Condominio e Locazioni


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 31796 - pubb. 03/09/2024

Il tribunale di Brindisi sui rapporti tra processo esecutivo e art. 295 c.p.c.

Tribunale Brindisi, 16 Luglio 2024. Pres. Palazzo. Est. Natali.


Rapporti tra processo esecutivo e art. 295 c.p.c. - Tesi sfavorevole all’applicazione


Rapporti tra processo esecutivo e art. 295 c.p.c. - Tesi favorevole all’applicazione


Rapporti tra processo esecutivo e art. 295 c.p.c. - Tesi favorevole all’applicazione - Metamorfosi del processo esecutivo - Fondamento


Rapporti tra processo esecutivo e art. 295 c.p.c. - Tesi sfavorevole all’applicazione - Relazione di pregiudizialità tecnica - Necessità - Pregiudizialità logica - Insufficienza


Esecuzione immobiliare - Sospensione per evidenti ragioni di opportunità - Configurabilità - Ammissibilità


Esecuzione immobiliare - Sospensione per evidenti ragioni di opportunità - Applicazione analogica ex art. 337 c.p.c. - Configurabilità


Esecuzione immobiliare - Sospensione per evidenti ragioni di opportunità - Limiti cognitivi e temporali


Condominio - Natura giuridica - Ente di gestione di tipo pubblico - Esclusione


Condominio - Natura giuridica - Ente di gestione in senso solo descrittivo - Esclusione


Condominio - Natura giuridica - Ente di gestione - Mera rassomiglianza funzionale - Configurabilità


Condominio - Natura giuridica - Autonoma personalità giuridica - Esclusione


Condominio - Novella del 2012 in materia condominiale - Natura giuridica - Personalità giuridica - Esclusione - Mera soggettività giuridica deminuta e funzionale - Configurabilità


Condominio - Condomini - Poteri processuali - Configurabilità



Secondo l’orientamento tradizionale e prevalente, la sospensione del processo esecutivo non potrebbe avvenire nelle ipotesi ex art. 295 in quanto il Ge – sprovvisto di poteri cognitivi e tenuto a portare ad esecuzione l’ordine contenuto nel titolo esecutivo - non decide alcuna causa che sia, a sua volta, legata alla definizione di una controversia da un rapporto di dipendenza.


Non difetta un’opinione, più recente, di segno opposto, favorevole all’applicazione dell’art. 295 c.p.c., secondo cui, nonostante la differenza di struttura tra la sospensione necessaria nel processo di cognizione e la sospensione del processo esecutivo, le suddette previsioni risponderebbero ad una ratio ad esse comune che giustificherebbe l'ammissibilità di un provvedimento di sospensione da parte del giudice dell'esecuzione anche al di fuori del combinato disposto degli artt. 623 e 624 cpc.


La ricostruzione, favorevole all’applicazione dell’art. 295 c.p.c.., muove dalla progressiva metamorfosi del processo esecutivo rispetto all’originaria impostazione consegnata dal codice di rito e evincibile sotto i seguenti profili:
a) si è attenuato il rigore di alcuni principi (autonomia, astrattezza e autosufficienza) del titolo esecutivo che hanno contraddistinto l’azione esecutiva fin dal suo ingresso nell’ordinamento giuridico, quale mero strumento di attuazione del comando, rimasto inadempiuto, finalizzato a tradurre nella realtà materiale la regola scolpita dal titolo esecutivo;
b) si registra una profonda crisi anche della tradizionale distinzione - avente, invero, una sua intrinseca ragionevolezza - tra attività di tipo cognitivo e attività esecutiva, rinvenendo il percorso evolutivo del processo esecutivo - che negli ultimi anni sembra aver subito una apprezzabile accelerazione, con la moltiplicazione delle parentesi cognitive - le sue radici già nelle pronunce a Sezioni Unite del 2012, in punto di integrazione giudiziale del titolo esecutivo da parte del G.e..;
c) si attua il passaggio da un ruolo monolitico del G.e. quale mero esecutore di un comando già formato ad una veste duplice, non solo esecutiva, ma anche di giudice della cognizione, se non altro per tutte le questioni veicolabili dalle c.d. eccezioni in senso lato, tra le quali si inserisce anche il profilo relativo alla verifica della permanenza e persistenza del titolo esecutivo sotto il profilo dell’effettiva titolarità della posizione soggettiva in esso incorporata; aspetto che, in quanto riconducibile al novero degli elementi costitutivi del diritto azionato, è suscettibile di essere rilevato ex officio.


Nel senso dell’inapplicabilità al processo esecutivo dell’art. 295 c.p.c. depone, in modo univoco e non superabile, la considerazione per cui la stessa ha per fondamento non solo la pregiudizialità logica dell'antecedente avente carattere pregiudiziale, ma anche quella tecnico - giuridica, nel senso che l'oggetto del giudizio deve porsi quale elemento della fattispecie costitutiva del diritto azionato (come nell’ipotesi dello status di figlio rispetto all’azione di riduzione di legittima), nel qual caso, la definizione con sentenza, passata in giudicato della questione presupposta nasce dall’esigenza di evitare un possibile conflitto tra giudicati.


Come evidenziato dalle S.U. del 2012, in materia di limiti all’operatività dell’art. 295 cpc, può accadere che in presenza di due giudizi pendenti e correlati da una relazione di pregiudizialità logica e non tecnica, il Giudice del giudizio pregiudicato ritenga opportuno attendere la definitività della pronuncia e, dunque, del diritto azionato in sede esecutiva e ciò in quanto ravvisi il rischio che si autorizzino delle modifiche coattive della sfera patrimoniale del debitore o del creditore difficilmente reversibili o, comunque, contrarie a elementari esigenze di economia processuale (come nel caso in cui il titolo di formazione giudiziale appaia di debole fondamento oppure sia stato già posto nel nulla da una pronuncia di secondo grado, ancora non definitiva; nel quale ipotesi, il giudice dell’esecuzione dovrebbe estinguere il giudizio, ordinando il compimento delle formalità connesse tra cui la cancellazione del pignoramento e ciò pur a fronte dell’eventualità che quella pronuncia di secondo grado sia, a sua volta, travolta).


Anche in virtù dei rinnovati poteri cognitivi del giudice dell’esecuzione, la sospensione deve ritenersi ammissibile ma non ex art. 295 cpc, ma in virtù dell’applicazione analogica dell’art. 337 cpc, da intendersi estensibile anche alle ipotesi in cui, davanti ad un qualunque giudice, anche dell’esecuzione, sia invocata l’autorità di una qualsiasi pronuncia, anche se non consacrata non in una sentenza, ma in un decreto ingiuntivo o in ordinanza cautelare o anticipatoria.


Dovendosi raccordare il giudizio esecutivo con quello presupposto, deve ritenersi che l’eventuale sospensione sia concedibile dal Giudice dell’esecuzione a condizioni, particolarmente, rigorose che implicano:
a) una valutazione solo incidentale (e non in via principale e con efficacia di giudicato) delle questioni di fatto che siano dedotte del giudizio di merito presupposto;
b) che la sospensione sia accordabile fin quando il Giudice del giudizio presupposto non si sia pronunciato anche solo con sentenza di primo grado (o, eventualmente, anche di secondo grado) e non definitiva.


In conformità all’insegnamento delle S.U. dell’8.4.2008 n. 9148, deve escludersi la qualificazione dell’istituto de quo, quale ente di gestione, essendo evidente l’incoerenza delle conseguenze giuridiche tratte dal tradizionale inquadramento dell’istituto, la figura dell’ente di mera gestione «suppone(ndo) che coloro i quali ne hanno la rappresentanza non vengano surrogati dai partecipanti» ed essendo la stessa dotati di personalità giuridica di diritto pubblico oltre che di una propria autonomia patrimoniale (come evincibile dalla previsione di un fondo di dotazione e della titolarità, in capo agli stessi, delle partecipazioni azionarie).


Diffusa è la ricostruzione giurisprudenziale del condominio quale “ente di gestione”, sia pure in senso solo descrittivo e non in senso stretto, in quanto - come chiarito dalle Sez. Unite del 2012 - entità priva di un’autonoma personalità giuridica, ma, nondimeno, legittimata ad agire in rappresentanza e nell’interesse dei condomini per il tramite di un amministratore, la cui legittimazione ad agire non è esclusiva, ma concorrente con quella dei singoli condomini.


Tra condominio e ente di gestione può ravvisarsi una rassomiglianza dello schema operativo ovvero il fatto che l’amministratore e l’assemblea gestiscano le parti comuni per conto dei condomini, ai quali le parti comuni appartengono.


Il condominio non è titolare di un patrimonio autonomo, né di rapporti giuridici attivi o passivi in quanto, da un lato, la titolarità dei diritti sulle cose, sugli impianti e sui servizi di uso comune è dei singoli condomini, i quali, al contempo, rispondono delle obbligazioni (contrattuali o meno) che rinvengono il proprio fondamento giustificativo nelle cose, negli impianti ed nei servizi comuni; dall’altro, le obbligazioni contratte nell’interesse del condominio non fanno capo ad un fantomatico ente, ma gravano, pro quota, sui singoli partecipanti.


Anche dopo la novella del 2012 in materia condominiale deve essere ribadito il difetto di personalità, cosi come di mera soggettività giuridica (piena) del condominio che va catalogato quale soggetto di diritto:
a) sprovvisto di personalità giuridica e con prerogative particolarmente circoscritte in quanto funzionali alla gestione delle res, costituente una sorta di ausilio organizzativo con funzioni semplificatorie della gestione delle res condominiali, anche in via giudiziale; ausilio che si aggiunge e non si sostituisce ai singoli condomini che conservano intatti le proprie prerogative processuali;
b) accomunabile alle società di persone, anche se con meno prerogative per i condomini rispetto ai soci di tali ultime: non gode di un’autonomia patrimoniale, anche solo imperfetta, quale è quella tipica delle socie e ciò perché i suoi beni sono aggredibili unitamente a quelli dei singoli condomini, senza che gli stessi beneficino della facoltà di opporre il beneficium excussionis proprio delle società semplici o il beneficium hordinis tipico delle società in nome collettivo.


I condomini conservano il potere di agire in via giudiziale al fine di attuare la difesa dei diritti inerenti alle parti comuni; nonché di avvalersi autonomamente dei mezzi di impugnazione o anche solo di intervenire nei giudizi intrapresi dall’amministratore, ecc.. (Antonio Ivan Natali) (riproduzione riservata)




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