Diritto del Lavoro
Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 1448 - pubb. 08/12/2008
Attività sportiva dilettantistica e discriminazione dello straniero
Tribunale Trento, 27 Ottobre 2008. Est. Dino Erlicher.
Attività sportiva dilettantistica – Remunerazione dell’atleta – Rapporto di lavoro sportivo – Sussistenza.
Attività sportiva – Divieto di tesseramento degli atleti stranieri under 23 – Violazione di libertà di attività economica – Discriminazione – Sussistenza.
Anche nell’ambito delle discipline sportive qualificate come dilettantistiche è configurabile un rapporto di lavoro sportivo quando l’attività dell’atleta sia remunerata e le somme allo stesso erogate non siano semplici rimborsi spese. (Franco Benassi) (riproduzione riservata)
Il divieto di tesseramento previsto dalla delibera FIPAV per gli atleti stranieri under 23 viola una libertà fondamentale in campo economico quale è quella di esercitare una attività lavorativa in condizioni di parità ed avendo tale divieto portata discriminatoria, alla fattispecie sarà applicabile l’azione contro la discriminazione di cui all’art. 44 del d. lgs. 286/98. (Franco Benassi) (riproduzione riservata)
omissis
TRIBUNALE DI TRENTO
Il Tribunale in composizione monocratica in persona del dott. Dino Erlicher ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
Sul ricorso presentato da T. S. rappresentato e difeso dagli avv.ti *
contro
F.I.P.A.V. Federazione Italiana Pallavolo in persona del presidente in carica rappresentata e difesa in giudizio *.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Il ricorrente nato il *, cittadino bulgaro , precisando di svolgere in modo continuativo l’attività di giocatore di pallavolo, ha dedotto che con scrittura privata dd. 9.1.2008 era stato stipulato un accordo fra di lui e le società sportive M. (Bulgaria) e X Volley spa avente ad oggetto il passaggio dell’atleta al club X per partecipare alle tre stagioni sportive 2008-09, 2009-10 e 2010-11.
Lamentava peraltro che la richiesta di tesseramento inoltrata il 31.07.2008 alla F.I.P.A.V. Federazione Italiana Pallavolo era stata respinta con richiamo al divieto di tesseramento degli atleti stranieri under 23 introdotto con delibera del Consiglio Federale dd. 9.2.2008; il provvedimento della Federazione impediva la partecipazione del giocatore alle competizioni nazionali e internazionali nelle file del sodalizio di Trento.
Rilevando che la richiamata disposizione federale limitativa del tesseramento degli stranieri si poneva in contrasto con le norme comunitarie e con quelle statali, essendo ingiustamente discriminatoria alla luce della previsione dell’art. 43 del d. lgs. 286/98, il ricorrente invocava la tutela accordata dall’art. 44 dello stesso d. lgs. chiedendo che fosse ordinato alla FIPAV di provvedere al suo immediato tesseramento con la società X Volley.
Costituendosi in giudizio la FIPAV Federazione Italiana Pallavolo eccepiva il difetto di giurisdizione dell’autorità giudiziaria ordinaria assumendo che la controversia, attenendo al rapporto associativo, ricadeva nella cognizione del giudice amministrativo. Sempre in via pregiudiziale rilevava che in forza della clausola compromissoria di cui all’art. 58 dello statuto federale non poteva essere adita la giustizia ordinaria essendo prevista una incondizionata deroga in favore della giurisdizione sportiva.
Nel merito contestava l’esistenza dei presupposti per il provvedimento cautelare rilevando che:
il ricorrente era privo di legittimazione posto che il tesseramento poteva essere richiesto solo dalla società X Volley;
non era stata seguita la procedura prevista per il tesseramento ed era stato omesso il versamento della quota fissata;
doveva escludersi qualsiasi portata discriminatoria negli atti e comportamenti della FIPAV considerato che l’attività sportiva della pallavolo era espressamente qualificata dilettantistica e che pertanto non veniva in rilievo un diritto tutelato dall’art. 43 del d. lgs. 286/98;
mancava il periculum in mora atteso che da tempo era noto alle società affiliate FIPAV il divieto di tesseramento per gli atleti stranieri under 23.
All’udienza del giorno 16 ottobre 2008 le parti discutevano il ricorso e il giudice si riservava di decidere assegnando un termine per note illustrative.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Sono prive di fondamento le eccezioni pregiudiziali sollevate dalla FIPAV.
Il ricorrente ha espressamente agito ai sensi degli artt. 43 e 44 del d. lgs. 286/98 a tutela del suo diritto a non essere discriminato nell’esercizio della attività sportiva in Italia lamentando la violazione della sua posizione giuridica per effetto del diniego di tesseramento motivato dalla delibera federale che impedisce il tesseramento degli atleti stranieri di età inferiore a 23 anni.
Non v’è dubbio che il rimedio accordato costituisce una speciale azione civile, esperibile anche personalmente dal soggetto interessato, per la quale sussiste la giurisdizione del giudice ordinario anche se il comportamento discriminatorio derivi dall’applicazione di un atto amministrativo, stante l’univoca previsione normativa e atteso che vengono in rilievo i diritti fondamentali della persona.
Va parimenti esclusa l’operatività della clausola compromissoria (“vincolo di giustizia”) prevista dall’art. 20 dello statuto federale FIPAV che impegna gli affiliati e i tesserati ad adire gli organi di giustizia dell’ordinamento sportivo per la soluzione delle controversie. E’ agevole rilevare in primo luogo che il ricorrente, non essendo ancora tesserato presso la Federazione Italiana Pallavolo, non rientra fra i soggetti tenuti ad agire in ambito giurisdizionale sportivo secondo la richiamata clausola statutaria. Si deve poi ritenere che la natura del diritto alla non discriminazione sia in ogni caso ostativa alla preventiva rinuncia alla tutela davanti al giudice ordinario. Non è infatti possibile che l’ordinamento sportivo deroghi alla tutela giurisdizionale ordinaria trattandosi di posizione giuridica di rilievo costituzionale e che è espressione di principi fondamentali di ordine pubblico internazionale.
Contrariamente a quanto sostenuto dalla FIPAV sussiste la legittimazione del ricorrente ad agire a tutela del proprio diritto al pari trattamento nell’esercizio dell’attività sportiva remunerata in Italia. Assolutamente priva di rilievo è la circostanza che la domanda di tesseramento alla FIPAV non accolta, che è all’origine dell’atto discriminatorio denunciato, sia stata presentata dalla società X Volley perché ciò è avvenuto, con l’assenso dell’atleta, nel rispetto della procedura federale. Resta indiscutibile il fatto che, venendo in discussione la lesione di diritti della persona, è solo quest’ultima che può esercitare la tutela accordata dall’ordinamento.
Quanto alle contestazioni di carattere formale relative alla domanda di tesseramento si osserva che si tratta di questioni ininfluenti nel presente giudizio essendo inidonee ad impedire l’azione proposta.
Nel merito il ricorso è fondato e va dunque accolto.
L’art. 43 del d. lgs. 286/98 definisce il concetto di discriminazione comprendendovi, fra l’altro, ogni comportamento che direttamente o indirettamente comporti una distinzione, esclusione, restrizione o preferenza basata sulla origine nazionale o etnica e che produca l’effetto di impedire o compromettere il riconoscimento, il godimento o l’esercizio, in condizioni di parità, dei diritti umani e delle libertà fondamentali in campo economico. La disposizione in esame, come quella dell’art. 44, si applica anche agli atti discriminatori compiuti nei confronti di cittadini di altri Stati membri dell’Unione Europea (quale è la Bulgaria).
Delineato in tal modo il quadro normativo, occorre verificare se il diniego di tesseramento FIPAV del ricorrente giustificato dalla delibera federale che impedisce alle società partecipanti ai campionati di serie A maschile di tesserare atleti stranieri under 23 costituisca atto discriminatorio vietato dalle disposizioni richiamate.
Si evince dalla documentazione allegata al ricorso che la società X Volley ha acquistato dal club bulgaro di appartenenza di T. S. i diritti sportivi relativi all’atleta per il quale è previsto un compenso; l’accordo stipulato dalle due società sportive e sottoscritto per adesione dal ricorrente fa riferimento ad una separata convenzione intercorsa fra la società trentina e l’atleta avente ad oggetto la determinazione del compenso e dei premi.
Ciò posto e considerato che la X Volley spa milita nel campionato italiano di serie A di pallavolo e quindi ai massimi livelli, in ambito nazionale, in detta disciplina sportiva deve ragionevolmente ritenersi che il ricorrente venga remunerato per la sua attività alla stregua di un giocatore professionista. Del resto S., che ha affermato (senza contestazioni della resistente) di svolgere in via continuativa attività di pallavolista, risulta essersi trasferito in Italia unicamente per prestare attività sportiva con la X Volley in adempimento degli impegni contrattualmente assunti.
Ne discende che il mancato tesseramento del ricorrente, ostativo all’esercizio dell’attività sportiva remunerata, costituisce un atto discriminatorio perché dettato esclusivamente dalla sua nazionalità straniera.
E’ priva di fondamento, ad avviso di questo giudicante, l’obiezione della resistente secondo cui essendo la pallavolo un’attività sportiva dilettantistica non potrebbe configurarsi un rapporto di lavoro con la conseguente inoperatività delle disposizioni anti discriminatorie che non tutelano il diritto alla pratica sportiva tout court. Tale soluzione, che attribuisce una valenza dirimente alla qualificazione dell’attività (professionistica o dilettantistica) dei propri tesserati da parte delle singole federazioni sportive, non è condivisibile e si scontra con l’orientamento formatosi nella giurisprudenza della Corte di Giustizia CE. Dopo avere affermato che l’attività sportiva è disciplinata dal diritto comunitario in quanto sia configurabile come attività economica (v. Corte Giustizia sentenza 15.12.1995 Bosman ) i giudici comunitari hanno enunciato il principio che la sola qualificazione di una disciplina sportiva come dilettantistica da parte delle federazioni nazionali non è idonea ad escludere che gli atleti tesserati svolgano in concreto un’attività economica quando percepiscono per le loro prestazioni un corrispettivo, anche se di entità modesta, che non sia limitato al semplice rimborso delle spese (v. sentenze Corte di Giustizia CE dd. 11.4.200 Deliege e dd. 13.4.200 Lehtonen).
Stante la prevalenza del diritto comunitario sugli ordinamenti nazionali in materia di attività economiche, fra le quali rientrano le prestazioni di lavoro subordinato e le prestazioni di servizi remunerate, deve concludersi che sia configurabile un rapporto di lavoro sportivo quando, come nel caso in esame, l’attività dell’atleta sia remunerata anche in quelle discipline formalmente qualificate dilettantistiche.
La conseguenza è che il divieto di tesseramento previsto per gli atleti stranieri under 23 viola una libertà fondamentale in campo economico qual è quella di esercitare un’attività lavorativa in condizioni di parità e pertanto il diniego opposto dalla FIPAV ha portata discriminatoria.
Quanto al periculum in mora, pare sufficiente rilevare che il ricorrente ha l’esigenza di partecipare immediatamente all’attività sportiva (fra cui il campionato nazionale di serie A da poco iniziato) della X Volley sia per adempiere agli obblighi contrattuali sia per mantenere la preparazione atletica e di gara.
Essendo applicabili all’azione civile ex art. 44 del d. lgs. 286/98 le norme sul procedimento cautelare uniforme che prevedono come facoltativo il giudizio di merito ai sensi dell’art. 669 octies cpc (v. Cass. S.U. 6172/2008) non si danno disposizioni per la prosecuzione del giudizio.
La particolarità delle questioni esaminate giustifica ampiamente l’integrale compensazione delle spese.
P.Q.M.
In accoglimento del ricorso ordina alla FIPAV Federazione Italiana Pallavolo di provvedere all’immediato tesseramento di T. S. con la X Volley spa. Spese compensate. Si comunichi.
Trento, 27 ottobre 2008
Il Giudice dott. Dino Erlicher
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