Diritto della Famiglia e dei Minori
Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 21908 - pubb. 19/06/2019
L’audizione del minore nei procedimenti di famiglia
Cassazione civile, sez. I, 07 Maggio 2019, n. 12018. Est. Tricomi.
Procedimenti in materia di famiglia – Ascolto del minore
L’audizione dei minori, già prevista nell’articolo 12 della Convenzione di New York sui diritti del fanciullo, è divenuta un adempimento necessario, nelle procedure giudiziarie che li riguardino, ed in particolare in quelle relative al loro affidamento ai genitori, ai sensi dell’articolo 6 della Convenzione di Strasburgo del 25 gennaio 1996, ratificata con la L. n. 77 del 2003, e dell’articolo 155-sexies c.c., introdotto dalla L. n. 54 del 2006 (v. oggi art. 336-bis c.c.), salvo che l’ascolto possa essere in contrasto con gli interessi superiori del minore. Costituisce, pertanto violazione del principio del contraddittorio e dei principi del giusto processo il mancato ascolto che non sia sorretto da espressa motivazione sull’assenza di discernimento che ne puo’ giustificare l’omissione, in quanto il minore è portatore d’interessi contrapposti e diversi da quelli del genitore, in sede di affidamento e diritto di visita e, per tale profilo, è qualificabile come parte in senso sostanziale. L’audizione del minore infradodicenne capace di discernimento puo’ avvenire direttamente da parte del giudice ovvero, su mandato di questi, di un consulente o del personale dei servizi sociali, salvo che il giudice non ritenga, con specifica e circostanziata motivazione, l’esame manifestamente superfluo o in contrasto con l’interesse del minore. L’ascolto del minore di almeno dodici anni, e anche di età minore ove capace di discernimento, costituisce una modalità, tra le piu’ rilevanti, di riconoscimento del suo diritto fondamentale ad essere informato e ad esprimere le proprie opinioni nei procedimenti che lo riguardano, nonchè elemento di primaria importanza nella valutazione del suo interesse, anche se le sue dichiarazioni non vincolano il giudice nell’adozione dei provvedimenti nel superiore interesse del minore. (Redazione IL CASO.it) (riproduzione riservata)
RITENUTO
CHE:(*) ricorre per cassazione avverso il decreto della Corte di appello di Venezia che, in procedimento concernente – tra l’altro – la richiesta di modifica delle condizioni di divorzio congiunto concernenti la collocazione del minore (*) (nato il (*)) – già disposta presso la madre (*) in Treviso, ove questa si era trasferita come da accordi, con affidamento al Servizio sociale di detto Comune di Treviso dal Tribunale – a proprio favore in Milano, aveva respinto tale richiesta.
Il ricorso consta di cinque motivi, corredati da memoria. (*) ha replicato con controricorso corroborato da memoria. Il ricorso è stato fissato per l’adunanza in camera di consiglio ai sensi dell’articolo 375 c.p.c., u.c., e articolo 380 bis 1 c.p.c.. Il P.G. ha chiesto il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO
CHE:
1.1. Preliminarmente va respinta l’eccezione di inammissibilità del ricorso proposta dalla (*) giacchè anche in relazione alle condizioni di divorzio afferenti i figli trova applicazione il principio secondo il quale “Il decreto pronunciato dalla corte d’appello in sede di reclamo avverso il provvedimento del tribunale in materia di modifica delle condizioni della separazione personale concernenti l’affidamento dei figli ed il rapporto con essi, ovvero la revisione delle condizioni inerenti ai rapporti patrimoniali fra i coniugi ed il mantenimento della prole ha carattere decisiorio e definitivo ed è, pertanto, ricorribile in cassazione ai sensi dell’articolo 111 Cost.” (Cass. n. 11218 del 10/05/2013).
1.2. Va altresi’ dichiarata irricevibile la documentazione depositata in uno alla memoria della (*) (plurime relazioni dei Servizi sociali cronologicamente successive al decreto impugnato e decreto del Tribunale di Treviso relativo a diverso procedimento, sia pure tra le stesse parti): tale documentazione non rientra tra quella afferente alla nullità della sentenza impugnata, all’ammissibilità del ricorso e del controricorso, consentita ai sensi e con le modalità di cui all’articolo 372 c.p.c..
2.1. Con il primo motivo si denuncia la nullità della pronuncia e la violazione dell’articolo 112 c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli articoli 336 bis e 337 octies c.c., dell’articolo 12 della Convenzione di New York 20 novembre 1989, ratificata con L. 27 maggio 1991, n. 176 e dell’articolo 3 della Convenzione di Strasburgo 25 gennaio 1996, ratificata con L. 2 marzo 2003, n. 77.
Il ricorrente, rammentando di avere richiesto con il reclamo che venisse disposto dalla Corte di appello l’ascolto diretto del figlio, oltre che la rinnovazione della CTU, si duole che la Corte di appello non solo non vi abbia provveduto, ma non abbia nemmeno illustrato le ragioni per le quali non aveva inteso dare seguito alla richiesta.
2.2. Con il secondo motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione degli articoli 337 ter e 337 octies c.c..
Il ricorrente si duole che la Corte di appello abbia omesso di prendere in considerazione la volontà del figlio, favorevole ad un rientro a Milano per vivere con il padre e la sua nuova famiglia, manifestata nel corso della CTU, e di motivare sulle ragioni della non condivisione nell’adozione del provvedimento impugnato.
2.3. I motivi vanno trattati congiuntamente perchè strettamente connessi. Sono inammissibili e vanno disattesi.
2.4. In proposito va rammentato che “L’audizione dei minori, già prevista nell’articolo 12 della Convenzione di New York sui diritti del fanciullo, è divenuta un adempimento necessario, nelle procedure giudiziarie che li riguardino, ed in particolare in quelle relative al loro affidamento ai genitori, ai sensi dell’articolo 6 della Convenzione di Strasburgo del 25 gennaio 1996, ratificata con la L. n. 77 del 2003, e dell’articolo 155-sexies c.c., introdotto dalla L. n. 54 del 2006, salvo che l’ascolto possa essere in contrasto con gli interessi superiori del minore. Costituisce, pertanto violazione del principio del contraddittorio e dei principi del giusto processo il mancato ascolto che non sia sorretto da espressa motivazione sull’assenza di discernimento che ne puo’ giustificare l’omissione, in quanto il minore è portatore d’interessi contrapposti e diversi da quelli del genitore, in sede di affidamento e diritto di visita e, per tale profilo, è qualificabile come parte in senso sostanziale.” (Cass. Sez. U. n. 22238 del 21/10/2009) e che l’audizione del minore infradodicenne capace di discernimento puo’ avvenire direttamente da parte del giudice ovvero, su mandato di questi, di un consulente o del personale dei servizi sociali, salvo che il giudice non ritenga, con specifica e circostanziata motivazione, l’esame manifestamente superfluo o in contrasto con l’interesse del minore (Cass.n. 3913 del 16/02/2018, tra molte).
Come è stato chiarito, con specifico riferimento alla funzione ed agli obiettivi perseguiti “… l’ascolto del minore di almeno dodici anni, e anche di età minore ove capace di discernimento, costituisce una modalità, tra le piu’ rilevanti, di riconoscimento del suo diritto fondamentale ad essere informato e ad esprimere le proprie opinioni nei procedimenti che lo riguardano, nonchè elemento di primaria importanza nella valutazione del suo interesse.” (Cass. n. 6129 del 26/03/2015), anche se le sue dichiarazioni non vincolano il giudice nell’adozione dei provvedimenti nel superiore interesse del minore.
2.5. Tanto premesso, osserva la Corte che tali principi risultano rispettati nella decisione impugnata e che quanto prospettato dal ricorrente non trova riscontro in atti.
Innanzi tutto va osservato che, dalla lettura del decreto si evince – come rimarcato nel controricorso e nelle conclusioni rassegnate dal PG – che il minore fu ascoltato nel corso del primo grado a cura del CTU e che questi tenne conto delle sue dichiarazioni nell’ambito dell’approfondito esame delle risultanze istruttorie confluite nell’elaborato peritale, posto a fondamento dei provvedimenti adottati dal giudice.
Risultano espresse anche le ragioni per cui la Corte di appello ha disatteso il desiderio manifestato dal figlio di rientrare in Milano dal padre: segnatamente, viene rimarcato che tale desiderio appariva conseguire al comportamento tenuto dal padre in opposizione alla madre, comportamento tale da indurre il minore “a schierarsi nel conflitto fra i genitori a favore del padre” ed a “manifestare l’insistente desiderio del suo rientro a Milano e la sua impossibilità di inserirsi nell’ambiente materno” e da coinvolgerlo “in un ruolo ed in scelte e decisioni che competono agli adulti” (fol.2).
Da cio’ si desume che entrambe le doglianze risultano assertive, non si confrontano con l’effettivo decisum e con i profili motivazionali chiaramente esplicitati, nè illustrano con la dovuta specificità – come era onere della parte (Cass. n. 7177 del 2/8/1997) – in che termini ed in che modo la questione sia stata posta: vanno pertanto dichiarate inammissibili.
3.1. Con il terzo motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione del’articolo 709 ter c.p.c.in merito alla conferma della misura dell’ammonimento inflitta dal Tribunale di Treviso a carico del (*).
3.2. Anche questo motivo è inammissibile perchè il ricorrente, lungi dal criticare la decisione impugnata, si limita a riproporre la propria tesi ed i propri convincimenti.
4.1. Con il quarto motivo si denuncia l’omessa pronuncia e la violazione e falsa applicazione del’articolo 91 c.p.c..
Il ricorrente si duole che, a fronte del reclamo proposto in merito alla condanna alle spese con parziale compensazione pronunciata a suo carico dal primo giudice, la Corte di appello abbia omesso di pronunciarsi e cio’ nonostante egli avesse evidenziato che la (*) doveva ritenersi la parte maggiormente soccombente.
4.2. Con il quinto motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione degli articoli 91 c.p.c. e ss. quanto alla condanna alle spese di lite. Il ricorrente si duole che la Corte di appello abbia compensato le spese di lite, dovendo invece, a suo dire, disporre la condanna a carico della (*) in ragione della soccombenza.
4.3. Il quarto motivo è infondato, quanto all’omessa pronuncia. Invero il rigetto del reclamo del (*) è comprensivo anche del rigetto dell’impugnazione sulla statuizione circa le spese di giudizio del primo grado.
4.4. I motivi quarto e quinto sono inammissibili, quanto alla violazione degli articoli 91 c.p.c. e ss. giacchè, come questa Corte ha già affermato, “In tema di spese processuali, il sindacato della Corte di cassazione, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, è limitato ad accertare che non risulti violato il principio secondo il quale le stesse non possono essere poste a carico della parte totalmente vittoriosa, per cui vi esula, rientrando nel potere discrezionale del giudice di merito, la valutazione dell’opportunità di compensarle in tutto o in parte, sia nell’ipotesi di soccombenza reciproca che in quella di concorso di altri giusti motivi.” (Cass. n. 24502 del 17/10/2017): posto che la reciproca soccombenza non è in discussione, il ricorrente sostanzialmente mira ad ottenere una nuova valutazione di merito.
5.1. In conclusione, il ricorso va rigettato. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza nella misura liquidata in dispositivo. Va disposto che in caso di diffusione della presente ordinanza siano omesse le generalità delle parti e dei soggetti in essa menzionati, a norma del Decreto Legislativo n. 196 del 2003, articolo 52.
Sussistono i presupposti per l’applicazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater.
P.Q.M.
– Rigetta il ricorso;
– Condanna il ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità che liquida nel compenso di Euro 4.000,00, oltre spese generali liquidate forfettariamente nella misura del 15%, Euro 200,00 per esborsi ed accessori di legge;
– Dispone che in caso di diffusione della presente ordinanza siano omesse le generalità delle parti e dei soggetti in essa menzionati, a norma del Decreto Legislativo n. 196 del 2003, articolo 52;
– Dà atto, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13.