Persone e Misure di Protezione
Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 9111 - pubb. 13/06/2013
Solo il PM può promuovere il procedimento per la verifica dello stato di abbandono di un minore
Corte Costituzionale, 07 Giugno 2013, n. 136. Est. Grossi.
Abbandono di Minori – Possibilità per il giudice di attivare ex officio il procedimento, in luogo del Pubblico Ministero – L. 184/1983 – Esclusione – Illegittimità costituzionale – Esclusione (Legge 184/1983).
Nel configurare in capo al pubblico ministero il munus di presentare il ricorso di cui all’art. 9, comma 2, della citata legge n. 184 del 1983, il legislatore ha coerentemente designato lo stesso organo come quello che diviene ex lege destinatario di tutte le informative provenienti da soggetti privati o pubblici e concernenti situazioni di abbandono di minori di età, rendendo, dunque, sistematicamente eccentrica l’ipotesi, coltivata dal Tribunale rimettente, di un procedimento attivato ex officio da un organo giurisdizionale, il quale, solo occasionalmente ed incidentalmente, possa essere venuto a “conoscenza” della situazione di minori che versino in una condizione di abbandono (profili, quelli accennati, non sfuggiti, del resto, allo stesso giudice rimettente, quando – in riferimento al principio della terzietà del giudicante – ha auspicato l’introduzione, in via consequenziale, di uno specifico meccanismo di incompatibilità). Pertanto, l’intervento richiesto assume i connotati di una “novità di sistema” non costituzionalmente imposta e colloca il quesito proposto – come riconosciuto dalla costante giurisprudenza di questa Corte – «al di fuori dell’area del sindacato di legittimità costituzionale, per rimetterlo alle eventuali e future soluzioni di riforma, affidate in via esclusiva alle scelte del legislatore» (sentenza n. 252 del 2012, nonché, ex plurimis, sentenza n. 274 del 2011). Infine, la stessa grave situazione denunciata dal giudice rimettente, anziché essere diretta conseguenza della disposizione sospettata di illegittimità costituzionale, si rivela piuttosto come una patologia di mero fatto, derivante dalla (in ipotesi, colpevole) inerzia del pubblico ministero nel promuovere il procedimento, rimuovibile attraverso i meccanismi ordinamentali inerenti alla organizzazione del relativo ufficio, senza che ciò possa implicare alcun vizio “intrinseco” della disposizione censurata e restando comunque impregiudicato il profilo relativo alla sua applicabilità nel giudizio principale. (Redazione IL CASO.it) (riproduzione riservata)
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