Diritto Societario e Registro Imprese
Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 6439 - pubb. 01/08/2010
Cessazione non pubblicizzata ed estensione del fallimento al socio
Cassazione civile, sez. III, 08 Settembre 2006, n. 19304. Est. Vivaldi.
Fallimento ed altre procedure concorsuali - Fallimento - Apertura (dichiarazione) di fallimento - Imprese soggette - Società - Socio di società di persone - Estensione del fallimento - Recesso del socio prima del fallimento - Omessa pubblicità - Conseguenze.
La cessazione per qualsiasi causa dell'appartenenza alla compagine sociale del socio di società di persone, cui non sia stata data pubblicità, ai sensi dell'art. 2290 cod. civ., non è opponibile ai terzi, poiché essa non produce i suoi effetti al di fuori dell'ambito societario; conseguentemente, la cessazione non pubblicizzata non è idonea ad escludere l'estensione del fallimento del socio pronunciata ai sensi dell'art. 147 legge fall., nè assume rilievo il fatto che il recesso sia avvenuto oltre un anno prima della sentenza dichiarativa di fallimento, posto che il rapporto societario, per quanto concerne i terzi, a quel momento è ancora in atto. (massima ufficiale)
Massimario Ragionato
- ∙
Socio illimitatamente responsabile
Fallimento del socio illimitatamente responsabile - ∙ Fallimento del socio illimitatamente responsabile e dies ad quem del termine di cui all'art. 10 legge fallimentare
- ∙ Scioglimento del rapporto sociale, cessione della partecipazione
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VARRONE Michele - Presidente -
Dott. MAZZA Fabio - Consigliere -
Dott. PETTI Giovanni Battista - Consigliere -
Dott. FINOCCHIARO Mario - Consigliere -
Dott. VIVALDI Roberta - rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
CAPITALIA SPA, (già Banca di Roma s.p.a.); in persona del Dott. D'Agostino Emilio, direttore della filiale di Salerno 1, e sig. Cerenza Antonio, elettivamente domiciliata in ROMA VIA CIPRO 46, presso lo studio dell'avvocato GIOVANNI NOSCHESE, difesa dall'avvocato NAPOLI MAURIZIO, giusta delega in atti;
- ricorrente -
contro
CURATELA FALL LITOGRAF DI SCHIAVO ANNA, COND PAL ARBUSTELLO ACROPOLI;
- intimati -
avverso la sentenza n. 5/02 del Tribunale di VALLO DELLA LUCANIA, emessa il 29/12/2001, depositata il 08/01/02; RG. 557/2001;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 04/07/06 dal Consigliere Dott. Roberta VIVALDI;
udito l'Avvocato CLAUDIO IOVANE (per delega Avv. Maurizio Napoli);
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SCARDACCIONE Eduardo Vittorio che ha concluso per il rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso regolarmente depositato la Banca di Roma s.p.a. proponeva opposizione avverso l'ordinanza in data 1.2.2002 con la quale il Giudice dell'esecuzione di Vallo della Lucania aveva dichiarato l'improcedibilità della procedura esecutiva immobiliare promossa nei confronti di Anna Danielsson, per l'intervenuto fallimento della debitrice esecutata, dichiarato con sentenza del tribunale di Vallo della Lucania in data 26.1.1999.
Esponeva di essere creditrice ipotecaria di Anna Danielsson e che la stessa, con atto notarile in data 1.6.1989, aveva trasferito la proprietà dell'immobile ipotecato in favore della società Polgraf di Anna Danielsson & C. s.n.c., società che, successivamente, mutava la propria denominazione in Litograf s.n.c. di Schiavo Anna & C. Rilevava di non vantare alcun diritto di credito nei confronti della società fallita; che, pertanto, nella fattispecie concreta, era inapplicabile la L. Fall., art. 51; che il curatore del fallimento, anziché richiedere l'illegittima improcedibilità, avrebbe dovuto proseguire l'espropriazione immobiliare pendente, partecipando alla distribuzione delle somma ricavate in quella sede.
11 tribunale di Vallo della Lucania, in composizione monocratica, con sentenza in data 3.1.2002, rigettava l'opposizione, confermando la decisione del giudice dell'esecuzione secondo cui, rilevata la volontà manifestata dal curatore con la richiesta di improcedibilità, il G.E. era vincolato nella sua decisione. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per Cassazione ai sensi dell'art. 111 Cost. Capitalia s.p.a. (già Banca di Roma) affidandosi ad unico articolato motivo.
Gli intimati non hanno svolto attività difensiva.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con unico articolato motivo Capitalia s.p.a. denuncia la "Violazione e falsa applicazione della L. Fall., artt. 51 e 207 in relazione agli artt. 555 e ss. c.p.c.".
Rileva che erroneamente il giudice del merito ha ritenuto, nel caso di specie, l'applicabilità della L. Fall., art. 51 secondo cui "Salvo diversa disposizione della legge dal giorno della dichiarazione di fallimento nessuna azione individuale esecutiva può essere iniziata o proseguita sui beni compresi nel fallimento", poiché la Banca di Roma s.p.a. non era creditrice del fallimento, bensì "aveva come proprio debitore principale la signora Danielsson, la quale aveva sottoscritto il contratto di mutuo anche quale avallante assieme ad altro soggetto".
Proprio in forza dello stesso mutuo, inoltre, la debitrice aveva concesso ipoteca volontaria a favore della banca, la quale, pertanto, con tale atto, aveva acquistato il diritto di sequela dello stesso mezzo di garanzia.
La Banca di Roma, con l'atto di pignoramento originario, aveva aggredito la Litograf in bonis perché aveva acquistato dalla Danielsson il bene immobile già gravato dall'ipoteca. L'azione esecutiva "era stata iniziata nei confronti della Litograf non tanto per essere la stessa debitrice della Banca, ma soltanto perché la società era terza proprietaria del bene già gravato da ipoteca.
Il disposto della L. Fall., art. 51 non era, pertanto, applicabile alla fattispecie concreta ed al curatore non poteva essere concessa la facoltà prevista dalla L. Fall., art. 107.
Il ricorso non è fondato.
Dalla lettura del ricorso che, pur dando atto dell'allegazione dell'originario contratto di mutuo concluso fra la Danielsson e la Banca di Roma, non ne riproduce il contenuto in ricorso - ragione già questa di per sè sufficiente per concludere per
l'inammissibilità dello stesso per la violazione del principio di autosufficienza del ricorso per Cassazione - si desumono una serie di dati.
a) Il mutuo era stato concesso dall'attuale ricorrente, (già Banco di Santo Spirito s.p.a.) alla sig.ra Anna Danielsson, titolare dell'omonima impresa, per essere destinato all'acquisto di locali da adibire all'esercizio artigiano dell'impresa stessa. b) Gli immobili, acquistati con l'utilizzo delle somme messe a disposizione dalla Banca, erano stati trasferiti alla Polgraf di Anna Danielsson & C. s.n.c..
c) Tale ultima società mutava quindi la propria denominazione in Litograf s.n.c. di Schiavo Anna & C..
Ora, la ricorrente sostiene di non essere creditrice della Litograf s.n.c, ma esclusivamente della Danielsson; ma, anche in questo caso, le conclusioni cui è pervenuto il giudice del merito sono esatte. Infatti, il fallimento delle società di persone, ai sensi della L. Fall., art. 147, comporta automaticamente anche il fallimento in proprio dei soci illimitatamente responsabili.
Nel caso di specie, quindi, il fallimento della Litograf s.n.c. di Schiavo Anna & C. ha comportato anche il fallimento dei soci illimitatamente responsabili tra i quali deve comprendersi anche Danielsson Anna.
Nessun elemento, infatti, esclude - ne' l'attuale ricorrente ha fornito sul punto prove in senso contrario - una partecipazione continuativa della Danielsson alle società sopra indicate, dapprima quale imprenditrice individuale, quindi come socia illimitatamente responsabile della Polgraf di Anna Danielsson & C. s.n.c., che, successivamente, cambiava esclusivamente la propria denominazione in Litograf s.n.c. di Schiavo Anna & C., senza mutamenti nella compagine societaria.
D'altra parte anche l'eventuale cessazione - per qualsiasi causa - dell'appartenenza alla compagine sociale del socio di società di persone - cui non sia stata data pubblicità, ai sensi dell'articolo 2290 c.c., comma 2, non produrrebbe effetti al di fuori dell'ambito societario.
Conseguentemente la cessazione non pubblicizzata non sarebbe idonea ad escludere l'estensione del fallimento pronunciata ai sensi della L. Fall., art. 147. (Cass. 16.6.2004 n. 11304).
Ne deriva che il fallimento dichiarato della società ha prodotto anche il fallimento personale della Danielsson con l'applicabilità, quindi della L. Fall., art. 51 che prevede che, salva diversa disposizione della legge (ciò che nel caso di specie non ricorre), dal giorno della dichiarazione di fallimento nessuna azione individuale esecutiva può essere iniziata o proseguita sui beni compresi nel fallimento.
Neppure, in questa sede, rileva che i fallimenti della società e dei soci illimitatamente responsabili, nonostante l'unicità della sentenza dichiarativa e degli organi delle procedure, costituiscano centri diversi di imputazione giuridica degli effetti di tale sentenza; ciò perché la L. Fall., artt. 147 e 148, stabiliscono una distinzione tra i patrimoni della società e dei soci, tra gli stati passivi e le masse riferibili alla prima ed ai secondi (Cass. 1.3.2005 n. 4284).
Il quesito da sciogliere in questa sede, infatti, è quello della legittimità dell'azione esecutiva individuale nella ipotesi in cui il curatore del fallimento, ai sensi dell'art. 107 c.p.c., abbia indicato la volontà di non proseguire l'espropriazione immobiliare pendente, optando per la sede concorsuale; scelta pienamente praticabile per le ragioni più sopra esposte.
Conclusivamente il ricorso va rigettato.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte di Cassazione, il 4 luglio 2006.
Depositato in Cancelleria il 8 settembre 2006