Crisi d'Impresa e Insolvenza
Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 23352 - pubb. 11/03/2020
Espropriazione e vendita forzata immobiliare: cancellazione dei gravami indipendentemente dal decorso dei termini per la proponibilità di opposizioni all'esecuzione a norma dell'art. 617 c.p.c.?
Cassazione civile, sez. I, 10 Febbraio 2020, n. 3096. Pres. Federico. Est. Vella.
Espropriazione e vendita forzata immobiliare – Cancellazione dei gravami – Indipendentemente dal decorso dei termini per la proponibilità di opposizioni all'esecuzione a norma dell'art. 617 c.p.c.
Se, nel procedimento di espropriazione e vendita forzata immobiliare, il decreto di trasferimento del bene, recante l'ordine di cancellazione dei gravami (pignoramenti, ipoteche, privilegi, sequestri conservativi) determini, in forza dell'art. 2878 c.c., n. 7, l'estinzione dei medesimi vincoli, dei quali il Conservatore dei registri immobiliari (oggi Ufficio provinciale del territorio - Servizio di pubblicità immobiliare, istituito presso l'Agenzia delle Entrate) è tenuto ad eseguire la cancellazione, indipendentemente dal decorso dei termini per la proponibilità di opposizioni all'esecuzione a norma dell'art. 617 c.p.c. (Franco Benassi) (riproduzione riservata)
Massimario Ragionato
Fatti di causa
1. Il Tribunale di Sondrio ha rigettato tutte le domande proposte dall'esecutata A.B. nei due giudizi (riuniti) ex art. 617 c.p.c. promossi contro la curatela dei Fallimenti della società "(*) s.n.c." e dei tre soci in proprio creditore procedente dell'esecuzione immobiliare a suo carico - per l'illegittimità del provvedimento di aggiudicazione nella vendita senza incanto, impugnato con ricorso ex art. 591-ter c.p.c. rigettato dal G.E. (n. R.G. 1739/09) e contro il Fallimento della società, l'aggiudicatario M.S.G. e l'Agenzia del Territorio, per l'illegittimità del decreto di trasferimento e dell'atto di precetto per rilascio dell'immobile staggito (n. R.G. 1258/10).
2. In particolare, le doglianze circa il difetto di esecutività del decreto di trasferimento sono state respinte sul presupposto che esso costituisce, ai sensi dell'art. 586 c.p.c., comma 3, titolo per la trascrizione e titolo esecutivo per il rilascio, salva l'adozione di un provvedimento di sospensione da parte del G.E. (nel caso di specie rifiutato); quanto poi alle lamentate irregolarità delle trascrizioni nei registri immobiliari - per non avere il Conservatore verificato se il decreto di trasferimento fosse stato notificato all'esecutata, ai fini dell'opposizione - il tribunale ha rilevato che, ai sensi dell'art. 2659 c.c., il Conservatore è obbligato a eseguire la trascrizione del decreto senza effettuare alcuna verifica sulla sua notifica e sull'efficacia esecutiva, essendone questo munito ex lege.
3. A.B. ha proposto ricorso per cassazione affidato a quindici motivi, cui hanno resistito con controricorso l'Agenzia del Territorio e M.S.G. (quest'ultimo depositando anche memoria), mentre la curatela dei Fallimenti intimati non ha svolto difese.
Ragioni della decisione
4. Con il primo motivo di ricorso, la ricorrente lamenta "in rito ex art. 161 c.p.c.: violazione o falsa applicazione (...) dell'art. 158 c.p.c. per vizio di costituzione del giudice", per essere stata la sentenza pronunciata da un giudice monocratico diverso da quello dinanzi al quale erano state precisate le conclusioni e depositate comparse conclusionali e repliche.
4.1. La censura è infondata poichè, avendo le parti precisato le conclusioni (anche) dinanzi al magistrato che ha deciso le cause riunite (designato in sostituzione del magistrato che le aveva istruite), non ricorre il denunziato vizio di costituzione del giudice, senza che rilevi, al riguardo, la mancata concessione di ulteriori termini per le memorie conclusionali ex art. 190 c.p.c., essendo pacifico che le parti ne avevano già in precedenza usufruito.
4.2. Al riguardo soccorre il consolidato orientamento di questa Corte per cui la nullità della sentenza per vizio di costituzione del giudice sussiste solo qualora non vi sia identità tra la persona fisica del magistrato che recepisce le conclusioni all'udienza all'uopo fissata e quello che decide la causa (Cass. Sez. 2, 14/12/2007 n. 26327; v. anche Cass. Sez. 1, 23/03/2005 n. 6269; Cass. Sez. 2, 27/05/2009 n. 12352; Cass. Sez. 3, 06/07/2010 n. 15879; cfr. da ultimo, Cass. Sez. 6-3, 10/07/2019 n. 18574), mentre l'inosservanza del principio della immutabilità del giudice istruttore (art. 174 c.p.c.) e la trattazione della causa da parte di un giudice diverso da quello individuato secondo le tabelle, determinata da esigenze di organizzazione interna al medesimo ufficio giudiziario, costituiscono una mera irregolarità di carattere interno (Cass. Sez. 4, 25/01/2017 n. 1912; Cass. Sez. 3, 24/07/2012 n. 12912; Sez. 3, 30/03/2010 n. 7622; Cass. Sez. 2, 14/12/2007 n. 26327).
5. Il secondo mezzo denunzia la "violazione o falsa interpretazione (...) della L. Fall., artt. 118, 120 e 43 e dell'art. 299 c.c.", per avere il tribunale respinto la richiesta di integrazione del contraddittorio nei confronti del socio G.B., tornato in bonis a seguito di revoca del suo fallimento, in quanto litisconsorte necessario.
6. Con il terzo viene dedotta la "violazione o falsa applicazione (...) dell'art. 96 c.p.c. in merito alla carenza di legittimazione passiva e di interesse del curatore dei fallimenti nella causa n. 1258/10" sebbene la stessa ricorrente gli avesse notificato l'atto di citazione, in quanto "parte nel giudizio ex art. 591 bis avanti il G.E." - per avere egli ivi svolto "azioni difensive nell'esclusivo interesse del signor M.S.G. e dell'Agenzia del Territorio".
6.1. Entrambe le censure sono prive di pregio, poichè il contraddittorio in sede di opposizione agli atti esecutivi va instaurato nei confronti delle parti del processo esecutivo, tra le quali, per un verso, non rientrava più il socio tornato in bonis, dal momento che l'azione esecutiva era stata promossa dalla curatela dei fallimenti della società e del socio (secondo motivo), per altro verso rientrava invece sicuramente la curatela fallimentare, che, in quanto creditore procedente, era stata convenuta dalla stessa ricorrente che si duole, ora, della sua partecipazione a quel giudizio.
7. Con il quarto motivo si lamenta la "violazione o falsa applicazione (...) dell'art. 490 c.p.c. e della L. n. 241 del 1990 in materia di trasparenza amministrativa", per avere il tribunale dichiarato inammissibile, in quanto nuova, "l'eccezione di omessa informazione in ordine alla pendenza di cause connesse al pignoramento immobiliare" e per averne comunque dichiarato l'infondatezza, quando invece "gli avvisi di vendita ai sensi dell'art. 490 c.p.c. devono contenere, a pena di nullità, tutti i dati che possono interessare il pubblico, ivi compresa quindi l'informazione che il pignoramento immobiliare è stato attivato in presenza di sentenze solo provvisoriamente esecutive".
7.1. La censura è infondata poichè non esiste l'obbligo di indicare nell'avviso di vendita le caratteristiche del titolo esecutivo (nè se la sentenza sia provvisoriamente esecutiva), trattandosi di informazione irrilevante e perciò superflua nei confronti dei potenziali offerenti.
8. Il quinto mezzo prospetta la "violazione o falsa applicazione (...) dell'art. 572 c.p.c., comma 2 e della L. Fall., artt. 31 e 35", per avere il tribunale rigettato l'eccezione di irregolarità della vendita senza incanto, la quale "deve sempre partire dal prezzo base maggiorato di 1/5", mentre il fatto che la precedente vendita con incanto fosse andata per tre volte deserta non giustificava la deroga a tale regola.
8.1. La censura è infondata, poichè l'art. 572 c.p.c., comma 2, non si applica laddove - come nel caso di specie - si sia svolta una gara tra gli offerenti ex art. 573 c.p.c., finalizzata proprio all'individuazione del giusto prezzo di aggiudicazione.
9. Con il sesto motivo si deduce la "violazione o falsa applicazione (...) degli artt. 569, 570 e 591 bis in ordine all'elezione di domicilio in luogo diverso da quello stabilito dal G.E.", avendolo il professionista delegato eletto non già presso il proprio studio in Bormio, bensì presso lo studio di un avvocato in Sondrio, con l'effetto di non aver "potuto esercitare il controllo in tempo reale in odine alla regolarità di presentazione delle offerte", che sarebbero state "ritirate e controllate, gioco forza, da persone non legittimate a raccoglierle".
9.1. La censura, oltre che inammissibile per difetto di specificità e perchè basata su mere supposizioni, è comunque infondata, poichè il tribunale ha dato atto di come emergesse per tabulas che dell'elezione di domicilio presso lo studio legale in Sondrio fosse stata data la dovuta pubblicità nell'avviso di vendita, in coerenza con le previsioni dell'art. 591-bis c.p.c., commi 4 e 5.
10. Il settimo mezzo prospetta la "violazione o falsa applicazione (...) dell'art. 569 c.p.c. in ordine all'eccezione del mancato rispetto del termine di un anno per lo svolgimento delle operazioni delegate", posto che il provvedimento di proroga, all'uopo evidenziato dal tribunale, non sarebbe "opponibile alla signora A.B., in quanto non è a lei mai stato notificato, nè portato a conoscenza".
10.1. La censura è inammissibile per difetto di specificità, ferma restando l'irrilevanza della deduzione per cui il provvedimento di proroga del termine assegnato al professionista delegato per il completamento delle operazioni di vendita non sarebbe stato notificato o comunicato alla ricorrente, non rilevando la sua opponibilità ai fini della denunziata violazione di legge.
11. Con l'ottavo motivo si deduce la "violazione o falsa applicazione (...) degli artt. 490 e 156 c.p.c. in ordine all'errata indicazione del creditore pignorante (...) con conseguente commistione tra il patrimonio della società e il patrimonio dei singoli soci", dal momento che negli avvisi di vendita (per quanto nella sentenza impugnata tale contestazione risulta riferita al verbale di aggiudicazione) era stato indicato come creditore pignorante non già il nominativo del curatore dei fallimenti procedenti, bensì la "Procedura esecutiva immobiliare n. 74/07 promossa da Fall.to (*) s.n.c.".
11.1. La censura è inammissibile in quanto involge un accertamento in fatto rimesso al giudice di merito, il quale nella specie ha accertato che la lettura dell'avviso di vendita ben consentiva di identificare il creditore procedente, stante l'espresso richiamo al provvedimento del G.E. che autorizzava la vendita dell'immobile nell'ambito della procedura esecutiva immobiliare promossa sia dal Fallimento della società che dal Fallimento (in ripercussione L. Fall., ex art. 147) dei singoli soci.
12. Ad analoghe conclusioni deve pervenirsi con riguardo al tredicesimo motivo, che denunzia la "violazione o falsa applicazione (...) in ordine all'errata individuazione del soggetto in nome del quale sono state chieste le trascrizioni alla conservatoria dei registri immobiliari", in quanto "il decreto di assegnazione impugnato" recherebbe in epigrafe che la procedura esecutiva era stata promossa dai Fallimenti della società e dei soci "senza tuttavia indicare il codice fiscale e fare alcun riferimento al ruolo e al nominativo del curatore, unico soggetto titolato ad agire in nome e per conto di tali fallimenti", mentre "ai fini della trascrizione del pignoramento, della relativa cancellazione del pignoramento e ordine di intestazione della vendita a favore del signor M.S.G., la denominazione cambia in "Massa dei creditori del Fallimento (*) s.n.c. e dei soci (*)"".
12.1. Non può essere invero rimesso in discussione in questa sede l'accertamento di merito del giudice a quo circa la inequivoca riferibilità degli atti al soggetto in nome del quale sono state richieste le trascrizioni del decreto di trasferimento, così come la genericità delle contestazioni in ordine alle volture, poichè a pag. 23 della sentenza impugnata si legge chiaramente che "dalla documentazione prodotta dall'attrice, sub doc. 29, costituita dalla richiesta di voltura e nota di trascrizione, non emergono elementi tali da inficiare la validità della trascrizione", e che " dalla detta documentazione emergono invero correttamente l'individuazione del provvedimento oggetto di trascrizione (...) nonchè i soggetti interessati (...)".
13. Il nono mezzo lamenta la "violazione o falsa applicazione (...) della L. Fall., artt. 25,31,35 e 148", per avere il tribunale "sottovalutato la portata delle violazioni della legge fallimentare nell'ambito del giudizio di merito in opposizione al verbale di aggiudicazione e del conseguente decreto di trasferimento con contestuale ordine di rilascio degli immobili", ciò in aggiunta alla "indebita commistione del patrimonio societario con il patrimonio dei singoli soci", asseritamente consumatasi per avere il curatore "gestito la procedura esecutiva indistintamente per tutti e quattro i fallimenti".
13.1. La censura è inammissibile per difetto di specificità e per inconferenza, poichè eventuali irregolarità verificatesi in sede fallimentare andrebbero denunziate in quella sede, senza poter determinare ex sè l'invalidità degli atti espropriativi (cfr. Cass. Sez. 1, 22/10/2004 n. 20637).
14. Con il decimo motivo si lamenta la "violazione o falsa applicazione (...) degli artt. 598,796,999 e 1146 c.c. in ordine al mancato consolidamento dell'usufrutto.. della signora Mo.", che non sarebbe stato nè pignorato, nè consolidato con la nuda proprietà.
14.1. La censura è inammissibile, in quanto evoca confusamente i temi di cause testamentarie pendenti che esulano dall'oggetto del presente giudizio, sui quali il tribunale ha segnalato una preclusione da ne bis in idem; appare comunque dirimente l'accertamento svolto in punto di fatto dal giudice a quo nel senso che "quando il bene immobile nel 2007 è stato oggetto di pignoramento, era già intervenuto il decesso di Mo.Li., risalente infatti al 03.04.2003", con la conseguenza che "il diritto di usufrutto era pertanto estinto".
15. Le stesse considerazioni inficiano il dodicesimo motivo, nel quale la questione dell'usufrutto viene in rilievo sotto il profilo della pretesa "nullità del procedimento per mancata rispondenza ex art. 112 c.p.c. tra il chiesto e il pronunciato in merito alle articolate e documentate censure di irregolarità della voltura in piena proprietà dell'unità immobiliare a favore del signor M.S.G.", dichiaratamente contenute (solo) nelle "eccezioni sollevate sul punto alle pagine da 34 a 41 della comparsa conclusionale", confusamente richiamate a pag. 48-52 del ricorso, ove si asserisce che nella titolarità dell'usufrutto in questione erano subentrati gli eredi universali di Mo.Li., senza che esso fosse stato mai volturato (su impulso dei soggetti legittimati dalla L. n. 670 del 1969) e quindi si fosse riunito alla nuda proprietà, mentre il pignoramento non era stato esteso all'usufrutto, nè era intervenuto alcun provvedimento di sua cancellazione.
15.1. Tale doglianza è inammissibile anche perchè fondata su una rivisitazione dei fatti di causa non consentita in questa sede, risultando chiaramente dalla sentenza impugnata che l'usufruttaria era deceduta prima dell'inizio dell'espropriazione.
16. Con l'undicesimo motivo si lamenta la "violazione o falsa applicazione (...) degli artt. 2659 e 2674 c.c. e dell'art. 101 c.p.c. in ordine alle irregolarità delle trascrizioni nei registri immobiliari", in quanto, contrariamente a quanto affermato dal tribunale, il Conservatore avrebbe dovuto non solo effettuare i dovuti controlli ex art. 2674 c.c. sull'identità dei soggetti a favore dei quali era stata richiesta la trascrizione e sull'apposizione della formula esecutiva al decreto di trasferimento immobiliare, ma anche "accertarsi ex art. 101 c.c. che il decreto di trasferimento fosse stato notificato, nel rispetto del principio del contraddittorio, alla signora A.B., al fine di renderlo opponibile alla stessa e di consentirle di proporre opposizione (come in effetti ha proposto dopo la notifica)"; al contrario, le trascrizioni sarebbero state effettuate prima dell'apposizione della formula esecutiva e prima della notifica alla ricorrente del decreto di trasferimento "contenente l'ordine di cancellazione del verbale di pignoramento", quando esse non avrebbero potuto eseguirsi, "stante la non operatività delle sentenze provvisoriamente esecutive per trasferimenti che riguardano immobili e la mancata trascrizione di atti precedenti".
17. Tali censure possono essere esaminate, per connessione, unitamente al quattordicesimo motivo - con cui si lamenta (testualmente) la "violazione o falsa applicazione (...) degli artt. 282 e 586 c.p.c. in ordine alla (...) sospensione d'ufficio dell'efficacia esecutiva del decreto di trasferimento e del relativo atto di precetto, nonchè del verbale di aggiudicazione, costituenti atti presupposti entrambi inidonei a produrre effetti fino al passaggio in giudicato della sentenza che definirà l'odierna causa", nonchè "della sentenza tuttora "sub judice" avanti alla Corte Suprema di Cassazione, pronunciata nella causa in opposizione al testamento di Mo.Li., atto presupposto del pignoramento e successiva vendita dell'appartamento di A.B.", così come non sarebbe "idoneo a produrre effetti fino al passaggio in giudicato della Sentenza che definirà l'appello proposto dalla signora A.B., il provvedimento di immissione nel possesso connesso al verbale di assegnazione, emesso ex art. 610 c.p.c. dal G.E.", e tutto ciò in considerazione del fatto che "l'effetto traslativo della proprietà del bene (si produce) solo dal momento del passaggio in giudicato" (con richiamo a Cass. Sez. U, 22/02/2010 n. 4059, riguardante però la sentenza ex art. 2932 c.c.) - e al quindicesimo motivo, con cui si lamenta invece la "violazione o falsa applicazione (...) dell'art. 2929 e 2921 c.c. in odine al diritto alla restitutio in integrum" poichè, stanti l'avvenuta impugnazione di "tutte le sentenze e i provvedimenti che hanno caratterizzato l'odierna controversia" e la rilevabilità d'ufficio in ogni stato e grado della "nullità dell'apposizione della formula esecutiva sul decreto di trasferimento", "l'accoglimento anche di una sola delle controversie da cui ha avuto origine il pignoramento immobiliare riverserebbe effetti a cascata anche sul trasferimento dell'immobile, con la conseguenza che l'acquirente sarebbe costretto a retrocederlo".
18. La Procura Generale ha concluso per l'inammissibilità dell'undicesimo motivo - oltre che del quattordicesimo e del quindicesimo, ritenuti "privi di autonoma consistenza di censure di legittimità", in quanto afferenti non già i contenuti della decisione, bensì aspetti ad essa consequenziali - sulla base di una serie di considerazioni che il Collegio, come in parte già anticipato, ritiene di condividere, nel senso che: i) la critica di inesatta verifica circa i soggetti a favore dei quali è stata richiesta la trascrizione resta superata dal contrario accertamento in fatto del tribunale sulla corrispondente inequivocabilità, che non può essere messo in discussione in questa sede in assenza di censure di carattere revocatorio; ii) la critica afferente il mancato consolidamento dell'usufrutto difetta di specificità e autosufficienza, specie a fronte delle osservazioni svolte dal tribunale in punto di estraneità al thema decidendum della prospettata riserva di usufrutto, ex art. 796 o 698 c.c., sulla quale si è già pronunciato il Tribunale di Sondrio con la sentenza del 30 marzo 2006 sopra richiamata, negando che la titolare dell'usufrutto potesse disporne per testamento; iii) l'affermazione per cui l'usufrutto non avrebbe costituito oggetto del pignoramento resta una petizione di principio, ben potendo assumersi, per logica, che gli atti del processo esecutivo non ne recassero menzione proprio in forza della già avvenuta estinzione dell'usufrutto per decesso dell'usufruttuaria, con conseguente consolidamento con la nuda proprietà; iv) le censure relative alla mancata verifica della notifica del decreto di trasferimento e della sua efficacia esecutiva difettano di interesse per la ricorrente, in quanto le sfavorevoli conseguenze lamentate (ossia la cancellazione di ogni gravame e la trascrizione dell'acquisto in piena proprietà in favore dell'aggiudicatario) non dipendono da questa fase; v) risultano corrette le osservazioni svolte nella sentenza impugnata, per cui il decreto di trasferimento, perfetto ed esecutivo ex lege dal momento del deposito con la sottoscrizione del cancelliere, è titolo per la trascrizione, da effettuarsi a cura del Conservatore previo semplice controllo estrinseco e formale ai sensi dell'art. 2674 c.c., senza alcuna verifica sulla sua notifica, posto che la copia del decreto munito di formula esecutiva, da notificare con il precetto per rilascio, è necessaria solo ai fini della successiva fase di rilascio dell'immobile.
19. Tuttavia, la stessa Procura generale ha segnalato la particolare rilevanza della questione sottesa all'undicesimo motivo - in presenza "di indirizzi e di prassi sensibilmente divergenti tra loro, ancorchè basate sulla interpretazione delle medesime disposizioni legislative che vengono in rilievo (art. 586 c.p.c.; art. 2787 c.c., n. 7 e art. 2884 c.c.)" - invocando l'enunciazione del seguente principio di diritto nell'interesse della legge, ex art. 363 c.p.c., comma 3:
"Nel procedimento di espropriazione e vendita forzata immobiliare, il decreto di trasferimento del bene, recante l'ordine di cancellazione dei gravami (pignoramenti, ipoteche, privilegi, sequestri conservativi), determina, in forza dell'art. 2878 c.c., n. 7, l'estinzione dei medesimi vincoli, di cui il Conservatore dei registri immobiliari (oggi Ufficio provinciale del territorio - Servizio di pubblicità immobiliare, istituito presso l'Agenzia delle Entrate) è tenuto ad eseguire la cancellazione, indipendentemente dal decorso dei termini per la proponibilità di opposizioni all'esecuzione a norma dell'art. 617 c.p.c.".
20. Le segnalate criticità ermeneutiche riguardano, in particolare, i seguenti punti:
"(a) se il decreto di trasferimento del bene immobile, pronunciato dal giudice dell'esecuzione all'esito del procedimento di espropriazione forzata a norma dell'art. 586 c.p.c., comporti quale proprio effetto ex lege l'immediata cancellazione dei pesi gravanti sull'immobile (trascrizioni dei pignoramenti e dei sequestri conservativi, iscrizioni ipotecarie);
(b) se, in caso di risposta negativa al quesito che precede, essa trovi fondamento in una norma positiva (in particolare nell'art. 2884 c.c.);
(c) quale sia, di conseguenza, l'ambito di valutazione affidato al Conservatore dei registri immobiliari in ordine all'adempimento della cancellazione dei vincoli gravanti sull'immobile, in particolare sotto il profilo della verifica di stabilità/definitività del decreto di trasferimento".
21. Per esaminare tali questioni è necessario svolgere una breve premessa su contenuti ed effetti - specie in termini di stabilità - del decreto di trasferimento, quale atto conclusivo della vendita forzata (nella specie immobiliare), che la prevalente dottrina declina in termini di sub-procedimento del processo di espropriazione, in linea con il consolidato orientamento di questa Corte per cui il procedimento di esecuzione forzata è organizzato "non già come una sequenza continua di atti ordinati ad un unico provvedimento finale secondo lo schema proprio del processo di cognizione - bensì come una successione di subprocedimenti, consistenti ciascuno in una serie autonoma di atti ordinati e di distinti provvedimenti successivi, di modo che le situazioni invalidanti che si producano in una fase sono suscettibili di rilievo nel corso ulteriore del processo solo in quanto impediscano il conseguimento dello scopo ultimo dell'intero procedimento esecutivo, e cioè l'espropriazione del bene pignorato come mezzo per la soddisfazione dei creditori". In particolare, l'autonomia di ciascuna delle fasi (in caso di espropriazione immobiliare: autorizzazione della vendita, vendita, aggiudicazione, trasferimento del bene, distribuzione del ricavato) "è resa evidente dal fatto che ciascuna serie di atti è ordinata ad un provvedimento che la conclude, il quale, quando abbia avuto esecuzione, non è ritrattabile dal giudice che lo ha emesso (art. 487 c.p.c., comma 1), ma può essere dichiarato nullo solo a seguito di opposizione agli atti esecutivi". E' dunque la peculiare funzione del processo esecutivo - che a differenza del processo di cognizione non ha come fine tipico l'accertamento dei diritti - a far sì che eventuali situazioni invalidanti verificatesi in una determinata fase "sono suscettibili di rilievo nel corso ulteriore del processo solo in quanto impediscano che il processo attinga il risultato che ne costituisce lo scopo", ossia, come detto, il soddisfacimento dei creditori (Cass. Sez. U, 27/10/1995, n. 11178; conf. Cass. Sez. U, 28/11/2012 n. 21110; v. Cass. n. 4584/1999, n. 837/2007, n. 16799/2008, n. 20814/2009, n. 5796/2014, n. 14765/2014).
22. Muovendo dal dato normativo testuale, l'art. 586 c.p.c. (dettato per la vendita con incanto ma applicabile per il suo carattere generale anche alla vendita senza incanto, stante il richiamo contenuto nell'art. 574 c.p.c., comma 1) stabilisce che: "1. Avvenuto il versamento del prezzo, il giudice dell'esecuzione può sospendere la vendita quando ritiene che il prezzo offerto sia notevolmente inferiore a quello giusto, ovvero pronunciare decreto col quale trasferisce all'aggiudicatario il bene espropriato, ripetendo la descrizione contenuta nell'ordinanza che dispone la vendita e ordinando che si cancellino le trascrizioni dei pignoramenti e le iscrizioni ipotecarie, se queste ultime non si riferiscono ad obbligazioni assuntesi dall'aggiudicatario a norma dell'art. 508. Il giudice con il decreto ordina anche la cancellazione delle trascrizioni dei pignoramenti e delle iscrizioni ipotecarie successive alla trascrizione del pignoramento. 2. Il decreto contiene altresì l'ingiunzione al debitore o al custode di rilasciare l'immobile venduto. 3. Esso costituisce titolo per la trascrizione della vendita sui libri fondiari e titolo esecutivo per il rilascio".
23. Orbene, se non vi è dubbio che la stabilità dei titoli esecutivi giudiziali non sia un presupposto necessario per iniziare l'esecuzione forzata - dal momento che costituiscono titolo esecutivo idoneo non solo le sentenze di condanna pronunciate in grado d'appello ma anche (a partire dalla riforma del 1990) le sentenze di primo grado suscettibili di appello, prima del loro passaggio in giudicato - le incertezze sulla stabilità dell'atto conclusivo del sub-procedimento di vendita generano numerose problematiche, puntualmente segnalate in dottrina anche tenuto conto del fatto che, in caso di "caducazione" del decreto di trasferimento, non si rinvengono disposizioni come quelle contenute nell'art. 2652 c.c. che, in campo negoziale, conferiscono agli aventi causa di chi abbia acquistato un bene in forza di atto successivamente colpito da una sentenza costitutiva di annullamento per cause diverse dall'incapacità legale (per l'acquisto a titolo oneroso), rescissione o risoluzione per inadempimento (rispettivamente ex artt. 1445 e 1452 c.c. e art. 1458 c.c., comma 2) o dichiarato inefficace o inopponibile (ex art. 2901 c.c., u.c.) una protezione maggiore del dante causa (per le domande di nullità o annullamento per incapacità legale o invalidità della trascrizione solo se trascritte oltre cinque anni dalla trascrizione dell'atto impugnato, ex art. 2652 c.c., n. 6)), stabilendo che non sono pregiudicati i diritti acquistati a titolo oneroso dai terzi di buona fede, a meno che le relative domande giudiziali siano state trascritte in data anteriore alla trascrizione dell'atto di acquisto del terzo. Ne consegue che l'eventuale "caducazione" del trasferimento coattivo nell'esecuzione forzata incide allo stesso modo su colui a favore del quale è pronunciato il decreto di trasferimento e sui suoi aventi causa, che possono al più confidare sulle regole generali dettate in tema di usucapione e accessione nel possesso ex art. 1146 c.c., comma 2.
24. Fatta questa precisazione, occorre dare atto che il tenore testuale delle principali disposizioni del codice sostanziale e del codice di rito assegna al decreto di trasferimento emesso dal giudice dell'esecuzione un marcato carattere di esecutività e definitività, sia con riguardo all'effetto traslativo - poichè a norma dell'art. 586 c.p.c., comma 1, esso "trasferisce all'aggiudicatario il bene espropriato" - sia con riguardo all'effetto purgativo - poichè a norma del successivo comma 3 esso "costituisce titolo per la trascrizione della vendita sui libri fondiari"; inoltre, nell'art. 2878 c.c. - che elenca le "cause di estinzione" dell'ipoteca - si legge al n. 7) che essa si estingue "con la pronunzia del provvedimento che trasferisce all'acquirente il diritto espropriato e ordina la cancellazione delle ipoteche", ipotesi questa che significativamente compare accanto e in aggiunta a quella indicata al n. 1), per cui essa si estingue "con la cancellazione dell'iscrizione", quasi a volersi rimarcare l'immediata efficacia del decreto di trasferimento, che quell'ordine contiene.
24.1. Al riguardo la Procura generale sottolinea che l'ordine di cancellazione dei gravami ("trascrizioni dei pignoramenti e iscrizioni ipotecarie") - uno dei contenuti tipici del decreto di trasferimento "certifica" la conclusione del procedimento di vendita forzata ed il suo immediato effetto estintivo ex lege dei vincoli sull'immobile, il quale rappresenta a ben vedere non già la conseguenza, bensì il presupposto stesso dell'ordine di cancellazione, sicchè non sarebbe possibile differirne l'efficacia (peraltro estesa, con la novella del 2005, anche alle formalità successive alla trascrizione del pignoramento).
25. In effetti, la frizione ermeneutica si annida in un'altra disposizione del codice civile, l'art. 2884 (contenuto nella Sezione XI, intitolata "Della cancellazione dell'iscrizione"), il quale dispone che "la cancellazione deve essere eseguita dal Conservatore, quando è ordinata con sentenza passata in giudicato o con altro provvedimento definitivo emesso dalle autorità competenti".
25.1. Di recente, tale riferimento alla definitività del provvedimento che ordina la cancellazione dell'iscrizione ipotecaria ha dato vita a un orientamento di merito (v. Trib Lucca n. 3727/2017; App. Firenze n. 2174/2017; Trib. Taranto n. 1356/2019; contra, Trib. Prato n. 2311/2018), nonchè a prassi delle Conservatorie ad esso ispirate, che subordinano la cancellazione delle iscrizioni ipotecarie (non anche della trascrizione del pignoramento) alla "definitività" del decreto di trasferimento, da far constare mediante una attestazione di cancelleria circa il decorso del termine di venti giorni ex art. 617 c.p.c. (o novanta giorni dal deposito L. Fall., ex art. 26) o la mancata proposizione di impugnazioni nel medesimo termine, ovvero sulla base del rilascio di copia autentica del decreto successivamente al materiale decorso del termine, o infine tramite una vera e propria certificazione di "inoppugnabilità" del decreto (secondo moduli assimilabili alla cancellazione disposta nei casi di estinzione del processo esecutivo ex art. 629 o di inefficacia del pignoramento ex art. 562 c.p.c.).
26. Alla luce delle reiterate pronunce di questa Corte circa l'ontologica diversità di struttura, caratteri e funzione del processo esecutivo rispetto al processo di cognizione, cui sopra si è fatto cenno, sembra al Collegio che possa accedersi ad una lettura dell'art. 2884 c.c. in senso congruente - piuttosto che confliggente - con l'art. 2878 c.c., n. 7.
26.1. Al riguardo occorre innanzitutto muovere dal diverso ambito di operatività, sostanziale e procedurale, delle due disposizioni: l'art. 2878 c.c. istituisce un catalogo di cause di estinzione dell'ipoteca, al cui interno è assai significativo, come già evidenziato, che la mera "pronunzia del provvedimento che trasferisce all'acquirente il diritto espropriato e ordina la cancellazione delle ipoteche" figuri accanto (tra l'altro) alla "cancellazione dell'iscrizione"; l'art. 2884 c.c. regola invece, nella fase successiva, i meccanismi di pubblicità immobiliare correlati alla "cancellazione ordinata con sentenza", subito dopo le norme che disciplinano la "cancellazione consentita dalle parti interessate".
26.2. In tal senso emergono argomenti a favore della tesi, perorata dalla Procura generale, che ravvisa nell'art. 2884 c.c. "la sede in cui trova regolazione il modo di attuazione della cancellazione ipotecaria che consegue a un contenzioso, a un giudizio in contraddittorio" - piuttosto che al processo esecutivo di espropriazione immobiliare - in un ambito che include, tra l'altro, l'ordinanza resa nel giudizio di liberazione ex art. 794 c.p.c. (cfr. Cass. n. 7525/2012, n. 20396/2018), nonchè i provvedimenti di cancellazione emessi dal giudice delegato all'esito della vendita fallimentare L. Fall., ex art. 108, comma 2 (cfr. Cass. n. 3310/2017, che ne ammette la ricorribilità ex art. 111 Cost.), il decreto di cancellazione delle ipoteche iscritte a garanzia dell'esecuzione del concordato fallimentare L. Fall., ex art. 136 e la cancellazione delle iscrizioni a garanzia di obbligazioni fiscali D.Lgs. n. 546 del 1992, ex art. 47, (cfr. Cass. n. 26104/2018).
26.3. L'assunto trova indiretto riscontro anche in alcuni precedenti di questa Corte, la quale, nel negare la cancellazione dell'iscrizione ipotecaria a seguito della cassazione con rinvio della sentenza di appello confermativa di quella di primo grado sulla cui base era avvenuta l'iscrizione di ipoteca giudiziale, in base all'art. 389 c.p.c., ha osservato che l'art. 2884 c.c. "si riferisce al giudizio in cui viene chiesta la cancellazione dell'ipoteca e determina il momento in cui essa sia eseguibile, e non regola, invece, l'incidenza sull'ipoteca delle vicende del giudizio che abbia dato luogo all'iscrizione", proprio in forza dell'autonomia tra la sede processuale in cui si discute della persistenza o estinzione del vincolo e la fase regolativa della correlata pubblicità immobiliare (Cass. Sez. 3, n. 20315/2012); ovvero ha affermato che "l'iscrizione di ipoteca legale, che sia stata operata sulla base di un decreto ingiuntivo dichiarato provvisoriamente esecutivo costituisce mero atto di esecuzione, per cui ne deve essere ordinata la cancellazione, anche di ufficio, qualora il titolo, per qualsiasi causa, divenga inefficace, con disposizione che va resa nello stesso provvedimento con cui viene accertata la sopravvenuta inefficacia", poichè "fondamento dell'iscrizione ipotecaria non è il decreto, ma la dichiarazione della sua provvisoria esecutorietà" (Cass. Sez. 3 n. 13547/2014; cfr. Cass. n. 24746/2006).
27. Orbene, non vi è dubbio che avverso il decreto di trasferimento possa essere proposta l'opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c. - cui sono legittimati non solo le parti del processo esecutivo (debitore, creditori pignoranti e intervenuti), ma anche i terzi interessati, che abbiano diritto di ricevere l'avviso ex art. 498 c.p.c. (creditori ipotecari, creditori sequestranti, promissari acquirenti di preliminare trascritto ex art. 2645-bis c.c., creditori privilegiati ex art. 2775-bis c.c.) o meno (creditori ipotecari successivi) - e che essa debba essere proposta, a pena di decadenza, entro il termine perentorio di (non più di cinque, ma) venti giorni, che per giurisprudenza costante di questa Corte decorre dalla conoscenza - legale o anche di fatto - del decreto di trasferimento, ovvero di un atto successivo che necessariamente lo presuppone, in capo a ciascuno dei soggetti legittimati (Cass. nn. 19968/2005, 17460/2007, 11316/2009, 11597/2010, 6666/2011, 27533/2014, 25110/2015, 21081/2015, 7898/2018, 15193/2018).
27.1. Tra l'altro, ai fini della decorrenza del termine deve anche tenersi conto che, alla luce dell'art. 176 c.p.c., richiamato dall'art. 487 c.p.c., "nell'espropriazione forzata immobiliare, come avviene di norma per tutti i decreti emessi dal giudice dell'esecuzione negli specifici casi contemplati dalla legge, non è prescritta la comunicazione alle parti del decreto di trasferimento del bene espropriato, dovendo esso sottostare agli adempimenti formali suoi propri" (Cass. Sez. 3, n. 19968/2005).
27.2. E' però altrettanto indubitabile che il decreto di trasferimento sia protetto da una particolare "stabilità" e dotato di una intrinseca e immediata esecutività, indipendente dalla eventuale proposizione di un'opposizione esecutiva.
27.3. Quanto alla stabilità, l'art. 2929 c.c., nel disporre che "la nullità degli atti esecutivi che hanno preceduto la vendita o l'assegnazione non ha effetto riguardo all'acquirente o all'assegnatario, salvo il caso di collusione con il creditore procedente", sterilizza le invalidità da cui risultino affetti gli atti precedenti la vendita, rendendone immune l'acquirente (e i suoi aventi causa), a meno che, appunto, questi sia colluso con il creditore procedente; nel qual caso la norma precisa che "gli altri creditori" (i.e. quelli non collusi) "non sono in nessun caso tenuti a restituire quanto hanno ricevuto per effetto dell'esecuzione", così legittimando la tesi, avanzata in dottrina, che anche a processo esecutivo concluso l'invalidità degli atti esecutivi precedenti la vendita potrebbe farsi valere in danno dell'acquirente colluso, con l'opposizione agli atti esecutivi o altra autonoma azione (cfr. Cass. n. 363/1958, stante la natura incidentale dell'opposizione e il venir meno del fascicolo e del giudice dell'esecuzione), altrimenti non restando che circoscrivere la portata della norma alla sola ipotesi di un riparto parziale intervenuto prima della chiusura del processo esecutivo.
27.4. Quanto invece alla intrinseca e immediata esecutività del decreto di trasferimento, essa è attestata anche dal potere del giudice dell'esecuzione di sospenderne l'efficacia, così come di disporne la revoca "di sua iniziativa, anche dopo la scadenza del termine previsto dalla legge per la proposizione dell'opposizione di cui all'art. 617 c.p.c., a meno che il provvedimento non abbia avuto definitiva esecuzione, momento, quest'ultimo, che si identifica non con quello dell'emanazione del decreto di trasferimento, ma con quello del compimento, da parte del cancelliere, delle operazioni indicate dall'art. 586 c.p.c." (Cass. Sez. 3, n. 24001/2011; conf. Cass. nn. 11316/2009, 666/2011, 25110/2015, 21081/2015; cfr. Cass. n. 10251/2015).
27.5. Il fatto che il decreto di trasferimento sia pacificamente revocabile (stante il menzionato rinvio dell'art. 487 agli artt. 176 c.p.c. e ss.) significa anche che esso non rientra tra i provvedimenti non revocabili ex art. 177 c.p.c. in quanto soggetti per legge "ad uno speciale mezzo di reclamo". E comunque, anche a voler intendere il reclamo come sinonimo di impugnazione, l'assunto può conservare la sua validità nonostante la possibilità di proporre avverso il decreto di trasferimento l'opposizione gli atti esecutivi, alla luce di come questa viene letta dal Giudice delle leggi.
27.6. Invero, con ordinanza n. 497 del 28/11/2002 la Corte costituzionale - nel dichiarare manifestamente infondate le questioni di legittimità costituzionale sollevate, per contrasto con gli artt. 3,24,25,101,104 e 111 Cost., con riguardo alle disposizioni del codice di procedura civile che regolavano il procedimento di opposizione agli atti esecutivi, stante la mancata previsione dell'obbligo di astensione del giudice dell'esecuzione chiamato a conoscere dell'opposizione agli atti esecutivi (questione ora superata dall'art. 186-bis disp. att. c.p.c., introdotto con la L. n. 69 del 2009, in base al quale non sussiste più coincidenza tra giudice dell'esecuzione e giudice istruttore della causa instaurata con l'opposizione agli atti esecutivi: cfr. Cass. n. 23847/2008) - dopo aver richiamato la giurisprudenza di questa Corte "secondo cui non sussistono i presupposti per l'astensione dei rimettenti ai sensi dell'art. 51 c.p.c., comma 1, n. 4, non essendo l'opposizione un diverso grado di un unico processo, ma un processo di cognizione che si inserisce nel processo esecutivo", ha esplicitamente affermato che "non vi è identità di res judicanda tra il processo esecutivo e l'eventuale causa di opposizione" e, soprattutto, che "l'opposizione agli atti esecutivi, regolata dagli artt. 617 e 618 c.p.c. non configura un'impugnazione in senso proprio, dal momento che il giudice dell'opposizione agli atti esecutivi, anche quando l'atto oggetto di opposizione è costituito da un provvedimento del giudice dell'esecuzione, giudica in un processo a cognizione piena, nel contraddittorio delle parti, sulle cui domande ed eccezioni deve in ogni caso pronunciarsi". E ciò costituisce un ulteriore argomento a supporto della tesi che ravvisa nel decreto di trasferimento un provvedimento definitivo anche agli effetti dell'art. 2884 c.c., laddove ritenuto ad esso applicabile.
28. Tale tesi è stata condivisa anche da un orientamento di merito contrastante con quello di cui sopra si è dato conto - sebbene maturato nel diverso ambito fallimentare (Trib. Prato n. 2311/2018) per cui "il decreto di trasferimento è un atto che non può essere equiparato ai provvedimenti giurisdizionali suscettibili di produrre giudicato, nè è possibile postularne l'inoppugnabilità ai fini dell'ottenimento della cancellazione dei gravami. La definitività di cui parla l'art. 2884 c.c. per gli atti diversi dalle sentenze ("altro provvedimento definitivo emesso dalle autorità competenti"), tra cui rientra senz'altro il decreto di trasferimento, è un concetto diverso dalla loro inoppugnabilità: si tratta di atti che sono definitivi, pur essendo impugnabili. Ed il decreto di trasferimento è atto di per sè definitivo proprio perchè definisce la fase liquidatoria e non è revocabile quando sia stato posto in esecuzione, cioè siano state espletate le formalità successive alla sua emanazione (Cass. 24000/2011). E' un provvedimento a carattere meramente esecutivo, un atto dovuto privo di natura decisoria, inidoneo ad influire con efficacia di giudicato sulle situazioni giuridiche soggettive dei soggetti interessati (Cass. 6643/2013 in relazione alla cancellazione disposta dal G.D.)".
28.1. Detto orientamento ha applicato le esposte considerazioni al decreto del giudice delegato L. Fall., ex art. 108, comma 2, la cui immediata esecutività si evincerebbe dal fatto che la norma subordina "la cancellazione delle iscrizioni relative ai diritti di prelazione, nonchè delle trascrizioni dei pignoramenti e dei sequestri conservativi e di ogni altro vincolo" al solo versamento del prezzo, non anche al decorso del tempo per l'impugnazione, rectius del reclamo che - a differenza del mezzo impugnatorio - non è un diverso grado di uno stesso processo, bensì un processo a cognizione sommaria contro un atto del giudice delegato.
29. Siffatta conclusione, cui è possibile pervenire in base al dato normativo, sembra trovare conforto anche nella ratio ad esso sottesa.
29.1. Illuminante appare, al riguardo, il rilievo per cui (addirittura) "il sopravvenuto accertamento dell'inesistenza di un titolo idoneo a giustificare l'esercizio dell'azione esecutiva non fa venir meno l'acquisto dell'immobile pignorato, che sia stato compiuto dal terzo nel corso della procedura espropriativa in conformità alle regole che disciplinano lo svolgimento di tale procedura, salvo che sia dimostrata la collusione del terzo col creditore procedente. In tal caso, tuttavia, resta salvo il diritto dell'esecutato di far proprio il ricavato della vendita e di agire per il risarcimento dell'eventuale danno nei confronti di chi, agendo senza la normale prudenza, abbia dato corso al procedimento esecutivo in difetto di un titolo idoneo" (Cass. Sez. U, 28/11/2012, n. 21110).
29.2. Nell'arresto appena menzionato, le Sezioni Unite richiamano anche il meccanismo operante in caso di revoca della dichiarazione di fallimento, per cui restano salvi gli effetti degli atti legalmente compiuti dagli organi della procedura (L. Fall., art. 18, penultimo comma), osservando che "non si saprebbe agevolmente giustificare la ragione per la quale al trasferimento coattivo disposto in favore dell'aggiudicatario nell'ambito di una procedura esecutiva concorsuale debba esser riconosciuta una stabilità che è invece negata in caso di analogo trasferimento intervenuto nell'ambito di una procedura esecutiva individuale, quando nell'uno come nell'altro caso si sia dimostrato poi carente il titolo in base al quale dette procedure hanno preso avvio".
29.3. Analogo risalto va dato all'affermazione delle Sezioni Unite per cui, "che l'intento del legislatore, ispirato dalle ragioni cui s'è appena accennato, sia invece quello di garantire il più possibile la stabilità dell'acquisto conseguito dal terzo nell'ambito del processo esecutivo trova oggi una decisiva conferma anche nella previsione del già citato art. 187 bis disp. att. c.p.c. - significativamente introdotto dalla L. 14 maggio 2005, n. 80, che ha convertito il D.L. 14 marzo 2005, n. 35 (art. 2, comma 4 novies), al dichiarato scopo di "ribadire la corretta interpretazione della normativa in materia di esecuzione forzata": donde la riconosciuta valenza interpretativa, e dunque retroattiva, della disposizione (su cui vedi Cass., sez. un., 30 novembre 2006, n. 25507) - che già nella rubrica reca l'indicazione della "intangibilità nei confronti dei terzi degli effetti degli atti esecutivi compiuti"".
29.4. In effetti, il disposto dell'art. 187-bis disp. att. c.p.c. - a tenore del quale i diritti dei terzi aggiudicatari o assegnatari restano fermi se dopo l'aggiudicazione, anche provvisoria, o dopo l'assegnazione si verifichi l'estinzione o la chiusura anticipata del processo esecutivo - rappresenta un ulteriore tassello da considerare ai fini che ne occupano.
29.5. Al riguardo le Sezioni Unite hanno osservato che "il legislatore, precisando che gli effetti dell'aggiudicazione - anche provvisoria, ma a maggior ragione se definitiva - restano fermi nei confronti degli aggiudicatari "in ogni caso di estinzione o di chiusura anticipata del processo esecutivo", ha inteso evidentemente ben sottolineare l'autonomia di quegli effetti, e dunque del diritto acquisito dall'aggiudicatario o dall'assegnatario, rispetto agli eventi che possano successivamente incidere sul corso del processo esecutivo. E, se si conviene sul fatto che l'accertata mancanza di un idoneo titolo esecutivo comporta l'improcedibilità del processo di esecuzione forzata, si dovrà necessariamente anche convenire sulla riconducibilità di tale evento nel novero delle cosiddette ipotesi di chiusura atipica di quel processo, cui la citata disposizione d'attuazione allude con l'espressione "chiusura anticipata"; ipotesi in presenza delle quali, però, come s'è detto, restano salvi gli effetti delle aggiudicazioni e delle assegnazioni frattanto intervenute".
30. Altrettanto conducente appare il consolidato approdo di questa Corte per cui "l'omessa notifica dell'ordinanza di fissazione delle modalità della vendita ex art. 569 c.p.c., u.c., ai creditori iscritti ex art. 498 c.p.c. che non siano comparsi all'udienza, non comporta alcuna nullità qualora l'assegnazione o la vendita avvengano egualmente pur in difetto di tali adempimenti, ma solo la responsabilità, ex art. 2043 c.c., del creditore procedente per le conseguenze dannose subite dagli stessi a seguito del provvedimento di vendita o di assegnazione emesso illegittimamente, giacchè la mancata notifica dell'avviso costituisce violazione di un obbligo imposto da una norma giuridica, ed integra un'ipotesi di illecito extracontrattuale" (Cass. Sez. 3 n. 18336/2014; conf. Cass. Sez. 3, nn. 4000/2006 e 6999/1993).
30.1. Ciò sta intatti a significare che, ferma restando la definitività ed esecutività del decreto che ordina la cancellazione delle iscrizioni ipotecarie ex art. 586 c.p.c. - e fatta salva l'eventuale revoca del decreto o la sospensione della sua esecutività disposta dal giudice, anche d'ufficio, in caso di opposizione agli atti esecutivi - la tutela residuale del creditore ipotecario da possibili ragioni di danno resta confinata nell'ambito risarcitorio, in modo da dare prevalenza all'obbiettivo primario perseguito nel processo esecutivo, ossia la tempestiva, effettiva ed efficace realizzazione dei crediti, specie in caso di espropriazione immobiliare, cui è funzionale l'appetibilità dei beni staggiti e la stabilità degli acquisti coattivi (che, beninteso, non siano frutto di collusione).
31. D'altro canto, le ragioni di certezza (sul piano delle formalità pubblicitarie) e di tutela dei creditori ipotecari, sottese all'opposta tesi, per quanto serie e apprezzabili, non appaiono insuperabili.
31.1. Occorre invero considerare non solo l'estrema difficoltà di stabilizzare il decreto di trasferimento attraverso la sua (non prevista) comunicazione, a cura della cancelleria, alle parti che possano risultare interessate all'opposizione ex art. 617 c.p.c., ma anche l'eventualità che il decreto di trasferimento venga comunque meno per altre cause (ad es. la nullità derivante dal difetto di
sottoscrizione, ove si ritenga applicabile il disposto dell'art. 161 c.p.c., comma 2) e, più in generale, la constatazione che nemmeno a fronte di un decreto di trasferimento non revocato o impugnato con l'opposizione agli atti esecutivi - e quindi "stabile" come atto - si può avere la certezza della stabilità dei suoi effetti nel tempo a vantaggio dell'acquirente, degli aventi causa, del creditore ipotecario e dei terzi interessati, mancando - come sopra anticipato apposite norme di protezione, analoghe a quelle fissate per l'atto negoziale nullo (si veda l'art. 2652 c.c., n. 6, che, nel prevedere la trascrizione delle domande dirette a farne valere la nullità, dispone che se essa interviene oltre cinque anni dalla trascrizione dell'atto impugnato, la sentenza che l'accoglie non pregiudica i diritti acquistati a qualunque titolo dai terzi in base ad un atto trascritto - o iscritto anteriormente alla trascrizione della domanda).
31.2. La preoccupazione che la cancellazione dell'iscrizione ipotecaria, quale atto irreversibile, vanifichi le aspettative del creditore prelatizio, per il rischio di eventuali atti dispositivi sul bene temporaneamente libero dal vincolo - senza possibilità di una sua reviviscenza dal momento che, a norma dell'art. 2881 c.c., "se la causa estintiva dell'obbligazione è dichiarata nulla o altrimenti non sussiste ovvero è dichiarata nulla la rinunzia fatta dal creditore all'ipoteca e l'iscrizione non è stata conservata, si può procedere a nuova iscrizione e questa prende grado dalla sua data" - non va sopravvalutata e, comunque, non appare decisiva.
31.3. Sicuramente in sede fallimentare i creditori non subiscono un effettivo pregiudizio, grazie alle tutele allestite dalla L. Fall., artt. 42,44 e 45, in virtù dello spossessamento del debitore che deriva dalla dichiarazione di fallimento. Invero, i creditori muniti di prelazione sul bene venduto non perdono i diritti che erano già risultati opponibili al fallimento, anche se la relativa iscrizione sia stata "fisiologicamente" cancellata dai registri immobiliari all'esito della vendita fallimentare, e ciò sia nel caso di riacquisizione del bene (dietro restituzione del prezzo all'aggiudicatario), sia nel caso in cui ciò sia impossibile, dovendo comunque essere soddisfatti secondo l'ordine delle cause legittime di prelazione accertate ai sensi della L. Fall., art. 52 e artt. 93 e ss. (cfr. Trib. Prato n. 2311/2018 cit.).
31.4. Ma anche nell'esecuzione singolare - dove la contestuale cancellazione della trascrizione del pignoramento ordinata ex art. 586 c.p.c. sembrerebbe eliminare gli effetti protettivi corrispondenti alla sentenza dichiarativa di fallimento (al riguardo si veda oltre) - l'ipoteca "fisiologicamente" estinta in forza del decreto che conclude la fase della vendita forzata proietta i suoi effetti nella successiva fase della ripartizione del ricavato, conservando la collocazione preferenziale del credito cui ineriva. E ciò per l'effetto "purgativo" della estinzione dei vincoli e gravami esistenti sul bene staggito (pignoramenti, sequestri conservativi, ipoteche e altri diritti di prelazione) che risponde alla funzione propria dell'espropriazione immobiliare, ove appunto, una volta realizzatosi il trasferimento del diritto all'esito della vendita forzata, gli originari vincoli (tanto quello pignoratizio, finalizzato alla liquidazione del bene, quanto quello ipotecario, finalizzato all'acquisizione di un diritto di prelazione sul ricavato ai sensi dell'art. 2808 c.c.) si trasferiscono dal bene espropriato alla somma di denaro in cui esso si è convertito.
31.5. Sul punto converge anche autorevole dottrina, sostenendo che, tanto la cancellazione della trascrizione del pignoramento all'esito della vendita esecutiva (ovvero del sequestro conservativo mediante annotazione della sentenza di condanna esecutiva che lo ha convertito in pignoramento ex artt. 687 e 156 disp. att. c.p.c.), quanto la cancellazione dell'ipoteca in ottemperanza all'ordine contenuto nel decreto di trasferimento, valgono a liberare il bene da dette formalità pregiudizievoli - e pertanto sono previste a tutela dell'acquirente - ma non incidono sul processo esecutivo, il quale prosegue per l'attribuzione o distribuzione del ricavato, sia perchè, a monte, il processo era comunque sorretto dalla trascrizione del pignoramento (anche se poi cancellata), sia per la preferenza nella distribuzione del ricavato accordata dall'iscrizione ipotecaria (anche se poi cancellata), a meno che il creditore ipotecario, regolarmente avvisato dell'inizio del processo esecutivo ex art. 498 c.p.c., abbia scelto di non intervenire (nel qual caso il decreto di trasferimento conterrà comunque l'ordine di cancellazione di quell'ipoteca, ma nella distribuzione del ricavato non si potrà tener conto del credito privilegiato).
31.6. Quella stessa dottrina aggiunge peraltro che, a seguito della cancellazione della trascrizione del pignoramento in esecuzione dell'ordine contenuto nel decreto di trasferimento, non verrebbe meno neppure l'inefficacia degli atti di disposizione dell'immobile pignorato trascritti dopo la trascrizione del pignoramento, poichè l'art. 2914 c.c. prevede che non hanno effetto in pregiudizio del creditore procedente (e dei creditori intervenuti) - tra l'altro - le alienazioni di immobili che siano state trascritte successivamente alla trascrizione del pignoramento, e l'art. 2919 c.c. estende all'acquirente questa inefficacia o inopponibilità.
32. Per concludere, alla luce dei consolidati orientamenti di questa Corte cui si è fatto sopra riferimento, la tesi favorevole all'immediata efficacia dell'ordine di cancellazione delle iscrizioni ipotecarie contenuto nell'art. 586 c.p.c. - coerente con la funzione del processo esecutivo (il soddisfacimento dei creditori attraverso una tempestiva ed efficace vendita del bene espropriato) e la preferenza in esso accordata alle ragioni dell'aggiudicatario o assegnatario non colluso, che alla prima è strumentale - non sembrerebbe pregiudicare irreparabilmente le esigenze di tutela del creditore ipotecario, il quale: se intervenuto nel processo esecutivo, potrà comunque mantenere "virtualmente" le proprie ragioni di prelazione anche sulla somma ricavata dalla seconda vendita del bene staggito, dopo la sua retrocessione a seguito dell'accoglimento di una opposizione ex art. 617 c.p.c. contro il primo decreto di trasferimento; viceversa, se non intervenuto a causa del mancato avviso ex art. 498 c.p.c., potrà agire per il risarcimento dei danni ex art. 2043 c.c. nei confronti del creditore procedente.
33. Non pare invece pianamente percorribile la tesi dottrinaria per cui potrebbe essere una soluzione scindere la trascrizione del decreto di trasferimento - da effettuarsi immediatamente - rispetto alla cancellazione delle formalità - da effettuarsi solo dopo il decorso del termine di venti giorni dalla trascrizione medesima - nel presupposto che il decreto sia divenuto stabile in ragione della sua conoscibilità (con la conseguenza che, decorso inutilmente detto termine, non sarebbe più possibile evitare la cancellazione o mettere nel nulla l'avvenuta annotazione di cancellazione). Una simile soluzione deve infatti confrontarsi con il granitico orientamento di questa Corte, di cui si è dato sopra conto, in base al quale il termine di opposizione ex art. 617 c.p.c. decorre dalla conoscenza - legale o di fatto del decreto, non già dalla sua mera conoscibilità.
34. Alla luce di tutto quanto esposto, il Collegio ritiene opportuno che della questione di particolare importanza ex art. 363 c.p.c. siano investite le Sezioni Unite di questa Corte, in considerazione di una pluralità di ragioni: la materia interseca la competenze di quasi tutte le sezioni civili; la questione ha registrato orientamenti contrastanti nella giurisprudenza di merito e conseguenti prassi diversificate presso le varie Conservatorie dei registri immobiliari (oggi Uffici provinciali del territorio - Servizio di pubblicità immobiliare, istituiti presso l'Agenzia delle Entrate); la problematica evidenziata intercetta profili di carattere teorico-sistematico che investono vari istituti giuridici, di diritto sostanziale e processuale; ma soprattutto l'adozione dell'una o dell'altra tesi si riflette sul grado di tutela delle parti coinvolte nelle vendite esecutive o fallimentari, con particolare riguardo al giudizio di prevalenza da effettuare nel contemperamento degli interessi dell'acquirente (e dei suoi aventi causa) con quelli dei creditori, specie se ipotecari.
35. Sotto l'aspetto procedurale, con riguardo al dibattito dottrinario circa il potere delle Sezioni semplici della Corte "di decidere in via di certi orari la questione giuridica posta dal ricorso dichiarato inammissibile", questa Corte ha già preso posizione, affermando condivisibilmente che: i) il potere d'ufficio di cui all'art. 363 c.p.c., comma 3 - a tenore del quale il principio di diritto può essere pronunciato dalla Corte anche d'ufficio, quando il ricorso proposto dalle parti è dichiarato inammissibile, se la Corte ritiene che la questione decisa è di particolare importanza - non va limitato "all'enunciazione del principio di diritto attinente le ragioni per le quali il ricorso è stato dichiarato inammissibile", essendo l'intento del legislatore "quello di favorire l'emergere, nonostante l'inammissibilità del ricorso, del principio di diritto cui il giudice di secondo grado avrebbe dovuto attenersi nel decidere la questione - di merito o processuale - che era stata fatta oggetto del giudizio di legittimità", anche in considerazione delle rilevanti potenzialità deflattive dell'istituto; ii) sebbene la norma menzioni genericamente la Corte, senza "prevedere che il Collegio debba necessariamente innescare il meccanismo di cui all'art. 374 c.p.c. per la rimessione alle Sezioni unite", tuttavia - e "almeno di regola" - la causa andrebbe rimessa "al Primo Presidente perchè ne investa le Sezioni Unite in presenza di questione di diritto già decisa in modo contrastato dalle sezioni semplici o che presenti questione di massima di particolare importanza" (Cass. Sez. 2, 20/05/2011, n. 11185).
36. Su tale basi, il Collegio rimette dunque al Primo Presidente, per l'eventuale assegnazione alle Sezioni Unite, ai sensi dell'art. 374 c.p.c., comma 2, la seguente questione di massima di particolare importanza: "Se, nel procedimento di espropriazione e vendita forzata immobiliare, il decreto di trasferimento del bene, recante l'ordine di cancellazione dei gravami (pignoramenti, ipoteche, privilegi, sequestri conservativi) determini, in forza dell'art. 2878 c.c., n. 7, l'estinzione dei medesimi vincoli, dei quali il Conservatore dei registri immobiliari (oggi Ufficio provinciale del territorio - Servizio di pubblicità immobiliare, istituito presso l'Agenzia delle Entrate) è tenuto ad eseguire la cancellazione, indipendentemente dal decorso dei termini per la proponibilità di opposizioni all'esecuzione a norma dell'art. 617 c.p.c.".
P.Q.M.
Rimette il ricorso al Primo Presidente per l'eventuale assegnazione alle Sezioni Unite sulla rilevata questione di particolare importanza ai sensi dell'art. 374 c.p.c., comma 2.
Così deciso in Roma, a seguito di riconvocazione, nella camera di consiglio, il 17 gennaio 2019.
Depositato in Cancelleria il 10 febbraio 2020.