Diritto della Famiglia e dei Minori
Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 24418 - pubb. 27/10/2020
Giudizio di modifica delle statuizioni consequenziali alla separazione personale ed al divorzio
Cassazione civile, sez. I, 14 Settembre 2020, n. 19020. Pres. Maria Cristina Giancola. Est. Maria Acierno.
Separazione personale - Giudizio di modifica delle statuizioni consequenziali - Assegno di mantenimento per il figlio maggiorenne - Domanda introdotta in corso di causa - Proponibilità - Condizioni - Fattispecie
Nei giudizi aventi ad oggetto le modifiche alle statuizioni consequenziali alla separazione personale ed al divorzio, in applicazione del principio "rebus sic stantibus", possono essere proposte domande in corso di causa ove siano giustificate da sopravvenienze fattuali ma nel rispetto del principio del contraddittorio, sicché risulta inammissibile la richiesta di un contributo per il mantenimento del figlio introdotta soltanto nelle note conclusive del giudizio di appello, senza alcuna possibilità di interlocuzione per la controparte. (La S.C. ha espresso il principio in relazione alla domanda, tardivamente proposta dal marito, di gravare la moglie di un contributo per il mantenimento del figlio maggiorenne ma non autosufficiente, il quale era andato a convivere con il padre nel corso del giudizio). (massima ufficiale)
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GIANCOLA Maria Cristina - Presidente -
Dott. SCOTTI Umberto L. C. G. - Consigliere -
Dott. ACIERNO Maria - rel. Consigliere -
Dott. IOFRIDA Giulia - Consigliere -
Dott. NAZZICONE Loredana - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 11988/2016 proposto da:
C.P., elettivamente domiciliato in Roma, *, presso lo studio dell'avvocato S. P., rappresentato e difeso dall'avvocato R. M., giusta procura in calce al ricorso;
- ricorrente -
contro
M.M.A., domiciliata in Roma, Piazza Cavour, presso la Cancelleria Civile della Corte di Cassazione, rappresentata e difesa dall'avvocato S. G., giusta procura in calce al controricorso;
- controricorrente -
avverso il decreto della CORTE D'APPELLO di CATANIA, depositato il 05/11/2015;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 16/07/2020 dal Cons. ACIERNO MARIA.
Svolgimento del processo - Motivi della decisione
Il Tribunale di Modica a parziale modifica del decreto di omologa della separazione consensuale tra C.P. e M.M.A. ha revocato il contributo per il mantenimento della moglie, posto a carico del C., ha ridotto a 150 Euro la somma dovuta dal C. come contributo al canone di locazione dell'immobile nel quale la stessa risiede con il figlio ed ha aumentato il contributo al mantenimento di quest'ultimo determinandolo in Euro 450 mensili.
Il provvedimento è stato reclamato dal C. sia in relazione all'integrazione del canone di locazione ritenuto non più dovuto perchè condizionato ad una migliore condizione reddituale della M. medio tempore raggiunta dovuta all'aver intrapreso una nuova convivenza, sia in relazione all'incremento dell'assegno in favore del figlio il quale non aveva mutato le proprie esigenze mentre al reclamante era nata un'altra figlia. Ha chiesto infine la precisa determinazione della decorrenza delle obbligazioni comunque accertate come dovute.
In primo luogo, la Corte d'Appello ha escluso la debenza dell'assegno in favore del figlio S., divenuto maggiorenne, che è andato a vivere con il padre a partire dal 30 agosto 2014. Da tale data deve ritenersi cessato l'obbligo di corrispondere la somma come determinata dal Tribunale. Poichè tuttavia l'evento sopravvenuto si è verificato dopo il deposito del ricorso la Corte ha ritenuto necessario statuire sulla domanda di riduzione avanzata dal reclamante, reputandola infondata fino al mutamento di residenza.
In secondo luogo la Corte ha ritenuto che il contributo al pagamento del canone di locazione dovesse essere conservato fino al 30 agosto 2014, data in cui il figlio si è trasferito, non essendo emerso un miglioramento effettivo della situazione economica e reddituale della M., come invece dedotto dal coniuge. La stessa ha avuto un incarico nel Nord Italia, dove si è trasferita per un periodo tra il febbraio ed il luglio del 2012 ma non è emerso che abbia rifiutato offerte di lavoro che avrebbero potuto determinare un miglioramento significativo delle condizioni economico - reddituali. Non è risultata infine dimostrata la stabile convivenza con il nuovo compagno. Le dichiarazioni del figlio minore al riguardo non possono qualificarsi come testimonianza, essendo la sua audizione uno strumento dettato da finalità diverse.
Viene infine rigettato il motivo di reclamo incidentale della M. volto ad incrementare il contributo di Euro 150 ma viene accolto quello finalizzato al riconoscimento di un contributo per sè, in relazione alla rilevante sperequazione economica e reddituale tra i coniugi, quantificato il Euro 200 mensili.
Ha proposto ricorso per cassazione C.P. accompagnato da memoria. Ha depositato controricorso M.M.A..
Nel primo motivo viene dedotto il vizio di omessa pronuncia ex art. 112 c.p.c., in relazione alla domanda proposta nelle note conclusive del giudizio d'appello dall'appellante principale, depositate in data 26/6/2015 ed aventi ad oggetto il riconoscimento dell'obbligo a carico della moglie di un contributo in favore del figlio maggiorenne non autosufficiente con decorrenza 30/8/2014. Su tale domanda la Corte territoriale ha omesso di pronunciarsi.
La censura è infondata. Nei giudizi che hanno ad oggetto le statuizioni consequenziali alla separazione personale ed al divorzio, in applicazione del principio rebus sic stantibus possono essere proposte domande in corso di causa ove siano giustificate da sopravvenienze fattuali (ex multis Cass. 3925 del 2012) ma senza che possa alterarsi unilateralmente l'applicazione del principio del contraddittorio. Nella specie la parte ricorrente espressamente afferma di aver prospettato il diritto ad un contributo per il mantenimento del figlio maggiorenne, convivente e non autosufficiente, sopravvenuto in corso di causa, soltanto nelle note conclusive, per redigere le quali, secondo quanto emerge dalla lettura del provvedimento impugnato e dall'esame degli atti processuali, consentito in virtù del vizio denunciato, è stato dato un identico termine alle parti, così da escludere ogni possibilità d'interlocuzione alla controparte. Nè è stato dedotto od allegato che il contraddittorio sulla domanda nuova sia stato officiosamente attivato dal Collegio. Deve rinviarsi, in conclusione, all'orientamento, del tutto consolidato nella giurisprudenza di legittimità secondo il quale ove la domanda sulla quale si concentra il vizio di omessa pronuncia sia da ritenersi inammissibile od infondata, la Corte di cassazione non deve formalisticamente rilevare l'omissione ma evidenziare la correttezza, come nella specie, del provvedimento impugnato (Cass. 16171 del 2017; 9693 del 2018).
Nel secondo motivo viene dedotta la violazione dell'art. 115 c.p.c., ed il vizio di motivazione per non essere state ammesse le istanze ex artt. 210 e 213 c.p.c., formulate dal C. per dimostrare il rifiuto di incarichi lavorativi in alcune scuole del Nord d'Italia da parte del coniuge. Il ricorrente ha precisato di aver provato a richiedere idonea documentazione agli istituti scolastici ma di aver ottenuto rifiuti giustificati dalla tutela della privacy. Le istanze erano state formulate in primo grado e ribadite in appello, come da puntuale riproduzione delle stesse nel motivo di ricorso. Al riguardo si lamenta che la motivazione del rigetto sia stata meramente apparente e che sia inconciliabile la rilevata mancanza di prova ed il rigetto delle istanze volte a colmare questa lacuna.
La censura deve ritenersi inammissibile. La Corte d'Appello ha ritenuto, all'esito di una valutazione complessiva delle emergenze istruttorie, che non sia stata provata da parte del ricorrente una sopravvenuta situazione di stabilizzazione economico reddituale in capo alla resistente per il periodo nel quale è stato disposto il contributo al pagamento del canone di locazione, dal momento che le dedotte occasioni di lavoro non avevano questa caratteristica, sia per la loro collocazione geografica che per il carattere episodico. La valutazione di non rilevanza delle istanze istruttorie formulate al riguardo, di conseguenza, avendo ad oggetto l'accertamento di fatto svolto nel provvedimento impugnato, è del tutto insindacabile nel giudizio di legittimità.
In conclusione, il ricorso proposto deve essere rigettato, con applicazione del principio della soccombenza in ordine alle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali del presente giudizio liquidandole in Euro 3000 per compensi, Euro 200 per esborsi oltre accessori di legge.
Sussistono i presupposti processuali per l'applicazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 16 luglio 2020.
Depositato in Cancelleria il 14 settembre 2020