Crisi d'Impresa e Insolvenza


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 21357 - pubb. 12/03/2019

Inopponibilità al curatore degli atti traslativi trascritti posteriormente al pignoramento ma prima della sentenza dichiarativa di fallimento

Cassazione civile, sez. I, 26 Febbraio 2019, n. 5655. Est. Pazzi.


Fallimento – Processo esecutivo – Atto di vendita trascritto dopo il pignoramento e prima del fallimento



In linea generale l’atto di alienazione di un bene immobile, compiuto e trascritto dopo la trascrizione del pignoramento, è inopponibile all’esecuzione individuale in corso, benché tale inopponibilità sia non assoluta e rimanga condizionata alla permanenza del processo esecutivo, di modo che, in caso di estinzione del processo esecutivo prima dell’aggiudicazione o dell’assegnazione, ex art. 632 c.p.c., diventano inefficaci tutti gli atti compiuti in precedenza e tra questi anche il pignoramento.

Costituisce eccezione a questo principio il venir meno della procedura esecutiva che dipenda dalla sopravvenuta dichiarazione di fallimento del debitore esecutato, in quanto in questo caso l’esecuzione individuale si trasforma in esecuzione collettiva, i cui effetti sostanziali e processuali decorrono dal pignoramento, sicché il curatore può giovarsi dell’inopponibilità prevista contro gli atti traslativi trascritti posteriormente al pignoramento ma prima della sentenza dichiarativa di fallimento. (Redazione IL CASO.it) (riproduzione riservata)


 


Fatti di causa

1. Il Tribunale di Latina, con sentenza depositata in data 7 giugno 2007, in parziale accoglimento della domanda proposta dal fallimento (*) s.p.a. nei confronti del fallimento (*) s.p.a. dichiarava inefficace nei confronti della massa dei creditori della procedura attrice, limitatamente a due soli beni immobili, l’atto con cui (*) s.p.a. ancora in bonis aveva trasferito a titolo di conferimento a (*) s.p.a., compagine appartenente al medesimo gruppo imprenditoriale, un complesso aziendale sito in (*), in quanto all’atto del conferimento, avvenuto il 9 settembre 1999, su tali immobili già gravava un vincolo pignoratizio nei cui effetti la procedura concorsuale era subentrata ai sensi della L. Fall., art. 107.

2. La Corte d’Appello di Roma, con sentenza depositata in data 13 maggio 2013, respingeva l’appello proposto dal fallimento (*) s.p.a.: l’unica doglianza presentata - volta a sostenere che l’estinzione della procedura esecutiva verificatasi dopo la dichiarazione di fallimento di (*) s.p.a. aveva comportato l’inefficacia retroattiva e originaria degli atti esecutivi in precedenza compiuti, ivi compreso il pignoramento immobiliare, di modo che gli atti di disposizione del patrimonio compiuti da (*) s.p.a. in bonis dovevano considerarsi pienamente efficaci - non poteva infatti essere condivisa in quanto, una volta verificatasi la sostituzione ope legis del curatore al creditore in conseguenza della formale pendenza della procedura esecutiva al momento della dichiarazione di fallimento, l’effetto che ne era derivato permaneva, a prescindere dagli esiti terminali dell’esecuzione individuale.

Nel caso di specie gli effetti sostanziali del pignoramento perduravano nei confronti della curatela di (*) s.p.a., essendosi oramai consumato al venir meno della procedura esecutiva l’automatico subentro del curatore al creditore procedente, e la successiva dichiarazione di improcedibilità risultava del tutto indifferente verso la medesima curatela e la relativa massa dei creditori.

3. Ha proposto ricorso per cassazione avverso questa pronuncia il fallimento (*) s.p.a., affidandosi a due motivi di impugnazione.

Ha resistito con controricorso il fallimento (*) s.p.a..

La sesta sezione di questa Corte, originariamente investita della decisione della controversia, ha ritenuto insussistenti i presupposti per la trattazione del ricorso in camera di consiglio ai sensi dell’art. 375 c.p.c. e ha rimesso la causa alla pubblica udienza della Prima sezione.

Entrambe le parti hanno depositato memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c..

 

Ragioni della decisione

4.1 Il primo motivo di ricorso denuncia la violazione dell’art. 567 c.p.c. in relazione all’erronea interpretazione della L. Fall., art. 107 nel testo all’epoca vigente, con conseguente falsa applicazione dell’art. 2913 c.c.: in tesi di parte ricorrente il motivo di appello sarebbe stato mal interpretato dalla corte territoriale, la quale non avrebbe inteso che il gravame era volto non tanto a mettere in discussione l’ammissibilità e la legittimità del subentro del curatore al creditore procedente L. Fall., ex art. 107, ma a rilevare l’estinzione della procedura per il mancato rispetto, da parte del curatore oramai subentrato, del disposto dell’art. 567 c.p.c., con il conseguente venir meno di tutti gli atti esecutivi compiuti in precedenza, dovendosi ritenere che il curatore, una volta esercitata l’opzione per la prosecuzione dell’esecuzione individuale, fosse tenuto a seguire le regole proprie della stessa, producendo la necessaria documentazione ipocatastale.

In questo modo il collegio d’appello non avrebbe adeguatamente considerato che il curatore, intervenuto anche formalmente nella procedura esecutiva individuale, aveva lasciato estinguere la medesima dopo esservi subentrato ed avrebbe erroneamente interpretato l’indirizzo giurisprudenziale a cui aveva fatto richiamo ritenendo che gli effetti protettivi del pignoramento permanessero qualunque fosse stato l’esito terminale della procedura esecutiva individuale, a prescindere dalla scelta del curatore di trasferire o meno la liquidazione del bene in sede fallimentare; al contrario si sarebbe dovuto ritenere che nel caso di specie, ove la procedura esecutiva era stata lasciata estinguere ex art. 567 c.p.c. a seguito del subentro del curatore, la relativa declaratoria avesse travolto non tanto la sostituzione processuale del curatore al singolo creditore, come la corte territoriale aveva erroneamente creduto, quanto invece tutti gli atti esecutivi già perfezionati in precedenza, anche sotto il profilo del mantenimento degli effetti protettivi sostanziali del pignoramento.

4.2 Il secondo mezzo lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la violazione dell’art. 630 c.p.c., comma 3: la corte territoriale aveva escluso che la sopravvenuta estinzione della procedura esecutiva avesse travolto la sostituzione processuale del curatore al singolo creditore ritenendo che la stessa, una volta verificatasi, permanesse nei suoi effetti a prescindere dagli effetti terminali dell’esecuzione individuale e in questo modo avrebbe trascurato di considerare che l’estinzione era stata pronunciata con ordinanza non reclamata e vincolante inter partes, a cui necessariamente doveva fare seguito la cancellazione del pignoramento ai sensi dell’art. 632 c.p.c.; la Corte d’Appello avrebbe perciò fondato la propria decisione sulla persistenza degli effetti protettivi del pignoramento, pur in presenza di un provvedimento del giudice dell’esecuzione che dichiarava l’estinzione della procedura esecutiva e ordinava la cancellazione del pignoramento, in violazione dell’art. 630 c.p.c., comma 3 e del giudicato formatosi in assenza di reclamo.

5. Ambedue i motivi, da trattarsi congiuntamente in ragione della loro stretta connessione, non meritano accoglimento.

5.1 Le critiche sono volte nella sostanza a sostenere che, una volta verificatosi il subentro di pieno diritto del curatore fallimentare nella procedura esecutiva pendente alla data della dichiarazione di fallimento al posto del creditore procedente, le regole della procedura esecutiva individuale - e segnatamente il mancato rispetto del disposto dell’art. 567 c.p.c. - abbiano inficiato l’esito preteso dalla procedura fallimentare attrice in termini di inefficacia del conferimento immobiliare effettuato in epoca successiva alla trascrizione del pignoramento e inopponibilità del medesimo alla massa dei creditori.

L’assunto non è condivisibile.

La giurisprudenza di questa Corte, a più riprese (si vedano in questo senso, per tutte, Cass. 16/7/2005 n. 15103 e Cass. 15/4/1999 n. 3729), ha sostenuto che ove, prima della dichiarazione di fallimento, sia stata iniziata da un creditore l’espropriazione di uno o più immobili del fallito il curatore, a norma della L. Fall., art. 107, si sostituisce al creditore istante e tale sostituzione opera di diritto, senza che sia necessario un intervento da parte del curatore o un provvedimento di sostituzione da parte del giudice dell’esecuzione; nel caso in cui poi il curatore ritenga di attuare altre forme di esecuzione, la procedura individuale, non proseguita, per sua scelta, dal curatore, né proseguibile, ai sensi della L. Fall., art. 51, dal creditore istante, diventa improcedibile, ma tale improcedibilità non determina la caducazione degli effetti sostanziali del pignoramento giacché nella titolarità di quegli effetti è già subentrato, automaticamente e senza condizioni, il curatore, a mente della L. Fall., art. 107.

Ciò in quanto - come ha sottolineato in passato attenta dottrina – la L. Fall., art. 107, nel testo applicabile ratione temporis, è volto a salvaguardare la piena attitudine del pignoramento a produrre effetti a vantaggio dell’intero ceto creditorio, a prescindere da scelte o attività compiute eventualmente a posteriori dal curatore.

Dunque in linea generale l’atto di alienazione di un bene immobile, compiuto e trascritto dopo la trascrizione del pignoramento, è inopponibile all’esecuzione individuale in corso, benché tale inopponibilità sia non assoluta e rimanga condizionata alla permanenza del processo esecutivo, di modo che, in caso di estinzione del processo esecutivo prima dell’aggiudicazione o dell’assegnazione, ex art. 632 c.p.c., diventano inefficaci tutti gli atti compiuti in precedenza e tra questi anche il pignoramento.

Costituisce eccezione a questo principio il venir meno della procedura esecutiva che dipenda dalla sopravvenuta dichiarazione di fallimento del debitore esecutato, in quanto in questo caso l’esecuzione individuale si trasforma - a mente della L. Fall., art. 107 nel testo vigente illo tempore e a tutela incondizionata dell’intero ceto creditorio - in esecuzione collettiva, i cui effetti sostanziali e processuali decorrono dal pignoramento, sicché il curatore può giovarsi dell’inopponibilità prevista contro gli atti traslativi trascritti posteriormente al pignoramento ma prima della sentenza dichiarativa di fallimento.

Rimane così irrilevante l’esito del procedimento esecutivo in corso alla data di apertura del fallimento.

Venuta meno l’azione esecutiva (ambito nel quale il debitore alienante, dal punto di vista processuale, rimane il soggetto passivo del processo esecutivo e le alienazioni successive alla trascrizione del pignoramento sono affette, ex art. 2913 c.c., da inefficacia relativa nei confronti del creditore procedente e dei creditori intervenuti, ovvero, in caso di subentro del curatore, rispetto alla massa dei creditori), l’azione promossa dal fallimento (*) s.p.a. avverso il fallimento (*) s.p.a. è stata finalizzata ad accertare e far valere nei confronti del terzo acquirente (divenuto tale in epoca posteriore al pignoramento, ma anteriore alla sentenza dichiarativa di fallimento), il cui patrimonio è estraneo all’attivo fallimentare, questo subentro, automatico e incondizionato, dei curatore negli effetti sostanziali del pignoramento già effettuato.

5.2 Occorre poi sottolineare come l’odierna parte ricorrente - la quale ha inteso proporre motivi riguardanti pretesi vizi di attività senza dolersi di alcun omesso esame di fatti di valenza decisiva e già oggetto di discussione fra le parti - non abbia addotto alcun argomento utile per porre in discussione o superare i principi in precedenza illustrati.

In particolare gli accertamenti in fatto compiuti dalla corte distrettuale sono di tenore ben diverso dalle prospettazioni del ricorrente, dato che la sentenza impugnata fa riferimento, inequivoco e reiterato, a una formale declaratoria di improcedibilità - e non di estinzione - adottata a chiusura della procedura esecutiva, non menziona alcuna cancellazione del pignoramento già trascritto e, soprattutto, non accenna ad alcun intervento del curatore nella procedura esecutiva già in corso.

A fronte di un simile accertamento degli accadimenti concernenti lo sviluppo del procedimento esecutivo e costituenti il presupposto in fatto dell’azione proposta dal fallimento (*) s.p.a., non si può che constatare come gli assunti della procedura ricorrente si fondino su allegazioni in fatto che risultano del tutto estranee al contenuto della sentenza impugnata e alle verifiche ivi compiute dal giudice di merito, in maniera insindacabile in questa sede, e non quindi possano essere tenuti in alcun conto da questa Corte.

6. In forza dei motivi sopra illustrati il ricorso deve essere respinto.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

 

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in Euro 7.200, di cui Euro 200 per esborsi, oltre accessori come per legge e contributo spese generali nella misura del 15%.

Ai sensi della D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.