Diritto dei Mercati Finanziari


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 224 - pubb. 01/07/2007

Responsabilità del promotore, omessa contestazione e concludenza della domanda

Tribunale Mantova, 27 Ottobre 2005. Est. Bernardi.


Processo societario – Omessa o tardiva costituzione del convenuto – Mancata contestazione dei fatti affermati dall’attore – Concludenza della domanda – Rilevanza degli altri elementi acquisiti al giudizio – Necessità

Responsabilità dell’intermediario per il fatto illecito del promotore – Rapporto di preposizione – Responsabilità oggettiva – Sussistenza – Colpa in vigilando o in eligendo – Irrilevanza

Responsabilità oggettiva dell’intermediario per il fatto del promotore – Presupposti – Rapporto di occasionalità tra incombenza e danno – Spendita del nome

Promotore finanziario – Elementi costitutivi della fattispecie – Mancanza del potere di rappresentanza – Irrilevanza

Illecito del promotore finanziario – Concorso del risparmiatore – Irregolare consegna del denaro – Irrilevanza

Promotore finanziario – Omesso impiego delle somme ricevute – Danno del risparmiatore – Determinazione – Criteri



Non può ritenersi concludente la domanda ex art. 13 d. lgs. 5/03 ove il fatto affermato dall'attore non risulti suffragato dagli altri elementi acquisiti in giudizio. (Redazione IL CASO.it) (riproduzione riservata)

La responsabilità dell'intermediario ex art. 31 d. lgs. 58/98 ha natura oggettiva e, quindi, prescinde da ogni valutazione di colpa in vigilando o in eligendo dello stesso e sussiste, ove sia riscontrabile un rapporto di preposizione, il fatto illecito del promotore e la connessione fra incombenze e danno. (Redazione IL CASO.it) (riproduzione riservata)

Ai fini della responsabilità solidale prevista dall'art. 31 d. lgs 58/98 è sufficiente l'esistenza di un rapporto di necessaria occasionalità tra incombenze affidate e fatto del promotore finanziario, ravvisabile ove quest'ultimo abbia speso il nome dell'intermediario. (Redazione IL CASO.it) (riproduzione riservata)

E' irrilevante ai fini della individuazione della figura del promotore finanziario la mancanza in capo ad esso di poteri di rappresentanza. (Redazione IL CASO.it) (riproduzione riservata)

L'irregolare modalità di consegna di denaro al promotore finanziario (in contanti anziché secondo quanto previsto dall'art. 96 reg. Consob 11522/98) non elide il nesso di causalità fra l'illecito commesso da costui ed il comportamento del risparmiatore atteso che tale circostanza attiene ad un elemento secondario della fattispecie. (Redazione IL CASO.it) (riproduzione riservata)

Il danno spettante al risparmiatore a seguito del mancato investimento delle somme affidate al promotore finanziario va determinato in ragione dei risultati che egli avrebbe conseguito a seguito della puntuale negoziazione dei titoli. (Redazione IL CASO.it) (riproduzione riservata)


 


omissis 


r.g. 863/2004


Svolgimento del processo


Con atto di citazione notificato in data 13-14/7/2004 T. C. assumeva che a) si era avvalso sin dal 2001 della consulenza di M. M. promotore finanziario di Banca Fideuram s.p.a.; b) che nel maggio del 2001 aveva versato la somma di £ 50.000.000 al fine di sottoscrivere un investimento in strumenti finanziari consigliati dal M. che successivamente gli aveva consegnato la documentazione attestante sia il versamento in questione intestato a Banca Fideuram sia l'indicazione delle operazioni effettuate; c) che nel dicembre del 2001 aveva corrisposto ulteriori £ 50.000.000 in contanti al M. il quale, in quella occasione, gli aveva rilasciato copia di un ordine di acquisto di obbligazioni IMI 11-5-2003 per nominali £ 50.000.000; d) che successivamente il M. gli aveva consegnato dei documenti riportanti l'entità degli investimenti effettuati e che gli era pervenuta una lettera  su carta intestata della Banca con la quale gli veniva comunicato la giacenza in un dossier di obbligazioni IMI Linked Commodities per nominali £ 60.000.000; e) che, appresa dalla stampa la notizia della sparizione del Martini, egli aveva chiesto informazioni all'istituto di credito il quale dichiarava l'esistenza della somma di euro 26.016,56 di cui € 22.659,18 quale ammontare del deposito titoli e negava di avere mai ricevuta la seconda tranche del versamento e, quindi, l'esistenza di titoli IMI intestati ad esso attore: alla luce del rifiuto da parte della banca di rispondere dell'operato del promotore l'istante agiva quindi in giudizio onde ottenere, ai sensi dell'art. 31 d. lgs. 58/98, la condanna in solido della banca e del promotore finanziario a risarcirgli il danno anche tenendo conto del fatto che il M. aveva personalmente garantito un determinato rendimento dall'investimento proposto.

Mentre il M. rimaneva contumace la banca si costituiva eccependo preliminarmente che la controversia rientrava nel novero di quelle disciplinate dall'art. 1 del d. lgs. 5/03.

Nel merito la convenuta, premesso di avere revocato il mandato al M. e di avere presentato nei suoi confronti atto di denuncia-querela avendo riscontrato irregolarità nella gestione,  chiedeva il rigetto della domanda sostenendo a) che l'assunto avversario non risultava provato; b) che la documentazione dimessa non proveniva dalla banca la quale comunque ne disconosceva la paternità; c) che il M. non aveva alcun potere di rappresentare la banca; d) che il contratto di deposito titoli espressamente prevedeva che al promotore potessero venire consegnati solo assegni o vaglia postali non trasferibili sicché la grave negligenza dell'attore era tale da fare escludere ogni sua responsabilità: da ultimo evidenziava che l'attore aveva affermato di essersi attivato per accertare i fatti solo nel marzo del 2002 mentre egli avrebbe dovuto accorgersene assai prima atteso, che nelle comunicazioni periodiche inviate dalla banca, l'operazione in questione non era mai stata menzionata sicché l'istante avrebbe omesso così ogni doveroso controllo del proprio patrimonio. In via subordinata la difesa dell'istituto di credito chiedeva che venisse riconosciuto quantomeno il concorso di colpa del cliente e, in ogni caso, di venire manlevata dal M. (senza peraltro notificargli la comparsa di costituzione).

Disposta la trasformazione del rito le parti originariamente costituite si scambiavano ulteriori memorie mentre il M. permaneva contumace.

Esperita l'istruttoria orale e disposta c.t.u., affidata alla dott. Stefania Malerba, la causa veniva trattenuta in decisione sulle conclusioni delle parti in epigrafe riportate.


Motivi


La domanda è fondata e merita accoglimento.

Quanto al M. va detto che l'accoglimento della domanda trova fondamento alla stregua del disposto di cui all'art. 13 co. II d. lgs. 5/03 stante la sua contumacia (non avendo ovviamente egli notificato alcuna comparsa difensiva) atteso che le affermazioni attoree trovano riscontro nel documento dal medesimo sottoscritto (v. doc. n. 19) di attestazione della ricezione del versamento in sue mani dell'importo di £ 50.000.000.

Va inoltre evidenziato che l'assunto attoreo è stato confermato dalla teste P., moglie del T., presente al momento della consegna del denaro, dovendosi rilevare, in ordine all'eccepita incapacità della stessa (sentita all'udienza del 26-5-2005 avanti al Giudice delegato per l'incombente) prospettata in quanto cointestataria del conto corrente del proprio coniuge, che l'eccezione è stata tardivamente dedotta perché formulata unicamente all'udienza del 27-10-2005 di discussione avanti al Collegio (cfr. Cass. 30-7-2004 n. 14587) mentre l'attendibilità delle sue dichiarazioni trova preciso riscontro nella attestazione di ricezione della somma sottoscritta dal M..

Non può invece ritenersi raggiunta la prova che il promotore avesse garantito un determinato rendimento dell'investimento sia perché non può con certezza attribuirsi alla sua volontà l'espressione "69.615.000 (assicurato)" figurante nella sintesi di portafoglio prodotta sub 21 dalla difesa attorea, trattandosi di scrittura priva della sottoscrizione del M. sia per il tenore di tale dizione che non può univocamente interpretarsi come assunzione dell'obbligo personale di garantire un certo rendimento dei titoli, circostanze queste che fanno ritenere, sul punto, non concludente la domanda e, quindi, non configurabile la c.d. ficta confessio ex art. 13 d. lgs. 5/03: deve infatti ritenersi, in analogia con i risultati raggiunti dall’elaborazione giurisprudenziale in tema di interpretazione dell’art. 232 c.p.c.,  che, ai fini della valutazione della concludenza della domanda, debba essere valutato ogni altro elemento di prova, non essendo possibile ritenere provati fatti non suffragati dagli altri elementi acquisiti o addirittura smentiti dai medesimi.

Per quanto concerne poi la posizione dell'istituto di credito va rammentato che l'art. 31 d. lgs. 58/98 prevede la responsabilità solidale dell'intermediario che ha conferito l'incarico al promotore finanziario per danni arrecati a terzi anche se essi derivino da illeciti penali dolosi: una volta provata la responsabilità (per dolo) del promotore per le ragioni sopra esposte, ne consegue quella dell'intermediario ex art. 31 d. lgs. cit. che ha natura oggettiva (cfr. Trib. Sanremo 13-1-2003 in B.B.T.C.,2004,II,154; Trib. Milano 11-2-2002, ibidem) e, quindi, prescinde da ogni valutazione di colpa in vigilando o in eligendo di quest'ultimo e sussiste ove sia riscontrabile un rapporto di preposizione, il fatto illecito del promotore e la connessione fra incombenze e danno.

Rilevato che non vi è dubbio che il M. abbia agito nell'ambito delle incombenze a lui affidate come si desume, fra l'altro, dal fatto che egli aveva consegnato sia l'attestazione della ricevuta di pagamento di £ 50.000.000 sia la posizione titoli del T. ed altra corrispondenza su carta intestata alla Banca Fideuram e qualificandosi come promotore della stessa e, quindi, spendendo il nome della medesima, va rammentato che per la responsabilità solidale dell'intermediario è sufficiente l'esistenza di un rapporto di necessaria occasionalità tra incombenze affidate e fatto del promotore, ravvisabile ogni qual volta il comportamento del promotore rientri nel quadro delle attività funzionali all'esercizio delle incombenze di cui è investito (v. Cass. 22-10-2004 n. 20588; Cass. 19-7-2002 n. 10580; Cass. 17-5-1999 n. 4790).

Infondata è poi la deduzione secondo cui la responsabilità della banca andrebbe esclusa in quanto il M. era un agente senza rappresentanza atteso che l'art. 31 d. lgs. cit. definisce come promotore finanziario colui che in qualità di dipendente, agente o mandatario esercita professionalmente l'offerta fuori sede, nozione dalla quale emerge che il potere di rappresentanza non è elemento costitutivo della figura del promotore (v. Cass. 20588/04 cit.; Trib. Verona, 1-3-2001 in Giur. Merito,2001,900; Trib. Milano 1-2-2001 in B.B.T.C., 2003, II, 36).

In ordine alla deduzione secondo cui il nesso di causalità rispetto all'illecito commesso sarebbe venuto meno per effetto del comportamento del risparmiatore che avrebbe consegnato il denaro in contanti e quindi in violazione di una specifica clausola contrattuale (cfr. art. 19 del contratto di conto corrente e di deposito titoli) e regolamentare (cfr. art. 96 reg. Consob n. 11522/98), va detto che tale assunto non merita condivisione atteso che le modalità di pagamento afferiscono ad un elemento secondario della fattispecie (non tale da inficiare l'esistenza del rapporto): nè può andare sottaciuto che l'irregolarità è stata indotta dallo stesso promotore che è il diretto destinatario della norma regolamentare  (in tal senso vedasi Cass. 22-10-2004 n. 20888 in relazione alla norma di cui all'art. 5 l. 1/91, di contenuto identico a quella di cui all'art. 31 d. lgs 58/98; Trib.Lecce 6-9-2004 in dirittobancario.it; Trib. Milano 17-5-2003 in B.B.T.C.,2004,II,154; Trib. Mantova 13-10-2003 in ilcaso.it; Trib. Brescia 23-12-2002 in Foro It., 2003, 1264; Trib. Verona 1-3-2001 cit.), dovendosi da ultimo aggiungere che non emergono dagli atti né sono stati prospettati elementi tali da far ipotizzare una preordinazione dolosa fra il T. ed il M. a danno dell'istituto di credito.

Neppure ritiene il Collegio che al T. sia addebitabile un concorso colposo atteso che egli non poteva ragionevolmente avvedersi dell'illecito commesso dal promotore.

In ordine alla dazione del denaro contante si è già detto ma va anche aggiunto che il M. aveva consegnato, su carta intestata alla banca, il ricevimento del versamento della somma datagli dal T. nonché una posizione titoli (da cui emergeva l'avvenuto acquisto di titoli IMI) su cui figurava il timbro della Fideuram e che l'attore si era visto recapitare una comunicazione da parte dell'ufficio titoli e della sede di Reggio Emilia della banca, datata 28-1-2002, in cui si dava atto del deposito a suo nome di titoli IMI Linked Commodities 2003 per £ 60.000.000, comunicazione la cui paternità è stata disconosciuta dalla convenuta ma che certo non poteva che rassicurare l'ignaro risparmiatore sulla regolarità dell'operazione posta in essere sicché la circostanza che il versamento non risultasse riportato sull'estratto conto non integra il concorso di colpa atteso che molteplici erano invece i dati documentali in grado di fargli apparire una diversa e tranquillizzante realtà, né va sottovalutato il rilievo, sul piano psicologico, del rapporto fiduciario da tempo instauratosi fra l'attore ed il M. al quale egli aveva già affidato del denaro poi investito con risultati soddisfacenti.

Ancora non deve trascurarsi il breve intervallo temporale intercorrente fra la consegna del denaro (27-12-2001) e la lettera con richiesta di chiarimenti (datata 29-3-2002) indirizzata dall'attore alla banca dopo la scoperta, a seguito della lettura sulla stampa, della fuga del M.: né infine è stato dimostrato che, ove il T. si fosse attivato prima, il danno sarebbe stato più contenuto.

Quanto al danno deve ritenersi che il quantum risarcibile vada determinato in ragione dei risultati che il danneggiato avrebbe conseguito dalla puntuale negoziazione dei titoli (in tal senso vedasi Trib. Milano 2-5-1996 in Resp. Civ. e Prev.,1997,1235) e, in proposito, il c.t.u. ha accertato che, ove la somma di euro 25.822,85 pari a £ 50.000.000 fosse stata investita nel titolo IMI secondo gli accordi e incassata alla scadenza (11-5-2003), l'attore  avrebbe ricavato il rendimento netto di euro 1.371,43.

Tenuto conto dell'operatività pregressa del T. dalla quale emerge la preferenza per scelte di investimento (relativamente ad una parte dei risparmi) di breve periodo, su titoli a basso rischio con certezza del capitale e senza esigenza di godere di cedole periodiche, appare verosimile ritenere che egli, alla scadenza naturale, avrebbe reinvestito il capitale in un titolo dalle caratteristiche similari rispetto a quello sopra menzionato ed il consulente ha individuato a tal fine il CTZ biennale in scadenza il 14-5-2005 ovvero lo zero coupon Capitalia 96/08 (con valorizzazione alla data del 12-9-2005) i quali avrebbero reso rispettivamente euro 1.046,31 ed euro 3.716,32: appare equo, con riguardo a tale periodo, liquidare una somma corrispondente alla media dei due indicati rendimenti corrispondente ad euro 2.381,31.

I convenuti vanno quindi condannati in solido a pagare all'attore la somma di euro 29.575,58 oltre agli interessi su tale importo dalla data della sentenza sino al saldo definitivo.

Atteso l'illecito commesso dal promotore finanziario nello svolgimento delle proprie incombenze, va accolta la domanda di manleva svolta dalla banca nei suoi confronti (cfr. ex multis Cass. 25-2-2004 n. 3817; v. anche art. 13 IV co. d. lgs. 5/03).

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.


P.Q.M.


il Tribunale di Mantova, in composizione collegiale, definitivamente pronunciando, ogni altra domanda ed eccezione reietta, così provvede:

condanna i convenuti, in solido fra loro, a pagare all'attore la somma di euro 29.575,58 oltre agli interessi legali su tale somma dalla data della sentenza sino al saldo definitivo;

condanna i convenuti, parimenti in solido, a rifondere all'attore le spese di lite liquidandole in complessivi euro 5.900,00 di cui € 900,00 per spese (compresi euro 787,50 per spese di c.t.u. rimanendo la restante metà definitivamente a carico della convenuta), € 1.700,00 per diritti ed € 2.300,00 per onorari, oltre al rimborso forfetario delle spese ex art. 15 T.P., ed oltre ad I.V.A. e C.P.A. come per legge;

condanna M. M. a tenere manlevata Banca Fideuram s.p.a. per le somme dalla stessa pagate a titolo di capitale interessi e spese in favore dell'attore in dipendenza del presente giudizio;

condanna M. M. a rifondere alla Banca Fideuram le spese di lite liquidandole in complessivi euro 2.350,00 di cui € 50,00  per spese, € 1.000,00 per diritti ed € 1.300,00 per onorari, oltre al rimborso forfetario delle spese ex art. 15 T.P., ed oltre ad I.V.A. e C.P.A. come per legge.