Diritto Societario e Registro Imprese


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 6435 - pubb. 01/08/2010

.

Cassazione civile, sez. II, 11 Maggio 2009, n. 10802. Est. Mazzacane.


Società - Di persone fisiche - Società semplice - Scioglimento del rapporto sociale limitatamente a un socio - Morte del socio - Società costituita da due soli soci - Morte di uno di essi - Eredi del socio defunto - Diritti - Portata - Limiti.



Anche nella società di persone composta da due soli soci, ove la morte di uno di essi determini il venir meno della pluralità dei soci, lo scioglimento del rapporto particolare del socio defunto si verifica alla data del suo decesso, mentre i suoi eredi acquistano contestualmente il diritto alla liquidazione della quota secondo i criteri fissati dall'art. 2289 cod. civ., vale a dire un diritto di credito ad una somma di denaro equivalente al valore della quota del socio defunto in base alla situazione patrimoniale della società nel giorno in cui si è verificato lo scioglimento. (massima ufficiale)


 


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ROVELLI Luigi Antonio - Presidente -
Dott. COLARUSSO Vincenzo - Consigliere -
Dott. SCHERILLO Giovanna - Consigliere -
Dott. MAZZACANE Vincenzo - rel. Consigliere -
Dott. PETITTI Stefano - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso 17077/2004 proposto da:
BERLUTI ANTONIO, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEL BANCO DI S SPIRITO 48, presso lo studio dell'avvocato D'OTTAVI Augusto, rappresentato e difeso dall'avvocato MASCIO ROBERTO;
- ricorrente -
contro
GODI MARIA, elettivamente domiciliata in ROMA, CORSO TRIESTE 87, presso lo studio dell'avvocato ANTONUCCI ARTURO, rappresentata e difesa dall'avvocato BORIONI RENZO;
- controricorrente -
e contro
SOLAZZI SERGIO;
- intimato -
avverso la sentenza n. 301/2004 della CORTE D'APPELLO di ANCONA, depositata il 24/04/2004;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 16/01/2009 dal Consigliere Dott. VINCENZO MAZZACANE;
udito l'Avvocato BORIONI Renzo, difensore del resistente che ha chiesto il rigetto del ricorso;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. GOLIA Aurelio, che ha concluso per il rigetto del ricorso. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione notificato il 23 - 24.9.1986 SOLAZZI Sergio ed Umberto SOLAZZI convenivano in giudizio dinanzi al Tribunale di Ancona Maria Godi ed Antonio Berluti chiedendo dichiararsi lo scioglimento della comunione ereditaria sui beni del defunto zio Pasquale Solazzi il cui asse ereditario era costituito sostanzialmente da un appartamento sito in Senigallia, via Venezia 69, e da un immobile ad uso commerciale ubicato nella medesima città, corso 2 Giugno 66.
Con separato atto gli attori proponevano un ricorso ex art. 700 c.p.c., deducendo che lo zio deceduto, al momento della morte, conduceva un'attività commerciale in società di fatto con il fratello Giancarlo che, alla morte di Pasquale, era divenuto titolare di una quota complessiva di 4/6 dell'azienda lasciata poi in successione, con testamento olografo, alla moglie Maria Godi;
costei aveva continuato a gestire individualmente l'esercizio commerciale senza procedere ad alcuna liquidazione della quota e senza rendiconto, per cui gli istanti avevano chiesto l'emanazione dei provvedimenti volti ad assicurare il controllo della contabilità aziendale e ad ottenere la valutazione della loro quota. Dopo il rigetto del ricorso ex art. 700 c.p.c., il giudizio di merito veniva instaurato con atto di citazione notificato il 14.4.1987. La Godi nel costituirsi in entrambe le cause aderiva alla domanda di divisione, rilevando in particolare di provvedere al pagamento del canone di locazione relativo all'immobile adibito ad uso commerciale nella misura di 2/6 dell'importo concordato pari a L. 1.600.000, e chiedendo, in via riconvenzionale, di comprendere nella successione i mobili aziendali nonché i debiti gravanti sugli immobili per mutui ipotecari. Si costituiva in giudizio anche il Berluti chiedendo a sua volta la divisione degli immobili in natura e, in via subordinata, lo scioglimento della comunione con vendita all'incanto dei beni nonché il rimborso del valore locativo dell'immobile goduto in via esclusiva dall'altra convenuta.
Disposta la riunione dei procedimenti, con atto del 24.10.1990 il Berluti acquistava la quota di Umberto Solazzi sia
dell'appartamento sia dell'immobile adibito all'esercizio dell'attività commerciale nonché il credito inerente all'azienda e, con successivo atto del 16.6.1991, acquistava la quota di Solazzi Sergio del predetto appartamento nonché il credito relativo alla medesima azienda.
Con sentenza non definitiva del 26.4.2000 il Tribunale adito dichiarava ai sensi dell'art. 720 c.c., il diritto di Maria Godi all'assegnazione dell'immobile adibito ad uso commerciale ed il diritto di Antonio Berluti all'assegnazione dell'appartamento suddetto disponendo come da separata ordinanza per la rimessione della causa in istruttoria al fine di acquisire un aggiornamento della stima degli immobili nonché la determinazione del valore locativo dell'appartamento di via Venezia; condannava inoltre la Godi al pagamento in favore del Berluti, a titolo di liquidazione della quota di spettanza dell'azienda già gestita in società di fatto dai fratelli Pasquale e Giancarlo Solazzi, della somma di L. 40.000.000 maggiorata di interessi legali e della rivalutazione monetaria.
Con sentenza definitiva dell'11.9.2002 il Tribunale di Ancona attribuiva al Berluti l'appartamento predetto con addebito dell'importo di Euro 50.096,00, da corrispondere alla Godi, attribuiva a quest'ultima l'immobile destinato ad uso commerciale con addebito della somma di Euro 122.739,00, da versare al Berluti e dell'ulteriore somma di Euro 40.913,00, da versare a Solazzi Sergio; condannava inoltre il Berluti al pagamento di Euro 3.512,00, in favore della Godi a titolo di valore locativo "pro quota" per il godimento dell'immobile fino al giugno 1991 da parte di Sergio Solazzi che, a sua volta, veniva condannato insieme al Berluti alla rifusione a favore della Godi dell'importo di euro 3.396,00, il primo e di Euro 18.550,00, il secondo a titolo di rimborso per spese ereditarie.
Proposta impugnazione da parte del Berluti cui resistevano la Godi, che proponeva appello incidentale, e Solazzi Sergio, la Corte di Appello di Ancona con sentenza del 24.4.2004 ha disposto la correzione dell'errore materiale contenuto nella pronuncia gravata in relazione alla descrizione catastale dell'appartamento attribuito ad Antonio Berluti ed ha confermato nel resto la decisione di primo grado.
Per la cassazione di tale sentenza Antonio Berluti ha proposto un ricorso affidato a quattro motivi cui la Godi ha resistito con controricorso; Sergio Solazzi non ha svolto attività difensiva in questa sede; entrambe le parti hanno successivamente depositato delle memorie.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo il ricorrente, deducendo violazione dell'art. 2272 c.c., censura la sentenza impugnata per aver respinto il motivo di appello con il quale l'esponente aveva evidenziato che il Tribunale, nel calcolo delle quote da attribuire ai singoli coeredi, non aveva tenuto conto del fatto che la rata del mutuo ipotecario sull'immobile destinato ad uso commerciale scaduta il 30.3.1986 andava "stornata" in quanto ricompresa nel periodo semestrale in cui, ai sensi dell'art. 2272 c.c., è possibile ricostituire la pluralità dei soci per evitare lo scioglimento della società con la conseguenza della non operatività della normativa che presuppone già avvenuto lo scioglimento stesso, che potrà avere vigore soltanto a partire dal sesto mese.
Il Berluti sostiene che per costante giurisprudenza la morte di un socio di una società di persone non determina lo scioglimento della società ne' la formale liquidazione della stessa ancorché la società sia costituita da due soli soci, in quanto anche in tale ipotesi è applicabile la disciplina dello scioglimento del rapporto sociale limitatamente ad un socio, mentre lo scioglimento della società conseguirà solo se, entro il termine di sei mesi, la pluralità dei soci non venga ricostituita.
La censura è infondata.
La Corte territoriale ha affermato che nella società di persone la morte di un socio ha effetti immediati e determina la trasformazione "ope legis" della quota nel corrispondente importo pecuniario di cui diviene creditore l'erede e debitrice la società e che pertanto nella fattispecie, nella liquidazione della quota già di pertinenza di Pasquale Solazzi, si era fatto riferimento alla data del suo decesso (25.10.1985).
Orbene tale orientamento è del tutto conforme a quello sostenuto da questa Corte secondo cui anche nella società di persone composta da due soli soci, ove la morte di un socio determina il venir meno della pluralità dei soci, lo scioglimento del rapporto particolare del socio defunto si verifica alla data del suo decesso, mentre i suoi eredi acquistano contestualmente il diritto alla liquidazione della quota secondo i criteri fissati dall'art. 2289 c.c., ovvero un diritto di credito ad una somma di denaro che rappresenti il valore della quota del socio defunto in base alla situazione patrimoniale della società nel giorno in cui si è verificato lo scioglimento (Cass. 11.4.1995 n. 4169; Cass. 26.6.2000 n. 8670; Cass. 19.4.2001 n. 5809), come appunto affermato dalla sentenza impugnata. Con il secondo motivo il ricorrente, deducendo contraddittoria motivazione, assume che il giudice di appello, in ordine alla prospettata inadeguatezza del canone di locazione riguardante l'immobile commerciale, si è limitato a tener conto della sentenza non definitiva del Tribunale del 26.4.2000 che l'aveva individuato nell'importo complessivo di L. 1.600.000, non tenendo così conto che nella sentenza definitiva dell'11.9.2002 dello stesso Tribunale era stato dato atto che il Berluti, pur avendo dichiarato di accettare l'importo versato negli anni dalla Godi, si era espressamente riservato il diritto di chiedere in altra sede la determinazione del giusto valore locativo.
La censura è infondata.
È decisivo in proposito osservare che la Corte territoriale ha affermato che la sentenza non definitiva del Tribunale del 26.4.2000 aveva individuato il canone locativo dell'immobile destinato ad uso commerciale nell'importo complessivo di L. 1.600.000, non essendo lo stesso oggetto di contestazione tra le parti; ha poi aggiunto che questa statuizione, non essendo stata impugnata ne' essendo stata oggetto di riserva facoltativa di appello, era passata in giudicato. Orbene, poiché tale affermazione del giudice di appello non è stata censurata in questa sede, da ciò consegue l'infondatezza del motivo in esame.
Con il terzo motivo il ricorrente censura la sentenza impugnata per aver ritenuto nuova la domanda proposta nei confronti di Solazzi Sergio riguardante il pagamento alla Guidi del valore locativo "pro quota" dell'immobile di via Venezia, ed afferma che il giudice di primo grado aveva errato nell'attribuire al Berluti quello che era un debito personale del Solazzi.
La censura è infondata.
La Corte territoriale ha rilevato che la sopra enunciata domanda del Berluti nei confronti di Sergio Solazzi era stata formulata per la prima volta nel giudizio di appello non avendo l'appellante principale concluso nel giudizio di primo grado nei confronti del Solazzi pertanto si trattava di domanda nuova e quindi inammissibile ai sensi dell'art. 345 c.p.c..
Poiché tale statuizione non è stata impugnata con il motivo in esame, con il quale invero non si deduce che in realtà la domanda in questione era già stata proposta dinanzi al Tribunale di Ancona, da questo rilievo discende l'infondatezza della censura. Con il quarto motivo il Berluti deduce insufficiente motivazione della sentenza impugnata per essersi limitata a ritenere non sufficientemente provate le proprie asserzioni inerenti alla rata del mutuo fondiario ed alle spese sostenute per lavori eseguiti nel garage. Il ricorrente afferma che la rata del mutuo fondiario di L. 868.484, si riferiva a tre appartamenti in via Venezia di cui uno soltanto caduto in successione, e che la spesa di L. 649.000 relativa al ripristino del muro divisorio del garage doveva essere detratta dai conteggi "in quanto dagli atti catastali si evinceva la sua esistenza fin dall'origine".
La censura è infondata.
La Corte territoriale ha ritenuto prive di riscontri oggettivi le deduzioni del Berluti relative sia all'addebito per spese relative a lavori effettuati nel garage sia al residuo mutuo fondiario inerente a tre appartamenti di cui uno solo entrato in successione, trattandosi di mere affermazioni sfornite di adeguato sostegno probatorio, considerato che il relativo onere gravava su colui che asseriva l'esistenza di tali fatti (espressamente contestati dalla controparte) da cui pretendeva farne discendere conseguenze a sè favorevoli.
Pertanto il giudice di appello, contrariamente all'assunto del ricorrente, ha reso adeguata motivazione del convincimento in proposito maturato, avendo evidentemente attribuito agli elementi acquisiti in atti una diversa valutazione da quella invocata dal Berluti, nell'ambito dei suoi poteri discrezionali quale giudice di merito circa l'apprezzamento delle risultanze processuali. Il ricorso deve quindi essere rigettato; le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
LA CORTE:
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento di Euro 200,00, per spese e di Euro 1.500,00, per onorari di avvocato. Così deciso in Roma, il 16 gennaio 2009.
Depositato in Cancelleria il 11 maggio 2009