Persone e Misure di Protezione
Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 15645 - pubb. 27/07/2016
Incostituzionale la cd legge antibadanti
Corte Costituzionale, 14 Luglio 2016, n. 174. Est. Sciarra.
Previdenza – Pensione di reversibilità – Matrimonio con il dante causa contratto ad età del medesimo superiore a settanta anni e differenza di età tra i coniugi superiore a venti anni – Riduzione dell’aliquota – Incostituzionalità – Sussiste
Pensione di reversibilità – Funzione
E’ costituzionalmente illegittimo l’art. 18, comma 5, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98 (Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 15 luglio 2011, n. 111. La ratio della misura restrittiva risiede nella presunzione che i matrimoni contratti da chi abbia più di settant’anni con una persona di vent’anni più giovane traggano origine dall’intento di frodare le ragioni dell’erario, quando non vi siano figli minori, studenti o inabili. Si tratta di una presunzione di frode alla legge, connotata in termini assoluti, che preclude ogni prova contraria. La sua ampia valenza lascia trasparire l’intrinseca irragionevolezza della disposizione impugnata. Pur di accentuare la repressione di illeciti, già sanzionati dall’ordinamento con previsioni mirate, si enfatizza la patologia del fenomeno, partendo dal presupposto di una genesi immancabilmente fraudolenta del matrimonio tardivo. Nell’attribuire rilievo all’età del coniuge titolare di trattamento pensionistico diretto al momento del matrimonio e alla differenza di età tra i coniugi, la disposizione in esame introduce una regolamentazione irragionevole, incoerente con il fondamento solidaristico della pensione di reversibilità, che ne determina la finalità previdenziale, presidiata dagli artt. 36 e 38 Cost. e ancorata dal legislatore a presupposti rigorosi. Una tale irragionevolezza diviene ancora più marcata, se si tiene conto dell’ormai riscontrato allungamento dell’aspettativa di vita. Il vulnus ai diritti previdenziali del coniuge superstite appare ancor più evidente in una normativa che subordina tali diritti alla circostanza, del tutto accidentale ed eccentrica rispetto alla primaria finalità di protezione del coniuge, che vi siano figli minori, studenti o inabili all’epoca del sorgere del diritto del coniuge. Per i figli, peraltro, la disciplina delle pensioni di reversibilità appresta una tutela autonoma, che interagisce con la normativa indirizzata ai coniugi ai limitati effetti della già citata disciplina del “cumulo”. Questo dato serve a confermare l’equilibrato intento solidaristico che ha, già da qualche tempo, ispirato il legislatore. Dalle considerazioni svolte, discende la fondatezza della questione di legittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 3, 36 e 38 Cost. (Redazione IL CASO.it) (riproduzione riservata)
L’ordinamento configura la pensione di reversibilità come «una forma di tutela previdenziale ed uno strumento necessario per il perseguimento dell’interesse della collettività alla liberazione di ogni cittadino dal bisogno ed alla garanzia di quelle minime condizioni economiche e sociali che consentono l’effettivo godimento dei diritti civili e politici (art. 3, secondo comma, della Costituzione) con una riserva, costituzionalmente riconosciuta, a favore del lavoratore, di un trattamento preferenziale (art. 38, secondo comma, della Costituzione) rispetto alla generalità dei cittadini (art. 38, primo comma, della Costituzione)». In virtù di tale connotazione previdenziale, il trattamento di reversibilità si colloca nell’alveo degli artt. 36, primo comma, e 38, secondo comma, della Carta fondamentale, che prescrivono l’adeguatezza della pensione quale retribuzione differita e l’idoneità della stessa a garantire un’esistenza libera e dignitosa. Nella pensione di reversibilità erogata al coniuge superstite, la finalità previdenziale si raccorda a un peculiare fondamento solidaristico. Tale prestazione, difatti, mira a tutelare la continuità del sostentamento e a prevenire lo stato di bisogno che può derivare dalla morte del coniuge. Il perdurare del vincolo di solidarietà coniugale, che proietta la sua forza cogente anche nel tempo successivo alla morte, assume queste precise caratteristiche, avallate da plurimi princìpi costituzionali. In un àmbito che interseca scelte eminentemente personali e libertà intangibili, i princìpi di eguaglianza e ragionevolezza rivestono un ruolo cruciale nell’orientare l’intervento del legislatore. Quest’ultimo, vincolato a garantire un’adeguata tutela previdenziale, per un verso non deve interferire con le determinazioni dei singoli che, anche in età avanzata, ricercano una piena realizzazione della propria sfera affettiva e, per altro verso, è chiamato a realizzare un equilibrato contemperamento di molteplici fattori rilevanti, allo scopo di garantire l’assetto del sistema previdenziale globalmente inteso. (Redazione IL CASO.it) (riproduzione riservata)
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