Crisi d'Impresa e Insolvenza
Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 22223 - pubb. 11/01/2019
Interruzione automatica dei processi e liquidazione coatta amministrativa bancaria
Appello Torino, 04 Dicembre 2018. Est. Cocchetti.
Liquidazione coatta amministrativa – Liquidazione Banche Venete ex D.L. 99/2017 – Applicabilità dell’art. 43 L.F. – Interruzione automatica del processo
L'art. 43 comma 3 l.f. - interruzione di diritto (c.d. "automatica") dei processi pendenti per effetto della dichiarazione di fallimento è applicabile anche alla procedura di liquidazione coatta amministrativa bancaria. (Redazione IL CASO.it) (riproduzione riservata)
1. La soc. R. ha dedotto di aver intrattenuto con la B.P. (successivamente V.B. SCPA) un rapporto di conto corrente iniziato con la sottoscrizione, in data 2.7.2003, del contratto di apertura di credito in conto corrente n. (…).
Successivamente veniva concesso alla società attrice un fido massimo di cassa di Euro 75.000,00 ed un fido sugli anticipi di importi variabili.
Tale contratto prevedeva a carico della R., quali oneri per l'utilizzo del credito e la gestione del conto corrente, le seguenti voci: interessi passivi, commissione di massimo scoperto, spese di invio documenti, spese forfettarie tenuta conto, spese rinnovo/gestione fido e diritti di segreteria, spese per operazione.
In considerazione delle condizioni praticatele dall'istituto di credito, R. decideva di affidare incarico a N. - Bank Report Analysis, per la redazione di una perizia econometrica asseverata, avente ad oggetto il rapporto di apertura di credito in conto corrente sopra menzionato; consulenza, in particolare, diretta alla verifica della correttezza e liceità degli addebiti operati dalla banca, sulla base dei principi stabiliti in materia.
Con atto di citazione ritualmente notificato la società R. S.R.L. conveniva in giudizio V.B. Scpa per ottenere una pronuncia di accertamento e condanna della stessa alla restituzione di quanto da questa percepito in violazione del sinallagma contrattuale (oltre al risarcimento del danno) deducendo la nullità delle clausole contrattuali concernenti il conto corrente e l'apertura di credito in questione, con riferimento all'anatocismo, al tasso di interessi ultra-legale, alla CMS, alle valute nonché la violazione da parte della convenuta della normativa in tema di usura.
L'importo da restituire alla società attrice è stato quantificato in Euro 332.781,85, come risultante dall'allegato F della consulenza di parte allegata.
Costituitasi in giudizio, la Banca ha, tra l'altro, eccepito la prescrizione dell'azione di ripetizione formulata dalla controparte relativa a tutte le rimesse eseguite in data anteriore al 10.10.2003 (decennio antecedente alla messa in mora).
Ha ancora, in via preliminare, eccepito l'inammissibilità della domanda restitutoria attorea, stante il fatto che il conto corrente al momento dell'introduzione della domanda era ancora aperto.
Nel merito, la Banca ha denegato specificamente la fondatezza delle avverse deduzioni.
Nel corso del giudizio vennero concessi alle parti i termini per il deposito delle memorie autorizzate ex art. 183,6 co c.p.c. e la causa veniva rinviata ex art. 184 c.p.c. al giorno 31/05/2016.
Alla predetta udienza il G.I. non ammetteva le prove dedotte dalle parti e fissava per la discussione e la decisione ex art. 281-sexies c.p.c., l'udienza al 19.7.2016, concedendo termine per il deposito di note conclusive sino a dieci giorni antecedenti l'udienza.
2. Con sentenza n. 409/2016, resa ex art. 281-sexies c.p.c., pubblicata in data 19.7.2016 mediante lettura ed allegazione al verbale, il Tribunale di Verbania rigettava la domanda attrice siccome inammissibile, perché tardiva e/o infondata e condannava la soc. R. S.R.L., in persona del legale rappresentante, con sede in A. V., a rimborsare alla soc. V.B. S.C.P.A., in persona del legale rappresentante, con sede in M. (T.), le spese di lite.
La sentenza non veniva notificata.
3. Con atto di citazione in appello ritualmente notificato R. S.R.L. interponeva tempestiva impugnazione contro la predetta decisione per ottenere l'accoglimento delle conclusioni sopra riportate, deducendo che il Tribunale ha errato:
a) nel ritenere tardiva la domanda di rettifica del saldo;
b) nel ritenere inammissibile la domanda restitutoria essendo il conto corrente ancora aperto;
c) nell'avere omesso di motivare in ordina alla decisione di non ammettere la C.T.U. richiesta da parte attrice;
d) nell'avere omesso di pronunciare sulla eccepita irritualità della memoria ex art. 186, sesto comma, n. 3 c.p.c. depositata dalla Banca.
Parte appellante ha poi integralmente richiamato le argomentazioni e le difese svolte negli scritti difensivi di primo grado ed ha proposto istanza di sospensione dell'efficacia esecutiva della sentenza impugnata.
Costituitasi la Banca, ha eccepito l'inammissibilità dell'appello ex art. 342 e 348-bis c.p.c. e comunque ne ha chiesto il rigetto siccome infondato, con la conferma dell'impugnata sentenza.
4. All'udienza del 24.1.2017 il procuratore di parte appellava dichiarava di rinunciare all'istanza di sospensione e la causa veniva così rinviata al 14.11.2017 per la precisazione delle conclusioni.
A tale udienza la Corte rilevava che V.B. era stata posta in stato di Liquidazione Coatta Amministrativa e dichiarava l'interruzione del procedimento.
Con successivo provvedimento Presidenziale pubblicato in data 14.2.2018, vista l'istanza proposta ex art. 303 c.p.c. da R. S.R.L. e depositata in data 6.2.2018, veniva fissata udienza dinanzi al Collegio in data 19 giugno 2018 nominando relatore il Cons. Aus. dr. Marco Leone Coccetti e fissando il termine di giorni 30 dalla comunicazione per la notifica dell'istanza e del decreto.
Il ricorso ed il decreto sono stati notificati dalla società appellante sia alla procedura di LCA di V.B. SPA, sia ad I.S. SPA, in qualità di successore a titolo particolare nel rapporto controverso dedotto in giudizio, in forza del contratto di cessione di azienda 26 giugno 2017 stipulato tra V.B. S.P.A. in LCA, B.P. e I.S. S.P.A. in esecuzione di quanto stabilito dal D.L. n. 99 del 2017.
In particolare, parte appellante ha dedotto (cfr. pag. 12 comp. concl.) di avere citato in riassunzione V.B. solo in ossequio al principio per cui - in caso di successione a titolo particolare nel diritto controverso - il processo prosegue tra le parti originarie (art. 111 comma I c.p.c.) per cui resta nella facoltà delle parti richiedere e rispettivamente accettare, l'eventuale estromissione ai sensi dell'art. 111 comma 3 c.p.c..
Con comparsa depositata in data 30.5.2018 si costituiva V.B. in LCA, eccependo l'avvenuta estinzione del giudizio per mancata riassunzione in termini, e comunque deducendo che il rapporto in questione sarebbe rimasto nella titolarità della procedura: rilevava quindi l'improcedibilità della causa nei suoi confronti in forza del principio di cui all'art. 83 TUB e faceva comunque proprie, in subordine, le difese già svolte da V.B. spa.
Con comparsa depositata in data 13.6.2018 si costituiva I.S. spa, eccependo l'avvenuta estinzione del giudizio per mancata riassunzione in termini e la propria carenza di titolarità passiva nei rapporti dedotti, coerentemente con quanto sostenuto dalla procedura di LCA di V.B. spa, e facendo proprie, in subordine e nel merito, le difese già svolte da V.B. spa.
All'udienza del 19.6.2018 i procuratori della parti precisavano le rispettive conclusioni e la Corte tratteneva la causa in decisione assegnando i termini massimi ex artt. 190 c.p.c. per il deposito delle comparse conclusionali e delle memorie di replica.
5. Occorre procedere, in primo luogo, all'esame delle questione processuale, di natura pregiudiziale, sollevata da V.B. S.P.A. in LCA e da I.S. Spa, avente ad oggetto l'intervenuta estinzione del giudizio per mancata riassunzione in termini dello stesso.
Com'è noto, con decreto del Ministro dell'Economia e delle Finanze n. 186 del 25.6.2017, su proposta della B.I., V.B. S.P.A. è stata sottoposta alla procedura di liquidazione coatta amministrativa, ai sensi dell'articolo 80, comma 1, del D.Lgs. 1 settembre 1993, n. 385 (Testo Unico delle leggi in materia bancaria e creditizia - TUB) e dell'articolo 2, comma 1, lettera a), del D.L. n. 99 del 25 giugno 2017 recante "Disposizioni urgenti per la liquidazione coatta amministrativa di B.P. S.P.A. e di V.B. S.p.A", pubblicato sulla GU n. 146 del 25-6-2017".
Detto decreto, che disciplinava l'avvio e lo svolgimento della liquidazione coatta amministrativa di B.P. e di V.B. nonché le modalità e le condizioni delle misure a sostegno di queste ultime in conformità con la disciplina europea in materia di aiuti di Stato, è stato convertito in L. n. 121 del 31 luglio 2017.
Ai sensi e per gli effetti dell'art. 80, quarto comma, del D.Lgs. 1 settembre 1993, n. 385 (Testo Unico delle leggi in materia bancaria e creditizia - TUB), il decreto del Ministro dell'Economia e delle Finanze n. 186 del 25.6.2017 è stato pubblicato per estratto sulla G.U. n. 177 del 31.07.2017.
Ai sensi e per gli effetti dell'art. 80, comma cinque, del D.Lgs. 1 settembre 1993, n. 385 (Testo Unico delle leggi in materia bancaria e creditizia - TUB), dalla data di emanazione del decreto di cui sopra cessano le funzioni degli organi amministrativi, di controllo e assembleari, nonché di ogni altro organo della banca: ciò determina la perdita della capacità di stare in giudizio per la Banca, e dunque il verificarsi di un evento interruttivo rilevante ex artt. 299 e ss. c.p.c.
Con lettera di incarico della B.I. in data 25/6/2017 prot. n. (…) sono stati nominati i Commissari Liquidatori, che nella stessa data si sono poi insediati ex art. 85 del D.Lgs. 1 settembre 1993, n. 385 (Testo Unico delle leggi in materia bancaria e creditizia - TUB).
È da ritenere che la fattispecie complessa, costituita dall'apertura della procedura di liquidazione coatta amministrativa, disposta con D.L. 25 giugno 2017, n. 99 a carico di B.P. S.P.A. e di V.B. S.P.A., e dal successivo insediamento dei commissari liquidatori, abbia determinato l'interruzione automatica dei processi pendenti, analogamente a quanto prevede l'art. 43, terzo comma, 1. fall.
La Corte ha dichiarato l'interruzione del giudizio all'udienza del 14.11.2017, dando atto che V.B. S.P.A. era stata posta in Liquidazione Coatta Amministrativa.
Al riguardo, l'art. 83 del Testo Unico Bancario prevede, in estrema sintesi, che dalla data di insediamento dei commissari liquidatori (e comunque dal sesto giorno lavorativo successivo alla data di adozione del provvedimento che dispone la liquidazione coatta), nei confronti della banca in l.c.a. non possa essere proseguita alcuna azione o atto di esecuzione forzata o cautelare: nel caso di V.B. l'insediamento dei commissari liquidatori è avvenuto il 25 giugno 2017 (quindi lo stesso giorno della pubblicazione del D.L. n. 99 del 2017 e dell'emissione del conseguente decreto ministeriale n. 186).
Nel Testo Unico Bancario, nella sezione III intitolata "Liquidazione coatta amministrativa", non risulta disciplinata la fattispecie dell'interruzione dei procedimenti giudiziali pendenti: occorre dunque valutare se, nella fattispecie di cui è causa, sia o meno applicabile l'art. 43, terzo comma, della Legge Fallimentare, secondo cui "l'apertura del fallimento determina l'interruzione del processo".
Ritiene la Corte che tale norma debba ritenersi applicabile anche nel caso di specie, posto che non vi sono ragioni che consentano di giustificare una diversità di trattamento tra fallimento (in cui l'interruzione opera in automatico) e l.c.a.
Invero, prima del D.Lgs. n. 5 del 2006, che ha notevolmente innovato e riformato la disciplina fallimentare, si riteneva che l'intervenuto fallimento di una delle parti costituisse una fattispecie idonea a determinare l'interruzione del processo civile: nel caso tale evento si fosse verificato dopo la costituzione della parte in giudizio, secondo la norma generale (art. 300, secondo comma, c.p.c.) l'interruzione del procedimento conseguiva alla dichiarazione in udienza dell'evento interruttivo o alla notifica dell'evento alle altre parti.
La dichiarazione di fallimento innescava quindi l'applicazione del regime generale d'interruzione del giudizio civile, poiché determinava il venir meno della capacità processuale del soggetto insolvente relativamente alle controversie che riguardino rapporti patrimoniali rientranti nel perimetro del fallimento, in virtù dello spossessamento del debitore fallito.
Nonostante mancasse una specifica disposizione nell'impianto del R.D. 16 marzo 1942, n. 267, non si dubitava che l'apertura del fallimento costituisse un evento rilevante ai fini dell'applicazione degli art. 299 e 300 del codice di rito.
Nella relazione illustrativa al D.Lgs. n. 5 del 2006 si precisava, quanto all'43 LF ed in sintonia al criterio di delega secondo cui occorreva accelerare le procedure applicabili alle controversie in materia fallimentare, che l'apertura del fallimento determina l'interruzione di diritto del processo evitando così che lo stesso possa essere interrotto a distanza di tempo qualora le parti informino formalmente il giudice ex art. 300 c.p.c.
L'art. 41 della riforma del 2006 ha così provveduto a modificare l'articolo 43 della Legge Fallimentare inserendo una disposizione, al terzo comma, che prevede appunto l'interruzione automatica dei processi pendenti.
Sull'effetto interruttivo automatico del processo ex art. 43 l.f. la giurisprudenza di legittimità ha avuto modo di precisare che "in riferimento all'effetto interruttivo automatico conseguente all'apertura del fallimento ai sensi della legge fallimentare (R.D. n. 267 del 1942), art. 43, comma 3, come novellato a dal D.Lgs. n. 5 del 2006, art. 41, il termine per la riassunzione del processo decorre, secondo l'interpretazione costituzionalmente orientata dell'art. 305 c.p.c., dalla data della legale conoscenza che dell'evento interruttivo ha avuto la parte interessata alla prosecuzione; la parte che eccepisce l'estinzione per tardiva riassunzione, può comunque dimostrare che la conoscenza in forma legale dell'evento (la quale per la curatela fallimentare si estende anche alla conoscenza della pendenza del processo) si è verificata antecedentemente alla dichiarazione in giudizio dell'evento medesimo" (ex multis Cass. S.U. 7443/2008; Cass. 5650/2013).
Anche la Corte Costituzionale, investita della questione di legittimità costituzionale dell'art. 305 c.p.c. nella parte in cui fa decorrere il termine per la riassunzione del processo per la parte diversa da quella fallita dalla data di interruzione del procedimento e non dalla data di effettiva conoscenza dell'evento interruttivo, ha statuito che, secondo gli orientamenti della giurisprudenza costituzionale in materia di interruzione del processo civile, recepiti dalla giurisprudenza di legittimità, è da tempo acquisito il principio per cui nei casi di interruzione automatica del processo il termine per la riassunzione decorre non già dal giorno in cui l'evento interruttivo è accaduto, bensì dal giorno in cui esso è venuto a conoscenza della parte interessata alla riassunzione medesima: dunque la norma censurata non viola gli indicati parametri ove sia interpretata nel senso che, anche nell'ipotesi di interruzione automatica del processo per fallimento di parte costituita, fa decorrere il termine per la riassunzione, ad opera della parte interessata, dalla data di effettiva conoscenza dell'evento interruttivo (sentt. n. 139 del 1967, n. 34 del 1970, n. 159 del 1971, n. 36 del 1976, n. 109 del 2005, n. 379 del 2007, n. 165 del 2008, n. 276 del 2009, ordd. n. 115 del 2005, n. 268 e n. 341 del 2008)" (Corte Costituzionale sentenza n. 17 del 21 gennaio 2010; conforme, sentenza n. 261 del 21 luglio 2010).
Secondo tale orientamento, l'art. 305 c.p.c. deve pertanto essere interpretato - anche in ipotesi di interruzione del giudizio per fallimento - nel senso che i 3 mesi previsti per la riassunzione non debbono iniziare a decorrere dall'evento interruttivo, ma piuttosto dalla data in cui il soggetto interessato alla riassunzione ha avuto conoscenza dell'evento interruttivo.
Nella peculiare vicenda che ha riguardato le cc.dd. "banche popolari venete", l'evento interruttivo costituisce la risultante della fattispecie complessa costituita dall'emanazione del D.L. n. 99 del 2017, pubblicato sulla GU n. 146 del 25-6-2017, e del successivo decreto del Ministro dell'economia e delle finanze n. 186 del 25 giugno 2017, con cui è stata disposta la liquidazione coatta Amministrativa di V.B. Spa, con la conseguente cessazione delle funzioni degli organi amministrativi, di controllo e assembleari, e l'insediamento degli Organi Liquidatori.
Il decreto del Ministro dell'economia e delle Finanze è stato poi pubblicato per estratto nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana del 31.7.2017, Serie Generale n. 177: applicando dunque i principi derivanti dalla giurisprudenza costituzionale sopra citata (il termine per la riassunzione decorre non già dal giorno in cui l'evento interruttivo è accaduto, bensì dal giorno in cui esso è venuto a conoscenza della parte interessata alla riassunzione medesima), la conoscenza dell'evento interruttivo può farsi risalire, al più tardi, al 31.7.2017.
La pubblicazione in Gazzetta Ufficiale delle leggi e degli atti amministrativi e normativi provenienti dallo Stato o da altri enti centrali o periferici ad esso correlati determina certamente presunzione di conoscenza: in questi termini deve essere letto anche l'art. 80, quarto comma, TUB che prevede la pubblicazione per estratto nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana del decreto che dispone la liquidazione coatta amministrativa delle banche.
Dunque nel caso di specie l'interruzione è avvenuta automaticamente per effetto dell'emanazione del decreto n. 186 del 25 giugno 2017, con cui il Ministro dell'economia e delle finanze ha disposto, su proposta della B.I., la sottoposizione di V.B. S.P.A., a liquidazione coatta amministrativa, analogamente a quanto previsto in caso di fallimento dall'art. 43, terzo comma, R.D. 16 marzo 1942, n. 267.
L'art. 83, comma 3, TUB prevede che dalla data di insediamento dei commissari liquidatori (e comunque dal sesto giorno lavorativo successivo alla data di adozione del provvedimento che dispone la liquidazione coatta), nei confronti della banca in l.c.a. non possa essere proseguita alcuna azione: l'ammissione di V.B. S.P.A. alla procedura di liquidazione coatta amministrativa e l'insediamento degli organi liquidatori ha determinato la perdita della sua capacità di stare in giudizio e l'interruzione automatica del processo.
Quanto al dies a quo per la riassunzione del processo interrotto, detto termine deve farsi decorrere dal momento della conoscenza dell'evento interruttivo, da ancorarsi al 31.7.2017 ovvero al giorno dell'avvenuta pubblicazione in Gazzetta Ufficiale (mezzo di informazione legale) del decreto sopra indicato.
Le argomentazioni contrarie di parte appellante, mutuate da un precedente in termini del Tribunale di Milano, secondo cui la disposizione di cui all'art. 43, comma 3 L. fall. non sarebbe applicabile alla procedura di liquidazione coatta amministrativa, non convincono. La difesa della R. S.R.L. riprende la formulazione letterale dell'art. 83 comma 2 TUB secondo cui: "dal termine indicato nel comma 1 si producono gli effetti previsti dagli articoli 42, 44, 45 e 66, nonché dalle disposizioni del titolo II, capo II, Sezione II e Sezione IV della legge fallimentare".
Risulterebbe dunque escluso il richiamo dell'art. 43 L.fall. ed in particolare del suo comma terzo: trattandosi di norma speciale e derogatoria della disciplina di cui agli artt. 299 e 300 c.p.c., la stessa non potrebbe trovare applicazione a preferenza della normativa generale se non espressamente richiamata e, per converso, il mancato richiamo comporterebbe l'applicazione della normativa generale.
Sempre a dire di parte appellante, nessun rilievo potrebbe assumere il fatto che l'art. 43 comma 3 L.fall. sia norma sopravvenuta rispetto alla norma del TUB in quanto se il Legislatore avesse voluto introdurla anche con riferimento alla liquidazione coatta amministrativa ben avrebbe modificato anche le relative norme; inoltre la sopravvenienza di una norma speciale non comporta la restrizione dell'ambito applicativo di quella generale, se non nei casi espressamente previsti.
Tale ricostruzione risulterebbe avvalorata dalla circostanza che l'art. 43 L. fall. non è richiamato nemmeno dall'art. 200 L.fall. che costituirebbe l'omologo, nella legge fallimentare, del citato art. 83 comma 3 TUB.
Secondo parte appellante, quindi, trovando applicazione la normativa codicistica il processo risulterebbe interrotto solo dalla dichiarazione in udienza o dalla eventuale notificazione alle altre parti di tale evento.
La difesa della R. S.R.L. ha poi richiamato l'orientamento giurisprudenziale consolidato secondo cui il termine per la riassunzione di tre mesi non decorre automaticamente dalla dichiarazione di fallimento bensì dalla data di conoscenza "legale" dell'evento, conoscenza cioè acquisita non in via di mero fatto.
Secondo parte appellante, quindi, anche laddove dovesse trovare applicazione l'art. 43 L. Fall., solo all'udienza del 14/11/2017 la Corte - preso atto che "V.B. S.P.A. era stata posta in stato di liquidazione coatta amministrativa" - dichiarava l'interruzione del procedimento: quello sarebbe il momento di conoscenza legale dell'evento, con il conseguente rigetto dell'eccezione di tardività della riassunzione ed estinzione del giudizio.
Ad avviso della Corte tali argomentazioni non colgono nel segno.
Per giurisprudenza consolidata, la messa in liquidazione coatta amministrativa di un determinato soggetto, determina la perdita della sua capacità di stare in giudizio: a norma dell'art. 200, R.D. 16 marzo 1942, n. 267, detto stato comporta, tra l'altro, la cessazione delle funzioni dell'assemblea e degli organi amministrativi e di controllo della società medesima e, comunque, l'attribuzione al commissario liquidatore, e non più, quindi, alla persona fisica che la rappresentava fin quando era in bonis, della capacità di stare in giudizio nelle controversie anche in corso, e quindi l'interruzione del processo (Cass. Civ. sez. II, 18 febbraio 1989 n. 985; id., sez. III, 7 febbraio 1989 n. 776; id., sez. III, 14 marzo 2016 n. 4907; id., sez. VI, 17 marzo 2017 n. 7008; Cons. St., sez. V 12 giugno 2017 n. 2850; id., sez. V, 24 marzo 2014, n. 1437).
Nella liquidazione coatta amministrativa delle Banche, lo stesso principio si rinviene nell'art. 80, quinto comma, TUB che riferisce alla data di emanazione del decreto del Ministero dell'Economia e delle Finanze (nel caso di specie 25.6.2017), la cessazione delle funzioni degli organi amministrativi, di controllo e assembleari, nonché di ogni altro organo della Banca.
In ultima analisi, è quello il momento in cui si verifica l'interruzione del processo e non vi è ragione per escludere, nel caso di specie, l'applicazione del principio di cui al terzo comma dell'art. 43, R.D. 16 marzo 1942, n. 267 secondo cui in caso di fallimento l'interruzione del processo avviene in automatico: detta norma deve ritenersi applicabile anche in caso di l.c.a. nonostante il mancato richiamo da parte dell'art. 83, terzo comma, TUB, posto che, come detto, non vi sono ragioni che consentono di giustificare una diversità di trattamento tra fallimento e l.c.a. e, dunque, in ultima analisi, anche per esigenze di coerenza del sistema.
In effetti il comma 3 cit. è stato aggiunto all'art. 43 cit. solo di recente, dall'articolo 41 del D.Lgs. 9 gennaio 2006, n. 5, proprio allo scopo di escludere ex lege i casi di perdita della capacità processuale per "fallimento" dalla disciplina di previa dichiarazione "ufficiale" della perdita della capacità di stare in giudizio fatta dal rappresentante della parte (art. 300 c.p.c.), per cui al suo mancato richiamo da parte dell'art. 83, terzo comma, TUB non può attribuirsi una portata escludente sotto il profilo interpretativo.
La ratio dell'introduzione del terzo comma dell'art. 43 LF corrisponde a quella di una più efficace tutela, anche sul piano processuale, degli interessi coinvolti nel fallimento e, quindi, ben può estendersi analogicamente alle altre procedure concorsuali, come la l.c.a., per le quali sono certi gli effetti della perdita di legittimazione processuale dei soggetti coinvolti.
Dunque, come detto, in forza del combinato disposto dell'art. 80, quinto comma, e 83, terzo comma, TUB è da ritenere che nel caso di specie l'interruzione operi automaticamente, e senza necessità di osservare le formalità di cui ai primi due commi dell'art. 300 c.p.c.
Il mancato richiamo dell'art. 43 LF da parte del terzo comma dell'art. 83 TUB non risulta comunque decisivo, posto che l'art. 83 TB è norma rubricata "Effetti del provvedimento per la banca, per i creditori e sui rapporti giuridici preesistenti", mentre l'art. 43 LF riguarda espressamente i rapporti processuali: dunque anche l'ambito applicativo delle due norme parrebbe differente.
Occorre anche sottolineare che l'art. 80, sesto comma, TUB funziona come norma di chiusura, prevedendo che: "Le banche non sono soggette a procedure concorsuali diverse dalla liquidazione coatta prevista dalle norme della presente sezione; per quanto non espressamente previsto si applicano, se compatibili, le disposizioni della legge fallimentare".
Dunque tale norma richiama le disposizioni della legge fallimentare per quanto non espressamente previsto e se compatibili: il TUB non disciplina l'interruzione del processo, e la norma dell'art. 43, terzo comma, LF è certamente compatibile con la disciplina della liquidazione coatta amministrativa delle Banche.
Resta solo da dire che l'interpretazione di queste norme secondo il criterio fissato dalla Corte Costituzionale (ovvero quello secondo cui l'art. 305 c.p.c. deve essere interpretato nel senso che i 3 mesi previsti per la riassunzione non debbono iniziare a decorrere dall'evento interruttivo, ma piuttosto dalla data in cui il soggetto interessato alla riassunzione abbia avuto conoscenza effettiva dell'evento interruttivo) comporta piena equiparazione tra la normativa in tema di fallimento e quella in tema di liquidazione coatta amministrativa.
Peraltro la liquidazione coatta amministrativa è una procedura con finalità del tutto simili a quella fallimentare, differenziandosene solo per l'organo competente a disporla (autorità amministrativa al posto del tribunale), e per i presupposti necessari per l'adozione del provvedimento di liquidazione.
Ciò posto, nel caso di specie - visto l'art. 80, quinto comma, Tub - l'evento interruttivo deve farsi risalire al momento dell'emanazione del decreto del Ministero dell'economia e delle finanze, dunque al 25.6.2017, con la perdita della capacità processuale dell'Ente: dal momento dell'insediamento degli organi liquidatori (avvenuto in data 25.6.2017, come dedotto dalla procedura appellata) non poteva essere proseguita alcuna azione contro la Banca in liquidazione, ex art. 83, terzo comma, tub.
Il dies a quo per la riassunzione decorreva dal momento dell'effettiva conoscenza della messa in liquidazione coatta amministrativa di V.B.: tale momento deve essere ancorato alla pubblicazione per estratto sulla GU, ex art. 80, quarto comma, tub del decreto del Ministero dell'economia e delle finanze - previsto dall'art. 80, primo comma, tub - con cui è stata disposta la liquidazione coatta amministrativa di V.B. spa.
Tale pubblicazione è avvenuta in data 31.7.2017 sulla Gazzetta Ufficiale, serie Generale, n. 177: dunque il termine di tre mesi per la riassunzione è scaduto l'1.12.2017.
Infatti, come visto, la disposizione di cui all'art. 43 comma 3 l.f. - interruzione di diritto (c.d. "automatica") dei processi pendenti per effetto della dichiarazione di fallimento - risulta applicabile anche alla procedura di liquidazione coatta amministrativa.
Da tale presupposto discende che parte appellante avrebbe dovuto riassumere il processo ex artt. 303 c.p.c. e 125 disp. att. c.p.c.: non avendolo fatto tempestivamente, il processo risulta estinto.
Il ricorso in riassunzione è stato infatti depositato tardivamente in data 6.2.2018, quando era oramai decorso il termine di tre mesi per la riassunzione.
Deve pertanto essere dichiarata l'estinzione del presente giudizio, ex artt. 305-307 c.p.c..
Ogni ulteriore questione deve ritenersi assorbita.
6. La difficoltà e la novità della questione di diritto comporta la compensazione integrale delle spese di lite tra le parti.
PQM
La Corte d'Appello di Torino, Sezione Prima Civile,
ogni contraria istanza, eccezione e deduzione disattesa,
definitivamente pronunciando,
• dichiara l'estinzione del giudizio di appello pendente tra le parti in epigrafe riportate; spese compensate.
Così deciso nella Camera di Consiglio del 30 ottobre 2018 della Sezione Prima Civile della Corte d'Appello di Torino.
Depositata in Cancelleria il 4 dicembre 2018.