (se il TAEG è pari o
inferiore al limite) oppure illecito (se superiore). Ciò esclude sia la
verifica sul tasso risultante nella singola rata o quota capitale compresa in
essa, sia la verifica del semplice tasso di mora con il tasso soglia.[4]
La sentenza in esame riporta altresì che la Cass. Sez. Unite n. 24675/17 'ha
lucidamente osservato che è "impossibile operare la qualificazione di un
tasso come usurario senza fare applicazione dell'art. 644 c.p." e del
meccanismo di determinazione del tasso oltre il quale gli interessi sono sempre
usurari previsto dalle altre disposizioni della legge n. 108/96. L'adozione
della metodologia di rilevazione del tasso medio (art. 2 comma 2 legge 108), da
cui si ricava il "limite oltre il quale gli interessi sono sempre
usurari" (art. 2 comma 4 legge 108/96), è dunque imprescindibile e
richiede di considerare i costi collegati all'erogazione del credito
unitariamente e nella globalità, non consentendo all'interprete di isolare una
voce di costo (il tasso semplice di mora) per raffrontarla a una grandezza
eterogenea in quanto espressa da un "tasso effettivo in ragione
d'anno" (ossia composto) e globale, quale è il TAEG (o TIR)'. [5]
Il complesso confronto richiesto dalla legge fra tasso soglia e TEG
dell'operazione creditizia, comporta necessariamente la diluizione del peso
percentuale della mora.[6] Naturalmente rimane inammissibile la sommatoria dei
"tassi" di interesse, corrispettivo e moratorio, mentre gli interessi
stessi si cumuleranno - distintamente, quelli precedenti e successivi alla
scadenza - nel calcolo del TAEG, in una media ponderata degli uni, riferiti al
capitale in scadenza, e degli altri, riferiti alle quote capitali (o rate)
rimaste insolute. Di riflesso, il TEG ottenuto da tale media, risulterà
sistematicamente inferiore al tasso nominale di mora.[7]
iii) Contrario al principio di onnicomprensività, oltre che alla natura di
tasso effettivo in ragione d'anno, risulta altresì l'impiego del valore medio
(2,1%) degli interessi di mora rilevato dalla Banca d'Italia. La sentenza, da
un lato rileva 'la necessità di aggregare ai fini della determinazione del TEG
tutte le somme dovute a titolo di interessi corrispettivi e di interessi
moratori, la quale risponde al principio di onnicomprensività stabilito
dall'art. 2 comma 1 della legge n. 108 e che nondimeno esige il rispetto della
metodologia indicata dalla legge e utilizzata nelle istruzioni di Banca
d'Italia, ossia il TIR, e non consente di utilizzare metodi empirici
differenti, non compatibili col dato normativo e non validati
scientificamente', dall'altro puntualizza la palese dissonanza dell'impiego
distinto e separato di una mora soglia: 'Visto che gli interessi di mora sono,
come ripete da sempre la S.C., collegati all'erogazione del credito perché
condividono la stessa natura dei corrispettivi (punto messo a fuoco da Cass.
27442/18) non è possibile stabilire due diverse soglie di usura: una per i
debitori adempienti, l'altra per gli inadempienti: o il costo complessivo del
credito è tollerabile (inferiore al limite) oppure è eccessivamente oneroso
(sopra il limite), indipendentemente dal fatto che il debitore paghi
regolarmente oppure no'.
La sentenza perviene ad adottare il criterio matematico che, coerentemente con
i principi dettati dalla norma, consente di applicare la metodologia del TAEG e
considerare opportunamente il peso degli interessi di mora semplicemente
"promessi". Tale procedimento logico-matematico viene ravvisato nel
c.d. worst case che postula il necessario rispetto del tasso soglia, sia nello
scenario fisiologico, sia in ogni scenario possibile a termine di contratto.[8]
L'adozione di tale metodo presenta un'apprezzabile ragionevolezza e sufficiente
equità nel conciliare i diversi aspetti posti dalla norma: in ogni verifica,
risultando il TEG calcolato una media ponderata del tasso corrispettivo e del
tasso di mora, anche per tassi di mora superiori alla soglia pubblicata, come
nel caso oggetto della sentenza, se il tasso corrispettivo si colloca su valori
moderati, il valore del TEG rimane sistematicamente inferiore alla soglia,
quale che sia lo scenario evolutivo consentito dal contratto.
Da ultimo, la sentenza si occupa della commissione di anticipata estinzione,
ritenendo che 'Malgrado tale commissione abbia la funzione di ristorare
indirettamente la banca delle remunerazioni contrattuali perdute per effetto
dell'anticipato rimborso, ritiene lo scrivente che essa non possa ritenersi
"costo collegato all'erogazione del credito" perché: 1) tale debito
viene a esistenza solo se il mutuatario eserciti il diritto potestativo di
recedere dal contratto; 2) tale atto di esercizio costituisce espressione di
autonomia negoziale su cui la banca non può interferire; 3) a sua volta, la
banca non ha alcun potere o facoltà di anticipare la chiusura dell'operazione
per maturare il diritto al pagamento di una penale di estinzione poiché il
contratto non la prevede'. In definitiva il giudice ritiene che non può
affermarsi il superamento della soglia d'usura per effetto della pattuizione
della commissione di estinzione anticipata, poiché il costo non può ritenersi
collegato all'erogazione del credito.
2. Considerazioni a margine: mora.
2.1 Efficienza del mercato. La presenza in contratto di un accordo usurario,
ancorché eventuale nella sua manifestazione, introduce nel mercato del credito
una patologia pattizia che si riflette sul libero e corretto svolgimento del
mercato stesso. Giova aver presente gli interessi collettivi ai quali è rivolta
la protezione disposta dalla legge, 'giacché accanto alla protezione del
singolo, vengono senz'altro in gioco anche - e forse soprattutto - gli
interessi collettivi al corretto funzionamento dei rapporti negoziali inerenti
alla gestione del credito e alla regolare gestione dei mercati finanziari"
(Cassazione n. 20148 del 18 marzo 2003). [9] D'altra parte, non si può
trascurare che la presenza in contratto della mora, anche nella sua natura
eventuale, costituisce un vantaggio in sé di 'deterrenza', a prescindere
dall'applicazione concreta, che comunque sul piano operativo e di mercato
assumerà statisticamente una misurabile certezza, tanto più marcata quanto
minore è il merito di credito e, di riflesso, più rilevante è il corrispondente
tasso corrispettivo: vantaggio ricompreso a pieno titolo, letteralmente, nella
previsione dell'art. 644 c.p.
Per tariffazione del credito ad applicazione diffusa ad un'estesa platea di
clienti, oneri che per il singolo fruitore del credito sono eventuali, per la
stessa legge dei grandi numeri, risultano, per l'intermediario e il mercato,
certi e statisticamente determinati. Né appare corretto e funzionale, tanto più
per contratti di adesione, presidiare il dovuto rispetto del piano di rientro,
con la 'minaccia' di un tasso di mora che conduce il finanziamento in usura,
per poi ricorrere, all'occorrenza, agli interventi palliativi previsti
dall'ordinamento, per temperare le pretese eccessive dell'intermediario.
La funzione deterrente della penale non può essere esasperata: il presidio
all'insolvenza ha un limite, né questo può essere all'occorrenza innalzato a
dismisura, per il medesimo principio per il quale non è consentito difendere la
propria abitazione interponendo corrente ad alto voltaggio.
Nelle rilevanti incertezze che vengono caratterizzando il ciclo economico,
l'ammontare del tasso di mora non è ininfluente nell'assetto delle prestazioni
convenute, determinandone, con apprezzabile frequenza, lo squilibrio
finanziario che, con il protrarsi della sua eccessività, si riversa più
facilmente in quello economico dell'iniziativa finanziata. Si determinano
circostanze di usurarietà pattizia se, per una delle possibili eventualità
pattuite, relative ad una modifica delle scadenze del piano di ammortamento
convenuto, gli interessi di mora previsti in contratto, aggiungendosi in
successione temporale agli interessi corrispettivi alla scadenza della rata,
vengono a determinare un tasso annuo effettivo del prestito debordante la
soglia vigente alla data di stipula del contratto. Le eventualità avverse del
mercato possono risultare imprevedibili e disattendere la previsione economica
del mutuatario, come anche la valutazione istruttoria del credito curata
dell'intermediario: non appare previsto, né ragionevole, una deroga al presidio
d'usura o anche semplicemente un suo 'allentamento' a beneficio
dell'intermediario.
2.2. L'unitarietà del finanziamento e l''interesse allargato' dell'art. 644
c.p. Il finanziamento è unico e tutti gli oneri inerenti al credito concesso, a
qualunque titolo pattuiti, concorrono congiuntamente a formare lo squilibrio
contrattuale, sanzionato dall'art. 644 c.p. e dal collegato art. 1815, 2° comma
c.c.[10] Lo stretto collegamento fra i due articoli, che definisce
ineludibilmente il raggio di azione della sanzione, è puntualizzato dalla
sentenza della Cassazione S.U. n. 24675/17. Nel declinare i riflessi indotti
dal d.l. n. 394/00, si precisa: 'Una sanzione (che implica il divieto)
dell'usura è contenuta, per l'esattezza, anche nell'art. 1815, secondo comma,
cod. civ. - pure oggetto dell'interpretazione autentica di cui si discute - il
quale però presuppone una nozione di interessi usurari definita altrove, ossia,
di nuovo, nella norma penale integrata dal meccanismo previsto dalla legge
108.', pervenendo alla conclusione che 'in tanto è configurabile un illecito
civile, in quanto sia configurabile la violazione dell'art. 644 cod. pen., come
interpretato dall'art. 1, comma 1, d.l. n. 394 del 2000.'
Appare imprescindibile che l'applicazione dell'art. 1815 cod. civ. non possa
essere stemperata frazionando il presidio sanzionatorio, così come l'usurarietà
dell'interesse 'allargato' dell'art. 644 c.p., non può essere parcellizzata ora
nella mora, ora nella CMS, ora nelle spese di assicurazione, ecc.[11] Il
secondo comma dell'art. 1815 c.c. colpisce l'intero plesso dei costi,
costituente l''interesse allargato', non i singoli addendi che concorrono alla
determinazione degli interessi nella nozione data dall'art. 644 c.p.[12] L'art.
1815, comma 2° c.c. esprime un principio giuridico valido per tutte le obbligazioni
pecuniari e, con la revisione normativa operata dalla legge 108/96 e dalla
legge 24/2001, prevede la conversione forzosa del finanziamento da usurario in
gratuito, in ossequio alla esigenza di maggiore tutela del debitore.
2.3 Riferimento all'importo inizialmente erogato. Occorre considerare che
l'art. 644 c.p. coglie il momento della pattuizione ed è riferito al credito
erogato: il finanziamento è unico, scadenzato nelle distinte rate di rimborso.
Di riflesso la verifica dell'usura è imposta con riferimento all'entità del
credito erogato e all'equilibrio delle condizioni contrattuali disposto
inizialmente; alla scadenza, nella rata rimasta impagata, non si configura
alcuna nuova pattuizione né alcuna erogazione.
Il riferimento alla corresponsione o meno della mora non assume alcun rilievo,
né tanto meno appare dirimente in ordine all'applicazione dell'art. 1815 c.c.;
ciò che rileva, per l'art. 644 c.p. e l'art. 1815 c.c. non è il pagamento per
il ritardo di una specifica rata. La verifica dell'usura non può essere
esperita sul rapporto fra interessi di mora e ammontare della rata scaduta, ma
va ricondotta all'intero aggregato dei costi che il credito concesso può subire
nel decorso del periodo previsto per il suo rimborso, nelle multiformi eventualità
regolate in contratto, in particolare nell'insolvenza in una o più rate e/o nel
capitale a scadenza. 'Per i mutui in particolare, considerando tutti i
possibili scenari che caratterizzano la casistica degli insoluti alla scadenza,
o più semplicemente quello peggiore (worst case), se il rendimento effettivo
del finanziamento - quindi il TAEG, e non l'interesse semplice della mora in
rapporto alla rata insoluta nel mutuo - risulta debordare la soglia, () si
rende applicabile l'art. 1815 c.c. con la nullità estesa ad ogni forma di
interesse. Né si può ritenere che il carattere eventuale dell'onere, ritenuto
possibile ma improbabile, precluda l'applicazione dell'art. 1815 c.c. sino al
momento in cui se ne verifica l'applicazione; la Cassazione 5286/2000, nell'occuparsi
degli interessi di mora, oltre a stabilire l'unicità di calcolo nella verifica,
fa espresso riferimento, non all'applicazione degli stessi, ma all''assunzione
dell'obbligazione di corrispondere interessi moratori'.[13]
2.4 Tasso semplice e tasso effettivo. Il tasso di mora non è un tasso
effettivo, è un tasso semplice che integra il tasso corrispettivo nel momento
dell'insolvenza della rata, come riflesso del mutamento determinatosi nel piano
di ammortamento. Il finanziamento è unico e l'onerosità va misurata nella sua
interezza, nelle prestazioni convenute inizialmente fra le parti, non nelle
risultanze alle distinte scadenze. [14] Il criterio di verifica previsto dalla
norma fa espresso riferimento alla formula del TAEG, impiegato anche dalla
Banca d'Italia per la rilevazione dei tassi medi di mercato, che ingloba tutti
i costi inerenti al credito e si differenzia dal tasso semplice in quanto tiene
conto dei tempi di pagamento.
3. Il worst case della mora.
Come accennato, la verifica dell'usura non può essere esperita sul rapporto fra
interessi di mora e ammontare della rata scaduta, ma va ricondotta al costo
complessivo che il credito concesso può subire a seguito della pattuizione
dell'eventuale morosità, con l'insolvenza in una o più rate e/o nel capitale a
scadenza. Il tasso di mora non è un tasso effettivo, è un tasso semplice che
integra il tasso corrispettivo nel momento dell'insolvenza, come riflesso del
mutamento determinatosi nel piano di ammortamento.[15]
Si determineranno circostanze di usurarietà pattizia se, per una delle
possibili eventualità pattuite, relative ad una modifica delle scadenze del
piano di ammortamento convenuto, gli interessi di mora previsti in contratto,
aggiungendosi in successione temporale agli interessi corrispettivi alla
scadenza della rata, determineranno un tasso annuo effettivo del prestito
debordante la soglia vigente alla data di stipula del contratto.[16] I
possibili scenari evolutivi del finanziamento sono infiniti: sarà sufficiente
la verifica del rispetto del tasso soglia nello scenario peggiore (worst case),
che ricorre quando il prenditore del finanziamento risulta insolvente ad ogni
scadenza ma provvede ad effettuare versamenti che coprono solo ed
esclusivamente gli interessi di mora.[17]
Considerando il worst case, il costo complessivo del finanziamento sale con il
protrarsi dell'insolvenza. Poiché la mora non produce ulteriori interessi, i
regolari pagamenti alla scadenza della mora penalizzano in misura massima il
mutuatario, con un tasso effettivo annuo che tende a lievitare gradualmente con
il tempo asintoticamente verso un tasso limite determinato. Questo tasso, quale
risultante di interessi corrispettivi e moratori, per il concetto stesso di
media ponderata, è compreso fra il tasso corrispettivo e il tasso di mora. Ogni
altro scenario possibile del mutuo presenterà un tasso effettivo annuo
inferiore al 'TEG asintotico' ottenuto nel worst case.
Nella sentenza in esame, il dott. E. Astuni osserva altresì: 'Parte della giur.
di legittimità, segnatamente la cit. Cass. 17.10.2019 n. 26286, opina
necessario individuare il tasso soglia degli interessi di mora sommando al
tasso soglia degli interessi corrispettivi il valore medio degli interessi
(2,1%) di mora rilevato dalla Banca d'Italia. [18]
La conclusione non può essere condivisa, perché incompatibile, ancora una
volta, con il dato normativo dell'art. 2 comma 1 della legge n. 108 che
prescrive che il tasso medio sia, oltre che "effettivo in ragione
d'anno", anche onnicomprensivo. Per conseguenza, anche il limite oltre il
quale gli interessi sono sempre usurari (comma 4), derivato aritmeticamente dal
tasso medio, non può che essere onnicomprensivo e comprendere tutti i costi del
credito. Visto che gli interessi di mora sono, come ripete da sempre la S.C.,
collegati all'erogazione del credito perché condividono la stessa natura dei
corrispettivi (punto messo a fuoco da Cass. 27442/18) non è possibile stabilire
due diverse soglie di usura: una per i debitori adempienti, l'altra per gli inadempienti:
o il costo complessivo del credito è tollerabile (inferiore al limite) oppure è
eccessivamente oneroso (sopra il limite), indipendentemente dal fatto che il
debitore paghi regolarmente oppure no'. [19]
La soluzione prospettata dal Tribunale di Torino risulta soddisfare
compiutamente, in maniera lineare e consequenziale, l'ampio spettro dei
principi di diritto che sottendono la legge 108/96, nonché la legge di
interpretazione autentica n. 24/01 nei termini puntualmente chiariti dalla
Cass. Sez. Unite n. 24675/17.
Per contro, la sentenza della Cassazione Sez. Unite n. 16303/18, ha sancito
l'imprescindibile esigenza di 'omogeneità e simmetria' tra il TEG di
rilevazione dell'operazione e la soglia d'usura, arrivando finanche a
prevedere, per una medesima operazione, una 'biforcazione' della verifica, con
diverse soglie d'usura, per il caso di presenza ed assenza della CMS: in un
caso, di fatto, la soglia viene corrispondentemente innalzata della CMS media,
maggiorata del 50%, su un valore più alto del caso in cui la CMS non sia stata
prevista o sia stata prevista inferiore alla media. Ad una soluzione per la
mora, analoga a quella prevista dalla Cassaz. S.U. 16303/18, fa esplicito
riferimento la più recente Cass. N. 26286/19.
Con l'Ordinanza n. 26946 del 22 ottobre 2019 la tematica della mora è stata
rimessa alle Sezioni Unite e, se alla rilevazione campionaria della
maggiorazione media della mora curato dalla Banca d'Italia fosse attribuito il
medesimo valore e rilevanza che le Sezioni Unite hanno conferito alla CMS, pur
con le criticità e discrasie che, su plurimi aspetti, sono state diffusamente
sollevate, risulterà ineludibile l'adozione di una soluzione in stretta
analogia.
In questa circostanza, la soluzione adottata dal Tribunale di Torino risulterà
di pregevole ausilio, potendo ravvisarsi una semplice integrazione del
principio di calcolo per cogliere compiutamente la medesima finalità, già
perseguita dalla Cassazione S.U. con la CMS. Infatti, è sufficiente
determinare, per il worse case, il diverso TEG che risulterebbe aggiungendo al
tasso corrispettivo, non più lo spread di mora previsto in contratto, ma solo
l'esubero dello spread rispetto alla maggiorazione consentita (2,1 + 50% = 3,15
e 2,1% + 25% = 2,625%), per ottenere, per il worst case, il TEG rettificato, da
confrontare direttamente con la soglia ordinaria pubblicata nei D.M. Infatti,
nel procedimento suggerito, sottraendo al tasso di mora effettivo lo spread
massimo consentito (3,15%), il tasso risultante, applicato agli insoluti (TEG +
spread - 3,15), si combinerà con il tasso corrispettivo (TEG), maggiorandolo
dell'esubero non giustificato, in analogia al margine, riveniente dall'esubero
della CMS maggiorata del 50%. Nella circostanza si configura, seppur nella
medesima operazione, un'analoga biforcazione, dovendo, da un lato verificare
per il decorso fisiologico del finanziamento il rispetto della soglia per
l'ordinario TEG, dall'altro verificare nell'evenienza della patologia, anche
nello scenario peggiore (worst case), il rispetto della medesima per il TEG
rettificato del margine di mora in esubero. (Cfr. esemplificazione Allegata).
Mutuando i termini del principio di diritto stabilito dalla Cassazione S.U. n.
16303, il criterio sopra riportato potrebbe, in altri termini, essere espresso:
'ai fini della verifica del superamento del tasso soglia d'usura, nel caso lo
spread di mora risulti superiore alla 'spread soglia' riveniente dal valore
rilevato nella rilevazione campionaria della Banca d'Italia (2,1) aumentato
della metà, nell'eventualità più sfavorevole al mutuatario (worst case),
l'importo dell'eccedenza della mora dovrà essere comparato con il margine degli
interessi eventualmente residuo, pari alla differenza tra l'importo degli
stessi rientranti nella soglia di legge e quello degli interessi in concreto
praticati'.
In termini consequenziali ne segue che, così come per l'eventualità
dell'esubero della CMS praticata che non trovi completa compensazione nel
margine disponibile degli interessi residui, anche per l'esubero degli
interessi di mora previsti che non trovino compensazione negli interessi
corrispettivi residui, trova applicazione l'art. 1815, 2° comma esteso
all'intero aggregato degli interessi allargati contemplato nell'art. 644
c.p.[20] A meno che non si voglia assimilare la rilevazione campionaria della
maggiorazione di mora a parametro di riferimento per un giudizio di manifesta
eccessività della penale, risulterebbe alquanto contraddittorio assoggettare
gli interessi di mora al vaglio di usurarietà, ma escluderli, al tempo stesso,
dalla sanzione specifica dell'art. 1815, 2° comma. Come sottolineato dal
Collegio di Coordinamento dell'ABF 2/10/19, il decisum reso dalle S.U. nella
nota sentenza n. 24675/17, 'nello stabilire che non esiste una nozione di interesse
usurario al di fuori di quella penalistica, necessariamente comporta la
estensione alla ricordata disposizione del codice civile di una nozione
unitaria di interessi usurari definiti altrove, ossia proprio "nella norma
penale integrata dal meccanismo previsto dalla l. 108".
4. Penale di risoluzione per inadempimento e di estinzione anticipata.
La mora non è il solo onere eventuale ricorrente nel contratto di credito.
Accanto alla mora possono ricorrere distintamente, da un lato la penale per la
risoluzione per inadempimento e decadenza del beneficio del termine, dall'altro
l'indennizzo di estinzione anticipata.
L'art. 40 del TUB prevede distintamente, per il creditore la facoltà di
risolvere il contratto, negli specifici casi previsti, per il debitore la
facoltà di estinguere anticipatamente il proprio debito, previo versamento di
un compenso per l'estinzione stessa. Le caratteristiche e la natura dei
compensi, nelle due circostanze, assumono connotazioni diverse che tuttavia si
riflettono in termini assai prossimi nella verifica del rispetto delle soglie
d'usura.
La penale per la risoluzione del contratto comporta un compenso per
l'intermediario assimilabile, per taluni aspetti, alla mora, costituendo di
fatto un'integrazione per il danno e mancato beneficio derivato
all'intermediario dal venir meno dei proventi che sarebbero derivati dal
regolare svolgimento del rapporto.
La risoluzione per inadempimento, di regola, non è automatica ma è rimessa alla
discrezionalità della banca. La banca non è impegnata ad interrompere il
rapporto, rimanendo libera di valutare al momento dell'inadempimento, se
risolvere o meno il contratto. Non è pertanto preclusa alla stessa la
possibilità di lasciare che l'insolvenza si protragga nel tempo, con
lievitazione degli interessi di mora, posponendo la risoluzione e l'azione per
il recupero del capitale ed interessi. Di regola la risoluzione del contratto
interviene in tempi ragionevolmente poco discosti dalle prime manifestazioni di
insolvenza, ma in talune circostanze l'intermediario può trovare opportuno e
anche conveniente procrastinare la chiusura del rapporto e il recupero del
capitale.[21]
Pertanto, sul piano contrattuale, le prestazioni convenute ricomprendono
l'attribuzione alla banca della discrezionalità di proseguire il rapporto anche
su scenari evolutivi che, procrastinando nel tempo la risoluzione del contratto
e lucrando di riflesso interessi di mora, possono condurre a praticare tassi in
usura. Si può valorizzare questa piena discrezionalità che la banca si riserva,
quale quid in più che la distingue dalla risoluzione automatica. Al verificarsi
dell'insolvenza la penale risulta concettualmente assimilabile ad un'opzione a
far lievitare il debito su tassi più elevati di quello convenzionale, evenienza
che non è così infrequente riscontrare nella pratica, sia per fornire al
debitore la possibilità di rientrare dall'insolvenza, sia per cogliere
l'opportunità di accrescere i ricavi da interessi: soprattutto in presenza di
sufficienti garanzie a collaterale, può sussistere un pregnante interesse a
procrastinare il recupero del credito. Poiché tali scenari risultano di fatto
praticabili - talvolta intenzionalmente perseguiti al fine di massimizzare il
profitto - in una tassativa, stringente lettura dell'art. 644 c.p., in assenza
di una clausola di salvaguardia che tuteli il prenditore di fondi da iniqui
capestri, anche per tali eventualità si può individuare il worst case che
massimizza la penalizzazione del mutuatario, correttamente sottoposta al vaglio
d'usura nella sentenza in argomento. D'altra parte, la norma non sembra
lasciare spazio, nell'equilibrio del contratto, ad alcuna usura, ancorché posta
su un'eventualità remota.
Connotazioni diverse si ravvisano nella 'penale di estinzione anticipata'. La
penale di estinzione anticipata viene dalla dottrina propriamente inquadrata
nell'ambito delle obbligazioni con facoltà alternative.[22] Nella circostanza
la 'penale' - più propriamente inquadrabile nella multa penitenziale - assolve
alla funzione di indennizzo per il datore di credito per la non completa
realizzazione del 'programma contrattuale' (Cfr. Cass. civ. n. 2754/02).
La previsione contrattuale della facoltà rimessa al mutuatario assume una
portata derogatoria rispetto all'art. 1816 c.c., concedendo al soggetto
beneficiario del finanziamento un diritto di anticipata estinzione che
altrimenti potrebbe esercitare solo con il consenso del creditore. Nella stessa
si configura, di fatto, una vera e propria opzione che viene rimessa nella
discrezionalità del fruitore del credito.
L'art. 40, comma 1 del TUB dispone che i 'debitori hanno facoltà di estinguere
anticipatamente, in tutto o in parte, il proprio debito, corrispondendo alla
banca esclusivamente un compenso onnicomprensivo per l'estinzione contrattualmente
stabilito'.
Il compenso onnicomprensivo non costituisce propriamente una penale: non
interviene un inadempimento o ritardo, implicanti funzioni risarcitorie o
punitive del debitore inadempiente, ma, più semplicemente, un diritto di
recesso con corrispettivo. Il diritto previsto all'art. 40 TUB assume un
carattere potestativo: l'effetto estintivo è rimesso nell'esclusiva facoltà del
mutuatario. La funzione della norma, rivolta a proteggere 'il soggetto
finanziato, quale contraente debole di un rapporto asimmetrico' (Cass. n.
9519/08), assume un carattere imperativo e inderogabile. Ne riviene che la
protezione del mutuatario non può essere compromessa da deroghe o eccessive
condizioni di accesso al diritto riconosciuto dalla legge. Le modalità di determinazione
del compenso non devono risultare oltremodo gravose, tali da ostacolare e
precludere oltremisura l'esercizio del diritto. Si è osservato, altresì, che
tale voce di costo costituisce un compenso, ricondotto alla disciplina della
multa penitenziale ex art. 1373 c.c. e sottratto, pertanto, alla disciplina di
cui all'art. 1384 c.c., in materia di riduzione sub iudice della penale per
manifesta eccessività.
In una lettura rigorosa e formale dell'art. 644 c.p., non si può disconoscere
nella condizione di anticipata estinzione - facoltà espressamente prevista
dall'art. 40, 1° comma, TUB e quindi non derogabile[23] - una condizione
pattizia integrante il fisiologico piano di rientro del credito. Nei rapporti
di credito, il rapporto paritetico costituisce frequentemente una mera chimera:
considerata la natura impositiva dei contratti di adesione, può configurarsi
una sproporzione fra la prestazione del creditore e la controprestazione del
debitore riconducibile anche alle condizioni di anticipata estinzione, che non
può elusivamente essere posta al di fuori dell'usura. Solo se l'indennizzo per
l'anticipata estinzione rimane contenuto entro una ragionevole misura,
commisurata ad un equo compenso del mutuante, rimane estranea la volontà del
creditore di trarre un beneficio illecito, o addirittura l'intenzionalità di
trarre vantaggi usurari.[24]
Tale indennizzo non assume, come la mora, l'incertezza indefinita associata
all'insolvenza del debitore, ma si configura come una vera e propria opzione
dal valore tecnicamente misurabile, al momento pattizio, con gli ordinari
algoritmi impiegati nel mercato finanziario. Sul piano operativo, l'onere
commisurato alla facoltà di estinzione anticipata può essere previsto
contrattualmente, in tutto o in parte, vuoi in guisa di premio assicurativo
'certo', corrispondente al valore dell'opzione al momento pattizio, caricato
sul tasso corrispettivo, vuoi, in guisa, non più di valore dell'opzione, bensì
di costo effettivo ancorché eventuale, posto al verificarsi dell'estinzione
anticipata: Nel primo caso l'onere è esteso a tutta la compagine degli
operatori finanziati, nel secondo caso l'onere viene caricato sugli operatori
che accedono alla menzionata facoltà. Quest'ultima modalità, in analogia alla
penale di risoluzione, è quella ordinariamente adottata dagli intermediari.
L'indennizzo per l'estinzione anticipata presenta risvolti di particolare
problematicità nella verifica del rispetto delle soglie d'usura, in quanto i
risvolti economici assumono dimensioni diverse se il valore dell'opzione
rimessa al debitore viene coperto da una maggiorazione del tasso corrispettivo,
alla stregua di un premio di copertura commisurato all'evento aleatorio,
inglobato negli interessi corrisposti periodicamente, o se, invece, l'evento
non è coperta dal premio, ma viene previsto direttamente il corrispettivo da
rifondere al verificarsi dell'evento, dato dall'esercizio della facoltà di
estinzione anticipata.
Per i contratti nei quali l'onere relativo alla facoltà di estinzione
anticipata viene interamente ricompreso nell'indennizzo da rifondere solo nel
caso di esercizio, se questo risulta manifestamente eccessivo, oltre a
comprimere oltre misura l'accesso alla facoltà consentita dall'art. 40, 1°
comma, del TUB, può indurre, per una o più finestre di uscita, un'anticipata
estinzione a costi esuberanti la soglia d'usura e quindi configurare la
violazione dell'art. 644 c.p. e l'applicazione dell'art. 1815 c.c., 2° comma.
Costituirebbe un'elusione del presidio all'usura se l'indennizzo, ricompreso
nel tasso corrispettivo e quindi nel TEG di verifica dell'usura, come nei
finanziamenti di cui al d.l. n. 7/07, fosse escluso per la parte espressa come
indennizzo di estinzione anticipata. Tuttavia, occorre rilevare che,
successivamente alla pattuizione, a mano a mano che le condizioni di mercato
mutano, si modifica il disaggio nei tassi di mercato, fra il momento originario
e quello corrente, riversandosi nel valore dell'indennizzo. Ma tale componente
del costo di indennizzo è propriamente riconducibile al diverso rischio assunto
dal mutuatario nella scelta fra finanziamenti a tasso fisso o variabile, al
quale propriamente non corrisponde alcun beneficio dell'intermediario. [25]
Con l'estinzione anticipata del finanziamento, sia essa riconducibile alla
risoluzione per inadempimento che all'anticipato recesso, cessano per il
mutuante i proventi derivanti dal finanziamento relativi alla residua durata
dello stesso. L'ammontare dei proventi che vengono meno, tuttavia, afferiscono
propriamente sia al periodo precedente che successivo al recesso, nel senso che
possono essere bipartiti in una parte riconducibile al danno emergente e una
parte riconducibile al lucro cessante. Solo per la parte relativa all'eventuale
esubero dal disaggio dei tassi, maturato sino all'atto dell'estinzione
anticipata, il corrispettivo richiesto viene a costituire un effettivo
beneficio per l'intermediario e un ulteriore margine di costo del
finanziamento, non previsto nel tasso iniziale che, ancorché eventuale, non è
ininfluente nell'equilibrio delle prestazioni convenute.
Occorre rilevare che la facoltà di estinzione anticipata, alla stregua
dell'ipoteca e delle altre specificità caratterizza le operazioni finanziarie
della categoria di appartenenza, per la quale viene fissata la soglia d'usura,
nella circostanza distinta ulteriormente per i finanziamenti a tasso fisso e
variabile. Ai finanziamenti a tasso fisso, è connaturato un rischio di
variazione dei tassi del quale il mutuatario si fa carico, che non è presente
nel tasso variabile e che trova per altro espressione nel diverso tasso soglia
che caratterizza la specifica categoria di credito: a fronte della certezza del
corrispettivo da riconoscere a titolo di obbligazione accessoria del
finanziamento, il portatore si assume il rischio di continuare a pagare il
medesimo tasso per tutto il periodo di durata del piano di ammortamento, anche
nel caso di flessione dei tassi. Nella circostanza, nell'ordinario decorso
fisiologico del finanziamento, il maggior onere relativo al disaggio dei tassi,
indotto dall'eventuale flessione dei tassi di mercato, si distribuisce
gradualmente lungo la durata, mentre nell'estinzione anticipata, i riflessi
economici maturati, relativi al rischio assunto dal portatore, si esprimono
nell'indennizzo consentito dall'art. 40 TUB. Al esempio, per un finanziamento
decennale di 100 al tasso del 10%, se i tassi passano dal 10% al 5%, il valore
di estinzione del finanziamento sale ad oltre 120 ed il relativo costo connesso
all'estinzione anticipata non rappresenta un beneficio per l'intermediario,
costituendo la risultante del rischio di mercato assunto dal prenditore.[26]
L'alea connessa alle variazioni dei tassi se non coperta nel tasso
corrispettivo, rimane, a partire dal momento della pattuizione, implicita nei
rischi che con il finanziamento fanno carico al mutuatario, riversandosi nella
penale di risoluzione e nell'indennizzo di anticipata estinzione; la risultante
di tali rischi, nel valore espresso dal menzionato disaggio del tasso free risk
di mercato - concretizzatosi ex post all'atto della chiusura anticipata -, non
costituendo per l'intermediario un beneficio, rimane estranea alla verifica
dell'usura. Per entrambi i corrispettivi menzionati, occorre quindi distinguere
quanto è imputabile al disaggio dei tassi, il cui riflesso economico maturato,
in quanto imputabile al debitore, rimane, per ciò stesso, estraneo all'ambito
di azione del presidio all'usura, da quanto, invece, esonda dal menzionato
disaggio, andando a costituire un beneficio ulteriore dell'intermediario, da
considerare, all'atto del contratto, nella verifica dell'usura.[27]
Con la modifica dell'art. 40 TUB (d.lg. 342/99), eliminando ogni correlazione
al capitale restituito anticipatamente, è venuto meno lo stretto collegamento
alle emissioni obbligazionarie di provvista. Ciò non toglie, tuttavia, che la
funzione dell'indennizzo vada a rifondere l'intermediario della perdita
cagionata dal disaggio dei tassi intervenuto nel periodo di valenza del
finanziamento e che l'intermediario, nel fisiologico sviluppo del
finanziamento, recupererebbe gradualmente nel tempo successivo. Inteso in
questo senso, l'intermediario è solo il tramite attraverso il quale il mercato
esprime la penalizzazione per il rischio assunto dal mutuatario. Tale penalizzazione
è implicita nella tipologia di finanziamento assunto, distinta dell'aggregato
dei costi da includere originariamente nella verifica dell'usura.[28] Se la
curva dei tassi risulta particolarmente discendente con la durata, da
un'estinzione anticipata ai primi anni potrebbe derivare un effetto economico,
in termini di disaggio dei tassi, che può anche sopravanzare l'importo stesso
degli interessi corrisposti, effetto che l'intermediario non subirebbe in un
analogo finanziamento che, se pattuito a breve termine, avrebbe
fisiologicamente un tasso più alto: correttamente Dolmetta e Alibrandi
qualificano tale indennizzo come corrispettivo 'a fronte della riduzione del
termine dell'obbligazione consentita dal creditore'.[29] Così come per un
ordinario finanziamento non rileva l'usura sopravvenuta, intervenuta a seguito
di una discesa dei tassi, anche la previsione di un indennizzo sino all'importo
del disaggio dei tassi, non appare inerente il momento della pattuizione.
Come menzionato, nella pratica di mercato, salvo i casi previsti dal d.l. n.
7/07,[30] l'indennizzo di estinzione anticipata, di regola, viene commisurata
ad una percentuale del capitale residuo;[31] talvolta, però, l'indennizzo e,
più frequentemente nei contratti precedenti l'ultima revisione normativa, la
penale di risoluzione nei contratti di leasing, vengono commisurati,
congiuntamente al capitale da rimborsare, al valore attuale delle rate future,
computato ad un predeterminato tasso di mercato. Risultando il tasso convenuto
originariamente in contratto, maggiorato degli oneri di gestione e copertura
del rischio di controparte, se si commisura l'ammontare dell'indennizzo/penale
di risoluzione al valore attuale delle future rate, computato ai tassi free
risk di mercato, l'intermediario viene a conseguire, oltre al rimborso del
capitale, anche il valore attuale dei futuri flussi di interesse; nella
circostanza, si configura propriamente, oltre al disaggio dei tassi,
l'acquisizione del lucro cessante. Rispetto al tasso free risk, la maggiorazione
inclusa nel tasso corrispettivo, rimane percentualmente invariata e in buona
parte indipendente dai mutamenti di mercato; se aggiunta dall'intermediario
nell'indennizzo di anticipata estinzione e nella penale di risoluzione,
costituendo un onere implicito, aggiunto al disaggio, caricato sul
finanziamento a beneficio dell'intermediario, è interamente riconducibile al
costo del finanziamento, da includere nella verifica dell'usura.[32]
Mentre il disaggio dei tassi di mercato costituisce l'eventuale penalizzazione,
dal momento iniziale al momento dell'estinzione anticipata, espressa dal
mercato sul rischio assunto dal mutuatario, l'esubero viene a concretizzare il
valore attuale dei futuri proventi che l'intermediario avrebbe percepito nel
decorso regolare del finanziamento sino alla scadenza.[33] Se, ad esempio, il
finanziamento prevede la corresponsione dell'interesse commisurato all'Euribor,
più un determinato spread, solo l'incidenza del disaggio dei tassi
dell'Euribor, costituisce a tutti gli effetti l'onere connesso al rischio
assunto dal mutuatario, mentre l'incidenza dello spread viene a costituire il
beneficio dell'intermediario che cessa con l'intervenuta estinzione anticipata,
in parallelo alle economie di costi di gestione e di rischio di controparte,
che rifluiscono all'intermediario con l'estinzione del finanziamento, oltre
all'utilizzo delle somme rimborsate anticipatamente. D'altra parte, se
l'intermediario volesse cedere sul mercato il credito vantato dal finanziamento
concesso, otterrebbe un introito inferiore, commisurato a tassi di
attualizzazione del credito coerenti con il rischio del debitore e non ai tassi
free risk espressi dal mercato.
Di fatto, al momento genetico della pattuizione, ad ogni prevista data di
anticipata risoluzione/estinzione, l'ammontare da corrispondere - quale penale
di risoluzione o indennizzo di anticipata estinzione - solo per la parte che
esonda il margine di disaggio dei tassi free risk espresso nel periodo dal
mercato, andrà ricompreso nel calcolo del TEG per la verifica dell'usura. Al
momento pattizio, per i finanziamenti a tasso fisso, il disaggio potrà essere
dedotto dalla curva dei rendimenti espressa dal mercato, mentre per i
finanziamenti a tasso variabile, di regola, non insorgono differenze
riconducibili alla variazione dei tassi; non configurandosi per il mutuatario
alcun rischio al riguardo, l'eventuale previsione della penale di risoluzione
e, alternativamente, dell'indennizzo di estinzione anticipata, rimane
interamente inclusa nel TEG di verifica dell'usura.
A tali vantaggi, seppur genericamente, fa riferimento una sentenza della
Cassazione risalente a qualche anno fa: 'Il reato si consuma non solo con la
promessa o la dazione di 'interessi' (richiamandosi qui la trama normativa
dettata dagli artt. 1815 e 1284 c.c. e L. n. 108 del 1996, art. 2), ma anche se
oggetto di pattuizione sono comunque 'vantaggi usurari'. Questi ultimi sono
illegittimi profitti, di qualsivoglia natura che l'eccipiens riceve e che per
il valore, raffrontato alla controprestazione, assumono carattere di usura cioè
di interessi eccedenti la norma. Si intende, poi, che allorché si verifichi
l'estinzione anticipata del credito, ove evitare di imporre un interesse
usurario, occorrerà ridurre le spese e le commissioni rapportandole alla durata
onorata del prestito, e comunque mantenendo spese e commissioni nei limiti che
impediscano il superamento del tasso legale. Il che nel caso di specie non è
avvenuto con le conseguenze obbligate per legge in punto di responsabilità
penale'. (Cassazione Pen. Sez. 2, n. 28928, 26/6/14).
Nell'unito Allegato sono riportate alcune esemplificazioni che evidenziano le
varie differenziazioni che si realizzano nel worst case quando il tasso di mora
viene integrato con la mora soglia riveniente dalla rilevazione campionaria
della Banca d'Italia e viene ad interagire con la penale di risoluzione, nonché
con l'indennizzo di anticipata estinzione.
5. La mora nei c/c, inclusa nella categoria degli scoperti privi di
affidamento.
La tematica della mora, sulla quale si è a lungo soffermata la giurisprudenza,
attiene esclusivamente alle forme di finanziamento estranee al rapporto di
conto corrente. Sino a qualche anno addietro, anche per i finanziamenti in
conto corrente, i contratti prevedevano la mora, mentre ora, a seguito delle
ultime Istruzioni della Banca d'Italia dell'usura del '16, i crediti in conto
che rimangono insoluti vengono automaticamente girati al conto scoperti privi
di affidamento, che consentono l'immediato innalzamento del tasso, entro le maggiori
soglie della categoria.[34] Le perplessità e criticità di tali operazioni
lasciano paventare all'orizzonte un nuovo fronte di contestazioni, suscettibile
di assumere dimensioni ragguardevoli: il credito non affidato, un fenomeno
dalla dimensione storicamente esigua, è venuto assumendo più recentemente una
diffusione anomala per gli apprezzabili margini di libertà e vantaggi riservati
all'intermediario.[35]
A seguito delle nuove Istruzioni del '16, per i finanziamenti in conto
corrente, si pone la soglia, non sul tasso di mora, ma sul credito in mora, con
lo spostamento in un'apposita categoria dai tassi marcatamente elevati, senza
alcuna considerazione del momento pattizio e del relativo importo erogato, ai
quali è espressamente riferito l'art. 644 c.c.[36]
Con la modifica introdotta dalle menzionate Istruzioni del '16 si rimette di
fatto nella libera discrezionalità della banca di revocare il fido e, con il
passaggio di categoria, alzare marcatamente i tassi ben oltre lo spread di mora
rilevato dalla Banca d'Italia. 'Se si assurge a 'Categoria' uno stato del
credito nella sua espressione patologica si scardina il fondamento stesso della
norma. Innalzando l'asticella del credito al manifestarsi dell'evento
patologico, si accosta il riferimento del valore medio alla patologia, anziché
contenere quest'ultima entro lo spread dal valore medio fisiologico; con
l'innalzamento della soglia al ricorrere della patologia, si stravolge il
disposto normativo, edulcorando il presidio sino a vanificare la legge, riconducendo
nell'arco della legalità tassi di interesse marcatamente discosti dai valori
medi di mercato'.
Con tale modifica, introdotta a partire dal 1 aprile '17, senza patto
successivo e senza alcun riferimento all'erogazione della prestazione prevista
dall'art. 644 c.p., con la scadenza del fido o con la revoca dello stesso,
unilateralmente disposta dall'intermediario, in presenza di insolvenza, cioè di
credito in mora, si escogita un ulteriore momento genetico del contratto per
introdurre una 'sopravvenuta' soglia d'usura. [37]
Il MEF, nel decreto annuale di definizione delle categorie, non fa alcuna
menzione di tale rilevante modifica: solo a partire dal D.M. 21/12/17 relativo
alle soglie d'usura del I Trimestre '18, nella nota metodologica allegata, si
riporta, aggiunta, la menzione: 'Il mancato rientro delle aperture di credito
scadute o revocate ricade nella categoria £scoperti senza
affidamento".[38]
Queste anacronistiche 'manipolazioni' delle Categorie, con la creazione di
'sopravvenute' soglie d'usura, apriranno nuovi e seriali varchi di
conflittualità, risultando palmare la contraddizione con la stessa pronuncia
della Cassazione S.U. n.24675/17 che ha avuto modo di stabilire: 'Sarebbe
pertanto impossibile operare la qualificazione di un tasso come usurario senza
fare applicazione dell'art. 644 c.p.; "ai fini dell'applicazione" del
quale, però, non può farsi a meno - perché così impone la norma
d'interpretazione autentica - di considerare il "momento in cui gli
interessi sono convenuti, indipendentemente dal momento del loro
pagamento"'.
Più recentemente la Suprema Corte, nel valutare l'inclusione dei mutui a SAL
nella categoria dei 'Mutui', anziché, come indicato dalla Banca d'Italia, nella
categoria residuale 'Altri finanziamenti', ha avuto modo di precisare che il
giudice non si può esimere 'dal compito di identificare la categoria di
operazioni, tra quelle cui si riferiscono le soglie, che presenti maggiori
elementi di omogeneità con la singola operazione della cui usurarietà di
controverta'.
Il criterio di scelta relativo alla categoria di inclusione, per la verifica
dell'usura, rimane pertanto rimesso alla valutazione del giudice: 'Risulterà di
significativa indicazione il criterio adottato dalla Banca d'Italia, ma non
determinante: se effettuata contro lo spirito della legge, nulla impedisce al
Giudice di discostarsene, individuando, in coerenza con il dettato dell'art. 1
della l. n. 24/01, la Categoria di riferimento al momento della pattuizione.
Questo aspetto viene a creare un'ulteriore rilevante opacità, suscettibile di
alimentare un nuovo fronte di conflittualità, valutato presumibilmente di minor
rilievo rispetto ai gradi di libertà, e ai connessi benefici di bilancio, che,
a partire dal 1º aprile 2017, deriveranno agli intermediari bancari' (R.
Marcelli, op. cit. nota 6).
Gli interessi dovuti sul credito scaduto o revocato si vengono a configurare a
tutti gli effetti come interessi di mora e la creazione di una categoria dove
far confluire tali crediti è un palese escamotage tecnico per introdurre una
soglia marcatamente più alta per tale forma di patologia, precedentemente
esclusa dalla rilevazione stessa: si viene sostanzialmente a creare una
differenziazione, non in funzione del rischio associato alla natura e tipologia
del credito concesso, bensì in funzione dell'evento di rischio palesato dal
cliente.[39] La legge non contempla una soglia per l'anomalia, al contrario la
comprende e contiene entro lo spread previsto dalla norma. Con un impiego
alquanto disinvolto della discrezionalità tecnica consentita dalla legge, si
'aggiustano accortamente' i principi di rilevazione statistica del TEGM per
operare una gestione attiva delle soglie d'usura: la scelta, per altro prelude
- come auspicato nella Relazione sull'analisi d'impatto della Delibera CICR di
attuazione dell'art. 117 bis - all'allargamento alla componente extra-fido del
credito non affidato.[40]
6. Conclusioni.
In oltre vent'anni di applicazione delle soglie d'usura, si è assistito a
comportamenti monoliticamente diffusi a tutto il sistema bancario, non
propriamente coerenti con il presidio all'usura. Si viene esercitando
un'anomala, persistente pressione sulla giurisprudenza, sospinta, più o meno
esplicitamente, a ponderare i riflessi economici che gli orientamenti assunti
riversano sui 'precari' equilibri di bilancio del sistema bancario.
L'attenzione è al momento tutta rivolta alla raccolta del risparmio, tradito
nell'informazione e depredato da diffusi comportamenti illeciti, ma un'analoga
prevaricazione viene celatamente perpetrata dal lato del credito attraverso
forme di contratto asimmetriche, protese a legittimare interessi, oneri e
commissioni del tutto disallineati dai costi della raccolta.
In un mercato del credito sottratto alla concorrenza si riscontrano ricorrenti,
diffuse e pervasive spinte rivolte a consolidare una fisiologica asimmetria
contrattuale per perseguire lo squilibrio delle prestazioni, con una pronta
reattività ad ogni modifica ordinamentale. Rimbalza nelle aule di giustizia una
variegata casistica di criticità che, mistificate nella copertura di
specialistiche esigenze proprie di un efficiente mercato del credito, risultano
di fatto informate alla creatività e fantasia finanziaria, preordinata a
cogliere, nella libera, unilaterale predisposizione delle forme contrattuali,
zone d'ombra della normativa per trarre dall'ampia platea dei fruitori del
credito cospicue rendite di posizione di dubbia liceità. Si è venuta di
riflesso a determinare - nella materia dell'usura, ma non solo - situazioni di
sovrana confusione nelle stesse pronunce della giurisprudenza, dove tutto, o
quasi, appare lecito e, al tempo stesso, contestabile. Mentre da un lato la
Magistratura viene impegnata a dipanare nel tempo, nella ponderata gradualità
dei vari ordini e gradi di giudizio, le variegate forme e prestazioni, generate
dalla fantasia contrattuale degli intermediari, rifluiscono agli stessi
benefici economici che sopravanzano di larga misura il profluvio di soccombenze
che interessano l'ampia, seriale schiera di ricorsi giudiziari.
Nelle carenze dell'organo regolatore e di vigilanza, la rapida evoluzione delle
strategie del mercato del credito viene a determinare una situazione di
impasse, nella quale la funzione sanzionatoria della Magistratura,
parcellizzata nella miriade dei casi concreti, nelle variegate modalità e tempi
di intervento, non è in grado di esplicare una significativa e virtuosa
funzione di correzione dei comportamenti adottati dagli intermediari
finanziari. Si patisce, per altro verso, il radicale immobilismo di un mercato
del credito, trincerato in forme ancestrali di dirigismo oligopolistico, mai
scalfite, che si frappongono ad ogni forma di concorrenza atta a calmierare i
prezzi di mercato.
Non si può non rimarcare come la concorrenza nel mercato del credito, unica,
radicale panacea a tutti i problemi insorti nei rapporti bancari, non viene
incontrando condizioni di favore nelle Istruzioni della Banca d'Italia, né la
dovuta attenzione nell'azione istituzionale rimessa all'A.G.C.M: le rendite di
posizione, connaturate con il marcato livello oligopolistico del mercato, non
sembra abbiano sortito l'effetto di presidiare la stabilità del sistema
bancario, ma hanno certamente condotto il costo del credito sui più alti
livelli della Comunità Europea, esasperando apprezzabilmente i costi sociali di
una crescente confusione regolamentare ed un'endemica e seriale conflittualità
giudiziaria.
Si avverte diffusa una pregnante esigenza di chiarezza che, tuttavia, non
apporterebbe alcun giovamento all'efficienza del mercato, senza un sostanziale
recupero dell'equilibrio del rapporto di credito, sul quale si fonda e
progredisce lo sviluppo efficiente del mercato. Gli orientamenti espressi dalla
Suprema Corte potrebbero maggiormente mirare a segnare, in via preventiva, nei
principi di diritto espressi, regole di condotta orientate a best practice,
volte a precludere zone di opacità, dove si annidano, tempestivamente ed in
ampia misura, le politiche degli intermediari maggiormente protesi a cogliere
esclusivamente le opportunità offerte dal semplice rapporto costi/benefici. In
questa prospettiva, sul tema della mora, attualmente all'attenzione e
riflessione della giurisprudenza di legittimità, potrebbe essere offerto un
responso che, sia per le modalità del confronto che per l'apparato rimediale,
abbracci compiutamente l'intero spettro delle tipologie di credito soggette
alla mora.
Allegato.
Come menzionato, il worst case ricorre quando il prenditore del finanziamento
risulta insolvente ad ogni scadenza ma provvede ad effettuare versamenti che
coprono solo ed esclusivamente gli interessi di mora. Nella circostanza, il
costo complessivo del finanziamento sale con il protrarsi dell'insolvenza, ma
con la mora che non produce ulteriori interessi, il costo effettivo (TAE e
TAEG) tende a convergere gradualmente verso un TEG asintotico limite. Quale che
sia la durata e la periodicità del mutuo, in ogni scenario di insolvenza, il
tasso limite si viene a collocare - per la stessa ponderazione implicita - in
un valore intermedio fra il tasso effettivo (TAE e TAEG) dell'ordinario
scenario fisiologico e il tasso nominale di mora previsto in contratto.
1. Esemplificazione: worst case semplice, mora, penale di risoluzione e
indennizzo di anticipata estinzione (senza calcolo del margine).
Si consideri un finanziamento decennale, con rata annuale costante, al tasso
nominale del 5,85% con uno spread di mora di 4 punti percentuali, spese
iniziali 1.000, nonché penale di risoluzione e indennizzo di anticipata
estinzione pari all'1% del capitale residuo.
Prevedendo che le rate rimangano insolute e che venga regolarmente pagata la
mora del 9,85% al termine di ciascun anno successivo al primo, nella Tabella
sopra riportata è indicato nell'ultima colonna, il TEG del prestito nel caso al
termine dell'anno intervenga la risoluzione/recesso (entro il decennio) con il
pagamento di tutta l'esposizione.[41] L'incidenza della penale di risoluzione
(a partire dal 2° anno), anche considerando una discesa dei tassi di mercato
pari o maggiore dello 0,2% annuo, rimane inferiore al disaggio e non presenta
alcuna incidenza sul TEG, mentre l'indennizzo di anticipata estinzione,
congiuntamente alle spese iniziali viene ad incidere solo per il primo anno nel
TEG elevandolo al 7,03%. Il tasso espresso dal TEG, con il protrarsi
dell'insolvenza, cresce per l'effetto della maggiore incidenza che viene ad
assumere il tasso di mora rispetto al tasso corrispettivo, ma si può
agevolmente verificare che il tasso di rendimento effettivo (TEG) dell'operazione
tende gradualmente, con un'accelerazione decrescente, a convergere verso un TEG
asintotico dato dal worst rate dell'8,7208%.[42]
Questo tasso viene a costituire il limite al quale tende, senza raggiungerlo,
l'onere massimo al quale può eventualmente andare incontro il mutuatario, con
le condizioni contrattuali previste.[43]
Risulta evidente ed intuitivo che, tanto più il tasso corrispettivo è prossimo
alla soglia d'usura, tanto più anche un modesto spread di mora conduce ad un
worst rate al di sopra della soglia.
Ne consegue che, determinato il worst rate del prestito, corrispondente
all'eventualità più penalizzante per il mutuatario, si avrà che:
a) se il tasso soglia si pone al di sopra del worst rate (8,72% nell'esempio),
in ogni possibile scenario (anche il peggiore), risulterà accertato il rispetto
della soglia d'usura;
b) se il tasso soglia si pone al di sotto del tasso corrispettivo (5,85%
nell'esempio) ovviamente, in ogni possibile scenario (anche il migliore),
risulterà accertato il debordo della soglia d'usura;
c) se il tasso soglia si pone nella zona grigia di criticità, compresa fra il
tasso corrispettivo (5,85% nell'esempio) e il worst rate (8,72% nell'esempio),
sussiste una porzione, più o meno ampia di possibili scenari evolutivi del
piano di ammortamento del prestito che conducono il costo del credito in usura.
Gli sviluppi di calcolo illustrati nella precedente Tavola forniscono al
giudice utili indicazioni per una valutazione delle circostanze concrete, nella
scelta fra due possibili alternative di letture dell'art. 644 c.p. e dell'art.
1815 c.c.:
c.1) l'una, rigorista e garantista del corretto funzionamento del mercato,
volta a sanzionare con la nullità ogni contrattualizzazione di eventualità di
usura, quale che sia la ricorrenza statistica di tale eventualità. Il rigore
della norma non sembra consentire alcuna regola pattizia nella quale si
concepisca una prestazione usuraria della parte debole, quale che sia
l'improbabile ricorrenza di tale eventualità.
c.2) l'altra, rivolta, invece, a valutare il peso specifico delle condizioni
eventuali che possono condurre in usura il finanziamento, valutandone, più che
eventuali ma teoriche eventualità, l'effettivo pregiudizio che in concreto si
riversa sul regolare funzionamento del mercato e nei rapporti fra le parti. In
altri termini, per le condizioni eventuali, previste in contratto -
corrispondenti ad utilità, anche e non solo economiche, a favore del datore e/o
del prenditore di credito - si può procedere ad una valutazione dell'incidenza
iniziale della condizione eventuale al momento pattizio, commisurandone la
gravità che giustifica l'applicazione dell'art. 644 c.c.p. e dell'art. 1815
c.c. alla ricorrenza con la quale la condizione è passibile di realizzarsi.
Anche in questo caso il processo di calcolo del worst rate può risultare di
ausilio.
2. Esemplificazione: worst case con margine mora, penale di risoluzione (1%
capitale residuo) e indennizzo di anticipata estinzione (1% capitale residuo).
Data la rilevazione campionaria della Banca d'Italia, che ha accertato un
valore medio dello spread sul tasso corrispettivo ragguagliato al 2,1%, al
quale corrisponde un limite massimo per la somma pari a 3,15% (= 2,1 + 50%),
enucleando dal tasso di mora contrattuale la soglia della maggiorazione di mora
del 3,15% e replicando i calcoli sopra riportati, si consegue il TEG
rettificato che, per il worst case, ricomprende anche l'esubero della mora
rispetto alla soglia stessa.
Come riportato nella Tavola, a seguito della maggiorazione (0,85%) dello spread
di mora (4%) rispetto alla mora soglia (3,15%), il tasso di mora rettificato da
includere nel TEG, comprensivo dell'esubero, nel worst case, si ragguaglia al
6,55% (=5,85% + 4% - 3,15%).[44]
Come nell'esempio precedente, per una discesa dei tassi nell'ordine dello 0,2%
all'anno il disaggio dei tassi sormonta la penale di risoluzione/indennizzo di
estinzione dell'1%, salvo che per l'indennizzo di anticipata estinzione del 1°
anno. Nel caso di estinzione anticipata al 1° anno, l'incidenza delle spese
iniziale conduce il TEG al valore del 7,03%, superiore al TEG asintotico.
Il finanziamento presenta il TEG del 6,06% nel fisiologico sviluppo del piano;
salvo il caso di estinzione anticipata al 1° anno, il finanziamento presenta il
TEG del 6,55% nel caso di patologia, con il peggior scenario evolutivo (worst
case). L'esubero (0,85%) del tasso di mora rispetto alla Mora soglia (3,15%),
come si può rilevare, viene ad incidere sul TEG dell'operazione solo per una
quota parziale (0,70%).
Tale incidenza tende a scendere all'aumentare del tasso e della durata del
finanziamento. Nella Tavola qui sotto riportata sono indicati i valori
asintotici, per le scadenze 5, 10 e 20 anni e per il tasso nominale del 5%, 10%
e 15% (senza spese e penale), con la mora collocata su 1, 2 e 3 punti sopra la
soglia di mora (3,15%),
3. Esemplificazione: worst case con margine mora, penale di risoluzione (1% del
capitale residuo) e indennizzo di anticipata estinzione (valore attuale future
rate).
Si prevede per il finanziamento dell'esempio precedente spese di istruttoria
per 1.000 e per l'anticipata estinzione, come frequentemente operato in
passato nella risoluzione dei leasing, l'indennizzo ragguagliato al valore
delle future rate/canoni attualizzate ad un tasso prestabilito, sottratto il
debito residuo.[45] Ipotizzando le medesime condizioni dell'esempio precedente,
variando il tasso da fisso a variabile, ponendolo pari all'Euribor + 2 punti,
se si prevede l'indennizzo pari alla differenza fra il valore delle future rate
attualizzate ai tassi di mercato e il capitale residuo, oltre all'eventuale
disaggio dei tassi, l'intermediario viene a percepire il valore attuale dello
spread per tutte le rate future.
La condizione di anticipata estinzione sopra descritta risulta apprezzabilmente
penalizzante, in quanto sostanzialmente si prevede, oltre al rimborso del
capitale residuo del prestito e del differenziale dei tassi free risk
intervenuti sul mercato, anche il pagamento, in termini attuali, della
maggiorazione espressa dallo spread, per le future rate, che l'intermediario
avrebbe introitato sino al termine del finanziamento.
Considerando sempre un tasso nominale del 5,85%, dato da 3,85% + 2% di spread,
al quale, considerando le spese iniziali di 1.000, corrisponde un tasso
effettivo del 6,06%, il valore dell'indennizzo convenuto sull'attualizzazione
delle rate future può essere determinato con la curva dei rendimenti di
mercato. All'origine, se la curva presenta tassi ascendenti, il valore
dell'indennizzo sarà più moderato, se la curva, invece, presenta tassi
discendenti, il valore dell'indennizzo sarà più marcato: in ogni caso, il
beneficio della banca, da ricomprendere nel calcolo per la verifica dell'usura,
risulterà sempre pari allo spread caricato sul tasso Euribor, attualizzato ai
tassi di mercato.
Ipotizzando, come nei precedenti esempi, una discesa dei tassi di mercato del
2% nell'arco del decennio, nell'ordine dello 0,2% all'anno, il TEG rettificato
(Tav. A) presenterà inizialmente tassi marcatamente più elevati, risultando
l'estinzione anticipata particolarmente onerosa, per poi scendere rapidamente
sino al termine della durata del prestito e risalire verso il tasso asintotico
del 6,55%, il medesimo dell'esempio precedente.
Ipotizzando, invece, l'invarianza dei tassi di mercato, l'incidenza dello
spread sull'Euribor, che si riversa sull'indennizzo di anticipata estinzione,
si attenua per l'effetto maggiorato dell'attualizzazione, rimanendo tuttavia
nei primi anni su livelli apprezzabilmente più elevati del tasso asintotico del
6,55% (Tav. B).
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE ORDINARIO DI TORINO
SEZIONE PRIMA CIVILE
in persona del dott. Enrico Astuni, in funzione di Giudice unico,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa iscritta al n. 26196/2017 R.G. promossa da:
B. G.
- attore/i
contro
BANCA NAZIONALE DEL LAVORO SPA
- convenuta
Fatto e svolgimento del processo
Gli attori, sottoposti a esecuzione forzata (R.G.E. 31/2016), hanno proposto
opposizione all'esecuzione ex art. 615 c.p.c. nei confronti di Banca Nazionale
del Lavoro (anche BNL). A seguito dell'udienza avanti al G.E. essi hanno
introdotto con citazione il giudizio di merito ai sensi dell'art. 616 c.p.c.,
chiedendo dichiararsi l'inesistenza del diritto di procedere a esecuzione
forzata e la nullità del contratto di mutuo Meliorbanca S.p.A. 20.12.2006
rogito notaio De Luca rep. 4818 racc. 2117 nella parte concernente la clausola
interessi, in ragione della violazione dell'art. 1815 c.c., per la pattuizione
di interessi usurari, e in subordine per violazione della normativa sulla
trasparenza bancaria, segnatamente dell'art. 117 TUB, in quanto l'ISC (o TAEG)
non era determinabile dalla lettura del contratto di mutuo; inoltre da perizia
stragiudiziale prodotta il tasso risultava superiore a quello dichiarato. In
via consequenziale all'accoglimento della domanda di nullità, gli attori hanno
altresì chiesto la condanna della banca a restituire le somme corrisposte a
titolo di interessi, oltre rivalutazione monetaria e interessi sulle somme
indebitamente percepite.
BNL s'è costituita in giudizio, chiedendo il rigetto dell'opposizione. Essa ha
dato atto di non essere legittimata passiva rispetto alla domanda di condanna
proposta dagli attori, avendo agito nel processo esecutivo quale mandataria di
EMF-IT-2008-1 S.r.l., cessionaria del credito ex art. 58 TUB dalla mutuante
Meliorbanca S.p.A.. Nel merito ha contestato specificamente la domanda attorea,
per il tramite dell'esame delle condizioni contrattuali in punto interessi
corrispettivi e moratori.
La causa è stata istruita tramite C.T.U.
Motivi della decisione
Il contratto di mutuo ipotecario oggetto di contestazione è stato stipulato in
data 20.12.2006, per la somma capitale di 155.000,00 da rimborsare in n. 360
rate mensili, posticipate e consecutive, di capitale e interessi. Il contratto
prevede per il computo degli interessi (art. 4) che "a) gli interessi
saranno calcolati utilizzando i tassi nominali rapportati ai giorni commerciali
su commerciali (360); b) il tasso di interesse, per le prime due rate mensili,
sia fissato nella misura del 4,92% nominale annuo; c) per le successive rate e
fino alla scadenza del mutuo, il predetto tasso sarà determinato, di tre in tre
rate, sommando i seguenti addendi: - una quota fissa di 2,50 punti quale
margine di intermediazione della banca; - una quota variabile determinata dalla
media aritmetica dei dati giornalieri EURIBOR 6 mesi base 365 relativi al primo
e al secondo mese solare intero precedente la data di decorrenza del tasso.
Alla data odierna il tasso così determinato è pari al 6,23%". L'art. 4-bis
(rubricato "Indicatore sintetico di costo ai sensi della Delibera CICR del
04.03.2003" indica il valore del TAEG/ISC nella misura del 6,77%. Ai sensi
dell'art. 5, il tasso degli interessi moratori è pattuito nel tasso
contrattuale con una maggiorazione di 2 p.p..
Nell'intestazione del contratto, i due attori B. G. e P. S. sono qualificati il
primo come "mutuatario" ed entrambi come "costituenti
ipoteca". Dalla posizione di P. S. come mero datore di ipoteca non
discendono tuttavia, ai fini di causa, conseguenze di apprezzabile rilievo
giuridico, visto che anche il terzo datore di ipoteca, come il terzo acquirente
di bene ipotecato ha facoltà di opporsi all'esecuzione utendo juribus, cioè
utilizzando i mezzi di eccezione e difesa che competono al debitore diretto
(vedi artt. 2859 e 2870).
1. Gli opponenti contestano la nullità del mutuo per violazione dell'art. 1815
c.c.. Nel trimestre di conclusione del mutuo, il TEGM per le operazioni
pertinenti alla categoria "mutui a tasso variabile", non contestata,
era pari al 4,77% e il tasso soglia era per conseguenza 7,155%.
Gli attori richiamano nella citazione (pag. 5, punto 4) una perizia prodotta
col ricorso avanti al G.E., di cui trascrivono le conclusioni (pag. 6) e di cui
evocano la produzione in questo giudizio come parte del "doc. 1 fascicolo
del ricorso in opposizione ex art. 615 c.p.c.". Il fascicolo tuttavia non
è, all'infuori della perizia in atti, a disposizione non essendo stato prodotto
in forma telematica. Lo scrivente ritiene tuttavia utilizzabile, come parte del
fascicolo, la perizia in questione, anche in considerazione del fatto che la
convenuta non ha eccepito l'estraneità della perizia al fascicolo prodotto
avanti al G.E..
La perizia in questione (pag. 13) riconosce, e la circostanza è dunque non
contestata, che non si verifica alcun superamento del tasso soglia di periodo
per il tasso annuo contrattuale (4,92%), per il TAN dopo il periodo iniziale
(6,23%), per il tasso di mora (6,92%) e per il TAEG/ISC dichiarato in contratto
(6,77%).
La perizia prosegue, assumendo invece come scenari di verificazione del
superamento della soglia di usura i seguenti: 1) esercizio da parte del cliente
della facoltà di estinguere anticipatamente il mutuo mediante addebito di una
somma pari al 3% del capitale residuo (pag. 16 ss.); 2) tasso di mora calcolato
su una rata a piacere (pag. 19 ss.); 3) c.d. tasso complessivo, consistente nella
sommatoria degli interessi corrispettivi e moratori (pag. 24 ss.).
2. Il secondo e terzo scenario involgono il superamento della soglia d'usura
per effetto dell'applicazione degli interessi di mora. Le questioni giuridiche
sottese a questo profilo della domanda sono le seguenti:
- se gli interessi di mora siano un costo collegato all'erogazione del credito;
- a quali condizioni l'interesse di mora assuma rilievo ai fini dell'art. 644
c.p., se sia cioè sufficiente la semplice "promessa" o sia necessaria
la "dazione" (o "pretesa" dal lato della banca) perché
l'interesse sia ritenuto rilevante;
- quali siano le modalità di calcolo dell'interesse di mora che rispettano le
previsioni della legge n. 108/96 e in particolare i canoni di
"effettività" e "globalità" del costo del credito.
Anticipando le conclusioni che verranno sviluppate nel prosieguo della
motivazione, deve dirsi che: 1) gli interessi di mora sono costo collegato
all'erogazione del credito, come attesta la norma di interpretazione autentica
(d.l. 29.12.2000 n. 394 conv. legge 28.2.2001 n. 24), che si riferisce agli
"interessi promessi o comunque convenuti, a qualunque titolo", e una
stabile giurisprudenza di legittimità; 2) benché l'interesse di mora non sia
dovuto con certezza al momento della conclusione del contratto, ma dipenda
dalla circostanza dell'inadempimento contrattuale, la sua rilevanza deve farsi
nondimeno risalire al contratto stesso e quindi al momento della promessa, in
ragione della norma di interpretazione autentica ("si intendono usurari
gli interessi che superano il limite stabilito dalla legge nel momento in cui
essi sono promessi [..] indipendentemente dal momento del loro
pagamento"), così come, a sua volta, interpretata dalla Cass. sez. un.
19.10.2017 n. 24675 nel senso dell'inammissibilità di fenomeni usurari
sopravvenuti; 3) ai sensi dell'art. 2 comma 1 della legge n. 108/96 il limite
oltre il quale gli interessi sono sempre usurari è per definizione, come il
tasso medio da cui è derivato, effettivo, globale e riferito ad anno e si
sostanzia nel metodo comunemente accettato, recepito dalle Istruzioni di Banca
d'Italia, del c.d. TAEG (o TIR o tasso di rendimento finanziario), consistente
nel tasso di attualizzazione, espresso su base annua, che rende eguali a t0 due
flussi di cassa di segno contrario, con scadenze previste in tempi diversi (t1,
t2, tn), ossia la somma del credito concesso al cliente e la somma di tutti i
pagamenti dovuti dal cliente a estinzione del debito contratto col prestito; 4)
il metodo del TAEG comporta di considerare ai fini della determinazione del
tasso tutti i pagamenti fatti a qualsiasi titolo (per rimborso capitale,
interessi, spese), che siano rilevanti in quanto "collegati all'erogazione
del credito" (cfr. art. 644 co. 4 c.p.); 4.1.) detto metodo, richiedendo
di eguagliare la somma del credito concesso al cliente e la somma dei pagamenti
fatti a qualsiasi titolo, impedisce di raffrontare al tasso soglia il tasso
emergente dalla singola rata del mutuo; 4.2.) detto metodo, richiedendo di considerare
globalmente le remunerazioni previste in contratto, impedisce di isolare il
tasso semplice di mora per raffrontarlo separatamente al tasso soglia; 4.3.) è
egualmente inammissibile, per incompatibilità con il dato normativo e le
previsioni dello specifico contratto, il raffronto tra il tasso soglia e la
sommatoria dei tassi semplici per interessi corrispettivi e moratori; 4.4.) il
principio di onnicomprensività del TAEG osta infine ad aumentare la soglia
d'usura della c.d. maggiorazione di mora del 2,1%, rilevata olim et una tantum
dalla Banca d'Italia; 5) il metodo del c.d. worst case (scenario peggiore),
consistente nella simulazione dei TEG ricavabili per il caso di sistematico
inadempimento di tutte le rate del mutuo e al contempo di sistematico pagamento
di tutta la mora maturata nell'intervallo, è viceversa compatibile sia con il
metodo del TAEG, di cui costituisce esplicazione, sia con la rilevanza
dell'interesse in quanto soltanto "promesso", indipendentemente dal
momento del pagamento.
2.1. Ai sensi dell'art. 644 co. 4 c.p. per la determinazione del tasso di
interesse usurario si tiene conto delle "commissioni, remunerazioni a
qualsiasi titolo e delle spese collegate alla erogazione del credito".
La formula "collegamento all'erogazione del credito" è evidentemente
più ampia di quella ("in corrispettivo della prestazione di denaro")
prevista dal co. 1, poiché copre anche costi del credito diversi dagli
interessi corrispettivi, comunque inerenti alla concessione di credito ancorché
estranei o in posizione accessoria rispetto al sinallagma. Si trae conferma
della maggior larghezza, considerando che il nomen juris è tenuto per
irrilevante, sia dallo stesso art. 644 co. 4 ("remunerazioni a qualsiasi
titolo"), sia dalla norma di interpretazione autentica art. un. del d.l.
29.12.2000 n. 394 conv. in legge 27.2.2001 n. 24 ("interessi promessi o
comunque convenuti, a qualunque titolo").
Anche l'interesse moratorio è inerente alla concessione del credito. La
pattuizione è contenuta nel contratto e può agevolmente assumersi come condicio
sine qua non per la concessione del credito; regola preventivamente le
conseguenze economiche del ritardato pagamento alla scadenza di una rata di
rimborso del prestito concesso e ha quindi la funzione di stimolare il regolare
adempimento del contratto. Non ultimo, la migliore dottrina ha dimostrato che,
nel vigente sistema, esiste una sostanziale omogeneità funzionale tra interessi
corrispettivi e moratori (per questa conclusione vedi da ultimo in giur. con dovizia
di argomenti Cass. 30.10.2018 n. 27442), poiché entrambi esprimono il principio
di naturale fruttuosità del denaro, guardato dal punto di vista ora del
vantaggio del debitore, ora del danno da ritardo patito dal creditore; si
tratta, tuttavia, di punti di vista largamente sovrapponibili, visto che
l'interesse moratorio spetta "anche se il creditore non prova di aver
sofferto alcun danno" (art. 1224 c.c.), compete "nella stessa
misura" dell'interesse dovuto prima della mora, salva diversa convenzione,
spetta con decorrenza dalla scadenza del termine di adempimento, se
l'obbligazione deve essere adempiuta al domicilio del creditore (art. 1182 co.
3, 1219 n. 3 c.c.).
L'inerenza degli interessi di mora alla sfera di applicazione degli artt. 1815
c.c. e 644 c.p. risponde, peraltro, al prevalente indirizzo della Cassazione
civile, da cui non sussiste motivo per discostarsi. È degno di nota che la
giur. risale a epoca anteriore all'entrata in vigore della legge n. 108/96
(Cass. 7.4.1992 n. 4251) e s'è mantenuta sostanzialmente stabile anche in
seguito (Cass. 22.4.2000 n. 5286; Cass. 4.4.2003 n. 5324; Cass. 350/2013; Cass.
11.1.2013 nn. 602-603; Cass. 6.3.2017 n. 5598; Cass. 4.10.2017 n. 23192; Cass.
27.10.2019 n. 26286). Anche Cass. 30.10.2018 n. 27442 che giudica inapplicabile
l'art. 1815 cpv. c.c. alla clausola che prevede un tasso convenzionale di mora
superiore al tasso soglia, riconduce nondimeno il fenomeno nell'alveo della
legge n. 108. In senso contrario, cfr. Cass. 13.9.2019 n. 22890 secondo cui l'interesse
di mora risulterebbe estraneo al campo di applicazione dell'art. 1815 cpv.
c.c..
2.2. Il debito per interesse corrispettivo sorge per effetto della traditio rei
e al momento della conclusione del contratto, se il mutuo è reale (cfr. art.
1813 c.c.). Il debito della mora, per contro, non nasce al momento della
conclusione del contratto, né al momento della consegna della somma, se
posteriore, ma soltanto se il debitore ritardi il pagamento delle rate del
mutuo e nella misura del ritardo.
Per queste caratteristiche, di onere eventuale, lo scrivente ha in numerose
altre sentenze ritenuto di ricondurre l'interesse moratorio alla "usura
per dazione" (vedi art. 644 comma 1 c.p.: "chiunque [..] si fa dare o
promettere ecc.") come fattispecie alternativa alla "promessa" e
suscettibile di manifestarsi e assumere rilevanza anche in un momento
successivo alla conclusione del contratto, ossia al tempo della
"maturazione", per essersi verificato ritardo nel pagamento di una o
più rate, e nella misura della somma maturata.
Quest'orientamento non appare, tuttavia, ulteriormente sostenibile dopo la nota
Cass. sez. un. 19.10.2017 n. 24675 che ha negato la possibilità di
manifestazioni usurarie sopravvenute rispetto alla conclusione del contratto
(la "promessa"), "essendo il giudice vincolato
all'interpretazione autentica dell'art. 644 c.p., e art. 1815 c.c., comma 2,
come modificati dalla L. n. 108 del 1996, (rispettivamente all'art. 1 e
all'art. 4), imposta dal D.L. n. 394 del 2000, art. 1, comma 1", secondo
cui "si intendono usurari gli interessi che superano il limite stabilito
dalla legge nel momento in cui essi sono promessi [..] indipendentemente dal
momento del loro pagamento".
È stato acutamente osservato che la sentenza n. 24675/17 ha ristretto la figura
dell'illecito usurario, espungendo dal suo campo di applicazione, almeno con
riguardo ai contratti di mutuo, la fattispecie dell'usura "per
dazione" e riconducendo la rilevanza usuraria dei costi collegati
all'erogazione del credito al momento in cui essi sono "promessi",
anziché a quello logicamente successivo della maturazione e-o della pretesa e-o
infine del pagamento. Questa considerazione vale anche per gli interessi di
mora, che peraltro testualmente rientrano nel campo di applicazione della norma
di interpretazione autentica come "interessi promessi [..] a qualsiasi
titolo" e che, pertanto, devono entrare nella valutazione di usurarietà in
una logica ex ante, ancorché non sia dato conoscere - e non sia nemmeno
rilevante se l'usura deve essere determinata sulla sola pattuizione - se ci
sarà ritardo nel pagamento di una o più rate e per quanti giorni, quale sia
l'ammontare dalla rata o delle rate insolute alla scadenza ecc..
La sufficienza della promessa di un onere meramente eventuale rende pertanto
necessario stabilire i criteri, in base ai quali verificare il rispetto del
"limite oltre il quale gli interessi sono sempre usurari",
determinato ai sensi dell'art. 2 legge n. 108. Alla questione sono dedicati i
paragrafi successivi.
2.3. Ai sensi dell'art. 2 co.1 della legge n. 108/96 il tasso medio, rilevato e
pubblicato su base trimestrale, a partire dal quale si determina "il
limite oltre il quale gli interessi sono sempre usurari" (art. 644 c.p.),
deve essere:
· effettivo;
· globale;
· riferito ad anno.
Il "tasso effettivo riferito ad anno" richiede di considerare non
soltanto l'ammontare dei pagamenti fatti e-o previsti nel contratto, ma anche
il tempo in cui tali pagamenti sono fatti e-o previsti nel contratto, nel senso
che a una periodicità infra-annuale corrisponde un tasso effettivo maggiore
rispetto al tasso nominale da cui è derivato, secondo la nota formula
dell'interesse composto T.E. = (1 + t/n) n - 1 mentre a una periodicità
ultra-annuale corrisponde un tasso effettivo inferiore, sempre secondo detta
formula. Vedi a proposito degli effetti sul tasso effettivo di pagamenti o
liquidazioni previsti con cadenza infra-annuale l'art. 6 della delibera CICR
9.2.2000.
La "globalità" comporta invece l'onnicomprensività del tasso medio, e
di conseguenza del tasso soglia, che richiede di aggregare ai fini della
determinazione del tasso ogni remunerazione prevista, a qualunque titolo (per
rimborso capitale, interessi e spese), purché "collegata all'erogazione
del credito" (cfr. art. 644 co. 4 c.p.), all'infuori di imposte e tasse
che sono escluse per legge.
Ora, il metodo comunemente accettato per determinare il costo complessivo ed
effettivo di un mutuo (o altro finanziamento a rimborso graduale) è il c.d.
TAEG - anche noto come TIR o tasso di rendimento finanziario - che consiste
nell'attualizzare alla data di conclusione del contratto (t0) tutti i
pagamenti, a qualunque titolo collegati all'erogazione del credito (capitale
interessi commissioni), previsti o prevedibili secondo il piano di ammortamento
del mutuo, e nell'eguagliare la somma di tali pagamenti alla somma del credito
concesso al cliente. Il TAEG (o TIR) è dunque il tasso che rende eguali a (t0)
due flussi di cassa di segno contrario, con scadenze previste in tempi diversi
(t1, t2, tn), ossia la somma del credito concesso al cliente e la somma dei
pagamenti dovuti dal cliente a estinzione del debito contratto col prestito.
Le stesse Istruzioni di Banca d'Italia (§ C3 lett. b) per la rilevazione dei
tassi medi, da cui è ricavato aritmeticamente il tasso-soglia, prescrivono per
il mutuo e gli altri finanziamenti a rimborso graduale l'utilizzo della
metodologia del TAEG.
2.4. Ritiene lo scrivente che l'adozione della metodologia del TAEG per la
rilevazione dei tassi medi non consenta di utilizzare, nel rispetto della legge
n. 108/96, altro possibile metodo per verificare il TEG della singola
operazione creditizia, poiché - come ha affermato autorevolmente la Cassazione
- è "ragionevole che debba attendersi simmetria tra la metodologia di
calcolo del TEGM e quella di calcolo dello specifico TEG contrattuale",
poiché "se detto raffronto non viene effettuato adoperando la medesima
metodologia di calcolo, il dato che se ne ricava non può che essere in
principio viziato" (Cass. 22.6.2016 n. 12965).
Di più, ove fosse consentito all'interprete discostarsi a piacere dalla
metodologia di calcolo prevista dalla legge n. 108 e utilizzata per la
rilevazione dei tassi medi, resterebbe vanificata la conoscibilità ex ante del
tasso medio del credito rilevato e pubblicato (art. 2 co. 3 legge n. 108/96) e
quindi applicabile nel trimestre, in funzione:
· del principio nullum crimen sine priori lege;
· della determinatezza della fattispecie penale, palesemente frustrata, se il
confronto deve farsi tra il tasso soglia ricavato dal TEGM pubblicato, seguendo
le istruzioni dell'autorità amministrativa, e un TEG contrattuale ricavato da
un diverso algoritmo scelto a posteriori da un perito;
· della libertà dell'intermediario bancario-finanziario di pianificare la
propria offerta economica nel rispetto della legalità, evitando la sanzione
civilistica comminata dall'art. 1815 cpv. c.c..
Infine, l'onnicomprensività del tasso limite, ricavato dal tasso medio,
comporta che il contratto sia nel suo insieme o lecito (se il TAEG è inferiore
al limite) oppure illecito (se superiore).
Il rispetto della metodologia del TAEG previsto dalla legge n. 108/96 e
utilizzato per la rilevazione dei tassi medi s'impone all'attenzione
dell'interprete proprio considerando la questione, qui dibattuta, delle
modalità di calcolo dell'interesse di mora, visto che si rinvengono nella
giurisprudenza, anche di legittimità, differenti e non convergenti criteri di
raffronto tra il tasso di mora e il tasso soglia.
2.4.1. Parte della giur. di merito, citata anche nella perizia di parte attrice
(pag. 19), ritiene doversi raffrontare al tasso soglia il tasso risultante
dalla singola rata del mutuo, specificamente considerando da un lato
l'interesse di mora, dall'altro l'ammontare della rata o la quota capitale
compresa nella rata.
Questo metodo tuttavia non rispetta la legge n. 108/96 poiché la verifica viene
fatta:
· su una singola rata, ignorando il principio di globalità;
· isolando, tra tutti i costi rilevanti ai fini dell'erogazione del credito, il
solo costo della mora (amplius la mora e le spese addebitate per il ritardo),
di nuovo ignorando il principio di globalità;
· ignorando la grandezza che la legge n. 108/96 richiede di verificare, ossia
che il costo effettivo applicato al contratto non sia superiore al tasso soglia
- grandezza che questo metodo non misura, e non è in grado di misurare - ma una
grandezza diversa (incidenza della mora su una rata a piacere), del tutto
irrilevante ai fini della legge n. 108/96.
Allargando per un momento l'analisi all'apertura di credito in c/c e alle altre
operazioni a utilizzo flessibile, in cui la verifica deve farsi, seguendo le
Istruzioni di Banca d'Italia e parte della giur. di legittimità (cfr. Cass.
18.1.2019 n. 1464, in motivazione) trimestre per trimestre - anziché una tantum
al momento della conclusione del contratto, come è invece previsto per il mutuo
- si deve dire che è invece possibile che esistano nel caso dell'apertura di
credito alcuni trimestri in usura e altri no, con conseguente limitazione ai
primi degli effetti dell'art. 1815 cpv. c.c..
2.4.2. Secondo parte della giur. di legittimità, il superamento della soglia
d'usura potrebbe essere verificato tramite il raffronto diretto e isolato del
tasso semplice di mora con il tasso soglia, nel senso che, se il tasso
convenzionale di mora (TM) risulti superiore al tasso soglia (TS), a ciò
seguirebbe la nullità della clausola contrattuale o la sua riduzione nei limiti
di legge.
Cfr. Cass. 30.10.2018 n. 27442, secondo cui "in presenza di un patto con
il quale si convengano interessi convenzionali moratori ad un tasso superiore,
alla data della stipula, rispetto a quello di cui all'art. 2 l. 7 marzo 1996 n.
108, la nullità della relativa clausola comporta l'attribuzione al danneggiato
degli interessi commisurati al tasso legale".
Nel senso della nullità della clausola, a quanto è dato comprendere, dei soli
interessi di mora e ai sensi dell'art. 1815 cpv. c.c. appare orientata anche
Cass. 17.10.2019 n. 26286 secondo cui anche gli interessi convenzionali di
mora, al pari di quelli corrispettivi, sono soggetti all'applicazione della
normativa antiusura, con la conseguenza che, laddove la loro misura oltrepassi
il "tasso soglia" previsto dall'articolo 2 della legge 7 marzo 1996
n. 108, si configura la cosiddetta usura "oggettiva" che determina la
nullità della clausola ai sensi dell'articolo 1815, 2° comma, c.c..
Ritiene lo scrivente che quest'indirizzo non possa essere seguito perché è
evidentemente in conflitto con il precedente di Cass. sez. un. 19.10.2017 n.
24675. Questa sentenza, negando la possibilità di configurare la rilevanza
dell'usura sopravvenuta, anche soltanto a fini civili e per effetti diversi da
quelli dell'art. 1815 cpv. c.c., ha lucidamente osservato che è "impossibile
operare la qualificazione di un tasso come usurario senza fare applicazione
dell'art. 644 c.p." e del meccanismo di determinazione del tasso oltre il
quale gli interessi sono sempre usurari previsto dalle altre disposizioni della
legge n. 108. L'adozione della metodologia di rilevazione del tasso medio (art.
2 comma 2 legge n. 108), da cui si ricava il "limite oltre il quale gli
interessi sono sempre usurari" (art. 2 comma 4 legge n. 108/96), è dunque
imprescindibile e richiede di considerare i costi collegati all'erogazione del
credito unitariamente e nella globalità, non consentendo all'interprete di
isolare una voce di costo (il tasso semplice di mora) per raffrontarla a una
grandezza eterogenea in quanto espressa da un "tasso effettivo in ragione
d'anno" (ossia composto) e globale, quale è il TAEG (o TIR).
Il raffronto diretto tra tasso semplice di mora e tasso soglia non è nemmeno
possibile, o accettabile, come verifica semplificata, per ragioni di praticità,
del più complesso confronto richiesto dalla legge n. 108, richiedente il
confronto tra il tasso soglia e il TEG dell'operazione creditizia, poiché
l'aggregato dei costi collegati all'erogazione del credito, previsti e
prevedibili nello sviluppo del piano di ammortamento - e specificamente la
maturazione di interessi corrispettivi sul capitale a scadere e della mora
sulle rate scadute - comporta necessariamente la diluizione del peso
percentuale della mora. Si ha evidenza matematica di ciò considerando che nel
caso di specie, dato un tasso semplice di mora pari al 6,92% sulle prime due
rate e dell'8,23% sulle rate successive, il C.T.U. ha verificato che, nello
scenario peggiore per il mutuatario (c.d. worst case), il TEG dell'operazione è
compreso nell'intervallo tra il 5,918% alla seconda rata e il 6,859% alla 360^
rata e quindi risulta in ogni scenario possibile inferiore al tasso semplice di
mora e altresì inferiore al tasso soglia di usura.
È quindi non decisivo, ai fini della qualificazione del contratto e-o della
clausola come "usurari", che il tasso semplice di mora alla data
della convenzione sia superiore al tasso soglia previsto dalla legge n. 108,
poiché "è impossibile operare la qualificazione di un tasso come
usurario" fuori dalla metodologia prevista dalla legge n. 108 (Cass. sez.
un. 19.10.2017 n. 24675) e un raffronto effettuato secondo una metodologia
differente "non può che essere in principio viziato" (Cass. 22.6.2016
n. 12965). L'impossibilità di qualificare il solo tasso di mora superiore al
tasso soglia come "usurario" non toglie che, eventualmente, la
clausola che prevede un interesse moratorio superiore al tasso soglia possa
essere eventualmente qualificata come penale "manifestamente
eccessiva" per gli effetti dell'art. 1384 c.c. o dell'art. 33 lett. f)
cod. consumo.
2.4.3. Come non è consentito il raffronto al tasso soglia del tasso semplice di
mora, così è inammissibile la sommatoria dei "tassi" di interesse,
corrispettivo e moratorio.
La perizia di parte attrice pretende di considerare, come "tasso
complessivo", "il tasso che si viene a generare dalla sommatoria
degli interessi corrispettivi e moratori a seguito di ritardato pagamento. Tale
definizione è sostenuta dalla proiezione contabile dell'analisi semantica di
ciò che è scritto, e quindi pattuito, contrattualmente" e giustifica la
pretesa di sommare tra loro i tassi di interesse, corrispettivo e moratorio,
sulla considerazione che l'applicazione della mora sulla rata scaduta
"produce ulteriori interessi a pagare che vanno ad aggiungersi a quelli
già previsti dal piano di ammortamento per l'importo del finanziamento
erogato".
La tesi è manifestamente infondata.
La sommatoria dei tassi postula che il tasso corrispettivo e il tasso di mora
siano applicati:
· all'intero capitale;
· nello stesso periodo di tempo;
· in modo cumulativo.
Solo al verificarsi di tutte queste condizioni potrebbe infatti ammettersi che
il tasso effettivo del contratto di finanziamento corrisponda o sia non
inferiore alla sommatoria dei due tassi. La stessa struttura del contratto di
mutuo, in generale e nel caso particolare, impedisce tuttavia che si verifichi
questa sommatoria.
Il tasso corrispettivo si applica solo sul capitale a scadere, visto che la
causa dell'interesse-frutto civile consiste nel diritto del mutuatario a godere
della somma secondo il piano di rimborso graduale (art. 820 e 1815 c.c.).
Viceversa, il tasso di mora non può mai applicarsi al debito per il quale non è
ancora decorso il termine di esigibilità, perché per definizione finché il
termine pende non si dà mora (arg. ex art. 1219 n. 3 c.c.). Egualmente, sulle
rate che vengono man mano a scadenza non spetta e non può competere altro che
l'interesse moratorio, perché la funzione dell'interesse-frutto civile si
esaurisce nel momento in cui il mutuatario è obbligato a restituire il capitale
(art. 820 c.c.).
Quest'affermazione, vera in generale, è vera anche a termini di contratto,
poiché l'art. 5 (doc. cit.) prevede che "ogni somma dovuta [..] e non
pagata, sia essa relativa al capitale, come agli interessi, spese ed accessori
tutti, produrrà di pieno diritto a favore della banca interessi di mora
ecc." (seguono le modalità di calcolo), mentre l'art. 3 prevede "il
pagamento di numero 360 rate mensili posticipate e consecutive di capitale,
interessi secondo le condizioni stabilite nel successivo art. 4 e oneri",
le quali 360 rate mensili corrispondono alla durata del piano di ammortamento.
È quindi evidente che l'interesse corrispettivo è compreso e liquidato nella
sola rata del piano di rimborso e cessa di maturare dopo che la rata è venuta a
scadere.
Ai sensi dell'art. 5 l'interesse moratorio matura su "ogni somma dovuta
[..] e non pagata", compreso l'interesse corrispettivo. Si tratta di una
forma di anatocismo consentita all'epoca della conclusione del contratto (vedi
art. 3 delibera CICR 9.2.2000) e non comporta che il costo dell'operazione
creditizia sia pari alla somma dei tassi moratori e corrispettivi, visto che il
tasso di mora si applica sul solo interesse corrispettivo già scaduto.
L'esempio del perito (vedi sopra) non smentisce questa ricostruzione. Osserva
il perito che "qualora la prima rata del piano d'ammortamento originario
fosse pagata in ritardo di 29 giorni si genererebbe un costo maggiore ed
ulteriore [..] producendo così un costo complessivo del finanziamento in
oggetto più alto. In pratica si genera un secondo interesse corrispettivo
ultroneo ecc.".
A parte l'ovvietà che il ritardo nel pagamento aumenta il debito per interessi,
dall'esempio non è dato ricavare che il tasso di interesse applicabile, su un
debito di 155.000 (capitale iniziale) sia pari all'11,84% pari alla somma dei
tassi semplici. Si ricava anzi esattamente il contrario. Nel mese di
maturazione della rata di ammortamento, il tasso corrispettivo del 4,92% ha
prodotto interessi per 635,50[46], mentre il tasso di mora, pur se
nominalmente superiore (6,92%), nei successivi ipotetici 29 giorni di ritardo
ha prodotto un minimale (4,53)[47] incremento del debito per interessi,
essendo calcolato sulla sola prima rata scaduta, pari a 824,51.
In definitiva, il mutuatario è tenuto a pagare, periodo per periodo, o il tasso
corrispettivo (sul capitale a scadere) o il tasso di mora (sulla rata scaduta),
mentre non può pagare nel medesimo periodo di tempo sullo stesso debito principale
un tasso pari alla sommatoria dei due tassi. Resta con ciò escluso che possa
determinarsi il TEG contrattuale ai fini della verifica di usura in misura non
inferiore alla somma dei tassi semplici, corrispettivo e di mora.
La riprova matematica di quest'affermazione si ha considerando, ancora una
volta, la C.T.U. che, applicando l'interesse di mora alle rate progressivamente
scadute e non pagate e prevedendo il pagamento in unica soluzione di tutte le
rate a chiusura del contratto, ha stabilito che il TEG dell'operazione è
compreso nell'intervallo tra il 5,918% alla seconda rata e il 6,859% alla 360^
rata e quindi risulta in ogni scenario possibile inferiore alla sommatoria del
tasso corrispettivo e moratorio.
Questione affatto diversa - ancorché talvolta confusa con la sommatoria dei
tassi semplici - è la necessità di aggregare ai fini della determinazione del
TEG tutte le somme dovute a titolo di interessi corrispettivi e di interessi
moratori, la quale risponde al principio di onnicomprensività stabilito
dall'art. 2 comma 1 della legge n. 108 e che nondimeno esige il rispetto della
metodologia indicata dalla legge e utilizzata nelle istruzioni di Banca
d'Italia, ossia il TIR, e non consente di utilizzare metodi empirici
differenti, non compatibili col dato normativo e non validati scientificamente,
come quelli esaminati sopra.
In senso contrario alla sommatoria dei tassi, vedi in ogni caso Trib. Brescia
16.1.2014 e 23.1.2014; Trib. Milano 28.1.2014; Trib. Napoli 18.4.2014; Trib.
Verona 30.4.2014; Trib. Roma 3-16.9.2014 (ord.); Trib. Ascoli Piceno
15.12.2014; Trib. Padova 10.3.2015.
2.4.4. Parte della giur. di legittimità, segnatamente la cit. Cass. 17.10.2019
n. 26286, opina necessario individuare il tasso soglia degli interessi di mora
sommando al tasso soglia degli interessi corrispettivi il valore medio degli
interessi (2,1%) di mora rilevato dalla Banca d'Italia.
La conclusione non può essere condivisa, perché incompatibile, ancora una
volta, con il dato normativo dell'art. 2 comma 1 della legge n. 108 che
prescrive che il tasso medio sia, oltre che "effettivo in ragione
d'anno", anche onnicomprensivo. Per conseguenza, anche il limite oltre il
quale gli interessi sono sempre usurari (comma 4), derivato aritmeticamente dal
tasso medio, non può che essere onnicomprensivo e comprendere tutti i costi del
credito. Visto che gli interessi di mora sono, come ripete da sempre la S.C.,
collegati all'erogazione del credito perché condividono la stessa natura dei
corrispettivi (punto messo a fuoco da Cass. 27442/18) non è possibile stabilire
due diverse soglia di usura: una per i debitori adempienti, l'altra per gli
inadempienti: o il costo complessivo del credito è tollerabile (inferiore al
limite) oppure è eccessivamente oneroso (sopra il limite), indipendentemente
dal fatto che il debitore paghi regolarmente oppure no.
2.5. In definitiva, l'unico metodo conosciuto, matematicamente corretto, che
consenta di applicare la metodologia del TAEG, come richiede l'art. 2 della
legge n. 108, e di considerare ex ante il peso degli interessi di mora perché
semplicemente "promessi", ancorché di incerta verificazione (se,
quando e in quale misura), come richiedono l'art. 1 d.l. 394/00 e Cass. sez.
un. 24675/17, è il c.d. worst case scenario, che postula il necessario rispetto
del tasso soglia di usura sia nello scenario del fisiologico rispetto del piano
di ammortamento del mutuo, sia in ogni altro scenario possibile a termini di
contratto, ma ipotetico, nel quale si verifichi, a una o più scadenze, il mancato
pagamento della rata con conseguente maturazione di mora.
Gli scenari possibili e ipotetici sono evidentemente in numero infinito, ma si
osserva in dottrina e nella poca giur. edita sul punto (cfr. Trib. Udine
26.9.2014 in Danno e responsabilità 2015, pag. 522), che l'interprete non ha
necessità di ricostruire ogni possibile scenario, poiché è a tale fine
sufficiente verificare il rispetto (o mancato rispetto) del tasso soglia nello
scenario peggiore (worst case). Per la costruzione del worst case, devono considerarsi:
1) la sistematica omissione del pagamento a scadenza di tutte le rate, con
conseguente maturazione della mora; la base di calcolo degli interessi moratori
cresce nel tempo, mano a mano che rate successive vengono a scadenza senza
essere pagate; 2) il sistematico pagamento della mora periodicamente maturata
sulle rate scadute, atteso che l'interesse moratorio non può essere a sua volta
capitalizzato (cfr. art. 3 delibera CICR 9.2.2000) e che la traslazione in
avanti del momento del pagamento diluisce il valore attualizzato a t0; 3)
infine, il rimborso, a chiusura dell'operazione, di tutte le rate scadute alla
scadenza prevista del piano di ammortamento; a voler considerare la possibilità
di un'estinzione anticipata, dovrebbe considerarsi il pagamento a quella data,
oltre che delle rate scadute, anche dell'eventuale capitale ancora a scadere;
4) il calcolo delle quote interessi e della mora, nel caso di variabilità del
tasso, deve farsi secondo i valori che il parametro assume alla data di
conclusione del contratto, atteso che l'art. 1 del d.l. 394/00 non consente
altra possibile soluzione.
L'adozione di questo metodo di verifica del rispetto del tasso soglia comporta
peraltro, in coerenza con la pluralità di scenari possibili, che l'operazione
finanziaria non esprima un unico TEG, ma un tasso: 1) crescente, in ragione
della periodica maturazione e pagamento di interessi di mora sulle rate non
adempiute; 2) tendente a un limite (e pertanto la crescita non è indefinita) in
ragione del fatto che la base di calcolo della mora è finita, essendo
rappresentata dalla somma delle rate previste nel piano di ammortamento, e che
la mora maturata a sua volta non concorre a generare nuova mora. Sul worst case
vedi C.T.U. pag. 22 e ss..
Nel caso di specie, il C.T.U. ha verificato che, anche nello scenario peggiore,
il TEG dell'operazione è compreso nell'intervallo tra il 5,918% alla seconda
rata e il 6,859% alla 360^ rata e quindi risulta in ogni scenario possibile
inferiore al tasso soglia fissato al 7,715%. La domanda deve pertanto
respingersi.
2.6. Messa a fuoco l'interpretazione delle norme, poche battute appaiono, a
questo punto, necessarie per confutare le metodologie di calcolo adottate nella
perizia di parte attrice.
2.6.1. Il perito considera a pag. 19 ss. uno scenario da lui definito
"tasso effettivo di mora", per calcolare il quale "è necessario
calcolare l'importo dovuto in Euro secondo il Tasso di Mora applicato
all'importo della rata scaduta per i giorni di ritardo e verificare a quanto
corrisponda in termini percentuali l'importo così ottenuto sulla quota di
capitale della rata. Il risultato di questa operazione determina il Tasso
Effettivo di Mora [TEMO] secondo la seguente equazione" (pag. 21):
In buona sostanza, come ben spiega la perizia nel prosieguo, il TEMO postula
una verifica sulla singola rata, considerando al numeratore la mora (e altri
oneri) applicabili al caso di ritardo e al denominatore la frazione di capitale
che produce interessi moratori, ossia il capitale scaduto, per il numero dei
giorni di ipotetico ritardo (nel caso di specie, ipotizzato in 29 giorni). In
questa valutazione, il perito considera anche la portata dell'art. 5 del
contratto, secondo cui "ogni somma dovuta dal mutuatario per qualsiasi
titolo in dipendenza del presente contratto [..] e non pagata produrrà di pieno
diritto dal giorno della scadenza e senza bisogno di costituzione in mora,
interessi moratori a carico della parte mutuataria ed a favore della Banca
interessi di mora ecc.". In definitiva, ritiene il perito doversi
calcolare nella mora (al numeratore della frazione) tutta la mora prodotta
sulla rata scaduta, dipendano essi da un debito capitale o da un debito per
interessi corrispettivi. Questo calcolo comporta, sulla prima rata, un preteso
TEMO del 30,187% in violazione della soglia di usura del 7,715%.
Il metodo è inaccettabile, perché comporta una verifica su una singola rata a
piacere in patente violazione del principio di onnicomprensività (§ 2.4.1.) e
considerando, nell'insieme dei costi, una specifica voce ed essa sola (tasso di
mora), di nuovo in patente violazione dello stesso principio.
2.6.2. Il perito considera la sommatoria dei tassi, che è nondimeno
inammissibile per le considerazioni già anticipate, anche con riguardo alla
perizia all'odierno esame, sub § 2.4.3..
3. Il capitolato allegato al contratto di mutuo (doc. 1 conv.), al paragrafo
"estinzione o riduzione anticipata", prevede che "il mutuatario
potrà estinguere anticipatamente il debito in tutto o in parte, purché: abbia
ottenuto l'integrale erogazione del mutuo; non sia inadempiente nei confronti
della Banca riguardo agli obblighi dipendenti dal contratto e dal presente
capitolato, in particolare per quanto riguarda il pagamento di ogni somma
dovuta alla Banca in dipendenza del mutuo [..]".
Unitamente al capitale e agli interessi maturati sul capitale da rimborsare, il
mutuatario deve corrispondere alla banca un compenso onnicomprensivo così
determinato: - estinzione/riduzione entro la 60esima rata: 3% del capitale
anticipatamente restituito + euro 9,60 per ogni rata mancante alla scadenza
naturale del contratto; - estinzione/riduzione dalla 61esima rata: 1% del
capitale anticipatamente restituito + euro 9,60 per ogni rata mancante alla
scadenza naturale del contratto; - estinzione/riduzione oltre la 180esima rata:
0% del capitale anticipatamente restituito + euro 9,60 per ogni rata mancante
alla scadenza naturale del contratto.
All'art. 1 del contratto, la parte mutuataria, "pur essendo legittimata ad
estinguere anticipatamente in tutto o in parte il proprio debito, peraltro
dichiara che non estinguerà in via anticipata il presente contratto, prima che
siano decorsi 18 (diciotto) mesi più un giorno dalla data di erogazione; e ciò
al fine di poter beneficiare del trattamento fiscale di cui all'articolo 15 del
D.P.R. n. 601/1973".
Le questioni sono:
· quale sia la qualificazione giuridica di questa commissione;
· se tale costo sia collegato all'erogazione del credito ai fini dell'art. 644
c.p.;
Il tenore letterale del contratto (art. 1 e capitolato) indica che al
mutuatario è stata attribuita facoltà di recedere dal contratto
anticipatamente, tramite rimborso in tutto o in parte del capitale ancora in
godimento, per il quale cioè non sia scaduto il termine di rimborso previsto
nel piano di ammortamento. Tra le altre condizioni, per l'esercizio della
facoltà di recesso, è previsto il pagamento della commissione onnicomprensiva,
che ha la lata funzione di ristorare indirettamente la banca delle
remunerazioni contrattuali perdute per effetto dell'anticipato rimborso.
Peraltro, è evidente che l'obbligazione di corrispondere tale commissione in
tanto viene a esistenza in quanto il mutuatario dichiari, facendo
"richiesta scritta con preavviso di almeno 90 giorni", di voler recedere
dal contratto e di fatto eserciti tale diritto potestativo, corrispondendo le
somme necessarie, compresa la commissione. Giuridicamente, tale commissione si
qualifica come multa penitenziale (art. 1373 c.c.; cfr. in precedenza Trib.
Torino 13.9.2017 su dirittobancario).
Malgrado tale commissione abbia la funzione di ristorare indirettamente la
banca delle remunerazioni contrattuali perdute per effetto dell'anticipato
rimborso, ritiene lo scrivente che essa non possa ritenersi "costo
collegato all'erogazione del credito" perché: 1) tale debito viene a
esistenza solo se il mutuatario eserciti il diritto potestativo di recedere dal
contratto; 2) tale atto di esercizio costituisce espressione di autonomia
negoziale su cui la banca non può interferire; 3) a sua volta, la banca non ha
alcun potere o facoltà di anticipare la chiusura dell'operazione per maturare
il diritto al pagamento di una penale di estinzione poiché il contratto non la
prevede.
A riprova dell'estraneità delle "penali" di estinzione anticipata ai
costi previsti per l'erogazione del credito cfr. le Istruzioni di Banca
d'Italia sub § C4 ("Le penali a carico del cliente previste in caso di
estinzione anticipata del rapporto, laddove consentite, sono da ritenersi
meramente eventuali, e quindi non vanno aggiunte alle spese di chiusura della
pratica").
In definitiva, non può affermarsi il superamento della soglia d'usura per
effetto della pattuizione della commissione di estinzione anticipata, poiché il
costo non può ritenersi collegato all'erogazione del credito.
Deve peraltro aggiungersi che il mutuatario non ha mai esercitato la facoltà di
recesso dal contratto e pertanto mai si sono verificate le condizioni perché
l'obbligo di corrispondere la commissione venisse a esistenza.
4. Infine, in citazione (pag. 6), gli attori deducono, sempre richiamandosi
alla perizia di parte, che l'ISC dichiarato nel contratto (6,770%) è inferiore
all'ISC verificato (6,773%), ma la doglianza è manifestamente infondata visto
che il TAEG/ISC al tempo della conclusione del contratto doveva essere
calcolato su otto decimali ed espresso tramite due soli decimali (art. 2 D.M.
Tesoro 8.7.1992), con plausibile arrotondamento all'intero più vicino.
Il rilievo è assorbente ed esime, secondo il criterio della ragione più liquida,
dal confutare la perizia rilevando l'estraneità al TAEG/ISC di una parte dei
costi considerati dal perito (pag. 13) quali le spese di restrizione e accollo
del mutuo, e dall'esaminare le implicazioni dell'eventuale difformità tra il
TAEG dichiarato e quello applicato.
5. In conclusione, l'opposizione deve respingersi. Le spese di C.T.U., comprese
quelle della C.T.U. già liquidata in corso di causa, seguono la soccombenza e
si liquidano per gli onorari sulla media dello scaglione. Non sussistono le condizioni
per pronunciare condanna alle spese per temerarietà della lite poiché il
comportamento degli attori non denuncia uno specifico dolo o colpa grave
nell'azione.
PQM
Il Giudice, definitivamente pronunciando, respinta ogni contraria domanda
istanza eccezione:
rigetta tutte le domande degli attori e li condanna a rifondere alla convenuta
le spese di lite che liquida d'ufficio in 13.430,00 per onorari, oltre
rimborso spese generali 15%, CPA come per legge e IVA se indetraibile.
Torino, 5 febbraio 2020
Il Giudice
(dott. Enrico Astuni)
[1] A cura di R. Marcelli, A. Valente.
[2] Cfr.: R. Marcelli, La mora e l'usura: criteri di verifica, 2014, in
assoctu.it; R. Marcelli, A. Valente, Usura e tasso di mora. Sancita la verifica
alla pattuizione: riflessi operativi, 2017, in assoctu.it
[3] La mora non rientra nell'ambito fisiologico dell'operazione di
finanziamento, avendo un carattere eventuale e straordinario. Ma la legge
108/96 risulta rivolta ad assicurare una copertura completa dall'usura, estesa
in ogni direzione, dai costi immediati a quelli procrastinati, da quelli
ricorrenti a quelli occasionali.
[4] La sentenza precisa ulteriormente: 'Allargando per un momento l'analisi
all'apertura di credito in c/c e alle altre operazioni a utilizzo flessibile,
in cui la verifica deve farsi, seguendo le Istruzioni di Banca d'Italia e parte
della giur. di legittimità (cfr. Cass. 18.1.2019 n. 1464, in motivazione)
trimestre per trimestre - anziché una tantum al momento della conclusione del
contratto, come è invece previsto per il mutuo - si deve dire che è invece
possibile che esistano nel caso dell'apertura di credito alcuni trimestri in
usura e altri no, con conseguente limitazione ai primi degli effetti dell'art.
1815 cpv. c.c..'
[5] Il rendimento effettivo è il tasso che rende uguale, su base annua, la
somma del valore attuale di tutti gli importi che compongono il finanziamento
erogato dal creditore (Ak) alla somma del valore attuale di tutte le rate di
rimborso (A'k). Il TAEG è calcolato mediante la formula:
indicando come: "i"= TAEG, che può essere calcolato quando gli altri
termini dell'equazione sono noti.
[6] Gli interessi di mora non possono essere enucleati e rapportati all'importo
eventualmente insoluto, ma congiuntamente agli interessi corrispettivi vanno
riferiti al capitale di credito previsto contrattualmente, secondo il piano di
ammortamento che risulta modificato dall'eventuale inadempimento della rata o
del capitale a scadenza. Nella verifica dell'usura, con riferimento al capitale
pattuito ed erogato occorre calcolare il tasso effettivo annuale, richiamato
espressamente dalla legge 108/96, sia nella più ricorrente eventualità di un
corretto rispetto delle scadenze contrattuali, sia nelle eventualità in cui si
attivano le condizioni sospensive previste in contratto. La mora, pur essendo
riferita alla rata scaduta, va comunque ricompresa nella complessiva verifica
dell'usura del credito concesso: nell'evento di morosità la rata scaduta e
impagata non configura una nuova erogazione, ma più semplicemente una modifica
del piano di rimborso, a condizioni di tasso modificate. La verifica dell'usura
va ricondotta al costo complessivo che il credito concesso subisce a seguito
dell'eventuale morosità che possa intervenire in una o più rate e/o nel
capitale a scadenza. Il tasso di mora non è un tasso effettivo, è un tasso
semplice che integra il tasso corrispettivo, come riflesso del mutamento
determinatosi nel piano di ammortamento. Il debordo della soglia da parte del
tasso di mora applicato alle rate e/o al capitale insoluto alla scadenza non
comporta necessariamente un tasso effettivo annuo in usura. Si determineranno
circostanze di usurarietà pattizia se, per una delle possibili eventualità che
comportano una modifica delle scadenze del piano di ammortamento convenuto, gli
interessi di mora previsti in contratto, fondendosi agli interessi
corrispettivi, condurranno ad un tasso annuo effettivo dell'intero prestito
debordante la soglia vigente alla data di stipula del contratto. Ponendo il rispetto
della soglia d'usura in questi termini, l'autonomia della mora viene meno:
l'usurarietà viene a dipendere dall'intero costo del credito concesso, ivi
compresi gli interessi corrispettivi.
[7] Nella sentenza si precisa: 'Questione affatto diversa - ancorché talvolta
confusa con la sommatoria dei tassi semplici - è la necessità di aggregare ai
fini della determinazione del TEG tutte le somme dovute a titolo di interessi
corrispettivi e di interessi moratori, la quale risponde al principio di
onnicomprensività stabilito dall'art. 2 comma 1 della legge n. 108 e che
nondimeno esige il rispetto della metodologia indicata dalla legge e utilizzata
nelle istruzioni di Banca d'Italia, ossia il TIR, e non consente di utilizzare
metodi empirici differenti, non compatibili col dato normativo e non validati
scientificamente'.
[8] La sentenza precisa ulteriormente: Gli scenari possibili e ipotetici sono
evidentemente in numero infinito, ma si osserva in dottrina e nella poca giur.
edita sul punto (cfr. Trib. Udine 26.9.2014 in Danno e responsabilità 2015,
pag. 522), che l'interprete non ha necessità di ricostruire ogni possibile
scenario, poiché è a tale fine sufficiente verificare il rispetto (o mancato
rispetto) del tasso soglia nello scenario peggiore (worst case). Per la
costruzione del worst case, devono considerarsi: 1) la sistematica omissione
del pagamento a scadenza di tutte le rate, con conseguente maturazione della
mora; la base di calcolo degli interessi moratori cresce nel tempo, mano a mano
che rate successive vengono a scadenza senza essere pagate; 2) il sistematico
pagamento della mora periodicamente maturata sulle rate scadute, atteso che
l'interesse moratorio non può essere a sua volta capitalizzato (cfr. art. 3
delibera CICR 9.2.2000) e che la traslazione in avanti del momento del
pagamento diluisce il valore attualizzato a t0; 3) infine, il rimborso, a
chiusura dell'operazione, di tutte le rate scadute alla scadenza prevista del
piano di ammortamento; a voler considerare la possibilità di un'estinzione
anticipata, dovrebbe considerarsi il pagamento a quella data, oltre che delle
rate scadute, anche dell'eventuale capitale ancora a scadere; 4) il calcolo
delle quote interessi e della mora, nel caso di variabilità del tasso, deve
farsi secondo i valori che il parametro assume alla data di conclusione del
contratto, atteso che l'art. 1 del d.l. 394/00 non consente altra possibile
soluzione.(Per una più estesa illustrazione ed esempio dell'algoritmo tecnico
di verifica, Cfr.: R. Marcelli, La mora e l'usura: criteri di verifica, 2014,
in assoctu.it; R. Marcelli, A. Valente, Usura e tasso di mora. Sancita la
verifica alla pattuizione: riflessi operativi, 2017, in assoctu.it).
[9] Anche la dottrina più accreditata ritiene che il bene giuridico tutelato
dall'art. 644 c.p. al 1° comma, sia ravvisabile, in primis, nel corretto
esercizio dell'attività creditizia, mentre il 3° comma sia più specificatamente
rivolto alla tutela del patrimonio del soggetto. 'La norma di nuovo conio si
spinge dunque su un terreno particolarmente avanzato, proteggendo non solo la
posizione del singolo contraente, ma anche il regolare e affidabile
funzionamento delle attività connesse alla prestazione del credito, che assurge
a bene giuridico protetto al pari di quello relativo alla libertà contrattuale.
Anche la giurisprudenza penale ha riconosciuto che, accanto alla protezione del
singolo, il delitto di usura protegge soprattutto gli interessi collettivi al
corretto funzionamento dei rapporti negoziali inerenti alla gestione del credito
ed alla regolare gestione dei mercati finanziari. Il credito, il cui esercizio
è garantito dall'art. 47 della Costituzione, costituisce elemento
imprescindibile dell'economia ed il legislatore, con l'introduzione della
normativa antiusura, ha fornito lo strumento per proteggere e soprattutto
calmierare il mercato creditizio, imponendo una regolamentazione autoritativa
favorevole per la parte contrattuale più debole. Si può ritenere quindi che,
sebbene sia collocato nel codice tra i delitti contro il patrimonio mediante
frode, il reato di usura sia posto a tutela di un regolare, affidabile e
regolamentato mercato del credito, oltre della libertà di autodeterminazione
negoziale e di altri interessi attinenti alla sfera personale e patrimoniale
della vittima. A differenza di quanto avviene normalmente per i delitti contro
il patrimonio, ma similmente a tutte le norme proiettate in un'ottica di tutela
del mercato, la fattispecie presenta un disvalore che si incentra sul «pericolo
di danno finanziario», presuntivamente derivante dal mero superamento dei tassi
soglia, senza richiedere alcun accertamento in ordine all'effettivo pregiudizio
patrimoniale subito dalla vittima (la quale, in determinate circostanze e
valutato il complesso dei riflessi economici, dalla pattuizione di interessi
usurari potrebbe persino ottenere effetti positivi). (M.B.Magro, 'Riflessioni
penalistiche in tema di usura bancaria', Diritto Penale Contemporaneo, marzo
2017).
'Emergono con chiarezza gli interessi tutelati: non soltanto la libertà
contrattuale della parte debole, ma più in generale il corretto svolgimento
delle relazioni economiche nel mercato del credito e la tutela, al suo interno,
delle soggettività deboli - imprese di medie e piccole dimensioni e consumatori
- secondo una strategia condotta già in sede comunitaria e realizzata nei primi
anni dell'ultimo decennio con il riassetto della legislazione bancaria intorno
ai valori della trasparenza, della correttezza, della buona fede, della
repressione delle condotte abusive. Il tutto, nell'orbita della generale
previsione dell'art. 2 trattato CE sulla promozione - con l'instaurazione di un
mercato comune e di una unione economica e monetaria - di uno sviluppo
equilibrato delle attività economiche, di una crescita sostenibile e non
inflazionistica, rispettosa dell'ambiente e finalizzata al miglioramento del
tenore e della qualità della vita. L'enorme rilevanza degli interessi tutelati
- assolutamente di ordine pubblico - impone fin d'ora la soluzione della
nullità del contratto di usura. (F. Di Marzio, Contratto e reato. Note sulla
causa di credito e sulla causa di garanzia, Giornata di studio CMS Frascati,
23/2/00, in astra.csm.it/incontri/relaz/5213).
[10] Un avviso che valorizza l'unitarietà del rapporto, sembra evincersi anche
da un passaggio della sentenza della Cassazione, II Sez. Penale n. 46669/11:
'Né possono avere rilievo le differenziazioni del tasso operato in caso di
conto corrente non affidato - in cui il credito erogato è superiore al fido
concesso, rispetto al conto corrente affidato - in cui l'utilizzo avvenga
regolarmente nei limiti del fido, dovendo, comunque, la banca non superare il
tasso soglia normativamente previsto indipendentemente dalla circostanza che
nel caso di conto corrente non affidato la banca debba fronteggiare un inatteso
e irregolare utilizzo del credito da parte del cliente, che, pur rappresentando
un costo per l'eventuale scorretto comportamento del cliente, non può comunque
giustificare il superamento del tasso soglia, trattandosi di un costo collegato
all'erogazione del credito che ricorre ogni qualvolta il cliente utilizza lo
scoperto di conto corrente e funge da corrispettivo dell'onere, per la banca,
di procurarsi e tenere a disposizione del cliente la necessaria provvista di
liquidità'. In una sentenza precedente del 2012 (n. 26100 del 5 luglio 2012) la
Cassazione Penale, per una situazione non identica ma alquanto accostabile
aveva più esplicitamente stabilito: 'solo in relazione a rapporti finanziari
distinti e autonomi potrebbe escludersi, ai fini del superamento del tasso
soglia, il cumulo degli interessi rispettivamente riferibili all'uno e
all'altro, non certo rispetto ad un unico rapporto che veda nel corso del suo
svolgimento l'appesantimento' della posizione del debitore'.
[11] 'La violazione della norma conduce, infatti, al singolare risultato che il
contratto di mutuo resta in vita in tutte le sue previsioni. Il mutuatario ha
diritto di godere del vantaggio della dilazione nel godimento della somma
mutuata secondo i piani di restituzione con le rate pattuite, ma - non essendo
più esigibile alcuna forma di interesse, neanche quella legale come era nel
vigore della precedente versione dell'art. 1815, 2° comma, c.c. - le rate
pattuite conterranno solo la somma capitale e non più gli interessi. Nella
esperienza sino ad ora sviluppata nel nostro ordinamento, nel campo dei
controlli sui prezzi e sui corrispettivi pattuiti dai privati, si tratta della
sanzione probabilmente più grave che mai sia stata applicata e la ragione è da
ricondurre alla particolare considerazione della gravità del fenomeno
dell'usura, in tutte le sue implicazioni economico sociali'. (B. Inzitari, 'Il
mutuo con riguardo al tasso 'soglia' della disciplina antiusura e al divieto
dell'anatocismo', in Banca, borsa, tit. cred., 1999, I, 257 ss.).
Puntuali e pertinenti appaiono altresì le considerazioni sviluppate in una
recente sentenza del Tribunale di Pesaro: 'Il sistema prevede già che gli
interessi moratori e corrispettivi, pur nella diversità di funzione, possano avere
una disciplina omogenea. In quest'ottica va letta, per esempio, la disposizione
di cui all'art. 1224, comma 2, c.c., nella parte in cui "prevede che, se
prima della mora erano dovuti interessi superiori a quelli legali, gli
interessi moratori sono dovuti nella stessa misura" (vedere in senso
conforme Cass. Civ. n. 5286/00). Al tasso di interessi moratori non
corrisponde d'altra parte una diversa categoria di credito. La mora è infatti
solamente una componente eventuale del medesimo credito. Il legislatore di
conseguenza, nel ricomprendere entro la soglia di usura gli interessi,
commissioni e spese comunque collegate alla erogazione del credito ed a
qualunque titolo pattuiti ha voluto porre un limite superiore perentorio entro
il quale ricomprendere tutti i costi del credito, inclusi quelli correlati alle
criticità e patologie eventuali del rapporto. La pattuizione di un tasso
sopra i limiti del tasso soglia determina ex art. 1815 c.c. l'impossibilità di
riconoscere all'istituto di credito alcun tipo di interesse. La disposizione di
cui all'art. 1815, comma 2, c.c. risulta chiara ed ha certamente natura
sanzionatoria, per cui va applicata come conseguenza del superamento, per
qualsiasi causa o motivo, del tasso di soglia legale, a prescindere dalla
liceità del tasso degli interessi corrispettivi promessi' (Trib. Pesaro, n.
1193 del 5/10/2017).
[12] L'accertamento dell'usura pattizia verrebbe a trascinare nella nullità
anche gli eventuali impegni di garanzia fideiussoria prestati al rapporto usurario.
Anche la Banca d'Italia, nelle Istruzioni per la rilevazione del TEGM,
ricomprende fra le remunerazioni a qualsiasi titolo: "le spese di
assicurazione o intese ad assicurare il rimborso totale o parziale del credito
ovvero a tutelare altrimenti i diritti del creditore". Nella circostanza,
l'impegno fideiussorio, quale vantaggio incluso dall'art. 644 c.p. nel
corrispettivo del finanziamento concorre a determinare l'usura e rimane incluso
nella sanzione prevista dall'art. 1815 c.c. Al riguardo la Cassazione n.
26262/07 ha avuto modo di precisare: 'Questa Corte ha infatti affermato che,
nel caso in cui il garante assuma l'impegno di pagare una determinata somma di
denaro in favore del beneficiario della garanzia per il solo fatto che tale
soggetto, allegando l'inadempimento dell'obbligazione principale, ne faccia
richiesta, egli rinunzia ad opporre eccezioni inerenti al rapporto che lega il
debitore principale al beneficiario della garanzia, anche se dirette a far
valere l'invalidità del contratto dal quale tale rapporto deriva. Siffatto
principio incontra tuttavia una prima eccezione, costituita dall'escussione
fraudolenta o abusiva, a fronte della quale il garante può e deve opporre la
exceptio doli (Cass. n. 5997 del 2007; n. 6757 del 2001; n. 10864 del 1999), la
cui ricorrenza nella specie è stata esclusa dalla Corte territoriale affermando
che i relativi «estremi neppure [sono stati] addotti dalle parti interessate»
(pg. 7 della pronuncia) con conclusione non specificamente censurata, quindi
ormai incontestabile. Una seconda deroga è costituita dal caso in cui
l'eccezione sia fondata sulla nullità del contratto principale per contrarietà
a norme imperative o per illiceità della causa. In quest'ultima ipotesi in cui,
attraverso il secondo contratto si tende ad assicurare il risultato che
l'ordinamento vieta, l'invalidità del contratto "presupposto" si
comunica infatti al contratto di garanzia, rendendo la sua causa illecita
(Cass. n. 5997 del 2006; n. 3326 del 2002). Nel quadro di queste norme,
risulta dunque palese che, avendo gli appellanti evocato la nullità della
clausola concernente la disciplina degli interessi per contrarietà con una
norma penale, ai sensi dell'art. 1418 c.c., era astrattamente sussistente la
seconda delle due eccezioni sopra indicate, con la conseguenza che la pronuncia
ha erroneamente ritenuto che la stessa non potesse essere fatta valere dai
ricorrenti e che fosse irrilevante l'accertamento chiesto sul punto e, quindi,
in questa parte la sentenza deve essere cassata. Risulta di palmare evidenza
che la presenza dell'usura trascini la nullità degli impegni di fideiussione
che concorrono e garantiscono l'usura stessa.
[13] R. Marcelli, Usura Bancaria: ad un ventennio dalla Legge: un impietoso
bilancio, Banca Borsa e Tit. Cred. Suppl. n. 4/2017, Giuffré.
[14] In un accostamento figurativo, già l'aver appostato la trappola per
conigli configura l'illecito, indipendentemente dal verificarsi dell'evento e
indipendentemente dall'impiego, come mezzo, del tasso corrispettivo, del tasso di
mora, dell'indennizzo di anticipata estinzione o della penale di risoluzione e
recesso. La previsione in contratto di importi 'capestro' rileva in sé sol
perché assumono illeciti valori.
[15] 'La verifica dell'usura non può essere circoscritta al tasso di mora;
quest'ultimo non può essere enucleato e trattato separatamente. La soglia
d'usura è riferita al credito concesso: appare un'illegittima forzatura
prevedere per la rata insoluta e/o per il finanziamento scaduto, un'apposita
soglia. L'obbligazione originatasi con il mutuo o con il finanziamento in conto
è unica e alla stessa vanno congiuntamente riferiti i costi corrispettivi e
moratori senza discriminazione alcuna fra la fase fisiologica e quella
patologica. La norma di legge, per ciascuna categoria di credito, pone un
limite, assoluto ed inderogabile, all'aggregato dei costi previsti in
contratto, quale che sia la natura corrispettiva, compensatoria o penale. A
questo limite devono soggiacere le condizioni contrattuali. Non ha alcun senso
il semplice confronto della mora con la soglia d'usura. Il tasso di mora
costituisce un tasso semplice, riferito alla rata e/o al capitale scaduto,
mentre quello che, al momento pattizio, occorre riferire alla soglia è il tasso
effettivo annuo del credito erogato, sia nello scenario di un pieno rispetto
del piano di ammortamento convenuto, sia in ogni possibile scenario nel quale,
a seguito dell'inadempimento ad una o più scadenze, con l'applicazione del
maggiore interesse di mora e il mutamento che interviene nel piano di rimborso,
si modifica conseguentemente il tasso effettivo annuo del credito erogato. La
mora, che si cumula nel tempo in capitalizzazione semplice, può ben estendersi,
entro margini moderati, oltre il tasso soglia senza pregiudicare il fermo
presidio della soglia d'usura, posto al rendimento effettivo del credito
concesso, comprensivo sia degli interessi corrispettivi sia degli eventuali
interessi moratori nei quali può incorrere il mutuatario nel piano di rimborso
del finanziamento ricevuto' (R. Marcelli, La mora e l'usura: criteri di
verifica, 2014, in assoctu.it).
[16] 'Gli interessi, commissioni, remunerazioni e spese (ad eccezione di
imposte e tasse) a qualunque titolo pattuiti devono essere considerati come un
dato unico da raffrontare al tasso soglia ed è evidente che va esaminata, ai
fini della ricorrenza dell'usura oggettiva originaria, la ricerca ipotetica
della peggiore delle ipotesi possibili, ovvero quella economicamente più
svantaggiosa per il cliente.' (Trib. Benevento, Genovese, 25/10/16 n. 2883;
cfr. anche Trib. Massa, Provenzano, 23/03/16; Trib. Milano, Tranquillo, n.
13997 del 10/12/15; Trib. Udine, Massarelli, 26/9/14 e 1/4/15; su posizioni
similari ma con pregnanti distinzioni Trib. Torino, Astuni, 21/10/14 e
20/6/15).
[17] Per gli interessi di mora, contrariamente a quanto può essere previsto per
gli interessi corrispettivi, non è consentita la capitalizzazione: il puntuale
pagamento degli interessi di mora non apporta pertanto alcun beneficio al
debitore e comporta conseguentemente una lievitazione del rendimento effettivo
annuo del costo del prestito. Rispetto allo scenario descritto, qualunque
pagamento anticipato o posticipato di capitale e/o interessi corrispettivi e/o
qualunque pagamento posticipato di interessi di mora, condurrebbe ad un tasso
annuo effettivo inferiore.
[18] Al riguardo si è avuto modo di rilevare in altro documento: 'Il
legislatore, nel ricomprendere entro la soglia d'usura gli interessi,
commissioni e spese inerenti al credito, a qualunque titolo percepiti, non ha
necessariamente disconosciuto la diversa funzione degli interessi di mora e
degli interessi corrispettivi, né ha inteso precludere una penale nel caso di
mancato pagamento. Ha voluto invece porre, all'atto dell'erogazione, un limite
superiore perentorio, entro il quale ricomprendere tutti i costi del credito,
relativi ad ogni criticità e/o patologia presente e eventuale. In questo si
qualifica il presidio all'usura. Se il tasso praticato dall'intermediario si
colloca nell'intorno del valore medio di mercato, vi sono ampi margini per una
maggiorazione della mora. Se, invece, il tasso praticato si colloca a ridosso
della soglia d'usura, già sconta il rischio di insoluto alla scadenza;
l'intermediario non incontra ulteriori costi oltre quelli il cui rischio è già
statisticamente coperto dal tasso corrispettivo più elevato. Nulla impedisce
all'intermediario di limitare le iniziative finanziate entro un tasso
corrispettivo che consenta altresì un'adeguata mora a presidio di comportamenti
opportunistici di inadempimento alla scadenza. La soglia d'usura, - ancor più
nel valore ampliato dal D.L. 13 maggio 2011 n. 70, convertito nella legge
106/11 - si colloca su un limite apprezzabilmente discosto dal valore medio,
che rappresenta appunto l'interesse usualmente richiesto dal mercato.
Ricomprendendo la penale della mora nel limite di soglia, si rimette
all'intermediario la gestione completa dello spread da aggiungere al valore
medio rilevato, così che possa nella sua discrezionalità stabilire - con
riferimento al margine necessario a coprire il maggior rischio di credito -
quanto ricomprendere nel tasso corrispettivo e quanto porre a deterrente di
facili comportamenti di inadempimento. Se sceglie di applicare un tasso
corrispettivo a ridosso della soglia, già sconta la maggiore eventualità che
alla scadenza il pagamento non venga onorato: il danno eventuale è già compreso
statisticamente nel maggior tasso corrispettivo richiesto. D'altra parte,
l'evento di morosità, quando non è imputabile ad occasionalità a priori
imprevedibili, è riconducibile ad una valutazione fallace dei flussi di cassa
da parte del cliente ma deriva altresì da una concessione di credito basata su
una fallace istruttoria dell'intermediario, che ha stimato attendibile e
capiente il business plan del cliente. Se l'intermediario ha correttamente
esperito la valutazione del merito di credito, il connesso rischio di
insolvenza e il corrispondente tasso di copertura, la percentuale di
inadempimenti a cui va incontro statisticamente non apporta un danno ulteriore
oltre quello previsto nel tasso corrispettivo. Per le finalità di presidio
all'usura, non ha alcun senso prevedere una specifica soglia d'usura per il
costo del credito in una fase di patologia, ancor più se interviene in una fase
successiva all'erogazione: non è questo lo spirito della legge che ha voluto
ancorare all'ordinario tasso di mercato il margine entro il quale ricomprendere
ogni forma di patologia; il costo di quest'ultima, nella sua ricorrenza
statistica, è già compreso, come rischio, nel tasso (corrispettivo e di mora)
richiesto originariamente dall'intermediario sulla base del merito di credito
del prenditore'. (R. Marcelli, L'usura della legge e l'usura della Banca
d'Italia: nella mora riemerge il simulacro dell'omogeneità, 2014, in
assoctu.it).
[19] La diversificazione del tasso soglia per le diverse categorie, riportate
nel decreto del Ministero dell'Economia, è prevista dalla legge 108/96 con
riferimento alla natura del credito, non dell'interesse. Con l'interpretazione
fornita dall'ABI (Circolare n. 4681/2003) e fatta propria dalla Banca d'Italia
solo con la Comunicazione del 3 luglio '13, si verrebbe surrettiziamente ad
introdurre una differenziazione di soglia in funzione del titolo della
remunerazione, introducendo un'ulteriore classificazione, non consentita dal
dettato normativo e non prevista negli appositi decreti del Ministero
dell'Economia. Le criticità e perplessità costituzionali sollevate dalla
dottrina, che ha ravvisato nel rinvio all'atto amministrativo circostanze di
una norma penale in bianco, verrebbero ulteriormente avvalorate, in tal caso,
dal rilievo che, sulla base della stima campionaria della Banca d'Italia - a
ciò non demandata né dalla legge né dal Ministero dell'Economia - si fa discendere
un'ulteriore soglia di legge sulla base di un carattere non previsto tra quelli
espressamente indicati dalla legge. Si osserva, per altro, che tale rilevazione
ha riguardato una quota limitata dell'universo di riferimento (10%) e risulta
circoscritta temporalmente al III trimestre '01. Non risulta che il valore del
parametro censito - maggiorazione per i casi di ritardato pagamento - sia
caratterizzato da una particolare stabilità nel tempo. Il recente
aggiornamento, curato nella rilevazione campionaria del 2015 (D.M. 21 dicembre
2017) riporta valori assai differenziati per le categorie considerate: 1,9% per
i mutui ipotecari; 4,1% per le operazioni di leasing; 3,1% per gli altri
prestiti. Con la menzionata Comunicazione del 3 luglio 2013, avente ad esplicito
oggetto 'Chiarimenti in materia di applicazione della legge antiusura', la
Banca d'Italia risulta ergersi ad integratore della norma arrogandosi una
funzione nomofilattica, tanto da far dire al Collegio di Coordinamento del
2/10/19 che le sentenze della Suprema Corte contrastano 'con le posizioni della
Banca d'Italia in tema di determinazione e composizione del tasso soglia (v.
Banca d'Italia, Chiarimenti in materia di applicazione della legge anti usura,
3 luglio 2013). Appare evidente come, in presenza di contratti di adesione,
predisposti in serie dall'intermediario, la tutela del cliente da parte della
Banca d'Italia venga oltremodo sacrificata alla stabilità dell'intermediario,
nella silenziosa ignavia dell'AGCM. Scrive A.A. Dolmetta: 'Nell'interpretare le
leggi le Autorità amministrative - quand'anche di prestigio grande, com'è nel
caso della Banca d'Italia - hanno per definizione un ruolo subalterno nei
confronti dell'Autorità giudiziaria. Secondo i principi del sistema, inoltre,
la funzione nomofilattica risulta affidata alla Corte di Cassazione. Senza
riserve di materie: già per questo motivo, dunque, le rilevazioni trimestrali
dell'usura devono mostrarsi specchio fedele degli orientamenti consolidati di
quella. D'altro canto, nell'ambito della normativa sull'usura al Ministero
dell'Economia e alla Banca d'Italia non risulta affidato nessun potere
secondario di specificazione dei precetti primari di legge (secondo quanto
capita talvolta nell'ambito della normativa di protezione del cliente; così, ad
esempio, nel caso dell'art. 117, comma 2, TUB). Come puntualmente ha osservato
proprio il Supremo Collegio, le rilevazioni trimestrali non hanno la funzione
di produrre opinioni, bensì quella esclusiva di «fotografare» l'esistente. Di
rilevare il fatto storico dei tassi applicati dall'operatività, così; come pure
di dare fotocopia alle consolidate letture che del dato normativo esprima la
Corte di Cassazione. (...) Un poco disinvolto - o, se si preferisce, molto
rapido - appare poi il passaggio in cui la Comunicazione dichiara che «per
evitare il confronto tra tassi disomogenei (TEG applicato al singolo cliente,
comprensivo della mora effettivamente pagata, e tasso soglia che esclude la
mora), i Decreti trimestrali riportano i risultati» dell'indagine di
maggiorazione». E questo per due ragioni (per quanto tra loro correlate). Nei
fatti, l'effetto fisiologico della «divergente opinione» tra Cassazione e
Autorità amministrativa è che - mentre il calcolo del TEG (in quanto
predisposto da Ministro e Vigilanza) esclude gli interessi di mora - il calcolo
usurario della fattispecie concreta tiene per contro conto anche di quelli
(posto che l'intervento dei giudici si esplica proprio sulla fattispecie
concreta). La constatazione di tanto dovrebbe comunque indurre la Vigilanza a
consigliare la maggiore prudenza e attenzione alle imprese'. (A.A. Dolmetta, A
commento della Comunicazione Banca d'Italia 3.7.2013: usura e interessi
moratori, 2013, ilcaso.it).
[20] Non si comprenderebbe, altrimenti, perché l'art. 644 c.p. dovrebbe
riguardare tutti gli interessi 'a qualunque titolo convenuti' e l'art. 1815
c.c. considerare solo quelli di mora.
[21] Se la banca, alla scadenza delle rate, rimanendo queste insolute, non
procede alla risoluzione del rapporto, si può configurare, nella condotta - in
ossequio al principio di ermeneutica contrattuale sancito dall'art. 1362, comma
2° c.c. - l'intenzione implicita di proseguire nel rapporto alle condizioni
contrattuali convenute, mora compresa.
[22] Più propriamente si parla di obbligazioni facoltative o obbligazioni con
facoltà alternativa: 'nelle obbligazioni facoltative é dedotta una
prestazione unica e non già sono previste due o più prestazioni, l'una
alternativa all'altra. L'obbligazione facoltativa è dunque un'obbligazione
semplice; tuttavia, per volontà delle parti o in virtù di una disposizione di
legge, al debitore è attribuita, fin dalla nascita del rapporto obbligatorio,
la facoltà di liberarsi dall'obbligazione, eseguendo una prestazione diversa
dall'unica prestazione dedotta in obbligazione. In definitiva, l'obbligazione
facoltativa è un'obbligazione semplice che rispetto al modello tipico
dell'obbligazione semplice presenta un quid pluris costituito dalla facoltà
attribuita al debitore di liberarsi dall'obbligazione, eseguendo una
prestazione diversa da quella dovuta. La distinzione tra obbligazioni
alternative e obbligazioni semplici con facoltà alternativa non è meramente
descrittiva e classificatoria, poiché assume una concreta rilevanza operativa
soprattutto con riferimento al caso dell'impossibilità sopravvenuta. Infatti,
laddove diventi impossibile per causa non imputabile al debitore l'unica
prestazione dedotta in una obbligazione, alla quale accede una facoltà
alternativa, il rapporto obbligatorio si estingue nella sua totalità, ancorché
sia ancora possibile esercitare la facoltà alternativa, eseguendo la
prestazione prevista come facoltativa. E ciò in quanto quest'ultima prestazione
non è dedotta in obbligazione come alternativa ad un'altra prestazione (quella
dovuta), ma costituisce semplicemente una facoltà concessa al debitore, nel
senso che si tratta di una possibilità ulteriore per conseguire la liberazione
dell'obbligo. Nell'obbligazione alternativa, invece, se prima della scelta una
delle due prestazioni diventa impossibile per causa non imputabile al debitore,
l'obbligazione diviene semplice, concentrandosi automaticamente nella
prestazione rimasta impossibile.' (E. Moscati, La disciplina generale delle
obbligazioni, Ed. Giappichelli, 2015).
[23] L'eventuale clausola che escluda l'anticipata estinzione prima del decorso
di un determinato periodo di tempo risulterebbe nulla ex art. 40 del TUB: 'emerge, in una prospettiva civilistica, che colui il quale sia debitore, in
base ad un contratto di finanziamento erogato da un soggetto esercente
l'attività bancaria, ha riconosciuta dalla legge, e non dal contratto, la
facoltà di adempiere anticipatamente l'obbligazione restitutoria assunta: la
considerazione negoziale dell'esercizio di tale facoltà, che nella previsione
normativa non è soggetto a limiti temporali, è ininfluente sulla determinazione
della durata contrattuale dell'operazione di finanziamento, la quale prescinde
dalla possibilità per il debitore di estinguere anticipatamente l'obbligazione.
Ciò significa che quella di adempimento anticipato è una facoltà irrinunciabile
del debitore, che non è soggetta ad un riconoscimento pattizio tra soggetto
finanziatore e soggetto finanziato, nel senso che l'esercizio di quella facoltà
non può ritenersi condizionato dall'inserimento nel contratto di una apposita
clausola che lo consenta o di una clausola di contenuto difforme dalla
previsione normativa che quella facoltà attribuisce, ad es. limitandone
l'esercizio in un determinato spazio temporale, escludendo che esso sia
possibile prima di un definita durata contrattuale dell'operazione di
finanziamento'. (Cassazione n. 9519 dell'11/04/08).
[24] Tuttavia, in assenza di una clausola di salvaguardia, anche un modesto
importo dell'indennizzo, nella previsione di un'anticipata estinzione in
prossimità dell'erogazione, se ricompreso nel calcolo del TEG, verrebbe a
superare qualunque soglia d'usura. Pur nel rispetto della 'salvaguardia degli
interessi patrimoniali del singolo', il focus del presidio all'usura - come
sancito dalla sentenza della Cassazione n. 20148/03 - è posto centralmente su
'gli interessi collettivi al corretto funzionamento dei rapporti negoziali
inerenti alla gestione del credito ed alla regolare gestione dei mercati
finanziari', senza tuttavia trascurare anche la 'protezione offerta
all'esercizio del credito dall'art. 47 della Carta fondamentale'. Ciò induce a
debitamente porre in primo piano il corretto funzionamento del mercato,
considerando nella sintesi ed equilibrio delle tre 'sponde' di interesse (il
mercato, il mutuatario e il mutuante), il piano propriamente contrattuale ma
ancor più il piano della lesione al funzionamento del mercato.
In questa prospettiva, si può valutare se e in quale misura, la clausola di
anticipata estinzione, prevista dall'intermediario a propria tutela e a carico
del debitore, possa concretamente assumere una dimensione tale da costituire un
significativo ed insanabile pregiudizio all'equilibrio del contratto e alla
corretta gestione del mercato, passibile della sanzione prevista dall'art. 644
c.p. e dall'art. 1815 2° comma c.c. Valutando nel contempo i remoti ma
possibili casi estremi di estinzione anticipata in prossimità del momento
pattizio di esigua ricorrenza e di ininfluente rilievo sul funzionamento del
mercato e sull'equilibrio del contratto. Nella circostanza appare più idoneo il
ricorso a correttivi diversi e più proporzionali, previsti dall'ordinamento,
volti a contemperare i diritti del creditore e la tutela del debitore.
A tal fine, il pregiudizio implicito nelle condizioni contrattuali, può essere
valutato misurando le misura temporale dell'anticipata estinzione necessaria a
rendere usurario il rendimento effettivo annuo, determinando, con il medesimo
procedimento del worst case, il punto di trade-off, entro il quale la tutela
del creditore diviene pregiudizievole per il debitore e per il mercato. Tale
misura potrà orientare il giudice nel valutare se le circostanze contrattuali -
nelle composizione congiunta di condizioni e tassi, certi ed eventuali -
configurino, già al momento genetico, una effettiva e significativa
sproporzione delle prestazioni, con conseguente applicazione dell'art. 1815, 2°
comma, c.c. o se tali circostanze vengano a costituire, al momento pattizio,
un'eventualità di usura - a tal punto remota nell'occorrenza e/o esigua nella
misura - da rendere ex ante ponderatamente inconsistente l'elemento di
squilibrio iniziale del contratto e manifestamente sproporzionata
l'applicazione dell'art. 1815, 2° comma; reputando che nel caso ricorra sul
piano operativo l'eventualità estrema, l'omissione di una clausola a
salvaguardia del creditore che l'escluda, potrebbe più propriamente, nella
proporzionalità della sanzione, essere assoggettabile ad altri, più adeguati
correttivi, previsti dall'ordinamento.
[25] 'Many financial products contain prepayment options. Loan contracts are
often structured to provide the borrower with the option to prepay the loan at
any time, or on specific dates, prior to the maturity date of the loan. These
options are important aspects of these financial products. The most commonly
encountered investment product with these feature is the mortgage backed
security. Investment contracts issued by life insurance companies contain
similar options where the policyholder is allowed to surrender the policy with
no surrender charge'. (M. Sherris, Pricing and hedging loan prepayment risk,
AFIR 1993).
[26] A parte il rischio di controparte, se i tassi di mercato scendono dal 10%
al 5%, il valore attuale della rendita futura assicurata dal finanziamento
risulta più elevato, per il differenziale creatosi nella discesa dei tassi.
[27] La Cassazione in circostanze alquanto assimilabile ha affermato: 'L'alea
di un contratto che, a norma dell'art. 1467 cod. civ., comma 2, non legittima
la risoluzione per eccessiva onerosità, comprende anche le oscillazioni di
valore delle prestazioni originate dalle regolari normali fluttuazioni del
mercato qualora il contratto sia espresso in valuta estera (Cass., Sez. 3°, 25
novembre 2002, n. 16568; Cass., Sez. £°, 17 luglio 2003, n. 11200). In tale
ipotesi, infatti, le parti, nell'esercizio della loro autonomia negoziale,
hanno assunto un rischio futuro, estraneo al tipo contrattuale prescelto,
rendendo il contratto di mutuo, sotto tale profilo, aleatorio in senso
giuridico, e non solo economico (sotto il profilo della convenienza)'.
[28] Il mutuatario che, a fronte di un finanziamento a tasso fisso, contratto
nel rispetto delle soglie d'usura previste per la tipologia di finanziamento
prescelto, volesse successivamente coprirsi dal rischio di tasso - con ciò
spostandosi di categoria di credito - potrebbe acquistare un'ordinaria opzione
che certamente non rientrerebbe nei costi del finanziamento.
[29] Dolmetta, Alibrandi, La facolta di 'estinzione anticipata' nei contratti
bancari con segnato riguardo alla disposizione dell'art. 7 L. 40/2007, Riv.
dir. civ. 2008.
[30] Con il d.l. n. 7/07, per i mutui stipulati posteriormente al 2/2/07, per
talune tipologie di finanziamento e in talune circostanze, è prevista la
nullità di ogni patto e condizione che preveda, per l'estinzione anticipata,
una remunerazione a favore del mutuante. Per i contratti interessati alla
modifica l'equilibrio delle condizioni è stato prontamente rettificato,
riconducendo ad una maggiorazione del tasso corrispettivo la copertura dei
costi relativi all'opzione dell'anticipata estinzione prevista dall'art. 40
TUB.
[31] Perplessità di rilievo sollevano talune penali di risoluzione con funzione
di predeterminazione convenzionale e forfettaria del danno risarcibile. Osserva
P.L. Fausti: 'Sotto il profilo più sostanziale, non può farsi a meno di
richiamare anche qui le considerazioni già esposte in tema di accessori della
mora, sorgendo anche in questo caso il dubbio che con la "penale di
risoluzione" si persegua il risultato di ottenere un duplice indennizzo
per lo stesso titolo; e preferendo concludere, ancora una volta, che qualora il
tasso di interesse sul montante di risoluzione sia convenzionalmente fissato,
non potrà ritenersi dovuto anche un ulteriore risarcimento neanche sotto forma
di penale (arg. ex art. 1224, comma 2, c.c.). In altri termini, la penale di
risoluzione dovrebbe ritenersi incompatibile con una contestuale convenzione ex
art. 3. comma 2, della citata delibera CICR (9 febbraio 2000); ovvero i due
rimedi potranno essere previsti solo in via alternativa: l'uno con l'esclusione
dell'altro'.(P.L. Fausti, Il mutuo, pag. 217, 2004).
Le Sezioni Unite della Cassazione, nella pronuncia n. 1233/08 hanno avuto modo
di precisare:
[32] In passato, il riconoscimento dei maggiori interessi, del tasso originario
rispetto al tasso corrente, veniva consentito solo in sede di risoluzione di
finanziamento fondiario ancora ricadente sotto la previsione dell'art. 39 del
R.D. 646/1905, immediato antecedente dell'art. 15 del D.P.R. n. 7/1976, nel
quale, come riportato dalla sentenza della Cassazione 1233/08, sussisteva una
stretta corrispondenza fra 'l'erogazione e la rateizzazione del mutuo, da una
parte, e l'acquisizione della provvista mediante l'emissione di cartelle
fondiarie, dall'altra, nonché il progressivo ammortamento del mutuo stesso ed
il sorteggio periodico di cartelle da rimborsare anticipatamente per pari
importo. Ed, in effetti, il postulato della corrispondenza, nella misura dei
flussi monetari e nei tempi di rimborso, tra operazioni c.d. passive (la
raccolta della provvista mediante emissione di cartelle) ed attive (la
concessione dei mutui fondiari ipotecari) costituiva innegabilmente, da
principio, uno dei momenti caratterizzanti dell'istituto del credito
fondiario'.
Tuttavia, essendo venuto meno, nella legislazione successiva, tale rigoroso
legame, la menzionata Cassazione ha ritenuto 'assai arduo tener ferma una
soluzione che non soltanto contrasta con la lettera della norma, ma determina
un ingiustificato squilibrio nella posizione delle parti del rapporto'.
Concludendo di conseguenza che 'alla banca compete il diritto di ricevere,
oltre all'importo integrale delle semestralità già scadute (non travolte dalla
risoluzione, che non opera retroattivamente nei contratti di durata, quale è da
ritenersi il mutuo), la sola quota di capitale residua, ma non anche gli
interessi conglobati nelle semestralità a scadere'.
Prima del TUB, la clausola di estinzione anticipata prevista per il credito
fondiario veniva condizionata strettamente alle operazioni di provvista. Il
D.P.R. n. 7 del 1976 prevedeva che il debitore doveva corrispondere un compenso
rapportato al capitale restituito anticipatamente 'per rivalere gli enti degli
oneri a fronte della perdita subita nel collocamento delle obbligazioni emesse
per la provvista ...,' nonché un altro 'compenso a titolo di indennizzo per
l'anticipata estinzione non superiore all'1% del capitale anticipatamente
restituito'. La progressiva diversificazione delle tecniche di reperimento
della provvista e comunque il venire meno della stretta correlazione tra
operazioni di provvista e operazioni di impiego, ha reso non più giustificabile
tale metodologia di individuazione dell'indennizzo per l'anticipata estinzione.
Il successivo art. 8 della legge 175 del 1991 si limitava a prevedere un
compenso correlato al capitale restituito anticipatamente.
[33] 'Se ci si sofferma a riflettere sulla finalità della penale da risoluzione
così come contenuta nei contratti di leasing (ed in generali per tutti i
finanziamenti), essa vuole costituire un risarcimento che va a ristorare il
concedente del danno patrimoniale in termini di corresponsione della quota
capitale non restituita ("danno emergente") e di mancato
conseguimento del ricavo atteso dall'esatto adempimento del contratto
("lucro cessante"). Infatti, generalmente, le ricordate clausole
penali da inadempimento "scaduto + scadere - bene", come poc'anzi
detto, prevedono, in caso di risoluzione, il pagamento di tutti i canoni
maturati nonché di quelli maturandi sino al naturale termine del rapporto,
riscatto compreso, attualizzati ad un determinato tasso. V'è da dire, però, che
il tasso applicato per operare tale attualizzazione è sempre di gran lunga
inferiore a quello con il quale si è costruito l'originario piano di
ammortamento e determinata la componente interessi nell'importo dei canoni di
locazione. E dunque, in termini matematici, è vero che l'ammontare dei canoni a
scadere, attualizzati al tasso convenuto (se di segno positivo), è inferiore
all'ammontare dei medesimi canoni che si sarebbero dovuti versare alle
originarie scadenze contrattuali; ma tale ammontare è notevolmente superiore
alla sommatoria delle quote capitale di tutti i canoni a scadere, comportando
per l'utilizzatore il pagamento di una parte (anche consistente) degli
interessi originariamente compresi nei canoni a scadere, comunque pretesi dal
concedente anticipatamente ed in unica soluzione anziché alle scadenze convenzionalmente
pattuite. Peraltro, tale differenza si acuisce al crescere della
"forchetta" tra il tasso di interesse pattuito, con il quale sono
stati determinati i canoni, e il tasso di attualizzazione concordato. Tale
divario viene talvolta reso eccessivo dai concedenti che approfittano anche del
fatto che l'entità della "penalizzazione" imposta all'utilizzatore,
non è di immediata percezione, a meno di avere conoscenze specifiche di tipo
matematico-attuariali. A bene vedere, il meccanismo che si innesca nel momento
della risoluzione, ovvero il diritto da parte del concedente di richiedere
oltre ai canoni scaduti anche i canoni a scadere attualizzati (riconoscendo,
cioè, al concedente il diritto di ottenere anche una parte di interessi
contenuti nei canoni a scadere) comporta la determinazione di un ristoro che,
dietro l'apparente veste di penale, va a remunerare il concedente con una parte
(il più delle volte anche consistente) degli interessi corrispettivi che egli
avrebbe conseguito con il regolare adempimento del contratto (lucro cessante)
e, per tale ragione, rappresenta anch'esso un fattore di lucro, al pari degli
interessi originariamente convenuti, in quanto elemento avente natura
remunerativa/corrispettiva, al pari degli interessi corrispettivi a cui va a
sostituirsi; ergo, in quanto tale, deve partecipare di pieno diritto alla
misurazione del carattere usurario del costo del contratto, già in termini di
promessa ex ante. Ad ogni modo, la porzione di penale riferentesi non alla sola
quota capitale (danno emergente), ma ad una quota degli interessi corrispettivi
che il finanziatore - concedente non percepirà più (lucro cessante), rientra
comunque nella generalissima nozione di vantaggio, o commissione, o
remunerazione a qualsiasi titolo (visto dalla prospettiva del concedente) o in
una spesa (visto dalla prospettiva dell'utilizzatore) collegata senz'altro
all'erogazione del credito e non consistente in una imposta o tassa.' (D.
Nardone e F. Cappelluti, 'Usura pattizia, costi eventuali e penali da inadempimento
nei contratti di finanziamento e di leasing: un approccio "virtuoso",
2016, www.assoctu.it).
[34] La mora potrà di conseguenza, nella piena discrezionalità
dell'intermediario, potrà essere agevolmente elevata a tassi prossimi al tasso
soglia previsto per la categoria degli scoperti privi di affidamento. Occorre,
per altro, rilevare che l'affidamento è individuato nelle Istruzioni della
Banca d'Italia nel 'fido utilizzabile dal cliente in quanto riveniente da un
contratto perfetto ed efficace', ma la regolamentazione presenta ampie zone di
opacità, distinguendo, accanto al fido regolare, il fido operativo, nonché il
fido interno accordato al cliente, ma non formalizzato né comunicato. Lo stesso
scoperto di conto, dacché riservato a momentanee carenze di liquidità, è
divenuto un credito privo di affidamento che si protrae nel tempo con il consenso
della banca.
Il Presidente dell'AGCM, nell'Audizione al Senato del 21 aprile 2010,
nell'illustrare la distinzione fra scoperto di conto e affidamento, aveva
puntualizzato la precipua natura marginale ed occasionale del primo: 'lo
scoperto è rivolto a coloro che non prevedono di doversi indebitare, come
strumento di salvaguardia nel caso tale necessità si presenti
inaspettatamente'. Lo scoperto dovrebbe fisiologicamente risultare occasionale,
ma, se il fido concesso è inferiore alle necessità dettate dal capitale
circolante e la banca ancorché abbia valutato, nella sua discrezionalità,
l'ammontare di fido ritenuto coerente con il merito di credito del cliente si
mostri flessibile e tollerante nella concessione degli scoperti, non è
infrequente il ripetersi e/o il protrarsi di situazioni di scoperto: la
ricorrenza è posta in buona misura nella discrezionalità della banca. Il
fenomeno è ampiamente diffuso e risalente nel tempo: in sede civile numerose
pronunce, anche di legittimità, si sono occupate del fido di fatto protratto
talora per anni. Riporta Dolmetta ("Scoperti senza affidamento" e
usura, in Contr., 2013.): 'un conto è che lo sconfinamento si protragga
nonostante le intervenute richieste di pagamento (che per l'appunto risulta
esatto dal creditore) e i solleciti che, reiterati, la banca manda al cliente
(nel prosieguo del tempo, pure attivandosi per il recupero forzoso del dovuto):
in un simile contesto, la forma tecnica dell'operazione rimane inalterata, per
quanto il debito non trovi estinzione. Un altro conto, e ben diverso, è che
invece non si muova per nulla, che neppure vada a chiedere al cliente il saldo
scoperto: così mostrando di non avere essa, prima di ogni altro soggetto interesse a ricevere nell'immediato la prestazione dovutale e di tollerare, e
anzi di favorire, la persistenza attuale e il protrarsi futuro del debito da
sconfino dell'obbligato. Un comportamento di questo tipo viene di fatto a
produrre una situazione di stabilità del rapporto che, sotto il profilo
sostanziale, risulta equiparabile mi sembra di poter rilevare a quella
caratteristica dell'apertura di credito. In materia, insomma, si manifesta cosa
determinante la ragione, come oggettivamente emergente dal comportamento tenuto
dalla banca, per cui lo sconfinamento viene a prolungarsi, e a prolungarsi
ancora, nel corso del tempo. In sostanza: un conto è che la situazione si
imponga alla banca: un'altra è che sia proprio essa a deciderla'.
[35] 'Nelle nuove Istruzioni '16 si riporta: 'il mancato rientro di un'apertura
di credito scaduta o revocata dovrà essere segnalato, dalla data di scadenza o
di revoca, tra i passaggi a debito dei conti non affidati', che corrisponde
alla Categoria degli 'scoperti di conto'. Prima, nel '10, si era creata una
nuova Categoria, scorporando dalle Aperture di credito gli Scoperti privi di
affidamento, un aggregato di esigua dimensione ma dai tassi marcatamente
elevati, dove è venuto rapidamente a confluire ogni sorta di 'affidamento non
affidato', cioè a dire ogni erogazione di credito in conto alla quale non
corrisponde una regolare formalizzazione di apertura di credito. Ora si fanno
confluire in tale Categoria anche gli affidamenti revocati, prima esclusi dalla
rilevazione e gli affidamenti scaduti, prima compresi nella propria originaria
Categoria di appartenenza (Aperture di credito). Nelle precedenti
Istruzioni '09 come anche nel documento di consultazione del '15 si
prevedeva: « Sono esclusi dalla rilevazione i rapporti che risultano revocati
alla fine del trimestre di riferimento » e si precisava nelle FAQ in vigore
sino al settembre '16: « in caso di estinzione del rapporto di finanziamento
nel trimestre di segnalazione, la segnalazione dovrà essere effettuata nella
categoria relativa al rapporto estinto e con riferimento all'ultimo fido
accordato per la determinazione del TEG e della classe di importo (cfr.
Istruzioni B4). Parimenti, andranno trattati i fidi scaduti anche quando il
cliente non risulti rientrato dall'esposizione sia alla fine del trimestre di
segnalazione, sia nei trimestri successivi fino all'eventuale esclusione
dell'operazione ai sensi del paragrafo B.2 delle Istruzioni ». A presidio di
legge invariato, la Banca d'Italia interviene nei criteri di classificazione
del credito, spostando gli affidamenti scaduti, divenuti insoluti, dalla
Categoria delle Aperture di credito a quella degli Scoperti senza affidamento
ed inserendo, altresì, nella rilevazione della Categoria "Scoperti privi
di fido" gli affidamenti revocati, prima esclusi dalla rilevazione. La
modifica risulta avallare e forse intende anche sanare per il principio di
retroattività ex art. 2, comma 3°, c.p. il comportamento delle banche che,
già con l'introduzione dal '10 della Categoria degli Scoperti privi di fido,
avevano adottato il criterio di includervi anche i crediti revocati o scaduti'.
(R. Marcelli, op. cit. n. 6).
[36] La modifica costituisce una sortita imprevista, un ripensamento
dell'ultimo momento, introdotto 'alla chetichella' nella stesura definitiva
delle Istruzioni. Non vi è corrispondenza fra la versione posta in pubblica
consultazione e quella definitivamente varata, né risultano avanzate proposte o
emendamenti che giustifichino tale significativa modifica. Proprio i nuovi
criteri di classificazione dei crediti deteriorati, adottati dal 2014 nel
Regolamento 680, avrebbero dovuto indurre la Banca d'Italia ad escludere dalla
rilevazione l'intero aggregato dei 'Non performing exposures'. Se la
circostanza fosse stata rappresentata nel documento posto in consultazione,
sarebbe senz'altro pervenuta un'osservazione in tal senso. Al contrario, la
variazione introdotta non era riportata nel documento posto in consultazione,
non risulta motivata, né richiesta nella consultazione, né commentata nelle
modifiche apportate al documento proposto nell'aprile del '15, né tanto meno
risultano essere state poste in consultazione le FAQ, divenute parte integrante
delle Istruzioni. Per altro, queste ultime, al momento non si conoscono:
considerata l'espressa volontà di realizzare un unico documento organico, più
che un'inclusione delle stesse nelle Istruzioni, risulterebbe realizzata una
loro soppressione (R. Marcelli, op. cit. n. 6).
[37] 'Il cliente insolvente non può che subire, passivamente disarmato, il
rialzo del tasso: dove c'è necessità non c'è scelta. Il tasso di mora deve
essere un tasso concordato inizialmente, non arbitrariamente imposto
successivamente al momento della difficoltà finanziaria, entro una soglia
all'uopo rialzata. Al manifestarsi della patologia e soprattutto a discrezione
dell'intermediario, si alza l'asticella effettuando un cambio di soglia: per
questa via si devia la funzione assegnata dalla legge 108/96, più propriamente
si smantella il presidio all'usura, consentendo, di fatto, indebiti e più
elevati livelli di tasso che, anziché presidiare, 'legalizzano' l'usura' (R.
Marcelli. op. cit. n. 6). Prima del '10 gli scoperti senza affidamento erano
ricompresi nelle aperture di credito con una soglia, nella fascia di importo
più basso, del 17% circa: con le modifiche ai criteri di rilevazione del TEG e
lo scorporo in due distinte categorie, la soglia degli 'Scoperti senza
affidamento' è balzata sino al 29,9%, marcando un divario di oltre il 50% dalla
soglia prevista per i conti affidati (19,28%).
Lo sconcerto per la scelta adottata dalla Banca d'Italia risulta condivisa da
autorevole dottrina. Già nel 2009, con lo scorporo dalle aperture di credito,
degli scoperti privi di affidamento, si osservava: 'La scelta compiuta
dall'Autorità amministrativa a fine 2009 a me pare senz'altro da censurare; e
da stimare, anzi, atto amministrativo illegittimo, quale atto in violazione
dell'art. 2, l. 108/1996. Non già o tanto, però, per la ragione che lo
sconfinamento da fido è rimasto attaccato alla categoria dell'apertura di
credito, quanto invece per quella (ben più profonda) che si è ritenuto di
staccare degli sconfinamenti - l'insieme di quelli da deposito (ma, in realtà,
questa specifica non fa differenza) - da tale alveo, per farne una categoria
nuova ed autonoma. Tra scoperti senza affidamento e apertura non c'è spazio
sufficiente per ravvisare "categorie omogenee" distinte ai fini della
normativa dell'usura. Al di là delle censure di legittimità a cui si espone
la categoria usuraria degli scoperti senza affidamento, v'è un altro aspetto
importante che ancora preme sottolineare. Rimane oggettivamente incerta -
vacillante, verrebbe anzi da dire - la linea di demarcazione che, secondo gli
intendimenti della normativa di Vigilanza, farebbe da spartiacque tra la detta
categoria usuraria e quella formata invece dalle operazioni di apertura di
credito. Il riferimento corre, in specie, al punto di "affidamento",
la cui presenza o assenza in fattispecie viene - all'evidenza - a spostare
l'asse del discorso. Nel contesto della normativa in discorso - sub specie dei
"chiarimenti" forniti dalla Vigilanza relativamente alle FAQ - in
effetti questa nozione recupera sin troppi parametri di riferimento e di
contrapposizione: per rimanere, infine, senza una guida vera; né sotto il
profilo dommatico, né sotto quello dell'operatività. In tale contesto, dunque,
si parla di "fido accordato", espressione che il testo delle relative
Istruzioni identifica nel "fido utilizzabile dal cliente in quanto
riveniente da un contratto perfetto ed efficace (c.d. accordo operativo). Ma
pure si discorre - nell'ambito delle medesime FAQ - di fido legato ad un
"accordo temporaneo non formalizzato", formula che indubbiamente
esprime un profilo identificativo diverso dal primo. E ancora viene evocata, in
proposito, una contrapposizione tra fido "interno" e fido
"altro", che risulta imperniata sull'assenza/presenza di una
"comunicazione" trasmessa (neppure è dato comprendere se di necessità
scritta o anche orale o anche solo per fatti concludenti) della banca al
cliente. Una categoria, insomma, che si consegna propriamente alla confusione'.
(A.A. Dolmetta, Il prodotto bancario "sconfinato", in 'Le operazioni
di finanziamento', a cura di F. Galgano, Zanichelli, 2016).
[38] Non è trascurabile la circostanza che la definizione delle Categorie viene
ricondotta dalla legge al MEF, non alla Banca d'Italia: nel decreto annuale di
definizione delle Categorie (26 settembre 2016), come anche nel decreto (23
marzo 2017) relativo alle soglie in vigore dal 1° aprile 2017 non si riporta
alcunché di tale rilevante modifica introdotta dalla Banca d'Italia nella
rilevazione: non si vede come, senza un intervento del MEF, la Banca d'Italia
possa disporre, dal 1° aprile 2017, il passaggio dei crediti revocati o scaduti
nella Categoria degli Scoperti privi di affidamento. Per la rilevazione la
Banca d'Italia può anche introdurre una modifica radicale nella composizione
delle Categorie che, recepita nel TEGM pubblicato dal MEF in G.U., concorre
legittimamente alla determinazione della soglia d'usura, ma non ha alcun titolo tanto più in via autonoma per indurre un analogo criterio di inclusione
nella verifica dell'art. 644 c.p.: fissate dal MEF le Categorie, la scelta del
criterio di inclusione dello specifico credito nella Categorie per omogeneità
di natura, importo, durata, rischi e garanzia rimane rimessa alla valutazione
del Giudice (R. Marcelli, op. cit. n. 6).
[39] La distinzione prevista dalla norma è riferita alla natura oggettiva del
rischio insito alla categoria di credito, mai al rischio associato al cliente
e/o all'iniziativa finanziata che, invece, viene compreso entro lo spread
previsto dalla norma. Il rischio connesso al tasso praticato è oggetto di una
valutazione ex ante: una sua rimodulazione ex post rimessa alla discrezionalità
dell'intermediario, risulta iniqua e illegittima.
[40] ' .. in questo settore normativo il tema dello scoperto senza affidamento
viene a giocare un ruolo di primario rilievo. Perché tale figura propone una
dimensione di carico economico assai elevata: che sta ai vertici della lista
dei TEGM; a "combattere per il primato", meglio, con quello legato al
credito revolving. E perché, inoltre, l'effettivo utilizzo della figura da
parte delle banche si attesta su misure quantitative notevole e pare anche in
crescita. Cosa, quest'ultima, che d'altra parte non sorprende: se
l'allontanamento dello spettro della revocatoria fallimentare tende
naturalmente a incentivare la pratica degli sconfinamenti (in genere e,
comunque, a scapito dell'apertura di credito), la sussistenza di un tasso
soglia di assoluta ragguardevolezza per un dato tipo di operazione è evento che
di per sé stesso indirizza le banche a preferire l'uso di tale operazione
rispetto alle altre (là dove possibile, s'intende)' (A.A. Dolmetta, "Scoperti
senza affidamento" e usura, in Contr., 2013).
[41] Il peso relativo dei pagamenti della mora (valori attuali) al tasso più
alto di quello corrispettivo, con il protrarsi del tempo, tende a scemare, non
riuscendo a sormontare il peso relativo dei tassi più contenuti del primo
periodo. Mentre le spese di istruttoria incidono nella stessa misura in ogni
possibile scenario, la penale di risoluzione presenta un'incidenza sul TEG più
marcata all'inizio per poi flettere e scomparire dopo il decimo anno.
[42] In generale, per un mutuo di durata k, nel worst case (insolvenza degli
interessi e del capitale e regolare pagamento della mora alle singole
scadenze):
i) nel caso di estinzione (s), anticipata entro la durata (k) del mutuo, il
tasso effettivo è dato dal valore r che rispetta l'eguaglianza:
ii) nel caso di estinzione (s) successiva alla scadenza ultima (k) del mutuo,
il tasso effettivo è dato dal valore r che rispetta l'eguaglianza:
Dove:
Sp = Oneri e spese iniziali;
C = Capitale finanziato;
Pe = Penale di risoluzione o Indennizzo di anticipata estinzione;
In = Interessi maturati sino all'anno s;
m = mora in ciascun anno successivo alla scadenza ultima (k) del mutuo;
mn = mora pagata all'anno n entro la scadenza ultima (k) del mutuo;
In quest'ultima formula, per s che va all'infinito, il primo termine tende a
zero, il secondo termine è dato da una progressione geometrica convergente [di
ragione 1/(1+r) e primo termine pari a m], mentre il terzo e quarto termine
sono ordinarie somme. Al limite, il tasso asintotico è dato dal valore r che
rispetta l'eguaglianza:
[43] Non condivisibile, in quanto confliggente con la natura giuridica del
finanziamento, è la tesi proposta in dottrina dal prof. M. Comana. Con
un'impropria assunzione, il piano di ammortamento del finanziamento viene
assimilato a 'tanti prestiti uniperiodali, pari al capitale residuo dopo il
pagamento della rata precedente, che durano appunto quanto il tempo della
periodicità della rata. Il debito residuo dopo ogni rata è quindi il credito
concesso per il periodo successivo'. (M. Comana, Effetti del tasso di mora sul
costo effettivo del credito, Seminario autunnale 2017 in materia bancaria e
finanziaria, Torino, 14 dicembre 2017). Il tale lettura si trascura
l'unitarietà del rapporto di finanziamento, il cui costo viene espresso dal
rendimento effettivo annuo calcolato al momento pattizio dell'erogazione.
Matematicamente, procedendo dal capitale residuo ad ogni rata, si perviene a
tassi esprimenti il costo del credito residuo, che si configurano come media
ponderata del tasso corrispettivo e del tasso di mora, ma non appaiono
costituire il corretto riferimento per la verifica del rispetto delle soglie
d'usura.
[44] Il criterio è del tutto rispondente a quello del margine previsto per la
CMS: 'l'importo della CMS percepita in eccesso va confrontato con l'ammontare
degli interessi (ulteriori rispetto a quelli in concreto praticati) che la
banca avrebbe potuto richiedere fino ad arrivare alla soglia di volta in volta
vigente ("margine") (Circolare Banca d'Italia 2/12/05).
[45] Con la riforma normativa del leasing, la regolamentazione della
risoluzione prevede la penale ragguagliata al capitale residuo.
[46] 155.000 * 0,0492/12.
[47] 824,51 * 0,0692*29/365.
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