Diritto Societario e Registro Imprese
Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 6307 - pubb. 01/08/2010
Socio direttamente danneggiato da atto colposo o doloso dell'amministratore
Cassazione civile, sez. I, 10 Marzo 1992, n. 2872. Est. Borrè.
Società - Di persone fisiche - Società semplice - Rapporti tra soci - Amministrazione - Diritti e obblighi degli amministratori - Liquidazione della società - Azione sociale di responsabilità nei confronti degli amministratori - Legittimazione attiva - Spettanza - Liquidatore - Socio, direttamente danneggiato da atto colposo o doloso dell'amministratore - Azione individuale di responsabilità - Esperibilità - Socio commisuratore in regime di amministrazione disgiuntiva - Azione individuale di responsabilità nei confronti di altro coamministratore - Esperibilità - Condizioni.
In tema di società di persone in liquidazione, mentre legittimato ad esperire l'azione sociale di responsabilità nei confronti degli amministratori, a norma dell'art. 2260 cod. civ., è esclusivamente il liquidatore, va in ogni caso riconosciuta al socio (o al terzo), direttamente danneggiato da atto colposo o doloso dell'amministratore, in applicazione analogica dell'art. 2395 cod. civ., l'azione individuale di responsabilità; tale strumento difensivo deve riconoscersi anche al socio coamministratore, quando viga il regime di amministrazione disgiuntiva, se l'affermazione di responsabilità sia chiesta dal soggetto danneggiato nella sua veste di socio, relativamente ad atti di amministrazione per intero compiuti da altro coamministratore. (massima ufficiale)
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE I
Composta dagli Ill.mi Sigg. Magistrati:
Dott. Alessandro FALCONE Presidente
" Antonio SENSALE Consigliere
" Salvatore NARDINO "
" Giuseppe BORRÈ Rel. "
" Ernesto LUPO "
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto
da
FRANCIOSO SERGIO, in proprio e quale ex cooamministratore della soc. n.c. Scatolificio Lisi, in liquidazione, elettivamente domiciliato in Roma c-o la Cancelleria della Corte Suprema di Cassazione, rappresentato e difeso dagli avv.ti Greco Ettore e Greco Giuseppe, giusta delega a margine del ricorso.
Ricorrente
contro
FRANCIOSO DIODORO residente in Muggiò (Mi), elettivamente domiciliato in Roma, Via Cosseria, 5 c-o l'avv.to Gustavo Romanelli, che lo rappresenta e difende con l'avv.to Danilo Paolo Beltrami, giusta delega a margine del controricorso.
Controricorrente
Avverso la sentenza della Corte di Appello di Milano del 4-4-1986;
Udito il Consigliere Relatore Dott. Borrè;
Udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Simeone che ha concluso per il rigetto del ricorso.
(N.D.R.: La discordanza fra i nomi delle Parti citate nell'intestazione e nel testo della sentenza è nell'originale della sentenza).
FATTO
Con ricorso del 7 aprile 1977 al Presidente del Tribunale di Monza, Sergio Francioso chiese che fosse autorizzato il sequestro giudiziario del conto corrente n. 1066 aperto presso la Banca popolare di Milano, agenzia di Muggiò, esponendo che tra lui e Diodoro Francioso era stata costituita nel 1968 la s.n.c. Scatolificio Lisi e che entrambi erano amministratori della società;
che Diodoro Francioso, senza autorizzazione da parte sua, aveva aperto il detto conto corrente, sostenendo successivamente che, pur essendo a lui intestato, era in effetti della società; che sul quel conto erano stati versati lire 140 milioni di incassi della società, ma il denaro era stato poi utilizzato a favore non di essa bensì di Diodoro Francioso (per l'acquisto, fra l'altro, di un'automobile per sè e di una motocicletta per il figlio); che Diodoro Francioso si era rifiutato di rendere il conto della gestione e la Banca aveva fatto sapere di non poter rilasciare gli estratti conto senza l'autorizzazione del titolare del rapporto.
Il sequestro giudiziario fu autorizzato.
Con citazione del 28 giugno 1977 Sergio Francioso, in proprio e nella qualità di socio ed amministratore della predetta società, convenne davanti al Tribunale di Monza Diodoro Francioso, chiedendo la convalida del sequestro e, nel merito, che il conto fosse dichiarato di pertinenza della società.
Con altro atto di citazione del 18 dicembre 1978 Sergio Francioso, ancora nella duplice suddetta qualità, convenne davanti allo stesso Tribunale il Diodoro Francioso, chiedendo che fosse dichiarata la propria legittimazione all'azione di responsabilità contro quest'ultimo, quale ex amministratore della società; che, qualora il conto sopra indicato non fosse ritenuto di pertinenza della società, Diodoro Francesco fosse considerato responsabile di appropriazioni e condannato alle restituzioni in favore della società; e che il medesimo fosse altresì condannato al risarcimento di tutti i danni della società, e di esso concludente, in conseguenza anche del fatto che Diodoro Francioso, in pendenza dello scioglimento della società, aveva affittato a terzi il macchinario della società. Riunite le cause, il Tribunale rigettò tutte le domande di Sergio Francioso e la Corte di Appello di Milano, con sentenza 4 aprile 1986, respinse il gravame da lui proposto. Osservò la Corte che la tutela cautelare può essere concessa solo a chi è legittimato ad esperire un'azione a tutela di un diritto sostanziale; che l'appellante non era più titolare dell'azione di responsabilità verso l'amministratore, spettando essa al liquidatore della società;
che era illegittimo il sequestro giudiziario del saldo attivo del conto corrente (oltreché di una cambiale all'incasso), non potendo il sequestro giudiziario avere per oggetto diritti di credito verso terzi.
Contro tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione Sergio Francioso sulla base di un unico complesso motivo. Resiste Diodoro Francioso con controricorso.
DIRITTO
Con l'unico motivo il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 2257, 2261, 2263, 2395 c.c., nonché omessa o insufficiente motivazione su punti decisivi della controversia. Rileva che qualsiasi socio della società in nome collettivo, e quindi anche il socio coamministratore, è legittimato, sia nell'interesse proprio che in quello della società, ad agire con l'azione sociale di responsabilità nei confronti del socio amministratore o coamministratore infedele. Secondo il ricorrente va considerato che, se l'amministrazione spetta disgiuntamente a più soci, ciascun socio amministratore ha diritto di opporsi alla operazione che un'altro voglia compiere, prima che sia compiuta (art. 2257 c.c.); che i soci non partecipanti all'amministrazione hanno diritto di avere dagli amministratori notizia degli affari sociali e di ottenere il rendiconto (art. 2261 c.c.); che ciascun socio ha diritto di percepire la sua parte di utili ed è peraltro, illimitatamente responsabile delle obbligazioni sociali, tanto da essere coinvolto nell'eventuale fallimento della società; e infine che l'art. 2395 c.c., relativo alla società per azioni, ma espressione del più ampio principio di cui all'art. 2043 stesso codice, prevede un'azione personale di responsabilità nei confronti dell'amministratore infedele, per cui, essendo stata chiesta con la citazione del 1978 anche la condanna di Diodoro Francioso al risarcimento dei danni subiti dal ricorrente per le menzionate appropriazioni e per l'affitto dei macchinari, non era dubbio che egli avesse con ciò esercitato anche l'azione di risarcimento ex artt. 2395 e 2043 c.c.
L'argomentazione del ricorrente non toglie nulla alla correttezza della sentenza impugnata nella parte relativa alla esclusione della legittimazione di Sergio Francioso all'esercizio dell'azione di responsabilità di cui all'art. 2260 c.c. Premesso che tale azione di responsabilità, spettante alla società di persone, non presuppone, a differenza di quanto stabilito dall'art. 2393 c.c., una delibera di assemblea, difettando questo organo in tale tipo di società, è dibattuto se la legittimazione a proporre l'azione stessa spetti anche all'amministratore o agli amministratori in carica contro altri amministratori, oppure se competa soltanto ai nuovi amministratori dopo la revoca dei precedenti; non può dubitarsi, tuttavia, che, quando la società, come nella specie, sia in liquidazione, appartenga al liquidatore (o ai liquidatori) il potere di esprimere la volontà sociale di esercizio di tale azione contro gli ex amministratori. D'altra parte, che l'azione sia esperibile anche in tale fase è affermato dal primo comma dell'art. 2393 c.c., cui sembra attribuibile il valore di una indicazione generale. Ciò precisato, ritiene tuttavia la Corte che anche nelle società di persone, accanto all'azione di responsabilità spettante alla società, sobriamente disciplinata dal citato art. 2260 c.c. e corrispondente, mutatis mutandis, a quella ben più dettagliatamente contemplata dagli artt. 2392 e 2393 stesso codice per la società di capitali (v. anche gli artt. 2464 e 2487 c.c.), trovi posto, in applicazione analogica dell'art. 2395 c.c., la cosiddetta azione individuale de socio (o del terzo) direttamente danneggiato da atto colposo o doloso dell'amministratore. Non può invero negarsi che sussista l'eadem ratio per ammettere tale ipotesi di azione anche nel campo delle società personali, allorché sia immediatamente e direttamente rilevante per il socio (indipendentemente dal tramite costituito dalla società) il pregiudizio arrecato dal comportamento dell'amministratore. Nè può negarsi tale strumento difensivo al socio coamministratore, quando viga il regime di amministrazione disgiuntiva e l'affermazione di responsabilità sia chiesta dal soggetto danneggiato, nella sua veste di socio, relativamente ad atti di amministrazione pre intero compiuti dal coamministratore. Tale prospettazione, che, come il ricorrente rileva, è presente nel testo delle conclusioni di merito, ma anche come socio, e addirittura con l'espressione rafforzativa "in proprio", non è stata sufficientemente esplorata dai giudici di merito ne' nelle sue condizioni (carattere diretto del pregiudizio) ne' nella sua eventuale consistenza.
Il ricorso va dunque accolto per quanto di ragione, limitatamente all'insufficienza di motivazione sul profilo testè accennato. La causa va rinviata ad altro giudice che provvederà anche sulle spese di questa fase.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso per quanto di ragione e rinvia, anche per le spese, ad altra Sezione della Corte di appello di Milano. Così deciso in Roma il 18 febbraio 1991.
DEPOSITATA IN CANCELLERIA IL 10 MARZO 1992