Diritto Fallimentare


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 885 - pubb. 01/07/2007

Fallimento - Cessione del credito - Opponibilità

Appello Brescia, 30 Ottobre 1996. Est. Bitonte.


Fallimento - Cessione del credito - Opponibilità.



 


 


Corte d’Appello di Brescia, Sez. II – Sentenza 30 ottobre 1996 - Presidente Dott. Giuseppe Cusimano, Giudice relatore Dott. Augusto Bitonte, Giudice Dott. Massimo Agnelli.

 

Conclusioni

DELL’APPELLANTE:

In riforma dell’appellata sentenza, dato atto dell’opponibilità delle cessioni di credito al fallimento, 1) ammettersi il credito insinuato quale saldo debitore del c/c anticipi su contratti edili al passivo del fallimento, dichiarando tuttavia illegittima e perciò eliminando la riserva di restituzione delle somme riscosse dalla BAM e perciò dichiarando tenuto il fallimento a versare alla BAM la somma di lire 21.560.151 già restituita al fallimento; 2) ammettersi al passivo in via chirografaria condizionale il credito di lire 10.819.260. Così modificandosi lo stato passivo. Spese ed onorari rifusi.

Dell’appellato

-Respingersi il gravame proposto dalla Banca Agricola Mantovana Soc. Coop. a r.l. perché infondato in fatto e in diritto.

-Con vittoria di onorari e spese del grado.

Svolgimento del processo

Avverso il decreto del Giudice Delegato che, in sede di verifica dello stato passivo del Fallimento della S.r.l. MANTOVANA BITUMI, ne aveva degradato il credito di lire 60.081.821 al rango chirografario con riserva di restituzione di lire 21.560.151 trattenute dall’istante in virtù di cessione di credito ritenuta dal G.D. inopponibile al Fallimento e aveva escluso il credito di lire 10.819.260 insinuato in via “condizionale chirografaria”, proponeva tempestivamente opposizione ex art. 98 R.D. 16 marzo 1942 n. 267 la BANCA AGRICOLA MANTOVANA, Società Cooperativa a responsabilità limitata, insistendo nell’iniziale pretesa.

Fissata l’udienza e costituitosi il contraddittorio, resisteva il Fallimento deducendo l’infondatezza della tesi dell’opponente.

Prodotti documenti, la causa era posta in decisione e, con sentenza del 17 febbraio 1993, il Tribunale respingeva e condannava l’opponente alle spese.

La sentenza era notificata il 15 aprile 1993 e appellata con citazione notificata il 20 aprile 1993.

Nel contraddittorio del Fallimento, che ritualmente si costituiva resistendo al gravame, la causa era assegnata a sentenza sulle sopra trascritte conclusioni.

Motivi della decisione

Con il primo motivo lamenta l’appellante che il Tribunale abbia disatteso il principio di diritto secondo cui l’opponibilità del negozio di cessione al Fallimento presuppone soltanto che tale negozio abbia data certa e non anche che la cessione sia stata notificata al debitore ceduto, tale ultima formalità avendo il solo e diverso effetto di rendere opponibile la cessione al debitore ceduto. Opina che inapplicabile fosse, nella specie, l’art. 2914 c. l n. 2 del codice civile cui il Tribunale ha invece ispirato la decisione.

Il motivo è infondato.

In fatto è accaduto che la Banca abbia anticipato, accreditandoli sul conto intestato alla Mantovana Bitumi, gli importi corrispondenti a quelli delle fatture da questa emesse e presentate alla banca, contestualmente stipulando, per mezzo di specifici atti aventi data certa attestata da timbro postale, negozi di cessione a sé medesima dei crediti portati dalle fatture.

E’ pacifico, però, che delle avvenute cessioni non era stato notiziato il terzo debitore ceduto (nella specie, il Comune di Porto Mantovano) le cui rimesse, pari appunto a lire 21.560.151, confluite, a norma di appalto, sul conto della Mantovana Bitumi in essere presso la B.A.M., furono da questa trattenute in forza della precedente cessione e furono poi versate al Curatore dietro sua richiesta, ma con espressa riserva di ripetizione.

Secondo l’appellante il Tribunale avrebbe errato decidendo la fattispecie in base al disposto dell’art. 2914 n. 2 poiché tale norma sarebbe inapplicabile alla ipotesi che la cessione sia avvenuta, come nella specie le cessioni sono avvenute, con atto di data certa anteriore al fallimento.

L’assunto non può essere condiviso. Seguendo tale tesi non si vede quali ipotesi sarebbero disciplinate dalla norma, posto che per le cessioni non aventi data certa anteriore al Fallimento dispone già l’art. 44 c. l R.D. 16 marzo 1942 n. 267, mentre l’esigenza, ricavabile dalla norma, che la notifica della cessione al debitore ceduto debba avvenire prima del Fallimento postula necessariamente che si tratti di cessioni formalizzate prima, non certo dopo il Fallimento.

D’altra parte, l’interpretazione giurisprudenziale della lettera, peraltro sufficientemente chiara, della norma, non lascia spazio alla tesi dell’appellante ove si consideri che, anche in tempi recentissimi, è stato affermato che “… al fallimento del cedente (Mantovana Bitumi, nella specie) possono essere opposte soltanto quelle cessioni di credito che siano state notificate al debitore ceduto (Comune di Porto mantovano, nella specie) o dal medesimo accettate con atto di data certa anteriore alla dichiarazione di fallimento, atteso che il disposto dell’art. 2914 . 2 del codice civile secondo cui sono inefficaci nei confronti del creditore pignorante e dei creditori che intervengono nell’esecuzione le cessioni di credito che, sebbene anteriori al pignoramento, siano state notificate al debitore o da lui accettate dopo il pignoramento, opera anche in caso di fallimento del creditore cedente.” (Cassaz. Sezione I, 22 febbraio 1996 n. 1413).

Col secondo motivo lamenta l’appellante che il Tribunale ne abbia rigettato la domanda di ammissione del credito di lire 10.819.260 in via condizionale. Si tratta, per quanto è dato capire dalla laconica prospettazione fornita dalla Banca, di somme per le quali la deducente, a garanzia della buona esecuzione di contratti di appalto da parte della MANTOVANA BITUMI, aveva prestato fideiussione scadente due mesi dopo la data di collaudo dei lavori. Il Tribunale ha respinto la pretesa dopo aver accertato, sulla base degli elementi forniti dal Curatore, che i rapporti in relazione ai quali erano state prestate, si erano da tempo esauriti con piena soddisfazione dei committenti ANAS e Parco del Mincio, i quali avevano, infatti, provveduto a saldarli integralmente versando corrispondenti somme sul deposito intestato al Fallimento.

Se ne duole l’appellante osservando che, indipendentemente dall’esito dei rapporti garantiti, esisteva l’obbligo (evidentemente a carico dei committenti cui le fideiussioni erano state prestate) di restituire ad essa banca i documenti stessi (le lettere di fideiussione), talchè, non essendo tali restituzioni avvenute, il credito doveva essere ammesso subordinatamente alla condizione che quei documenti venissero restituiti.

Anche tale motivo è infondato. Il diritto del fideiussore nei confronti del debitore principale è enunciato dall’art. 1950 del codice civile che postula che egli abbia pagato. Ciò, nella specie, è escluso in thesi, così che nulla può essere riconosciuto alla Banca a questo titolo.

Le considerazioni che precedono impongono il rigetto dell’appello e la condanna dell’appellante a pagare all’appellato le ulteriori spese del grado che si liquidano in complessive lire 3.500.000, di cui lire 200.000 per esborsi e lire 900.000 per diritti.

PTM

Rigetta l’appello proposto dalla BANCA AGRICOLA MANTOVANA Società Cooperativa a Responsabilità Limitata avverso la sentenza del Tribunale di Mantova pubblicata il 17 febbraio 1993 e condanna l’appellante a rifondere al Fallimento della s.r.l. MANTOVANA BITUMI le ulteriori spese del grado liquidate in complessive lire 3.500.000.