CrisiImpresa
Il Caso.it, Sez. Articoli e Saggi - Data pubblicazione 26/03/2019 Scarica PDF
La segnalazione dei creditori pubblici qualificati: quod sine die debetur numquam debetur?
Vittorio Zanichelli, Presidente Emerito del Tribunale di ModenaSommario: 1. Premessa minima - 2. L’allerta interna: le misure organizzative e gli organi di controllo - 3. Le segnalazioni - 4. La segnalazione dei creditori pubblici qualificati - 5. La mancanza del termine per la segnalazione
1. Premessa minima
Il Titolo II del Codice, dedicato agli strumenti finalizzati all’anticipata emersione della crisi di impresa e alla sua tempestiva risoluzione disciplina in realtà due procedimenti ben distinti anche se tra di loro connessi.
Il primo istituto è quello dell’allerta in senso stretto che consiste da un lato nella segnalazione all’imprenditore della sussistenza dello stato di crisi da parte di uno dei soggetti a ciò obbligati e dall’altro nell’obbligo dell’imprenditore di dotarsi di strumenti organizzativi idonei ad intercettare segnali che impongono l’adozione di misure di contrasto.
Il secondo istituto è quello della composizione assistita della crisi che consiste nell’attività che l’Organismo di composizione della crisi di impresa (in sigla OCRI) a ciò deputato deve compiere, su richiesta del debitore, per favorire un accordo del medesimo con i creditori, accordo che può avere la forma di un accordo stragiudiziale o concretizzarsi in una domanda di concordato preventivo o nel deposito di accordi di ristrutturazione dei debiti.
Perno del primo istituto sono in prima battuta gli organi di controllo societari, il revisore contabile e le società di revisione i quali, quando rilevano indizi di crisi, debbono avvisare immediatamente l’imprenditore affinchè assuma idonee iniziative e, in presenza di determinati presupposti, i soggetti qualificati esterni all’impresa; in seconda battuta interviene l’Organismo per la valutazione della condotta del debitore volta alla ristrutturazione e al risanamento.
Centro motore del secondo è invece l’OCRI che, sollecitato dallo stesso imprenditore deve affiancare il debitore per l’individuazione, con il coinvolgimento dei creditori, delle migliori soluzioni stragiudiziali o, in alternativa, giudiziali per risolvere la crisi.
2. L’allerta interna: le misure organizzative e gli organi di controllo
Limitando il discorso all’allerta, si nota che una sua prima declinazione è volta a far emergere e risolvere la crisi totalmente all’interno dell’impresa.
Vi sono innanzitutto misure organizzative: è il caso disciplinato del rinnovato art. 2086 c.c. al quale, dopo il primo comma che prevede quale sia la gerarchia dell’impresa, è stato aggiunto un secondo comma che dispone che “L’imprenditore, che operi in forma individuale, societaria o in qualunque altra veste, ha il dovere di istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell’impresa, anche in funzione della rilevazione tempestiva della crisi dell’impresa e della perdita della continuità aziendale, nonché di attivarsi senza indugio per l’adozione e l’attuazione di uno degli strumenti previsti dall’ordinamento per il superamento della crisi e il recupero della continuità aziendale”.
Ma un ruolo fondamentale nella rilevazione della crisi incipiente la svolgono indubbiamente gli organi di controllo societari e il revisore contabile della cui presenza si prevede l’ampliamento modificando l’art. 2477 del codice civile nel senso che “La nomina dell’organo di controllo o del revisore è obbligatoria se la società: a) è tenuta alla redazione del bilancio consolidato; b) controlla una società obbligata alla revisione legale dei conti; c) ha superato per due esercizi consecutivi almeno uno dei seguenti limiti: 1) totale dell’attivo dello stato patrimoniale: 2 milioni di euro; 2) ricavi delle vendite e delle prestazioni: 2 milioni di euro;3) dipendenti occupati in media durante l’esercizio: 10 unità”.
Si tratta indubbiamente dei soggetti vicini all’impresa che, per la loro conoscenza della stessa e la preparazione tecnica, sono maggiormente in grado di avvertire i segnali di pericolo al loro primo manifestarsi e sono altresì quelli maggiormente indicati ad apprezzare la necessità di misure organizzative di contrasto e a poter valutare l’idoneità di quelle adottate dell’imprenditore.
Per vero, l’obbligo di intervento in caso di crisi e di minaccia di insolvenza già incombe su tali soggetti anche alla luce dell’attuale legislazione in quanto l’art. 2403-bis in tema di poteri del collegio sindacale prevede che “I sindaci possono in qualsiasi momento procedere, anche individualmente, ad atti di ispezione e di controllo.
Il collegio sindacale può chiedere agli amministratori notizie, anche con riferimento a società controllate, sull'andamento delle operazioni sociali o su determinati affari. Può altresì scambiare informazioni con i corrispondenti organi delle società controllate in merito ai sistemi di amministrazione e controllo ed all'andamento generale dell'attività sociale”.
Se le misure sopra sinteticamente illustrate sono destinate ad operare, potenzialmente, nell’ambito aziendale è tuttavia previsto un ulteriore sviluppo nel caso in cui questo non avvenga, dovendo essere allora attivato l’Organismo di composizione della crisi di impresa, il quale procede all’audizione del debitore e a concordare con il medesimo le iniziative necessarie oppure, nel caso in cui nessuna collaborazione venga offerta dal debitore o non siano percorribili ipotesi di contrasto alla crisi e in presenza di uno stato di insolvenza, a segnalare tale situazione al pubblico ministero per le sue valutazioni.
3. Le segnalazioni
La disciplina sull’allerta individua negli artt. 14 e 15 chi sono i soggetti che hanno l’obbligo di procedere all’individuazione degli indicatori della crisi e a fare la segnalazione dell’avvenuta rilevazione ad altro soggetti.
L’art. 14 (allerta interna) attribuisce il ruolo di segnalatori innanzitutto agli organi di controllo societari disponendo al primo comma che “Gli organi di controllo societari, il revisore contabile e la società di revisione, ciascuno nell’ambito delle proprie funzioni e tenuto conto del tempestivo scambio di informazioni di cui all’articolo 2409-septies del codice civile, hanno l’obbligo di verificare che l’organo amministrativo valuti costantemente, nel caso assumendo idonee iniziative, se l’assetto organizzativo dell’impresa è adeguato, se sussiste l’equilibrio economico finanziario e quale è il prevedibile andamento della gestione, nonché di segnalare immediatamente allo stesso organo amministrativo l’esistenza di fondati indizi della crisi”.
Altro soggetti tenuti alla segnalazione (allerta esterna) e individuati dallo stesso legislatore delegante all’art. 15 sono i cosiddetti “segnalatori pubblici qualificati” e cioè l’agenzia delle entrate, l’istituto nazionale della previdenza sociale e l’agente della riscossione delle imposte.
Anche in questo caso si tratta di soggetti che hanno con sufficiente approssimazione il polso dell’andamento finanziario dell’impresa in quanto soggetti necessariamente creditori o comunque abilitati a verificarne l’andamento degli affari sotto un profilo non certo marginale qual è quello fiscale.
L’ultimo comma dell’art. 14 individua altri soggetti tenuti alla segnalazione e cioè le banche e gli altri intermediari finanziari.
Il coinvolgimento di tali soggetti non è espressamente previsto nella legge delega ma è apparso opportuno inserirli, sia pure con le cautele e nei limiti di cui infra, per la loro ovvia vicinanza all’imprenditore, la loro conoscenza della situazione economica finanziaria del medesimo e la capacità professionale di interpretare la possibile evoluzione dell’impresa.
E’ bene precisare che la segnalazione è diretta unicamente all’imprenditore e all’organo di controllo e attiene alla variazione delle condizioni degli affidamenti e quindi nella sostanza si tratta solo di una formalizzazione di ciò che tali soggetti dovrebbero comunque sapere.
Nessuna ulteriore segnalazione o intervento sono previsti a carico delle banche, a differenza di quanto è imposto ad altri soggetti.
4. La segnalazione dei creditori pubblici qualificati
Se il legislatore ha puntato innanzitutto sulla collaborazione degli organi di controllo per l’emersione della crisi, non ha tuttavia rinunciato a ricercare anche fuori dell’impresa soggetti detentori di dati che, se non necessariamente univoci, fossero probabili indici di crisi.
La scelta è quindi caduta sui così detti creditori pubblici qualificati e cioè su enti pubblici particolarmente informati istituzionalmente della gestione economica e finanziaria dell’impresa e possessori di dati aggregati sulla stessa, oltre che nella situazione di essere normalmente nella posizione di creditori.
Tale ultimo aspetto rileva in quanto l’esistenza di debiti non soddisfatti ha il pregio di essere un dato che non comporta una particolare elaborazione e soprattutto emerge con evidenza e non deve essere ricavato da un confronto di dati di diversa natura o da valutazioni che non possono addossarsi all’ufficio pubblico a ciò non specificatamente attrezzato.
In base a tali valutazioni sono state individuate le agenzie delle entrate, l’istituto nazionale della previdenza sociale e l’agente per la riscossione quali soggetti obbligati alla segnalazione (art. 15) quando l’importo dell’esposizione debitoria dell’imprenditore ha superato l’importo ritenuto rilevante come definito del Codice:
a) per l’Agenzia delle entrate, quando l’ammontare totale del debito scaduto e non versato per l’imposta sul valore aggiunto, risultante dalla comunicazione della liquidazione periodica di cui all’articolo 21-bis del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, sia pari ad almeno il 30 per cento del volume d’affari del medesimo periodo e non inferiore a euro 25.000 per volume d’affari risultante dalla dichiarazione modello IVA relativa all’anno precedente fino a 2.000.000 di euro, non inferiore a euro 50.000 per volume d’affari risultante dalla dichiarazione modello IVA relativa all’anno precedente fino a 10.000.000 di euro, non inferiore a euro 100.000, per volume d’affari risultante dalla dichiarazione modello IVA relativa all’anno precedente oltre 10.000.000 di euro; deve ritenersi che non è necessario che i limiti indicati siano superati relativamente ad una sola dichiarazione ma che l’obbligo scatti anche considerato l’importo globale dell’inadempimento raggiunto nell’anno;
b) per l’Istituto nazionale della previdenza sociale, quando il debitore è in ritardo di oltre sei mesi nel versamento di contributi previdenziali di ammontare superiore alla metà di quelli dovuti nell’anno precedente e superiore alla soglia di euro 50.000;
c) per l’agente della riscossione, quando la sommatoria dei crediti affidati per la riscossione dopo la data di entrata in vigore del presente codice, autodichiarati o definitivamente accertati e scaduti da oltre novanta giorni superi, per le imprese individuali, la soglia di euro 500.000 e, per le imprese collettive, la soglia di euro 1.000.000.
In presenza degli esaminati presupposti il soggetto pubblico deve sostanzialmente invitare il debitore a sanare la sua posizione debitoria o ad attivarsi per accedere ad una procedura di regolazione della crisi entro novanta giorni, con l’avvertimento che, scaduto il termine senza che il debitore abbia provveduto, si procederà a segnalare l’inadempimento all’OCRI anche per la segnalazione agli organi di controllo della società.
5. La mancanza del termine per la segnalazione
Per l’Agenzia delle Entrate è previsto che l’avviso al debitore deve essere inviato contestualmente alla comunicazione di irregolarità di cui all’articolo 54-bis del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, mentre per l’INPS e per l’agente della riscossione il termine per l’invio dell’avviso è di sessanta giorni decorrenti, per il primo, dal verificarsi delle condizioni sopra indicate di cui sub b) e per il secondo dalla data di superamento della soglia sub c).
Mentre per gli altri segnalatori il termine è dunque fissato ed è individuabile il dies a quo per l’Agenzia delle entrate che deve inviare l’avviso al debitore unitamente alla comunicazione di irregolarità il problema si pone in quanto non risulta previsto un termine per l’invio di detta comunicazione.
La successione degli adempimenti che qui interessano è la seguente:
- entro due mesi dalla scadenza del versamento trimestrale deve essere inviata dal contribuente la comunicazione all’ufficio circa l’ammontare della liquidazione;
- effettuato il controllo automatico, con le modalità fissate dal direttore dell’Agenzia delle entrate deve essere inviata al debitore una sorta di avviso bonario o lettera di compliance che segnala eventuali irregolarità del versamento;
- se la posizione non è sanata viene inviata al debitore la comunicazione di irregolarità di cui al citato art. 54-bis d.P.R. n. 633/1972.
Il problema sorge perché non è previsto espressamente un termine per l’invio della lettera di compliance, posto che il provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate si limita ad indicare le modalità con cui il debitore viene reso edotto della criticità riscontrata e di quelle con cui può controllare la sua situazione fiscale ma nulla dice sui termini entro in quali il controllo deve esser effettuato e la lettera di conseguenza inviata.
A ciò si aggiunga che nessun termine è previsto neppure per l’invio della comunicazione di irregolarità una volta accertato che il debitore non ha chiarito o sanato la sua posizione.
E’ tuttavia chiaro che un termine deve essere previsto e deve essere breve.
A parte ogni considerazione sulla mutilazione che subirebbe il sistema di allerta, è indubbio che un termine deve essere previsto in quanto è inconcepibile che il legislatore preveda la sanzione per il mancato adempimento ad un obbligo (invio della comunicazione di irregolarità) se non vi è un termine per detto adempimento.
Ma il termine deve esser breve in quanto l’allerta ha un senso se è tempestiva e la stessa scelta dell’IVA quale imposta da monitorare ai fini della rilevazione della crisi è illuminante, stante la frequente scadenza dei pagamenti e l’immediata percezione degli inadempimenti.
Logica vuole che il legislatore intervenga sul punto con uno dei decreti correttivi previsti e certamente opportuni.
Fermo questo, è tuttavia necessario, in alternativa, rinvenire un termine nel sistema ricorrendo al criterio dell’analogia.
E allora poiché gli altri uffici hanno il termine di sessanta giorni dall’accertamento dell’ammontare rilevante del debito può ritenersi che per analogia si debba applicare lo stesso termine anche per l’invio della preliminare lettera di compliance e un ulteriore uguale termine per l’invio della comunicazione di irregolarità.
Tale ricostruzione comporta che quest’ultima comunicazione intervenga quantomeno sei mesi dopo l’irregolare versamento.
L’omesso tempestivo adempimento agli obblighi loro imposti non è senza conseguenze per il creditori pubblici in quanto comporta, in caso di successivo accesso da parte del debitore a procedure concorsuali, la inefficacia del titolo di prelazione sui crediti di cui sono titolari, quanto all’agenzia delle entrate e all’istituto della previdenza sociale, o l’inopponibilità del credito per spese ed oneri di riscossione per l’agente della riscossione, con le immaginabili conseguenze in tema di responsabilità per danno erariale.
Scaduto il termine di novanta giorni senza che il debitore abbia dato prova di aver estinto il proprio debito o di averlo altrimenti regolarizzato con le modalità previste dalla legge o di essere in regola con il pagamento oppure di aver presentato istanza di composizione assistita della crisi o domanda per l’accesso ad una procedura di regolazione della crisi e dell’insolvenza, i creditori pubblici qualificati procedono senza indugio alla segnalazione all’OCRI. Allo stesso modo si procede se il debitore decade dalla rateazione e risultano superate le soglie di cui al comma 2.
In definitiva, così contingentati i termini, la notizia dello stato di crisi dovrebbe pervenire all’OCRI circa nove mesi dopo il verificarsi dell’inadempimento rilevante e quindi in un lasso temporale ragionevole in quanto non troppo dilazionato in vista di un intervento efficace ma nello stesso tempo ampiamente sufficiente perché l’imprenditore, sollecitato dagli organi di controllo o anche solo dalle comunicazioni del fisco, possa perseguire il risanamento senza vincolanti ingerenze esterne.
L’ultimo comma dell’art. 15 contiene una disposizione che mitiga il rigore dell’obbligo imposto ai creditori pubblici qualificati ma che è solo in parte condivisibile.
Prevede la disposizione che “I creditori pubblici qualificati di cui al presente articolo non procedono alla segnalazione di cui ai commi 1 e 4 se il debitore documenta di essere titolare di crediti di imposta o di altri crediti verso pubbliche amministrazioni risultanti dalla piattaforma per la gestione telematica del rilascio delle certificazioni, …(omissis)… per un ammontare complessivo non inferiore alla metà del debito verso il creditore pubblico qualificato”.
Non può non osservarsi che l’esenzione dalla comunicazione, se ha un senso se esiste un controcredito fiscale in quanto può essere compensato, non ne ha se il credito è vantato nei confronti di altra pubblica amministrazione, e quindi non compensabile, in quanto non si vede quale differenza vi sia se il credito che l’imprenditore in crisi non riesce ad incassare è verso un soggetto pubblico o piuttosto nei confronti di un qualunque fornitore: la situazione di crisi derivante da un perdurante disallineamento tra costi e ricavi non cambia.
Sempre in relazione agli obblighi di segnalazione dei creditori pubblici qualificati è previsto che le Camere di commercio mettano a loro disposizione gli elenchi dei soggetti sottoposti a misure di allerta da cui risultano anche le domande presentate per l’accesso alla composizione assistita della crisi o di accesso ad una procedura di regolazione della crisi di impresa.
Un’ultima disposizione è contenuta nel settimo comma dell’art. 15 che meglio avrebbe potuto essere inserita tra le norme transitorie e cioè che l’obbligo di controllo e eventuale segnalazione inizia solo in conseguenza della presentazione delle relazioni periodiche IVA relative al primo trimestre dell’anno di imposta 2021.
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