Diritto della Famiglia e dei Minori


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 13782 - pubb. 04/12/2015

La madre che ha scelto l’anonimato non può essere dichiarata tale con l’azione ex art. 269 c.c.

Tribunale Milano, 14 Ottobre 2015. Est. Anna Cattaneo.


Diritto all’oblio della partoriente – Diritto della figlia a conoscere le proprie origini – Azione ex art. 269 c.c. – Infondatezza – Sussiste



Non è ammissibile la dichiarazione giudiziale di maternità nei confronti di una donna che al momento del parto ha dichiarato di non voler essere nominata, poiché altrimenti verrebbe frustrata la ratio della intera disciplina, ravvisabile non solo nell’esigenza di salvaguardare la famiglia legittima e l’onore della madre, ma anche di impedire che onde evitare nascite indesiderate, si faccia ricorso ad alterazioni di stato o a soluzioni ben più gravi quali aborti o infanticidi. Questa conclusione non muta alla luce dei recenti interventi delle Alte Corti poiché tanto nella pronuncia Godelli della Corte Europea, quanto nella sentenza n. 278/2013 della Corte Costituzionale, gli organi giudicanti, confermando la perdurante validità del fondamento costituzionale del diritto all’oblio della partoriente hanno censurato la “cristallizzazione” e l’”immobilizzazione” del diritto della madre, ed il fatto che non siano presenti strumenti che consentano di indagare la perdurante attualità dalla scelta della madre trascorsi numerosi anni dalla sua espressione. In particolare, la Corte Costituzionale ha individuato il punto di equilibrio tra i contrapposti interessi, in conformità alla Corte di Strasburgo, nella reversibilità dell’anonimato e soprattutto nel riconoscimento in favore dell’adottato del potere di dare impulso ad una procedura che, pur con le dovute cautele, consenta di verificare se persiste ancora la volontà di mantenere l’anonimato, ovvero se la donna, anche valutando il desiderio del figlio di conoscere le proprie origini, non muti la propria volontà al riguardo. Tuttavia, le Corti menzionate sono risultate assolutamente ferme nel ritenere che la volontà della madre di rimanere anonima, allorché non vi sia espressione di un diverso avviso da parte della stessa, sia degna di tutela e debba prevalere sull’interesse del figlio a conoscere le proprie origini e la propria identità biologica. (Redazione IL CASO.it) (riproduzione riservata)


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