Diritto Penale
Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 24145 - pubb. 10/09/2020
Natura impugnatoria del reclamo disciplinare
Tribunale Alessandria, 28 Luglio 2020. Est. Vignera.
Ordinamento penitenziario - Istituti di prevenzione e di pena - Magistrato di sorveglianza - Reclamo disciplinare - Natura - Impugnazione - Conseguenze
Il reclamo proposto dal detenuto al magistrato di sorveglianza ai sensi degli artt. 35- bis e 69, comma 6, lettera a), O.P. (c.d. reclamo disciplinare) ha natura impugnatoria; lo stesso, pertanto, deve contenere a pena di inammissibilità l’enunciazione specifica dei motivi in applicazione delle disposizioni generali ex artt. 581, lettera d) e 591, comma 1, lettera c), c.p.p. (Redazione IL CASO.it) (riproduzione riservata)
N. 2020/2447 SIUS
N. 2020/834 Ordinanza
Il Magistrato di Sorveglianza
letto il retroesteso reclamo presentato ex art. 35-bis, comma 2, O.P. da M. F. (nato a XXXX il XXXX, detenuto nella Casa circondariale di Alessandria) avverso il provvedimento con il quale gli è stata applicata la sanzione disciplinare del richiamo (recte: dell’ammonizione),
OSSERVA
quanto segue.
******
1.- Va osservato preliminarmente che al reclamo “disciplinare” previsto dagli artt. 35-bis, comma 2, e 69, comma 6, lettera a), O.P. va assegnata natura impugnatoria [cfr. Cass. pen., Sez. I, sentenza 8 febbraio 2001 n. 19785, Camerino, Rv. 219670: “Il reclamo avverso le sanzioni disciplinari adottate dalla Direzione della Casa circondariale, proposto ai sensi dell'art. 14 ter della legge n. 354 del 1975 (ordinamento penitenziario), è atto di parte assimilabile ad ogni effetto ad una impugnazione, sicché la sanzione per l'inosservanza dei termini entro i quali può essere proposto è quella dell'inammissibilità, come previsto per tutti i mezzi di gravame”; nello stesso senso in relazione all’omologo istituto ex art. 14 ter O.P. Cass. pen., Sez. 1, sentenza 25 marzo 1998 n. 1781, Pianese, Rv. 211028; e Cass. pen., Sez. 1, ordinanza 18 dicembre 2009 n. 2334, Rv. 246314, Alvaro].
2. - Non può essere, invece, assecondata la diversa opinione espressa da Cass. pen., Sez. V, sentenza 17 luglio 2018 n. 42625, A., Rv. 274053, che ha postulato la natura non impugnatoria del reclamo de quo con il mero richiamo di Cass. pen., Sez. unite, sentenza 21 dicembre 2017 n. 3775, Min. Giustizia in proc. Tuttolomondo, Rv. 271648.
Così facendo, invero, Cass. n. 42625 del 2018 ha omesso di considerare che la suindicata decisione delle Sezioni unite riguardava la ben diversa ipotesi del reclamo giurisdizionale avente ad oggetto il diritto “azionato dal detenuto ex art. 35-ter O.P.”: vale a dire, “il diritto al ristoro del pregiudizio da detenzione in condizioni degradate” conseguente alla violazione dell’art. 3 CEDU.
Sennonchè:
- il reclamo giurisdizionale ex artt. 35-bis e 35-ter O.P. ha per oggetto un rapporto giuridico (“l'eventuale compressione del diritto fondamentale della persona, di matrice convenzionale e costituzionale, in base al quale nessuno può essere sottoposto a pene o a trattamenti inumani o degradanti”: come sta scritto nella motivazione della predetta sentenza delle Sezioni unite);
- il reclamo “disciplinare” ex art. 35-bis, comma 2, e 69, comma 6, lettera a), O.P., invece, ha per oggetto un atto amministrativo: il provvedimento dell’organo disciplinare dell’istituto penitenziario (il direttore o il consiglio di disciplina, secondo i casi) applicativo di una sanzione, di cui il detenuto può contestare in sede giurisdizionale la legittimità (compresa quella del relativo procedimento) e/o in certi casi (quelli di cui all’art. 39, comma 1, numeri 4 e 5, O.P.) anche il merito.
Proprio dalla diversità dell’oggetto della cognizione giudiziale deriva, per esempio, la diversità del “regime temporale” dei due rimedi:
- quello ex artt. 35-bis e 35-ter O.P., proprio perchè ha per oggetto, un diritto soggettivo, è soggetto all’ordinario termine decennale di prescrizione ex art. 2946 c.c. (v. Cass. pen., Sez. I, sentenza 15 marzo 2017 n. 31475, Casa circ. di Tempio Pausania in proc. Zito, Rv. 270841; e Cass. civ., Sezioni unite, sentenza 8 maggio 2018 n. 11018, Rv. 648270);
- quello ex art. 35-bis e 69, comma 6, lettera a), O.P., invece, proprio perché ha per oggetto un atto, va proposto entro 10 giorni dalla comunicazione dell’atto stesso (v. art. 35-bis, comma 2, O.P.).
3. - Stante la diversità “ontologica” dei due rimedi suindicati, la natura del secondo [quello ex art. 35-bis, comma 2, e 69, comma 6, lettera a), O.P.] non può essere desunta sic et simpliciter dalla natura del primo (quello ex artt. 35-bis e 35-ter O.P.), ma va ricostruita “autonomamente” in base alle sue specificità.
In questo prospettiva e come emerge da quanto scritto nel paragrafo precedente, si rileva che il procedimento disciplinare relativo ai detenuti si articola in due fasi: una amministrativa (a conclusione della quale può essere applicata la sanzione) ed una giurisdizionale (introdotta su “impulso” del detenuto ex art. 35-bis, comma 2, O.P. innanzi al magistrato di sorveglianza, la quale è finalizzata al controllo giudiziale di legittimità e talvolta anche di merito del provvedimento amministrativo applicativo della sanzione disciplinare)
Trattasi di un’opzione corrispondente a quella prevista nella materia disciplinare relativa a numerosi altri settori.
Orbene!
Ogniqualvolta il legislatore ha articolato il procedimento disciplinare in due fasi, di cui la prima amministrativa (che si conclude con la deliberazione dell’organo amministrativo) e la successiva giurisdizionale (che si inizia con la contestazione di quella deliberazione da parte dell’interessato e talvolta pure del P.M), alla fase giurisdizionale viene sempre riconosciuta natura impugnatoria (v. esemplificativamente Cass. civ., Sezioni unite, sentenza 12 marzo 1980 n. 1639, Rv. 405232 sul previgente procedimento disciplinare a carico degli avvocati; Cass. civ., Sez. III, sentenza 8 novembre 2002 n. 15698, Rv. 558334, in tema di sanzioni disciplinari a carico dei geologi; Cass. civ., Sez. III, sentenza 4 maggio 2005 n. 9281, Rv. 581845, sul procedimento disciplinare relativo ai giornalisti; Cass. civ., Sez. II, sentenza 12 dicembre 2017 n. 29717, Rv. 646599, sul procedimento disciplinare a carico dei notai).
Del resto, se si dovesse escludere la natura impugnatoria del reclamo “disciplinare” innanzi al magistrato di sorveglianza, il termine per reclamare stabilito dall’art. 35-bis, comma 2, O.P. non dovrebbe considerarsi perentorio (non essendo qualificato come tale né essendo ivi prevista alcuna sanzione di decadenza o di inammissibilità) e dovrebbe, perciò, ammettersi per il detenuto la possibilità di reclamare sine die: il che, tuttavia, sarebbe illogico e lesivo dell’esigenza di certezza delle situazioni giuridiche (sulla cui rilevanza anche costituzionale v. ex multis Cass. civ., Sezioni unite, sentenza 16 giugno 2014 n. 13676, Rv. 631443, che parla ex professo di “principio, irrinunciabile in ogni ordinamento giuridico, della certezza del diritto e delle situazioni giuridiche”).
La perentorietà del termine in questione, invece, consegue de plano all’affermazione della natura impugnatoria del reclamo (“disciplinare”) de quo e alla conseguente applicabilità della disposizione generale contenuta nell’art. 591, comma 1, lettera c), c.p.p., che richiama l’art. 585 sui termini per l’impugnazione.
4.- Il presente reclamo va dichiarato inammissibile per omessa enunciazione dei motivi.
Invero, dovendosi (come testè detto) assegnare al reclamo ex artt. 35 bis-69, comma 6, lettera a), O.P. la natura di mezzo di impugnazione, lo stesso deve contenere a pena di inammissibilità l’enunciazione specifica dei motivi in applicazione delle disposizioni generali ex artt. 581, lettera d) e 591, comma 1, lettera c), c.p.p.
P.Q.M.
visti gli artt. 35-bis, comma 1, O.P. e 666, comma 2, c.p.p.;
visto il parere del PM;
DICHIARA
l’inammissibilità del reclamo.
Alessandria, 28 luglio 2020
Il Magistrato di Sorveglianza
Dr. Giuseppe Vignera