Crisi d'Impresa e Insolvenza


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 26889 - pubb. 11/01/2021

Riparto e ricorso per cassazione

Cassazione civile, sez. I, 25 Febbraio 1993, n. 2350. Pres. Ruggiero. Est. Bibolini.


Fallimento - Organi preposti al fallimento - Giudice delegato - Provvedimenti - Reclami - Provvedimenti del giudice delegato in tema di riparto - Disciplina ex art. 26 della legge fallimentare - Illegittimità costituzionale - Sentenza n. 429 del 1981 della Corte Costituzionale - Effetti - Procedimento sul reclamo - Disciplina per i procedimenti in camera di consiglio - Applicabilità - Ricorso per Cassazione ex art. 111 Costituzione - Inammissibilità avverso i decreti del giudice delegato in materia di riparto



La sentenza n. 429 del 1981 della Corte Costituzionale - che ha dichiarato l'illegittimità dell'art. 26 legge fallimentare nella parte in cui assoggetta a reclamo, senza adeguate garanzie di difesa, i provvedimenti del giudice delegato in tema di riparto - non ha espunto il detto reclamo dall'ordinamento giuridico, ma solo caducato taluni profili della sua disciplina (quali la misura e la decorrenza del termine per la proposizione, la mancata previsione del contradditorio nel susseguente procedimento e della motivazione della decisione), che restano regolati dalle disposizioni generali per i procedimenti in camera di consiglio. Ne deriva che il ricorso per cassazione ai sensi dell'art. 111 Cost. non è ammissibile contro i decreti del giudice delegato in materia di riparto, bensì contro i provvedimenti del Tribunale fallimentare emessi in sede di reclamo avverso gli stessi decreti. (massima ufficiale)


Massimario Ragionato



 


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA

 

riunita in camera di consiglio in persona degli Ill.mi magistrati:

ANTONINO RUGGIERO PRESIDENTE

GIUSEPPE BORRÈ CONSIGLIERE

ROSARIO DE MUSIS CONSIGLIERE

GIAN CARLO BIBOLINI REL. CONSIGLIERE

ERNESTO LUPO CONSIGLIERE

 

ha pronunciato la seguente

 

S E N T E N Z A

sul ricorso proposto da MESCHINELLI LAMBERTO, rappresentato e difeso, giusta procura speciale a margine del ricorso introduttivo, dagli Avv.ti Tullio Boccini e Bartolo Spallina, con domicilio eletto presso quest'ultimo in Roma, Piazza Sallustio n 9.

RICORRENTE

contro

DOTT. MARCHI ALBERTO, nella veste di curatore del fallimento della coop. Agrituristica Giannella a r.l..

INTIMATO

avverso il decreto di esecutività di progetto di riparto emesso dal giudice, presso il Tribunale di Grosseto, delegato al fallimento della soc. coop. a r.l. Agrituristica Giannella, in data 12/9/1989;

udita la relazione del consigliere Gian Carlo Bibolini;

sentito il P.M. dott. ANTONIO MARTONE il quale ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso;

 

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con decreto in data 12 settembre 1989 il Giudice Delegato al fallimento della Coop. Agrituristica Giannella a r.l., dichiarava esecutivo un riparto parziale.

Avverso detto provvedimento proponeva ricorso per cassazione il creditore sig. Lamberto Meschinelli deducendo tre motivi; non si costituiva la curatela del fallimento predetto.

 

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il ricorrente, premesso di essere stato ammesso al passivo del fallimento in oggetto per un credito chirografario di £. 2.813.559 a seguito di insinuazione tempestiva;

premesso, inoltre, che egli era stato ammesso tardivamente al passivo per un ulteriore credito di £. 28.750.000, con provvedimento del 31/1/1980;

che nel riparto dichiarato esecutivo il 12/9/1989 la sua posizione creditoria era entrata solo per l'importo di £. 562.700, relativo al primo credito indicato, mentre non si era tenuto conto del secondo credito ammesso tardivamente;

tanto premesso, deduce a doglianza:

a) La violazione dell'art. 92 R.D. 30 gennaio 1941 n 12, in quanto il progetto di riparto parziale era stato dichiarato esecutivo in periodo feriale (il 12 settembre 1989), senza che vi fosse stata alcuna dichiarazione di urgenza;

b) la violazione dell'art. 110, terzo comma, L.F., in quanto il progetto di riparto venne approvato e reso esecutivo prima che si compisse il termine di 10 giorni dalla comunicazione del deposito in cancelleria del progetto;

c) la violazione dell'art. 112 L.F. per non essere stato incluso nel riparto un credito ammesso tardivamente al passivo. Pregiudiziale all'esame dei motivi di ricorso, coinvolgenti situazioni rituali e di merito, è la valutazione della ammissibilità del ricorso ex art. 111, secondo comma, Cost., in considerazione del fatto che il creditore, rendendo oggetto di ricorso per cassazione il decreto del giudice delegato emesso a norma dell'art. 110, terzo comma, L.F., non ha preventivamente provveduto al reclamo ex art. 26 L.F..

È noto che dopo l'emanazione della sentenza della Corte Costituzionale 23 marzo 1981 n 42, con sui era stata dichiarata l'illegittimità costituzionale dell'art. 26 in relazione all'art. 23 L.F. nella parte in cui assoggettava a reclamo al Tribunale i provvedimenti decisori emessi dal g.d. in materia di piani di riparto dell'attivo, in una prima fase interpretativa si era ritenuto, anche dalla giurisprudenza di questa Corte, che l'unica impugnazione consentita nei confronti di tali provvedimenti fosse rimasto il ricorso ex art. 111, secondo comma, Cost. Successivamente peraltro, seguendo l'insegnamento della sent. 9 aprile 1984 n 2255 delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, si è ormai consolidato l'orientamento (sent. 10 luglio 1990 n 7197; 17 febbraio 1 986 n 986; 12 novembre 1985 n 5529; 26 novembre 1984 n 6114 tra le molte) secondo cui la richiamata pronuncia della Corte Costituzionale non ha espulso dall'ordinamento l'istituto del reclamo in materia di provvedimenti lesivi di diritti soggettivo, ma solo la regolamentazione normativa in ordine ai termini ed alla loro decorrenza. Di conseguenza, ancorché il procedimento del reclamo debba essere regolato in coerenza con le norme generali degli artt.737 - 742 bis c.p.c. sul procedimento in camera di consiglio, al reclamo stesso è soggetto il decreto di esecutività dello stato passivo.

Di conseguenza, non il provvedimento del giudice delegato ha il carattere della decisorietà e della definitività atta a consentire il ricorso per cassazione ex art. 111, secondo comma, Cost., ma solo il provvedimento emesso dal Tribunale su reclamo proposto a norma dell'art. 26 L.F.

Dando continuità al consolidato indirizzo di questa Corte in materia, ed in conformità alle conclusioni assunte dal P.G., pertanto, il ricorso per cassazione in esame deve essere dichiarato inammissibile in quanto proposto contro il provvedimento non munito del carattere della definitività perché soggetto ad altra forma di impugnazione.

La dichiarazione di inammissibilità non comporta pronuncia sulle spese, in considerazione della mancata costituzione della curatela nel giudizio di legittimità.

 

P. Q. M.

La Corte, dichiara inammissibile il ricorso; nulla per le spese. Roma 21 settembre 1982.