Persone e Misure di Protezione


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 16636 - pubb. 01/02/2017

Protezione internazionale: grave la situazione del Mali. No ai rimpatri

Tribunale Salerno, 19 Gennaio 2017. Est. Tringali.


Protezione internazionale – Status di rifugiato – Presupposti (nel caso di specie richiedente proveniente dal Nord del Mali) – Reclutamento di ragazzi per l’arruolamento forzoso, da parte di gruppi guerriglieri

Protezione internazionale – Status di beneficiario della protezione sussidiaria – Presupposti (nel caso di specie richiedente proveniente dal Mali)



Lo status di rifugiato può essere riconosciuto allo straniero che abbia un ragionevole timore di poter essere, in caso di rimpatrio, vittima di persecuzione (art. 1, Conv. Ginevra, 28 luglio 1951; v. l. 24 luglio 1954 n. 722); in particolare, la condizione di «rifugiato» può essere accordata al cittadino di un paese terzo il quale, per il timore fondato di essere perseguitato per motivi di razza, religione, nazionalità, opinione politica o appartenenza a un determinato gruppo sociale, si trova fuori dal paese di cui ha la cittadinanza e non può o, a causa di tale timore, non vuole avvalersi della protezione di detto paese (art. 2, lett. d, Dir. 2011/95/UE; v. d.lgs 21 febbraio 2014 n. 8); nell’esegesi dei testi, primaria importanza assume la Convenzione di Ginevra del 28 luglio 1951. (Nel caso di specie, il Tribunale ha riconosciuto lo status di rifugiato a un richiedente cittadino del Mali, nato a Dalama, il quale era stato ridotto in prigionia da un gruppo di guerriglieri jihadisti che lo aveva trattenuto contro la sua volontà, al fine di addestrarlo contro l’esercito del Mali; il richiedente era però riuscito a fuggire – dopo circa quattro mesi - arrivando, alla fine, in Italia). (Redazione IL CASO.it) (riproduzione riservata)

Il cittadino di un paese terzo o apolide può essere riconosciuto «persona avente titolo a beneficiare della protezione sussidiaria» là dove non goda dei requisiti per essere riconosciuto come rifugiato ma nei cui confronti sussistano fondati motivi di ritenere che, se ritornasse nel paese di origine, o, nel caso di un apolide, se ritornasse nel paese nel quale aveva precedentemente la dimora abituale, correrebbe un rischio effettivo di subire un grave danno e il quale non può o, a causa di tale rischio, non vuole avvalersi della protezione di detto paese (Art. 2, lett. f, Dir. 2011/95/UE). Sono considerati “danni gravi”: a) la condanna a morte o all'esecuzione della pena di morte; b) la tortura o altra forma di pena o trattamento inumano o degradante ai danni del richiedente nel suo Paese di origine; c) la minaccia grave e individuale alla vita o alla persona di un civile derivante dalla violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale. Il requisito della individualità della minaccia deve essere inteso alla luce delle direttive interpretative enunciate dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia dell'Unione Europea, secondo cui l'esistenza di una minaccia grave e individuale alla vita o alla persona del richiedente la protezione sussidiaria non è subordinata alla condizione che quest'ultimo fornisca la prova che egli è interessato in modo specifico a motivo di elementi peculiari della sua situazione personale e l'esistenza di una siffatta minaccia può essere considerata, in via eccezionale, provata qualora il grado di violenza indiscriminata che caratterizza il conflitto armato in corso, valutato dalle autorità nazionali competenti impegnate con una domanda di protezione sussidiaria o dai giudici di uno Stato membro ai quali viene deferita una decisione di rigetto di una tale domanda, raggiunga un livello così elevato che sussistono fondati motivi di ritenere che un civile rientrato nel paese in questione o, se del caso, nella regione in questione correrebbe, per la sua sola presenta sul territorio di questi ultimi, un rischio effettivo di subire detta minaccia (Corte Giust. UE, sentenza 17 febbraio 2009 nel procedimento C-465/07, Elgafaji); in questi sensi, anche la giurisprudenza interna (Cass. civ., sez. VI-1, 30 luglio 2015 n. 16202). (Redazione IL CASO.it) (riproduzione riservata)


Segnalazione dell'Avv. Giovanni De Paola


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