Esecuzione Forzata
Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 22601 - pubb. 30/10/2019
Pignoramento presso terzi e intangibilità delle riserve minime presso la Banca centrale
Cassazione civile, sez. III, 03 Settembre 2019, n. 21970. Pres. Uliana Armano. Est. Francesca Fiecconi.
Obbligo degli enti creditizi di costituire riserve minime presso la banca centrale - Natura e finalità del deposito - Qualità di "debitor debitoris" in capo al depositario - Esclusione - Conseguenze
In tema di espropriazione di crediti presso terzi, dall'obbligatorio deposito delle riserve minime degli enti creditizi presso la banca centrale (o presso un intermediario autorizzato), in forza del Regolamento (CE) della Banca centrale europea n. 1745 del 2003, non deriva un rapporto che implica la restituzione del "tantundem", bensì un'obbligazione di custodia di liquidità destinata alla funzione pubblica di tutela del risparmio, sicchè, essendo intangibili le somme depositate, è corretta la dichiarazione negativa del depositario resa ex art. 547 c.p.c., difettando la sua qualità di "debitor debitoris". (massima ufficiale)
1. Con ricorso notificato il 13 luglio 2017 la ricorrente A.B. ricorre per la cassazione della sentenza della Corte d'appello di Milano numero 702-2017, pubblicata il 20 febbraio 2017, con la quale, a conferma della sentenza di primo grado emessa dal Tribunale di Milano, è stata rigettata la domanda volta ad accertare che Banca d' Italia, contrariamente a quanto dichiarato nel rendere la dichiarazione ex art. 547 c.p.c., sia creditrice della Banca di Credito Cooperativo di Carugate e Inzago (BCC), e ciò in relazione alla L. n. 483 del 1993 e ai collegati regolamenti di matrice comunitaria intervenuti successivamente, in particolare il Regolamento CE numero 17452003, che impongono alle banche, per la tutela degli investitori, di costituire riserve obbligatorie minime da depositare presso la Banca Centrale Nazionale (art. 6) o presso un intermediario in ciò autorizzato (art. 10). La ricorrente assume che la Banca d'Italia, contrariamente a quanto dichiarato in sede di pignoramento presso terzi, sia depositaria delle riserve dovute dalle banche anche qualora si avvalga di istituti intermediari per il deposito delle medesime, conservando tutti gli obblighi relativi al deposito.
2. La ricorrente impugna la sentenza per la parte in cui ha ritenuto che la Banca d'Italia non sia da considerarsi depositaria delle riserve obbligatorie delle banche affidate all'intermediario in base al Regolamento Europeo n. 17452003, deducendo che tale interpretazione si scontra con la mancata contestazione di tale circostanza da parte di Banca d' Italia e con la corretta interpretazione delle norme; inoltre impugna la sentenza per la parte relativa alla liquidazione delle spese di lite poste a carico dell'attrice a favore di Banca d'Italia (BI), e per la disposta compensazione delle spese tra lei e la litisconsorte Banca di Credito Cooperativo (BCC).
3. Il ricorso è affidato a 5 motivi cui resistono con controricorso le due parti intimate (BI e BCC). BCC ha prodotto memoria. Il Pubblico Ministero ha concluso come in atti.
Motivi della decisione
1. Con il primo motivo ex art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 4 e 5 parte ricorrente deduce violazione degli artt. 112, 115 e 342 c.p.c., in relazione alle violazioni della L. n. 483 del 1993, art. 10 e dei relativi regolamenti attuativi in particolare degli artt. 6 e 10 del Regolamento della Comunità Europea numero 2818-98, poi sostituito dal Regolamento della Comunità Europea numero 1745-2003, con riferimento all'obbligo di costituire una riserva minima presso la banca d'Italia per gli istituti che operano nel mercato del credito. Denuncia in particolare che la Corte di merito non ha dato rilievo al fatto che la Banca d'Italia abbia dichiarato, a pagina 11 della propria comparsa costitutiva, di essere depositaria dei fondi detenuti a titolo di riserva. Quanto al secondo punto della censura contesta l'interpretazione data al termine "intermediario" come depositario delle riserve, che rinvierebbe al concetto che la banca intermediaria non sia che un tramite del soggetto (banca centrale) tenuto al deposito delle riserve obbligatorie. In sintesi ritiene che la Corte d'appello abbia posto a fondamento del proprio convincimento fatti non affermati da nessuna parte e contrari ai disposizioni normative che regolano la materia delle riserve obbligatorie.
1.1. Il motivo è inammissibile.
1.2. Il vizio processuale dedotto non si confronta con la ratio decidendi, là ove la Corte di merito dimostra di avere solo giuridicamente interpretato le norme da applicare, tenendo conto del fatto che la Banca d'Italia non è la materiale detentrice o depositaria delle somme in relazione alle quali ha reso la propria dichiarazione di terzo nel procedimento di pignoramento presso terzi. In virtù del principio "iura novit curia" di cui all'art. 113 c.p.c., comma 1, il giudice ha il potere-dovere di assegnare una diversa qualificazione giuridica ai fatti e ai rapporti dedotti in giudizio, nonchè all'azione esercitata in causa, potendo porre a fondamento della sua decisione disposizioni e principi di diritto diversi da quelli erroneamente richiamati dalle parti, purchè i fatti necessari al perfezionamento della fattispecie ritenuta applicabile coincidano con quelli della fattispecie concreta sottoposta al suo esame, essendo allo stesso vietato, in forza del principio di cui all'art. 112 c.p.c., porre a base della decisione fatti che, ancorchè rinvenibili all'esito di una ricerca condotta sui documenti prodotti, non siano stati oggetto di puntuale allegazione o contestazione negli scritti difensivi delle parti. (Cass. Sez. 3 -Ordinanza n. 30607 del 27/11/2018).
2. Con il secondo motivo la ricorrente denuncia ex art. 360 c.p.c., n. 4 e ex art. 360 c.p.c., n. 3 la violazione degli artt. 6 e 10 Regolamento CE 1745-2003 e infine degli artt. 1, 4 e 12 preleggi in relazione all'art. 360 c.p.c., n. 4.
2.1. La prima parte del motivo è inammissibile per quanto detto sopra al punto 1 in relazione alla deduzione di vizi processuali in un contesto attinente all'interpretazione di norme di diritto da applicare alla fattispecie in esame.
2.2. Per quanto riguarda la deduzione di violazione di norme di diritto sostanziale che regolano la materia delle riserve minime obbligatorie delle banche il motivo si rivela infondato per una ragione affatto diversa da quella affermata dalla sentenza impugnata. Difatti la questione deve essere risolta alla luce dei principi che regolano la materia de qua.
2.3. In base al Reg. CE 1745-2003, nell'esigenza di tutelare coloro che hanno effettuato depositi presso le banche, per gli istituti di credito è previsto l'obbligo di costituzione e di deposito presso la Banca Centrale di riserve minime obbligatorie. Le banche dell'area dell'Euro devono detenere un certo ammontare di fondi nei loro conti correnti presso la Banca Centrale, a titolo di riserve obbligatorie minime. Per ogni banca la riserva obbligatoria minima è stabilita per un periodo denominato "periodo di mantenimento". Il livello delle riserve è calcolato sulla base dei dati di bilancio della banca prima dell'inizio del periodo di mantenimento e la banca depositaria gestisce e controlla detti conti.
2.4. La lettura testuale della regolamentazione Europea conduce a un significato univoco della natura di tale obbligo, in quanto le riserve costituiscono un patrimonio monetario destinato a costituire la garanzia per l'esercizio dell'attività creditizia, pari a una percentuale k delle passività di una banca, e va depositata presso la Banca Centrale. L'art. 6 Reg. CE 1745-2003 che prevede l'istituzione di riserve obbligatorie minime da parte delle banche presso la Banca Centrale, ammette che l'attività di acquisizione e gestione temporale delle quote di riserva sia svolta da un intermediario autorizzato dalla Banca Centrale. In base all'art. 10 del Regolamento CE 1745-2003 in esame "ogni istituzione può richiedere l'autorizzazione a detenere le proprie riserve obbligatorie minime indirettamente per il tramite di un intermediario residente nello stesso Stato membro"; l'intermediario deve essere un'istituzione soggetta all'obbligo di riserva che generalmente si occupa, "oltre che della detenzione delle riserve obbligatorie minime, anche di parte dell'amministrazione"; l'ultimo paragrafo dell'art. 10 inoltre prevede che "l'intermediario stesso, oltre alle istituzioni per conto delle quali agisce, è responsabile del rispetto dell'obbligo di riserva di tali istituzioni. In caso di inadempienza, la Banca Centrale Europea può irrogare sanzioni all'intermediario, all'istituzione per cui funge da intermediario o a entrambi, a seconda della responsabilità connessa all'inadempienza".
2.5. Qualora le due funzioni di "sorveglianza e custodia" delle riserve minime obbligatorie delle banche si scindano ex art. 10 Reg. CE 1745-2003, l'istituto designato come intermediario dalla Banca Centrale per svolgere, in via indiretta, le funzioni di depositario in luogo della Banca Centrale Nazionale, ha quindi una responsabilità correlata all'obbligo di custodia e di gestione, mentre la Banca Centrale Nazionale (Banca d'Italia) svolge funzioni di vigilanza unitamente alla Banca Centrale Europea. Pertanto, la ripartizione delle funzioni di custodia e di gestione delle riserve minime obbligatorie tra Banca Centrale, indicata nel regolamento come originaria destinataria dell'obbligo di riceverle, e gli istituti intermediari, determina una "responsabilità funzionale e multilivello" degli istituti preposti che non è comunque in grado di ingenerare alcun esonero dalla responsabilità nei confronti della BCE, preposta alla politica monetaria Europea o anche solo di trasformare la natura di tale obbligo.
2.6. Il rapporto fiduciario che si instaura tra Banca Centrale Nazionale e banca Intermediaria, in ogni caso, non è valutabile in termini di rapporto contrattuale, perchè gli obblighi connessi alla costituzione di riserve minime discendono dalla legge Europea e hanno fonte e natura pubbliche. Detto obbligo è difatti funzionale al perseguimento di obiettivi di politica monetaria dell'Unione Europea e, pertanto, nel sistema risulta irrilevante o indifferente dove siano depositate le somme costituite in riserva, volte a garantire un'attività di pubblico interesse, quale è la raccolta del risparmio. Ne consegue che il rapporto che ne deriva non implica un' obbligazione di custodia e di restituzione del tantundem, come accade invece in un normale contratto di conto corrente bancario o di deposito irregolare.
2.7. La presenza delle riserve minime obbligatorie nel patrimonio delle banche depositarie, pertanto, non va ad incidere sul contenuto della dichiarazione della banca terza pignorata, la quale non si porge agli occhi del creditore pignorante quale debitor debitoris ai sensi dell'art. 547 c.p.c., ma quale custode di conti destinati a una funzione pubblica, come tale intangibili. Lo stesso discorso vale per gli intermediari autorizzati a gestire e detenere dette riserve che siano eventualmente chiamati a rendere tale dichiarazione. Risulta quindi del tutto corretta, in tali casi, la dichiarazione negativa del terzo resa ex art. 547 c.p.c. al creditore pignorante, mancando la qualità di debitor debitoris in capo al soggetto depositario di tale liquidità.
3. Con il terzo motivo la ricorrente deduce violazione degli artt. 91 e 92 ex art. 360 c.p.c., n. 4 per contestare il provvedimento sulla liquidazione della spese a favore di banca d'Italia. La ricorrente sostiene che la Banca d'Italia nel primo grado si sia limitata a dedurre di non essere depositaria delle riserve senza far menzione del rapporto con la banca intermediaria se non nella fase di appello, dando pertanto causa alla prosecuzione del procedimento di accertamento del rapporto di credito/debito con la Banca Centrale Nazionale.
3.1. Il motivo è infondato per quanto sopra detto.
3.2. Si osserva, inoltre, che in relazione al contenuto della dichiarazione del terzo, nel sistema non si sovvengono oneri di collaborazione del terzo al di là di quelli previsti dalla legge processuale. In tema di espropriazione presso terzi, il terzo pignorato, nel rendere la dichiarazione ex art. 547 c.p.c., deve fornire indicazioni complete e dettagliate dal punto di vista oggettivo, in modo da consentire l'identificazione dell'oggetto della prestazione dovuta al debitore esecutato, compresi il titolo ed il "quantum" del credito pignorato; invece, dal punto di vista soggettivo, è necessario e sufficiente che dichiari quali siano i rapporti intrattenuti soltanto col soggetto che nell'atto di pignoramento è indicato come debitore sottoposto ad esecuzione, atteso che l'ambito soggettivo della dichiarazione del terzo è delimitato dall'ampiezza della direzione soggettiva dell'atto di pignoramento, rivolto sia nei confronti del terzo pignorato che del debitore esecutato, in base al titolo esecutivo azionato (Cass. Sez. 3 -, Sentenza n. 5037 del 28/02/2017).
3.3. Per quanto riguarda la censura di mancata compensazione delle liti, il motivo è inammissibile, poichè la valutazione spetta al giudice del merito e tale motivazione non può essere censurata neanche sotto il profilo della mancata motivazione (Cass. SU n. 14989/2005; Cass. 8701/2015; Cass. 7146/2017; Cass. 9115/2017).
4. Con il quarto motivo la ricorrente deduce violazione degli artt. 5 e 11 del DM 140/2012 ex art. 360 c.p.c., n. 3 e degli artt. 112 e 10 c.p.c. in relazione all'art. 17, non avendo la Corte di merito considerato la censura in ordine al superamento dello scaglione di valore superiore a quello del valore della lite, dichiarato sino ad Euro 50.000,00 e non oltre.
4.1. Il motivo è inammissibile.
4.2. Il giudice, in presenza di una nota spese specifica prodotta dalla parte vittoriosa, non può limitarsi ad una globale determinazione dei diritti di procuratore e degli onorari di avvocato in misura inferiore a quelli esposti ma ha l'onere di dare adeguata motivazione dell'eliminazione e della riduzione di voci da lui operata, allo scopo di consentire, attraverso il sindacato di legittimità, l'accertamento della conformità della liquidazione a quanto risulta dagli atti ed alle tariffe, in relazione all'inderogabilità dei relativi minimi, a norma della L. n. 794 del 1942, art. 24 (Sez. 3, Sentenza n. 20604 del 14/10/2015). La Corte di merito ha respinto la censura indicando che il complessivo importo liquidato dal giudice di primo grado, nella misura di Euro 4.330,00, era addirittura inferiore a quanto indicato nella nota spese dall'appellante qui ricorrente, fornendo quindi adeguata motivazione sulla congruità della parcella anche in relazione allo scaglione di riferimento indicato. Il motivo, dunque, intende indurre questa Corte a svolgere una inammissibile rivalutazione del compenso dovuto al professionista in base alla nota spese depositata, già pienamente considerata dal giudice di secondo grado come conforme alle tariffe e al valore della lite.
5. Con il quinto motivo la ricorrente deduce violazione degli artt. 91 e 93 c.p.c. nella parte in cui la Corte di merito ha confermato la compensazione delle spese di lite tra la ricorrente e la debitrice principale in ragione della neutralità dimostrata nella vicenda processuale tra ricorrente e la Banca d'Italia, pronunciandosi in tal senso anche per il giudizio di appello. Tale valutazione, in fatto, non intacca alcun principio di diritto in tema di - regolamentazione delle spese processuali.
6. Conclusivamente il ricorso viene rigettato, con ogni conseguenza in ordine alle spese, che si liquidano in dispositivo ai sensi del D.M. n. 55 del 2014 a favore delle parti separatamente resistenti.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alle spese, liquidate in Euro 7.000,00, oltre Euro 200,00 per spese, spese forfettarie al 15% e oneri di legge a favore delle parti intimate qui resistenti.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis, dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Terza Sezione Civile, il 27 febbraio 2019.
Depositato in Cancelleria il 3 settembre 2019.