Diritto Societario e Registro Imprese


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 435 - pubb. 01/01/2007

Esclusione di socio di cooperativa e atti di violenza

Tribunale Foggia, 09 Giugno 2006. Est. Romano.


Esclusione di socio di società cooperativa – Validità della delibera – Preventiva comunicazione dei fatti addebitati – Esclusione.

Società cooperativa – Esclusione del socio – Atti di violenza nei confronti degli amministratori.

Società cooperativa – Esclusione del socio – Atti di concorrenza.



In tema di esclusione di socio di società cooperativa, deve ritenersi ininfluente, ai fini della validità della delibera, la preventiva comunicazione dei fatti addebitati, trattandosi tale comunicazione di un requisito funzionale della comunicazione (allo scopo di porre il socio in condizioni di opporsi) e non della delibera. (Nel caso di specie, è stata respinta la censura relativa alla mancata comunicazione al socio escluso del verbale dell’organo consiliare unitamente alla contestazione dell’addebito). (Franco Benassi) (riproduzione riservata)

Eventuali atti di violenza commessi ai danni del presidente del consiglio di amministrazione di una cooperativa ed altri comportamenti aggressivi tenuti nei confronti di soci ed amministratori non sono idonei ad integrare la causa di esclusione del socio dalla cooperativa in quanto non lesivi degli interessi ultraindividuali facenti capo all’organismo societario. (Franco Benassi) (riproduzione riservata)

Vale ad integrare una causa di esclusione del socio dalla società cooperativa l’aver svolto il ruolo di socio fondatore e di vicepresidente del consiglio di amministrazione di altra cooperativa operante in concorrenza, posto che tale comportamento è sicuramente lesivo degli interessi sociali. (Franco Benassi) (riproduzione riservata)


 


omissis

r.g. 1376/2005


SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione notificato il 9-03-05, XXX premesso di essere stato escluso dalla compagine della “XXX” società cooperativa sociale a r. l., giusta delibera consiliare n. 100 del 24-02-05, per assunta grave lesione degli interessi sociali, ha impugnato la delibera medesima chiedendone la nullità - nell’ordine - per abuso di potere, violazione del divieto di licenziamento nel periodo di comporto e comunque senza giusta causa; in via gradata, l’annullamento per inosservanza delle norme di legge e dello statuto; in ogni caso, condannare la convenuta al risarcimento dei danni conseguenti alla illegittima esclusione del socio, nella misura da accertare in corso di causa; con vittoria di spese processuali, a distrarsi in favore del procuratore antistatario.

Questi i motivi di impugnazione: (a) la delibera è stata adottata all’unico scopo di precludere al socio escluso di esercitare il suo diritto di voto nell’assemblea di cui lo stesso aveva richiesto la convocazione; (b) lo scioglimento del rapporto di lavoro è avvenuto nel periodo di comporto; (c)la società ha omesso di comunicargli il verbale del consiglio di amministrazione del 24-02-05.

Si è costituita la “XXX” società cooperativa sociale a r. l., la quale ha chiesto il rigetto della domanda attorea, con vittoria di spese di lite, contestando i motivi di opposizione all’esclusione, quali l’abuso di potere e la mancata comunicazione della delibera di esclusione, quest’ultima effettuata con lettera raccomandata a/r del 10/03/05, e assumendo la legittimità dell’esclusione del XXX, siccome deliberata ai sensi dell’art. 13, lettera e), dello statuto, per aver il socio svolto attività contrarie agli interessi della cooperativa e, specificamente: plurimi atti violenti ai danni di alcuni consiglieri e soci; indebita detenzione dei libri sociali, sottratti in data 5/10/04; partecipazione, in qualità di socio fondatore e vicepresidente del consiglio di amministrazione, alla XXX s.c. a r. l., caratterizzata da oggetto sociale pressoché identico a quello della convenuta ed avente sede ugualmente in Manfredonia.

Incardinato, in data 16 marzo 2005, un procedimento cautelare per la sospensione della esecuzione della delibera opposta, il giudice designato ha, giusta l’ordinanza del 20 giugno 2005, respinto il ricorso.

A seguito dell’istanza di fissazione d’udienza formulata dall’attore, è stato designato il giudice relatore, il quale, rigettate le istanze istruttorie, ha fissato, a norma dell’art. 12 d. l. vo 5/03, l’udienza di discussione della causa innanzi al Collegio.

All’udienza del 17 marzo 2006, esaurita la discussione, il Tribunale, nella composizione collegiale di cui in epigrafe, previa conferma del decreto emesso dal giudice relatore, ha trattenuto la causa in decisione, con termine di trenta giorni per il deposito della sentenza, attesa la particolare complessità della controversia.

MOTIVI DELLA DECISIONE

L’opposizione avverso la delibera di esclusione del socio è infondata e va, pertanto, rigettata.

Volendo seguire, nell’esame delle questioni sottoposte al vaglio di Questo Collegio, l’ordine indicato dall’attore (siccome non sovversivo di quello logico-giuridico), si consideri quanto segue.

1. Infondato si profila il primo motivo di impugnazione, costituito dall’abuso di potere consumato ai danni del XXX, al quale si sarebbe voluto impedire - escludendolo dalla compagine sociale - di partecipare all’assemblea dei soci di cui egli (insieme ad altri soci) aveva richiesto la convocazione al fine di discutere in merito alla proposizione dell’azione di responsabilità nei confronti dei componenti del consiglio di amministrazione.

Ed invero, che la delibera impugnata fosse preordinata allo scopo di precludere al socio di esercitare il diritto di voto in assemblea resta mera affermazione di parte, in quanto sfornita del benché minimo supporto probatorio.

Peraltro, non si vede come l’esclusione del XXX avrebbe, ex se, potuto impedire la formazione della maggioranza necessaria per deliberare un’eventuale azione di responsabilità nei confronti degli amministratori, atteso che nel calcolo del quorum (costitutivo quanto deliberativo) richiesto per la validità della delibera si sarebbe, comunque, tenuto conto del minor numero di soci partecipanti alla cooperativa.

2. Priva di pregio è la censura relativa alla mancata comunicazione al socio escluso, unitamente alla contestazione dell’addebito posto a fondamento della sua esclusione, del verbale dell’organo consiliare, non essendo tale comunicazione prevista dalla legge né dallo statuto societario.

E’opportuno, al riguardo, muovere dal significativo enunciato della Suprema Corte, secondo cui “la comunicazione della deliberazione di esclusione del socio, prevista dall’art. 2527 cod. civ. [2533 testo riformato]ai fini del decorso del termine di trenta [ora sessanta] giorni per proporre opposizione, non richiede l’adozione di specifiche formalità o di particolari mezzi di trasmissione, né la rigorosa enunciazione degli addebiti”, ritenendosi “sufficiente un qualsiasi fatto o atto idoneo a rendere edotto il socio del contenuto delle ragioni del provvedimento, per porlo nelle condizioni di articolare le proprie difese” (C. 8984-99; conf. 1448-93; 6298-87; 4254-82; 354-79).

Ora, alla luce del principio innanzi esposto, nessuna omissione può imputarsi alla convenuta, la quale ha tempestivamente comunicato al XXX la decisione del consiglio di amministrazione di escluderlo dalla compagine sociale, oltre che le ragioni poste a fondamento della stessa, costituite dall’aver tenuto “comportamenti gravemente lesivi degli interessi della società” (cfr. comunicazione del 25-02-05, all. 4 fasc. attoreo).

Per altro verso, la preventiva comunicazione delle situazioni di fatto addebitate al socio e poste a fondamento dell’esclusione è ininfluente ai fini della validità della delibera, trattandosi non di un requisito oggettivo di questa - che la invalida ove carente - ma, piuttosto, di un requisito funzionale della comunicazione, volto a porre il socio escluso in condizione di svolgere adeguatamente l’opposizione nei termini di legge.

Il principio è stato limpidamente affermato dalla giurisprudenza di legittimità, secondo cui “l’eventuale incompletezza ovvero la mancata specificità della comunicazione non incide sulla validità e sull’operatività del provvedimento, potendo spiegare rilievo solo al diverso fine di consentire un’opposizione tardiva o non specifica, e diviene, comunque, irrilevante quando l’escluso dimostri di essere pienamente consapevole delle vicende concretamente addebitategli, per avere su di esse fondato la propria difesa in sede di opposizione” (expressis, C. 4126-99; conf. 10057-99; 8984-99; 10497-98; 11637-97; 7308-94).

Ebbene, escluso, per quanto innanzi, che la doglianza dell’attore possa avere il benché minimo riflesso sulla validità della delibera, la stessa va ritenuta, anche sotto tale profilo, infondata.

Peraltro, nel caso di specie, l’opponente ha comunque ricevuto la comunicazione integrale della delibera di esclusione (cfr. raccomandata a/r del 9 marzo 2005: all. 3 fasc. convenuta), di talché ogni censura - sul punto - resta destituita di fondamento.

3. Del tutto carente di riscontro probatorio è pure il terzo motivo di impugnazione, costituito dalla risoluzione del rapporto di lavoro in periodo di comporto e, comunque, in assenza di ‘giusta causa’.

3.1. Sotto il primo profilo, è sufficiente osservare che l’attore ha allegato, a sostegno del suo assunto, un attestato di malattia relativo al periodo compreso tra l’1 ed il 30-03-05, mentre la cessazione del rapporto di lavoro si è verificata - quale effetto automatico dell’esclusione - in data 24-02-05 e, quindi, in epoca precedente al periodo di malattia (cfr. attestato di malattia rilasciato l’1-03-05: doc. 7 fasc. attoreo).

3.2. Quanto al difetto di ‘giusta causa’, si trascura di considerare che, ai sensi dell’art. 5, comma 2, l. 3-04-01 n. 142 (come novellato dall’art. 9 l. 14-02-03 n. 30), “il rapporto di lavoro si estingue con il recesso ol’esclusione del socio deliberati nel rispetto delle previsioni statutarie e in conformità con gli articoli 2526 e 2527 del codice civile” .

In altri termini, l’estinzione del rapporto di lavoro consegue, ope legis, all’esclusione del socio, di talché l’unica verifica possibile - de jure condito- attiene alla legittimità dell’esclusione, di cui si dirà in seguito.

4. Egualmente infondata è l’ultima censura, relativa alla illegittimità del deliberato per contrarietà alla legge ed allo statuto.

Dal verbale del consiglio di amministrazione del 24-02-05 risulta che la decisione di escludere il XXX dalla cooperativa è stata adottata “a causa dei gravi comportamenti dallo stesso posti in essere in contrasto con gli interessi della società ed in violazione dell’art. .13 lettera e) del vigente statuto sociale”.

4.1. Ora, mentre il primo dei fatti addebitati al XXX, rappresentato dagli atti di minaccia e di violenza commessi ai danni del presidente del consiglio di amministrazione, XXX, in data 10-02-05, e da altri comportamenti aggressivi tenuti nei confronti di soci ed amministratori non si ritiene idoneo ad integrare gli estremi della causa di esclusione invocata dalla convenuta, per le ragioni appresso svolte, non altrettanto è a dirsi per gli ulteriori addebiti contestati all’attore.

Invero, a prescindere dal profilo probatorio, la sussumibilità - in astratto - degli atti di violenza in una fattispecie di reato non implica, necessariamente, che egli abbia agito contro gli interessi sociali, dovendosi distinguere il piano dell’offesa arrecata a beni giuridici della persona (quale tutelato dal reato di minaccia), da quello - distinto - dell’offesa di interessi ultraindividuali, facenti capo all’organismo societario.

Diversa l’ipotesi in cui il socio avesse, ad esempio, commesso un reato contro il patrimonio della cooperativa o leso il buon nome della stessa, essendo in tal caso evidente la lesione di interessi sociali.

4.2. Degne di rilievo si rivelano invece, in relazione alla specifica causa di esclusione in esame, le altre contestazioni mosse al XXX, ovverosia la indebita detenzione dei libri sociali, sottratti il 5-10-04 e tenuti nella propria esclusiva disponibilità sino all’1-12-05, e lo svolgimento di attività concorrenziale con quella della convenuta, attraverso la partecipazione, in qualità di socio fondatore e poi di vicepresidente del consiglio di amministrazione, alla “XXX” s.c. a r. l.

Ed infatti, è di palmare evidenza che la indebita detenzione dei libri sociali costituisce grave lesione degli interessi della società, perché, non consentendo agli amministratori di effettuare le annotazioni obbligatorie per legge e di mantenere il controllo di dati rilevanti nella gestione della cooperativa (i.e., soci ammessi e/o esclusi; versamenti compiuti), finisce per ostacolare il regolare svolgimento dell’attività sociale ed esporre altresì l’ente alle responsabilità conseguenti.

Ciò senza dire dell’ulteriore profilo di lesività della condotta, la quale si pone in palese contrasto con il diritto dei soci di ispezionare i libri sociali, riconosciuto dal combinato disposto degli artt. 2422 e 2519 c.c.

Quanto al secondo addebito, risulta per tabulas che la cooperativa sociale “XXX” a r.l. opera nello stesso settore e nella medesima area geografica della “XXX” s.c.a r.l.

E’sufficiente, sul punto, esaminare le visure camerali in atti (del 12-05-05, fasc. convenuta; del 28-06-05, fasc. attoreo) per avvertirsi della sovrapponibilità degli oggetti sociali delle due cooperative, in particolare con riguardo alla gestione di servizi di pulizia nelle scuole ed in altri enti pubblici e privati (cfr. art. 4 punto 1 statuto “XXX” s.c. a r.l.: esecuzione di lavori di pulizia di fabbricati e complessi edilizi civili, commerciali, industriali ed agricoli), alla gestione di biblioteche (cfr. art. 4 punto 4 statuto cit.), alla gestione di strutture di accoglienza per persone autosufficienti e non, all’organizzazione di giri turistici guidati (cfr. art. 4 punto 5 statuto cit.: gestione di centri di accoglienza ed assistenza turistica, con accompagnamento a mezzo guide ed interpreti), alla gestione di mense (cfr. art. 4 punto 8 statuto cit.), alla gestione del trasporto di disabili e del servizio di scuolabus, di trasporti di linea urbana ed extraurbana (art. 4 punto 9 statuto cit.: gestione di servizi di trasporto, ivi compresi scuolabus ed automezzi per il trasporto di persone svantaggiate) e alla gestione di servizi domiciliari di assistenza (cfr. art. 4 punto 10 statuto cit.).

Ebbene, acclarato quanto innanzi, non può ragionevolmente negarsi che il XXX, rivestendo, dal 27-10-04 al 15-01-2005, il duplice ruolo di socio fondatore e di vicepresidente del consiglio di amministrazione di una cooperativa operante in concorrenza con la XXX s.c. a r. l., abbia posto in essere una pluralità di atti connotati da uno spiccato accento di lesività per gli interessi sociali.

Né gioverebbe obiettare che l’attore abbia successivamente rassegnato le dimissioni da vicepresidente ed esercitato il recesso, attesa la inidoneità di simili “ravvedimenti operosi” ad eliminare gli effetti di quanto già realizzato in aperto contrasto con gli interessi sociali.

Ciò sotto un duplice ordine di profili.

Da un punto di vista strettamente pratico, non si vede come possa essere sufficiente a rimuovere gli effetti di un’attività concorrenziale esercitata ai danni della società il contegno meramente omissivo del socio, il quale si astenga dal proseguirla.

In secondo luogo, l’inserimento nello statuto della clausola di cui all’art. 13 lettera e) si giustifica esclusivamente con la volontà dei soci di escludere dalla compagine sociale quanti, tra di essi, svolgendo (o tentando di svolgere) attività contrarie agli interessi della cooperativa, manifestino di aver perso quell’affectio societatis che rappresenta uno dei presupposti indefettibili per la partecipazione ad un organismo societario.

Peraltro, la stessa prevista anticipazione della ‘soglia di intolleranza’di un’attività lesiva alla fase del tentativo (a causa della dizione usata dall’art. 13, lettera e, statuto: << che svolga o tenti di svolgere attività contrarie agli interessi sociali >>) conferma l’interesse dei soci ad assicurare un alto livello di coesione sociale, che sarebbe invece irrimediabilmente compromesso da azioni (consumate o tentate) di concorrenza ai danni della cooperativa.

Orbene, accertata la sussumibilità degli addebiti da ultimo considerati nella categoria sintetica di cui all’art. 13 lettera e) dello statuto, richiamata nella delibera di esclusione del 24-02-05, resta definitivamente accertata l’infondatezza dell’opposizione proposta dal socio avverso la delibera di esclusione, assorbita la domanda di risarcimento del danno.

La regolamentazione delle spese processuali, da liquidarsi come in dispositivo, segue la soccombenza.

P.Q.M.

Il Tribunale, nella composizione collegiale di cui in epigrafe, definitivamente pronunciando sulle domande proposte da XXX nei confronti della “XXX” società cooperativa sociale a r. l., con atto di citazione notificato il 9-03-05, ogni contraria istanza, eccezione, deduzione disattesa, così provvede:

- rigetta l’opposizione avverso la delibera consiliare n. 100 del 24 febbraio 2005 di esclusione del XXX dalla “XXX” società cooperativa sociale a r. l., assorbita la domanda di risarcimento del danno;

- condanna l’attore alla rifusione, in favore della convenuta, delle spese di lite, che si liquidano in complessivi €3.953,78, di cui €11,78 per spese, €1.542,00 per diritti, €2.400,00 per onorari, oltre rimborso spese generali, iva e cpa come per legge;