Diritto Bancario e Finanziario
Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 20538 - pubb. 28/09/2018
Legittimo il protesto a nome del correntista se l’assegno da lui non firmato non è riferibile ad altri
Cassazione civile, sez. II, 23 Luglio 2018, n. 19487. Est. Scalisi.
Assegno – Recante firma illeggibile e diversa dallo specimen – Protestabilità del titolare del conto
Nell’ipotesi in cui sull’assegno sia apposta una firma illeggibile (o parzialmente non leggibile) diversa dallo specimen depositato in banca, se non si possa ritenere con probabile certezza che il soggetto che ha firmato l’assegno è diverso dal titolare del conto, il protesto può essere elevato a nome dell’intestatario del conto.
[Nella fattispecie, l’assegno, tratto sul conto corrente di una s.r.l., recava una firma in parte illeggibile ma sicuramente non riferibile all’amministratore, ma neppure era stato denunciato il furto o lo smarrimento del titolo, cosicché non si poteva identificare con certezza un soggetto traente diverso dal titolare del conto. La Corte ha pertanto confermato la legittimità del protesto levato a nome della società correntista.] (Redazione IL CASO.it) (riproduzione riservata)
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PETITTI Stefano - Presidente -
Dott. ORILIA Lorenzo - Consigliere -
Dott. BELLINI Ubaldo - Consigliere -
Dott. COSENTINO Antonello - Consigliere -
Dott. SCALISI Antonino - rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
Svolgimento del processo
La società Istituto di D., con sede in Taranto con ricorso del 16 giugno 2011, impugnava innanzi al Giudice di Pace di Taranto, chiedendone l'annullamento, la Determinazione dirigenziale del V. Segretario Generale della Camera di Commercio di Taranto di iscrizione nell'elenco informatico dei soggetti protestati. Il motivo dell'iscrizione era il protesto di un assegno bancario irregolare perchè recante firma non riferibile al correntista ma non denunciato smarrito o rubato.
Si costituiva la C.C.I.A. di Taranto chiedendo il rigetto del ricorso perchè infondato in fatto ed in diritto.
Il Giudice di Pace, con sentenza n. 2291 del 2012, accogliendo la tesi della resistente, dichiarava inammissibile per tardività il ricorso richiamando a sostegno del deciso, il disposto della L. n. 77 del 1955, art. 4 ed, in particolare, il comma 4 che dispone: "in caso di reiezione dell'istanza o di mancata decisione della stessa da parte del responsabile dirigente dell'Ufficio protesti, entro il termine di cui al comma 3 l'interessato può ricorrere all'autorità giudiziaria ordinaria.
Avverso tale sentenza proponeva appello la società Centro D. Taranto, eccependo l'erroneità della dichiarazione di inammissibilità perchè il termine di venti giorni di cui al comma 4 della L. n. 77 del 1950 era un termine concesso all'autorità amministrativa per provvedere sull'istanza e come termine di formazione del silenzio rifiuto.
Si costituiva la C.C.I.A. contestando la fondatezza dell'appello.
Il Tribunale di Taranto, con sentenza n. 110 del 2014, rigettava l'appello. Secondo il Tribunale, l'impugnazione sebbene ammissibile, e tempestiva, contrariamente a quanto aveva affermato il GdP di Taranto, andava rigettata nel merito trattandosi di assegno tratto sul c/c della società S.r.l. ricorrente recante una firma in parte illeggibile ma sicuramente non riferibile all'amministratore A.I.; correttamente, la CCIA aveva proceduto alla pubblicazione del protesto con la dizione "assegno recante una firma di traenza illeggibile non corrispondente allo speciem", data l'impossibilità di identificare l'autore della firma parzialmente illeggibile, imponesse all'Ufficio la pubblicazione del protesto a nome del correntista e non potendosi optare per la pubblicazione a soggetto ignoto, così imponendo di fare la circolare ministeriale 3512/C. La cassazione di questa sentenza è stata chiesta dalla società D. S.r.l. con ricorso affidato a due motivi. La CCIA di Taranto, intimata, in questa fase non ha svolto attività giudiziale.
Motivi della decisione
1.= Con il primo motivo di ricorso la società D. Taranto lamenta la violazione di legge ex art. 360 c.p.c., n. 3, in relazione al R.D. n. 1736 del 1933, artt. 62 e 63. Secondo la ricorrente, il Tribunale di Taranto, nel ritenere legittimo il protesto a nome del correntista, non avrebbe tenuto presente la distinzione tra firma illeggibile che, comunque, può essere ricondotta al correntista, e firma non riconducibile al correntista anche se parzialmente illeggibile e che solo nella prima ipotesi il protesto va elevato a nome del correntista.
1.1.= Il motivo è infondato, perchè non coglie l'effettiva ratio decidendi della sentenza..
Va qui ribadito che funzione essenziale del protesto dei titoli di credito è la rilevazione mediante un atto formale, pubblico e solenne, del rifiuto dell'accettazione o del pagamento del titolo da parte del trattario al fine di conservare l'esercizio dell'azione di regresso contro il girante, il traente e gli altri obbligati (R.D. n. 1736 del 1933, art. 10 e art. 45, n. 1). Le ipotesi in cui l'Istituto bancario rifiuta il pagamento dell'assegno possono essere diverse: furto, smarrimento, firma apposta sull'assegno illeggibile e non rispondente allo specimen depositato in banca; firma apposta sull'assegno da persona diversa dal titolare del conto bancario.
Ora, come pure ha chiarito questa Corte, in altra occasione (Cass. 16 luglio 2010, n. 1661), nel caso in cui la firma di traenza indichi un nome completamente diverso dal titolare del conto corrente, tale che non sia, in alcun modo, possibile ingenerare nella banca trattaria il dubbio dell'apparente riferibilità dell'assegno al predetto titolare, non vi è ragione di elevare il protesto a suo nome, giacchè è sufficiente, al fine di conservare l'azione di regresso contro gli obbligati, che il protesto sia levato a nome di colui che risulta aver emesso l'assegno, non essendovi neppure interesse a conoscere il nome del titolare del conto su cui l'assegno è tratto, nè la sua solvibilità, in quanto non si è formalmente obbligato per la relativa somma, e conseguentemente risulta del tutto non inadempiente.
Da questa, però, deve essere tenuta distinta l'ipotesi di una firma apposta sull'assegno illeggibile (o parzialmente non leggibile), diversa dallo specimen, depositato in banca, perchè in questa ipotesi, non potendosi ritenere con probabile certezza che il soggetto che abbia firmato l'assegno sia diverso dal titolare del conto, in forza di altri elementi emergenti dallo stesso assegno, e in ragione dell'obbligo di custodia degli assegni gravante sul titolare del conto, il protesto può essere elevato a nome dell'intestatario del conto. E, ciò, soprattutto, se in questa ipotesi non è stato denunziato nè lo smarrimento nè il furto del titolo. Come chiarisce la circolare del Ministero dell'Industria (n. 3512/C) nell'ipotesi di una firma illeggibile o parzialmente illeggibile diversa dallo specimen depositato in banca, in assenza di denuncia di smarrimento e di furto, gli Uffici periferici della CCIAA devono provvedere alla pubblicazione del protesto con il codice 32 e con la dizione "assegno recante una firma di traenza illeggibile e non corrispondente allo specimen depositato in banca".
Ora, il caso in esame è riconducibile alla seconda ipotesi proprio perchè, come ha avuto modo di specificare la Corte distrettuale e come è stato confermato dalla stessa parte ricorrente: "(...) l'assegno in questione tratto sul c/c della società indicata in epigrafe, recava una firma in parte illeggibile ma, sicuramente, non riferibile all'Amministratrice A.I. (cfr speciem depositato in Banca) (....)", cioè una firma che non consentiva di identificare con ragionevole certezza un soggetto diverso dal titolare del conto.
2.= Con il secondo motivo il ricorrente lamenta l'omesso esame di un fatto controverso oggetto di discussione tra le parti decisivo per il giudizio (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5). Secondo il ricorrente, il Tribunale di Taranto, avrebbe omesso di esaminare la sottoscrizione per valutare la riferibilità al correntista ovvero la macroscopica ed evidente differenza con la sottoscrizione apposta sullo specimen e ciò al fine di valutare se la pubblicazione del correntista sull'elenco dei soggetti protestati fosse o meno legittima 2.1.= Il motivo rimane assorbito dal rigetto del primo motivo.
In definitiva, il ricorso va rigettato. Non occorre provvedere alla liquidazione delle spese posto che la CCIAA di Taranto intimata in questa fase non ha svolto attività giudiziale. Il Collegio dà atto che, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso, dà atto che, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater sussistono i presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Seconda Sezione Civile di questa Corte di Cassazione, il 2 febbraio 2018.
Depositato in Cancelleria il 23 luglio 2018.