Diritto del Lavoro
Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 16607 - pubb. 27/01/2017
Contratto a tempo determinato e quantificazione dell’indennità risarcitoria
Cassazione civile, sez. IV, lavoro, 10 Novembre 2016, n. 22124. Est. Ghinoy.
Contratto a tempo determinato – Indennità risarcitoria – Quantificazione – Giudizi pendenti – Art. 32, comma 7, della legge n. 183 del 2010
È legittima la quantificazione dell’indennità risarcitoria omnicomprensiva, prevista per le ipotesi di conversione del contratto a tempo determinato, sulla base di un importo compreso tra le 2,5 e le 12 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto anche con riguardo ai giudizi pendenti dinnanzi alla Suprema Corte di Cassazione alla data di entrata in vigore della legge n. 183 del 2010 (1). (Fabrizio Daverio) (riproduzione riservata)
Segnalazione dello Studio Daverio & Florio
Il testo integrale
(1) Con il provvedimento in esame, la Suprema Corte di Cassazione si è pronunciata in merito al meccanismo di quantificazione, in corso di giudizio pendente alla data di entrata in vigore dell’art. 32 della legge n. 183 del 2010 (id est, 24 novembre 2010), dell’indennità risarcitoria omnicomprensiva spettante al lavoratore a tempo determinato che chieda, ed ottenga, la conversione del proprio contratto di lavoro per nullità del termine.
Nel caso specifico, quell’indennità era stata riconosciuta dal Tribunale in ragione della nullità del termine apposto al secondo contratto a tempo determinato e quantificata nell’importo corrispondente alle retribuzioni maturate dalla data di costituzione in mora della Società sino al ripristino del rapporto di lavoro, dedotto l’aliunde perceptum.
La statuizione di primo grado veniva, poi, confermata dalla Corte di Appello, la quale peraltro disattendeva la tesi della Società volta a dimostrare la natura di “atto di licenziamento” della lettera di disdetta del contratto a tempo determinato. Invero, la strategia processuale seguita dalla Società consisteva nel dimostrare l’asserita natura a tempo indeterminato del primo contratto di lavoro, cui sarebbe conseguita, a fronte della nullità del secondo contratto a tempo determinato e dell’illegittimità della lettera di disdetta/licenziamento per inesistenza della giusta causa o del giustificato motivo, soltanto la tutela indennitaria ex art. 8 della legge n. 604 del 1966, atteso l’esiguo numero di dipendenti in forza.
La Società impugnava la sentenza di secondo grado deducendo con il primo ed il secondo motivo di ricorso per cassazione, rispettivamente, l’erroneità ed insanabilità della procura alle liti per indeterminatezza del domicilio eletto ed il mancato accertamento della natura di atto di licenziamento della lettera di disdetta. Quale terzo motivo di ricorso, la Società deduceva l’eccessività del risarcimento del danno, in quanto nel giudizio de quo, in virtù dell’entrata in vigore dello ius superveniens di cui al comma 7 dell’art. 32 cit., avrebbe dovuto trovare applicazione il range risarcitorio compreso tra 2,5 e 12 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto.
I Giudici di legittimità, da un lato, rigettavano i primi due motivi di ricorso della Società, rilevando che il domicilio eletto era quello correttamente indicato, in Roma, nell’epigrafe dell’atto e che la lettera con cui il datore di lavoro aveva comunicato la disdetta del contratto a tempo determinato mai avrebbe potuto costituire una fattispecie di recesso, configurandosi al più come atto ricognitivo. D’altro lato, accoglievano il terzo motivo di ricorso statuendo che lo ius superveniens, per trovare applicazione, deve introdurre, con efficacia retroattiva, una nuova disciplina del rapporto controverso, in qualche modo attinente alle questioni oggetto di censura nel ricorso e che, con riferimento a quest’ultimo punto, tale pertinenza era pienamente riscontrata.
Si precisa che, in quella stessa sede, la Suprema Corte, dando continuità ad un proprio precedente (cfr. Cass. civ., sez. lavoro, sent. 22 ottobre 2015, n. 21521), ha nuovamente escluso l’applicabilità, ai giudizi pendenti, della disciplina sanzionatoria prevista dall’art. 28, comma 2, del d.lgs. n. 81 del 2015 ed entrata in vigore in data 25 giugno 2015. Ai sensi di quest’ultima norma, il computo dell’indennità risarcitoria omnicomprensiva deve essere effettuato tra le 2,5 e le 12 mensilità dell’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto.
L’esclusione è conseguenza della mancata previsione di un’espressa deroga al principio di irretroattività della legge ex art. 11 delle Disposizioni preliminari al Codice Civile, a mente del quale una nuova norma non può essere applicata, oltre che ai rapporti giuridici esauritisi prima della sua entrata in vigore, anche a quelli sorti anteriormente ed ancora pendenti, qualora rischi di disconoscere gli effetti già verificatisi o si privino di efficacia, in tutto o in parte, quelli ancora da verificarsi.
Avv. Fabrizio Daverio
Testo Integrale