Diritto Societario e Registro Imprese
Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 169 - pubb. 01/07/2007
Causa di scioglimento e controllo giudiziario sulle sopcietà
Tribunale Biella, 04 Giugno 2004. Est. Reggiani.
Nuovo diritto societario – Società per azioni – Controllo giudiziario sulle società – Verificarsi di una causa di scioglimento – Ricorso individuale del sindaco al tribunale – Ammissibilità.
Nuovo diritto societario – Società per azioni – Controllo giudiziario sulle società – Verificarsi di una causa di scioglimento – Ricorso individuale del sindaco al tribunale – Cessazione dalla carica – Interesse ad agire – Insussistenza.
Nell’ipotesi in cui gli amministratori omettano di accertare senza indugio il verificarsi di una delle cause di scioglimento della società e di procedere agli adempimenti previsti dall’art. 2484 c.c., è consentito a ciascun amministratore ed a ciascun sindaco di promuovere l’intervento giudiziale , in modo che in caso di inerzia del consiglio di amministrazione e del collegio sindacale nel procedere alle iniziative previste dall’art. 2484 n. 4 c.c. venga ugualmente accertato l’avvenuto scioglimento della società. (Franco Benassi) (riproduzione riservata)
L’interesse ad agire con il ricorso al tribunale ex art. 2485, 2° co.per far accertare una causa di scioglimento della società a fronte dell’inerzia del consiglio di amministrazione e del collegio sindacale deve sussistere non solo al momento della proposizione del ricorso ma anche durante il corso di tutto il procedimento. (Franco Benassi) (riproduzione riservata)
omissis
Il Tribunale
E’ da ritenersi applicabile alla presente fattispecie l'invocato disposto dell'art. 2485, comma 2, c.c., introdotto con l'art. 4 D.Lgs. n. 6/2003, in vigore dal 1 gennaio 2004 (art. 10 D.Lgs. cit.) e sottratto alla disciplina transitoria di cui all'art. 223 bis disp. att. c.c., in quanto contenente disposizioni indipendenti dall'adeguamento o meno dell'atto costitutivo o dello statuto alla riforma.
E infondata l'eccezione di difetto di legittimazione attiva del ricorrente, sollevata dai resistenti, in ragione della ritenuta 'legittimazione del solo collegio sindacale e non di ciascun sindaco a proporre il presente ricorso.
L'art. 2485, comma 2, c.c. prevede che «Quando gli amministratori omettono gli adempimenti di cui al precedente comma», - e cioè quando gli amministratori omettono di accertare senza indugio il verificarsi di una delle cause di scioglimento della società e di procedere agli adempimenti previsti dall'art. 2484, comma 3, c.c. - «il tribunale su istanza dei singoli soci o amministratori ovvero dei sindaci, accerta il verificarsi della causa di scioglimento, con decreto che deve essere iscritto a norma del terzo comma dell'art. 2484».
Si vede bene che la stessa lettera della legge non indica espressamente, quale soggetto legittimato a proporre l'istanza, il collegio sindacale.
E non può ritenersi, come invece affermato dai resistenti, che il legislatore, nel prevedere che il menzionato accertamento possa avvenire su istanza «dei singoli soci o amministratori ovvero dei sindaci», abbia voluto distinguere la posizione dei soci e degli amministratori da quella dei sindaci, prevedendo soltanto per le prime due categorie di legittimati l'iniziativa individuale.
La lettera della norma è equivoca e infatti può essere utilizzata per sostenere anche la tesi contraria a quella prospettata dai resistenti, considerandola dettata da semplici ragioni di stile (correlazione o ... ovvero) e così tale da accomunare soci, amministratori e sindaci in una identica legittimazione individuale.
D'altronde proprio dalla lettera della legge si evince che il legislatore ha voluto indicare come legittimati al ricorso i sindaci e non il collegio sindacale, mentre in altri casi, quando ha voluto attribuire poteri di iniziativa processuale al collegio sindacale (e non ai sindaci individualmente), ha espressamente e inequivocamente utilizzato la dicitura «collegio sindacale» e non la dicitura «sindaci».
Si legga ad esempio: - il disposto dell'art. 2377 c.c. che prevede la legittimazione del collegio sindacale ad impugnare le deliberazioni assembleari; - il disposto dell'art. 2391 c.c. che prevede la legittimazione del collegio sindacale ad impugnare le deliberazioni delle adunanze del consiglio di amministrazione assunte con la partecipazione dell'amministratore in conflitto d'interessi; - il disposto dell'art. 2409, ult. comma, c.c. che conferisce al collegio sindacale il potere di richiedere il controllo giudiziario ex art. 2409 c.c.
Sempre seguendo il criterio letterale-sistematico appena prospettato, occorre tenere presente che nell'art. 223 septies disp. att. c.c., anch'esso introdotto dalla riforma, è stabilito che «se non diversamente disposto, le norme del codice civile che fanno riferimento agli amministratori e ai sindaci trovano applicazione, in quanto compatibili, anche ai componenti del consiglio di gestione e del consiglio di sorveglianza, per le società che abbiano adottato il sistema dualistico, e ai componenti del consiglio di amministrazione e ai componenti del comitato per il controllo sulla gestione, per le società che abbiano adottato il sistema monistico. Ogni riferimento al collegio sindacale o ai sindaci presente nelle leggi speciali è da intendersi effettuato anche al consiglio di sorveglianza e al comitato per il controllo sulla gestione o ai loro componenti, ove compatibile con le specificità di tali organi». In questo caso risulta evidente la consapevole e chiara distinzione, che il legislatore ha voluto compiere, quando ha utilizzato la dicitura «collegio sindacale» e quando ha usato la dicitura «sindaci», riferendosi inequivocabilmente nell'ultimo caso ai componenti del collegio sindacale individualmente.
Non può neppure ritenersi che la legittimazione a proporre il ricorso debba essere intesa come riferita al «collegio sindacale» - e non ai singoli sindaci - in considerazione del fatto che il normale funzionamento dell'organo di controllo è collegiale e che al collegio è demandato il generale compito di vigilanza sulla gestione (art. 2403 c.c.).
Com'è noto, proprio nell'esercizio della funzione di controllo il legislatore della riforma ha conferito specifici poteri in capo a ciascun sindaco per il compimento di determinati atti di controllo e d'ispezione (v. art. 2403 bis, comma 2, c.c.), sicché non può escludersi che anche in questo caso abbia voluto attribuire un analogo potere di iniziativa individuale.
D'altronde in casi come quello in questa sede prospettato - allegata riduzione del capitale oltre il minimo legale per perdite - la legge prevede già il potere-dovere per il collegio sindacale di convocare l'assemblea per deliberare la riduzione del capitale e il contemporaneo aumento ad una cifra non inferiore al minimo di legge (o la trasformazione della società), quando ciò non sia fatto dagli amministratori (artt. 2447 e 2482 ter c.c.; in generale v. art. 2406, comma 1, c.c.).
Non ha senso quindi fornire un'interpretazione dell'ambito operativo dell'istituto in esame, che si sovrappone ad altri poteri e rimedi già previsti e disciplinati dall'ordinamento. Al contrario, esso deve essere inteso come inserito in un contesto applicativo diverso e ulteriore, ove né l'organo gestorio (consiglio di amministrazione) né quello di controllo (collegio sindacale) riescano a (o vogliano) funzionare per attivare le procedure sopra indicate.
Deve pertanto ritenersi consentito a ciascun amministratore e a ciascun sindaco di promuovere siffatto intervento giudiziale, in modo tale che in caso di inerzia del consiglio di amministrazione e del collegio sindacale nel procedere alle iniziative previste all'art. 2484 n. 4 c.c. venga ugualmente accertato l'avvenuto scioglimento della società (analogamente a quanto previsto all'art. 2482 bis, commi 4 e 5, c.c. in caso di mancata convocazione dell'assemblea per l'approvazione del bilancio e la riduzione del capitale sociale a seguito dei provvedimenti adottati in conseguenza della riduzione del capitale sociale oltre un terzo sempre per perdite).
Ritiene pertanto questo collegio di aderire a quell'orientamento interpretativo secondo il quale l'art. 2485, comma 2, c.c. sanziona la violazione da parte degli amministratori dell'obbligo di dichiarare l'avvenuta verificazione di una causa di scioglimento della società, così dirimendo i conflitti interni agli organi sociali (soci in seno all'assemblea, amministratori in seno al consiglio di amministrazione e sindaci in seno al collegio sindacale), mediante l'attribuzione ad ogni socio, amministratore o sindaco del potere di chiederne l'accertamento.
E mentre il potere di iniziativa dei soci è posto a tutela di un diritto, o meglio di un potere, insito nello status di socio, il potere di iniziativa degli amministratori e dei sindaci costituisce un dovere correlato alla funzione istituzionale da loro rivestita e alla responsabilità personale conseguente in caso di omesso o ritardato accertamento (per i sindaci in virtù del combinato disposto degli arti. 2407, comma 2, e 2485, comma 1, c.c.).
Deve invece ritenersi fondata l'eccezione pregiudiziale denominata dai resistenti come di sopravvenuto difetto di legittimazione e invece meglio qualificata come eccezione di sopravvenuto difetto d'interesse all'accertamento richiesto.
Com'è noto l'interesse ad agire, oltre a sussistere al momento della proposizione della domanda, deve permanere per tutto il processo sino alla statuizione finale (Cass. 8 giugno 1988, n. 3881).
E incontestato che in data 24 marzo 2004, il giorno successivo al deposito del ricorso, l'assemblea degli azionisti ha nominato un nuovo collegio sindacale, non rinnovando la nomina a sindaco del ricorrente. II ricorrente ha quindi perso ogni legame con la società e conseguentemente ogni interesse alle sorti della stessa.
Il ricorrente ha tuttavia allegato la permanenza dell'interesse all'accertamento dell'intervenuto scioglimento della società in considerazione dell'eventuale responsabilità su di lui gravante ex artt. 2407, comma 2, e 2485, comma 1, c.c. per il periodo in cui è stato presidente del collegio sindacale.
Il rilievo è tuttavia infondato. E infatti incontestato che in data 14 marzo 2004, a seguito dell'approvazione del bilancio 2003, l'assemblea straordinaria degli azionisti ha provveduto a ripianare le perdite e a deliberare la riduzione del capitale sociale con il successivo aumento del medesimo mediante sottoscrizione delle relative azioni da parte di alcuni soci.
Com'è noto la perdita del capitale costituisce una causa di scioglimento che opera di diritto, ma è fatta salva l'adozione dei provvedimenti di cui all'art. 2447 e art. 2482 ter c.c. (v. art. 2484, comma 1, n. 4, c.c.). E l'adozione di tali provvedimenti costituisce condizione risolutiva dello scioglimento della società, la quale fa venir meno con effetto ex tunc lo scioglimento verificatosi (Cass. 29 ottobre 1994, n. 8928).
Sulla base dell'incontestato andamento dei fatti, deve pertanto ritenersi che il ricorrente non ha più interesse all'accertamento richiesto a seguito della mancata conferma quale sindaco e dell'adozione della deliberazione ex art. 2484, comma 1, n. 4, c.c.
omissis