Diritto Civile
Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 23278 - pubb. 26/02/2020
Sottoscrizione di assegno da parte di amministratore di s.p.a. e illegittimo addebito sul conto personale della persona fisica
Cassazione civile, sez. VI, 10 Febbraio 2020, n. 3070. Pres. Di Virgilio. Est. Dolmetta.
Assegno – Sottoscrizione amministratore s.p.a. – Timbro sociale – Assunzione obbligazione cartolare nel nome della società – Legittimità
Assegno – Sottoscrizione amministratore s.p.a. – Timbro sociale – Assunzione obbligazione cartolare in nome altrui – Addebito della banca sul conto personale dell’amministratore – Illegittimità
Dal combinato disposto degli artt. 11 e 14 della legge assegni si trae il principio per cui l’assegno sottoscritto dall’amministratore di una s.p.a., con espressa indicazione della relativa carica, nonché il timbro della società, comporta la legittima assunzione dell’obbligazione cartolare da parte della società, dal momento che emerge dal contesto letterale il collegamento tra il firmatario e l’ente.
In presenza di un assegno emesso dall’amministratore di una s.p.a. contenente la sua sottoscrizione, l’indicazione della carica ricoperta e il timbro della società, risulta illegittimo il comportamento della banca che, onorando l’assegno, addebiti la somma sul conto personale dell’amministratore. (Benedetta Bonfanti) (riproduzione riservata)
Segnalazione della Dott.ssa Benedetta Bonfanti
Fatti di causa
1.- La s.p.a. Unicredit (al tempo, con la diversa denominazione di s.p.a. Banca dell'Umbria 1462) ha chiesto, e ottenuto dal Tribunale di Perugia, l'emissione di un decreto ingiuntivo nei confronti di S.M., per saldo passivo di conto corrente.
2.- L'ingiunta ha proposto opposizione, contestando di essere debitrice e formulando anzi domanda riconvenzionale per il risarcimento dei danni causatile dall'illegittimo comportamento della Banca.
Più in particolare, ella ha assunto che la Banca aveva illegittimamente addebitato sul suo personale conto corrente un assegno bancario che era per contro riferibile alla s.p.a. Foremark, posto che sulla chartula del titolo la sottoscrizione, che vi aveva apposto, era accompagnata dall'indicazione "amministratore" e dal timbro di detta società ("Foremark s.p.a. - L'amministratore"); ha lamentato, altresì, la illegittimità degli addebiti della commissione di massimo scoperto e degli interessi segnati a seguito dell'addebito dell'importo recato sull'assegno, nonchè l'effettuata applicazione di interessi oltre la soglia massima consentita dalla normativa antiusura.
3.- Con sentenza depositata nell'ottobre 2012, il Tribunale di Perugia ha rigettato le richieste formulate dall'opponente, così confermando il decreto ingiuntivo.
S.M. ha allora proposto appello avanti alla Corte di Perugia. Che lo ha respinto con sentenza depositata in data 6 luglio 2017.
4.1.- Ha ritenuto in particolare la Corte territoriale che bene aveva fatto la Banca a pagare l'assegno in questione, addebitandone l'importo sul conto personale di S.M.; che l'addebito così effettuato aveva prodotto un "inevitabile scoperto di valuta", essendo la relativa "provvista pervenuta successivamente alla data di emissione del titolo"; e che la Banca aveva "applicato gli interessi e le commissioni come da contratto".
A base di tale convincimento la pronuncia ha posto l'osservazione, che dichiara attenere alla "irregolarità del titolo nella firma", che l'"aggiunta del timbro non ha rilevanza alcuna, dovendo la banca solamente verificare l'autenticità della firma e l'essere il firmatario il titolare del conto. Nessuna verifica doveva essere svolta circa il significato, l'autenticità e il valore della dicitura riportata nel timbro".
4.2.- Ha inoltre osservato la pronuncia della Corte umbra che, nel calcolo relativo all'eventuale usurarietà dei tassi applicati nella specie dalla Banca, non andava proprio considerato il peso economico prodotto dall'applicazione della commissione di massimo scoperto, posto che si trattava di vicenda anteriore all'entrata in vigore della L. n. 2 del 2009.
5.- Avverso questa pronuncia ricorre S.M., articolando tre motivi di cassazione.
Resiste, con controricorso, la s.p.a. Unicredit.
La resistente ha anche depositato memoria.
Ragioni della decisione
6.- I motivi di ricorso sono stati intestati nei termini che qui di seguito vengono riportati.
Primo motivo: "violazione dell'art. 360 c.p.c., nn. 3, 4 e 5, in relazione agli artt. 1, 6, 10, 11, 14, 15, 16 L. assegni; degli artt. 112,113,115,116,132 c.p.c.; degli artt. 1387,1388,1704,2384,2702 c.c.; dell'art. art. 12 preleggi, per violazione o falsa applicazione di norme di diritto e/o nullità della sentenza e/o omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione fra le parti".
Secondo motivo: "violazione dell'art. 360 c.p.c., nn. 3, 4 e 5, in relazione agli artt. 1282,1815,1823,1825,2702 c.c.; della L. n. 108 del 1996, artt. 1,2,3 e 4; della L. n. 2 del 2009, art. 2 bis; degli artt. 112,113,115,116,132 c.p.c.; dell'art. 12 preleggi, per violazione o falsa applicazione di norme di diritto e/o nullità della sentenza e/o omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione fra le parti".
Terzo motivo: ""violazione dell'art. 360 c.p.c., nn. 3, 4 e 5, in relazione agli artt. 1282,1815,1823,1825,2702 c.c.; dell'art. 644 c.p.; della L. n. 108 del 1996, artt. 1,2,3 e 4; della L. n. 2 del 2009, art. 2 bis; degli artt. 112,113,115,116,132 c.p.c.; dell'art. 12 preleggi, per violazione o falsa applicazione di norme di diritto e/o nullità della sentenza e/o omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione fra le parti".
7.- Col primo motivo il ricorrente rileva che "l'assegno per cui è causa è un assegno emesso dalla società Foremark e non da S.M.". Se quest'ultima "avesse emesso l'assegno in proprio, avrebbe apposto solo la sua sottoscrizione e non avrebbe speso il nome della società e la qualifica di amministratore".
L'assegno, dunque, "non poteva essere pagato". Con la conseguenza ulteriore che "l'illegittimità dell'addebito dell'assegno determina poi l'illegittimità dello scoperto ingeneratosi sul conto corrente a causa dell'illegittima applicazione di spese, interessi e commissioni bancarie".
8.- Il motivo è fondato.
La norma dell'art. 11 L. assegni dispone che "ogni sottoscrizione deve contenere il nome e cognome o la ditta di colui che si obbliga. E' valida tuttavia la sottoscrizione nella quale il nome sia abbreviato o indicato con la sola iniziale". Precisa poi quella dell'art. 14 L. assegni che "chi appone la firma sull'assegno bancario quale rappresentante di una persona, per la quale non ha il potere di agire, è obbligato come se l'avesse firmato in proprio". Del tutto uguali sono - è bene anche aggiungere - i corrispondenti testi degli artt. 8 e 11 L. cambiale; le dette due serie di norme rispondono, in effetti, a una tematica unitaria, che è comune alla materia dei titoli cambiari.
Da questo plesso normativo, dunque, la giurisprudenza di questa Corte ha tratto, da tempi lontani, il principio per cui l'assunzione di un'obbligazione cartolare "in nome altrui" - in tale formula ricomprendendosi tanto il caso della rappresentanza negoziale, quanto quello della così detta rappresentanza organica (art. 1400 c.c.) - suppone "l'apposizione della sottoscrizione con l'indicazione della qualità, ancorchè senza l'uso di formule sacramentali e con le sole modalità idonee a rendere evidente ai terzi l'avvenuta assunzione dell'obbligazione per conto di altri, come nel caso di collocazione della firma cambiaria sotto il timbro di una società, sufficiente a rivelare la volontà del sottoscrittore di impegnarsi in rappresentanza dell'ente" (in questi termini si veda già Cass., 22 aprile 1993, 4763; tra le più recenti v. Cass., 21 giugno 2012, n. 10388).
In consonanza con questo principio, si è anche precisato che, "per la firma di un ente collettivo, non è sufficiente l'indicazione della ragione o della denominazione, occorrendo il nome (anche abbreviato o con la sola iniziale) e il cognome della persona fisica che sottoscrive per l'ente, pur senza necessità di una specifica formula da cui risulti il rapporto di rappresentanza" (Cass., 12 dicembre 2005, n. 27378, a p. 29 della pronuncia); in modo comunque che il contesto cartolare vega a esplicitare il "collegamento tra il firmatario e l'ente, così che non vi siano dubbi in ordine al fatto che la dichiarazione cartolare sia emessa dal sottoscrittore in nome e per conto dell'ente" (Cass., 23 aprile 2004, n. 7761).
9.- Dall'applicazione di tali consolidate regole discende all'evidenza che, nella fattispecie concreta qui in esame, non si è verificata nessuna "irregolarità" nella firma di traenza, come per contro ha ritenuto di affermare la Corte umbra (che, peraltro, non ha neppure fornito alcuna indicazione a supporto di quanto così asserito).
Le indicazioni fornite dal contesto cartolare (cfr. sopra, nel secondo capoverso del n. 2) sono univoche nell'esprimere piuttosto che, nella specie, la sottoscrizione è stata posta in essere in nome e per conto dell'ente collettivo: questa, dunque, è imputabile non già alla persona fisica di S.M., bensì - e in via diretta e immediata - alla s.p.a. Foremark.
10.- Segue a quanto appena rilevato che non può ritenersi corretto il comportamento tenuto nella specie dalla Banca, che ha ritenuto di "pagare" l'assegno proveniente dalla s.p.a. Foremark addebitandolo sul conto personale di S.M..
Una volta deciso di onorare l'assegno, infatti, la Banca non avrebbe comunque potuto addebitare la somma relativa su un conto intestato a un soggetto diverso da quello che l'assegno aveva tratto.
Con l'ulteriore conseguenza che, nella specie, non si è verificato lo scoperto di conto di cui pure ha fatto applicazione la Banca e che, perciò, si manifestano non dovute le somme così pretese a titolo di commissione di massimo scoperto e di interessi passivi.
11.- L'accoglimento del primo motivo di ricorso comporta assorbimento del secondo motivo, come inteso a rilevare che, nella specie, la sussistenza di uno scoperto di conto risultava comunque frutto di una peculiare applicazione delle date di valuta da parte dell'istituto di credito.
12.- Col terzo motivo, il ricorrente assume che - anche prima dell'entrata in vigore della L. n. 2 del 2009 - l'onere economico arrecato dall'applicazione della commissione di massimo scoperto dev'essere calcolato ai fini dell'eventuale riscontro usurario dei costi applicati al rapporto.
13.- Il motivo va accolto.
Come ha puntualizzato la pronuncia di Cass. Sezioni Unite 20 giugno 2018, n. 16303, la "commissione di massimo scoperto, quale corrispettivo pagato dal cliente per compensare l'intermediario dell'onere di dovere essere in grado d fronteggiare una rapida espansione nell'utilizzo dello scoperto del conto..., non può non rientrare tra le "commissioni" o "remunerazioni" del credito menzionate sia dall'art. 644 c.p., comma 4, che dalla L. n. 108 del 1996, art. 2 comma 1" (così a p. 12 della sentenza).
14.- In conclusione, vanno accolti il primo e il terzo motivo del ricorso, assorbito il secondo motivo. Di conseguenza, va cassata la sentenza impugnata e la controversia rinviata alla Corte di Appello di Perugia che, in diversa composizione, provvederà anche alle determinazioni relative alle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo e il terzo motivo di ricorso, assorbito il terzo. Cassa la sentenza impugnata e rinvia la controversia alla Corte di Appello di Perugia che, in diversa composizione, provvederà anche alle determinazioni relative alle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sesta Sezione civile - 1, il 10 settembre 2019.
Depositato in Cancelleria il 10 febbraio 2020.