Diritto Societario e Registro Imprese
Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 26082 - pubb. 23/10/2021
Gli effetti della violazione della clausola di prelazione contenuta nello statuto della società
Tribunale Roma, 26 Maggio 2021. Pres. Di Salvo. Est. Romano.
Società – Clausola di prelazione – Violazione – Effetti
La violazione della clausola di prelazione contenuta nello statuto della società, con riferimento alla circolazione delle quote, non importa la dichiarazione di nullità o di inefficacia assoluta dell’atto - come, invece, predicato da una non recente giurisprudenza secondo la quale la cessione eseguita in violazione del patto di prelazione sarebbe nulla (in questo senso, Trib. Milano, 27 febbraio 1989) o comunque inefficace anche tra le stesse - in quanto tali sanzioni risulterebbero eccessive rispetto agli interessi che le clausole violate mirano a realizzare; l’atto è, in realtà, solo relativamente inefficace, nel senso che l’inefficacia potrà essere fatta valere dalla società tramite l’organo amministrativo (o nei confronti di essa), soggetto portatore dell’interesse sotteso alla clausola stessa.
La realità della clausola non può mai condurre alla nullità del trasferimento operato in violazione del patto di prelazione, non versandosi in ipotesi di violazione di norma imperativa, né può portare alla declaratoria di nullità per impossibilità dell'oggetto per indisponibilità della partecipazione ceduta; ma condurre unicamente ad una pronuncia d'inefficacia del trasferimento in favore del socio pretermesso e/o della società.
Dovendosi escludere che la violazione della clausola di prelazione importi la dichiarazione di nullità o di inefficacia assoluta dell’atto ovvero ancora un inadempimento di una parte del contratto, si deve anche escludere la legittimazione dei soci pretermessi a richiedere la risoluzione del contratto di cessione delle quote in violazione della prelazione, in quanto la domanda di risoluzione è riservata soltanto all’acquirente che, in ragione della inefficacia del trasferimento a lui opposta dalla società, non sia stato posto nelle condizioni di esercitare i diritti sociali connessi alla partecipazione sociale compravenduta.
Il socio pretermesso non può ottenere una pronunzia di risoluzione o di nullità dell’atto di compravendita della partecipazione sociale (né, come visto, ottenere il riscatto di quest’ultima), ma soltanto una pronunzia di accertamento della inefficacia dell’atto medesimo nei confronti della società.
Quest’ultima è dunque tenuta a non considerare socio il soggetto che abbia acquistato la quota sociale sulla base di un atto posto in essere in violazione della clausola di prelazione. Conseguentemente, in questo caso, non viene in rilievo una pronunzia che abbia ad oggetto la validità dell’atto di compravendita della partecipazione sociale (domanda che, come si è già detto, va rigettata), ma una pronunzia dichiarativa di inefficacia che richiede, di necessità, la partecipazione al processo dell’ente cui essa effettivamente si rivolge. (Franco Benassi) (riproduzione riservata)
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