Diritto Civile


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 20366 - pubb. 01/09/2018

Regione Sicilia: incostituzionale le norme in materia di elezione diretta del Presidente del libero Consorzio comunale e del relativo Consiglio

Corte Costituzionale, 20 Luglio 2018, n. 168. Est. Morelli.


Regione Siciliana - Liberi Consorzi comunali e Città metropolitane - Elezione del Presidente del libero Consorzio comunale e del Consiglio del libero Consorzio comunale - Previsione che gli stessi sono eletti, contestualmente, a suffragio universale e diretto dai cittadini iscritti nelle liste elettorali dei Comuni del libero Consorzio - Illegittimità costituzionale - Sussiste



Sono costituzionalmente illegittimi gli artt. da 1 a 6 e 7, lettere b), c) ed e), della legge della Regione Siciliana 11 agosto 2017, n. 17 (Disposizioni in materia di elezione diretta del Presidente del libero Consorzio comunale e del Consiglio del libero Consorzio comunale nonché del Sindaco metropolitano e del Consiglio metropolitano). (Redazione IL CASO.it) (riproduzione riservata)


 


SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 1, 2, 3, 4, 5, 6 e 7 della legge della Regione Siciliana 11 agosto 2017, n. 17 (Disposizioni in materia di elezione diretta del Presidente del libero Consorzio comunale e del Consiglio del libero Consorzio comunale, nonché del Sindaco metropolitano e del Consiglio metropolitano), promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso notificato il 26-31 ottobre 2017, depositato in cancelleria il 31 ottobre 2017, iscritto al n. 85 del registro ricorsi 2017 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 50, prima serie speciale, dell’anno 2017.

Visto l’atto di costituzione della Regione Siciliana;

udito nella udienza pubblica del 3 luglio 2018 il Giudice relatore Mario Rosario Morelli;

uditi l’avvocato dello Stato Pio Giovanni Marrone per il Presidente del Consiglio dei ministri e l’avvocato Felice Giuffrè per la Regione Siciliana.

 

Ritenuto in fatto

 

1.− Con il ricorso in epigrafe, illustrato anche con successiva memoria, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha impugnato – chiedendo di sospenderne, nelle more, l’esecuzione – gli artt. da 1 a 7 della legge della Regione Siciliana 11 agosto 2017, n. 17 (Disposizioni in materia di elezione diretta del Presidente del libero Consorzio comunale e del Consiglio del libero Consorzio comunale nonché del Sindaco metropolitano e del Consiglio metropolitano), denunciandone, per i motivi di cui si dirà nel “Considerato in diritto”, il contrasto, complessivamente, con gli artt. 3, 5 e 117, commi secondo lettera p), e terzo, della Costituzione – in relazione ai «principi di grande riforma economica e sociale» di cui all’art. 1, commi 19, 20, 22, 24, 25, 58 e seguenti, nonché 67, 69 e 84 della legge 7 aprile 2014 n. 56 (Disposizioni sulle città metropolitane, sulle province, sulle unioni e fusioni di comuni) – e con gli artt. 14, 15 e 17 del regio decreto legislativo 15 maggio 1946, n. 455 (approvazione dello statuto della Regione siciliana), convertito in legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 2.

2.– La Regione Siciliana, costituitasi, ha preliminarmente eccepito l’inammissibilità del ricorso, per asserita evocazione di parametri ulteriori rispetto a quelli indicati nella delibera del Consiglio dei ministri, oltre che per difetto di motivazione in ordine alla correlativa violazione; nel merito, ha contestato la fondatezza della impugnativa. Ha poi ribadito tali conclusioni con successiva memoria, con la quale ha comunque escluso che sussista il periculum in mora paventato dal ricorrente, poiché, con l’art. 1 della propria legge 18 aprile 2018, n. 7 (Norme transitorie in materia di elezione degli organi dei liberi consorzi comunali e delle città metropolitane e proroga commissariamento), le elezioni degli organi dei liberi Consorzi comunali e delle Città metropolitane (quali, appunto, previste dalle disposizioni impugnate) sono state differite a data (tra il 15 ottobre e il 15 dicembre 2018) successiva a quella (prevedibile) di deposito della decisione di questa Corte sul ricorso.

 

Considerato in diritto

 

1.– Il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha impugnato – con contestuale istanza di sospensione ex art. 35 della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale) – gli artt. da 1 a 7 della legge della Regione Siciliana 11 agosto 2017, n. 17 (Disposizioni in materia di elezione diretta del Presidente del libero Consorzio comunale e del Consiglio del libero Consorzio comunale nonché del Sindaco metropolitano e del Consiglio metropolitano), nella parte in cui, rispettivamente, prevedono: a) un procedimento elettorale a suffragio universale e diretto per il Presidente del libero Consorzio comunale (artt. 1 e 5), per il Sindaco metropolitano (artt. 2 e 5), per il Consiglio del libero Consorzio comunale (artt. 3 e 5) e per il Consiglio metropolitano (artt. 4 e 5); b) un numero di componenti del Consiglio del libero Consorzio comunale e del Consiglio metropolitano superiore a quello previsto dalla legislazione statale (artt. 3 e 4); c) la corresponsione al Presidente del libero Consorzio comunale e al Sindaco metropolitano di un’indennità di carica pari a quella spettante al Sindaco del Comune capoluogo del relativo libero Consorzio comunale o della relativa Città metropolitana (art. 6); d) la cessazione degli organi, e la gestione commissariale, degli enti di area vasta nelle more dell’insediamento degli organi dei liberi Consorzi comunali e delle Città metropolitane eletti a suffragio universale (art. 7, id est: art. 7, lettere b, c, ed e).

Tali disposizioni, secondo il ricorrente, violerebbero, nel loro complesso, gli artt. 3, 5, 117, secondo comma, lettera p), e 117, terzo comma, della Costituzione, in relazione all’art. 1, commi 19, 20, 22, 24, 25, 58 e seguenti, 67, 69 e 84, della legge 7 aprile 2014, n. 56 (Disposizioni sulle città metropolitane, sulle province, sulle unioni e fusioni di comuni), nonché gli artt. 14, 15 e 17 del regio decreto legislativo 15 maggio 1946, n. 455 (approvazione dello statuto della Regione siciliana), convertito in legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 2. Ciò sul presupposto che la scelta di un sistema elettorale diretto per l’individuazione dei Presidenti dei liberi Consorzi comunali e dei Sindaci metropolitani, nonché dei componenti dei Consigli dei liberi Consorzi comunali e dei Consigli metropolitani − indicati in misura maggiore rispetto alla normativa statale − e la previsione di un’indennità di carica per il Presidente del libero Consorzio comunale e per il Sindaco metropolitano, contrasterebbero, appunto, con la disciplina “armonizzante” sottesa al progetto di riforma avviato con la legge n. 56 del 2014 e con le norme fondamentali di riforma economico-sociale in essa previste, con conseguente lesione del riparto di competenze legislative costituzionalmente garantito, nonché del principio di ragionevolezza, nella parte in cui le norme censurate darebbero luogo, per la Regione Siciliana, ad una disciplina diversa da quella prevista, in materia, per l’intero territorio nazionale, con un vulnus al rapporto che il principio di autonomia, come declinato nell’art. 5 Cost., deve avere con quello di unità.

2.– La Regione resistente, prima ancora della non fondatezza della impugnativa, ne ha eccepito l’inammissibilità, atteso che «tutti i rubricati motivi indicano parametri ulteriori rispetto a quelli individuati nella delibera del Consiglio dei Ministri del 13 ottobre 2017, che mai fa riferimento alle norme statutarie né al contrasto con i principi e le norme fondamentali di riforma economico-sociale della Repubblica»; perché con riguardo a tutte le censure «il ricorso difetta di adeguato svolgimento argomentativo in ordine ai parametri evocati» e «non precisa le ragioni per le quali le norme della legge 56 del 2014 si configurano come parametro interposto in relazione alle norme e ai principi costituzionali e agli articoli dello Statuto»; e perché non sarebbero «illustrate le ragioni per cui in una Regione ad autonomia speciale dovrebbero trovare applicazione le disposizioni del titolo V della seconda parte della Costituzione in luogo di quelle ricavabili dallo statuto speciale in forza delle quali la Regione è dotata di potestà legislativa primaria in materia di ordinamento degli enti locali».

 

2.1.– Nessuna di tali eccezioni è fondata.

Nella relazione del Dipartimento per gli affari regionali, allegata alla (e richiamata dalla) delibera di autorizzazione, oltre agli artt. 117, secondo comma, lettera p), 117, terzo comma, 3 e 5 Cost., si richiamano espressamente, infatti, anche gli «articoli 14, 15 e 17 dello Statuto speciale della Regione».

Il ricorso motiva, inoltre, adeguatamente il ruolo di parametro interposto attribuito alle disposizioni della legge n. 56 del 2014: sia in relazione alle evocate norme costituzionali (con il ritenere quelle disposizioni riconducibili alla competenza esclusiva dello Stato in materia elettorale e a principi inderogabili in materia di coordinamento della finanza pubblica), sia in relazione alle norme statutarie, là dove si denuncia il mancato rispetto di principi e norme fondamentali di riforma economico-sociale (quali appunto individuati nelle richiamate disposizioni della legge n. 56 del 2014), e si ravvisa proprio in ciò il “limite” che lo statuto di autonomia porrebbe all’esercizio dei poteri legislativi della Regione.

3.– I primi sei articoli, nonché l’art. 7, lettere b), c) ed e), della legge della Regione Siciliana n. 17 del 2017, che vengono all’esame nel merito, sostituiscono, o modificano, rispettivamente, gli artt. 6, 13, 7-bis, commi da 5 a 8, 14-bis, commi da 5 a 8-bis, 18, 20, 7, comma 1, 14 e 51 della legge della Regione Siciliana 4 agosto 2015, n. 15 (Disposizioni in materia di liberi Consorzi comunali e Città metropolitane), come successivamente modificata e integrata, facendo sostanzialmente rivivere alcune delle disposizioni della predetta legge del 2015: in particolare quelle di cui agli artt. 6 e 13, sulla elezione del Presidente del libero Consorzio comunale e del Sindaco metropolitano, ed all’art. 20, sulle indennità per le cariche negli organi degli enti di area vasta. Disposizioni, queste ultime, già censurate, in riferimento ai medesimi odierni parametri costituzionali e statutari, con ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri (reg. ric. n. 89 del 2015), in relazione al quale, con sentenza n. 277 del 2016, è stata dichiarata la cessazione della materia del contendere, in ragione del satisfattivo ius superveniens di cui alle leggi della Regione Siciliana 12 novembre 2015, n. 28 (Modifiche alla legge regionale 4 agosto 2015, n. 15 in materia di elezione degli organi degli enti di area vasta e proroga della gestione commissariale), 1° aprile 2016, n. 5 (Modifiche alla legge regionale 4 agosto 2015, n. 15 “Disposizioni in materia di liberi Consorzi comunali e Città metropolitane”), 17 maggio 2016, n. 8 (Disposizioni per favorire l’economia. Norme in materia di personale. Disposizioni varie), 10 agosto 2016, n. 15 (Modifiche alla legge regionale 4 agosto 2015, n. 15 in materia di elezione dei Presidenti dei liberi Consorzi comunali e dei Consigli metropolitani e di proroga della gestione commissariale), 23 ottobre 2016, n. 23 (Norme transitorie in materia di elezione degli organi degli enti di area vasta).

4.– La legge della Regione Siciliana n. 17 del 2017 − ultimo atto di un travagliato iter di riforma, connotato da un altalenante rapporto di omogeneità-disomogeneità rispetto alla legge statale n. 56 del 2014, in alcuni suoi contenuti, peraltro, addirittura anticipata dalla legge della Regione Siciliana 27 marzo 2013, n. 7 (Norme transitorie per l’istituzione dei liberi Consorzi comunali) − reintroduce, dunque, ora, nei suoi artt. 1 e 2, l’elezione diretta «a suffragio universale» del Presidente del «libero Consorzio comunale» (ente di area vasta composto dai Comuni di una corrispondente ex circoscrizione provinciale, ex art. 15, secondo comma, dello statuto speciale) e del Sindaco metropolitano; e disciplina, nei successivi artt. 3 e 4, l’elezione diretta «a suffragio universale» del Consiglio del libero Consorzio comunale e del Consiglio metropolitano.

4.1.– La legge n. 56 del 2014 (cosiddetta legge “Delrio”) – cui l’Avvocatura dello Stato ricollega, per interposizione, la violazione degli evocati parametri costituzionali e statutari – dispone, viceversa, che «[i]l sindaco metropolitano è di diritto il sindaco del comune capoluogo» (art. 1, comma 19); «[i]l consiglio metropolitano è eletto dai sindaci e dai consiglieri comunali […]» (art. 1, comma 25); «[i]l presidente della provincia è eletto dai sindaci e dai consiglieri della provincia» (art. 1, comma 58); «[i]l consiglio provinciale è eletto dai sindaci e dai consiglieri comunali dei comuni della provincia» (art. 1, comma 69).

4.2.– La Regione resistente non contesta la radicale difformità della nuova disciplina, da essa introdotta con la legge impugnata, rispetto alla corrispondente disciplina statale in tema di elezione (indiretta) degli organi di vertice degli enti di area vasta. Sostiene, però, che nelle su richiamate disposizioni della legge “Delrio” non siano rinvenibili «principi di grande riforma economica e sociale […] in grado di vincolare la competenza esclusiva in materia di enti locali», propria della Regione. Ciò che, a suo avviso, troverebbe conferma nell’art. 1, comma 22, della stessa legge “Delrio”, là dove prevede la possibilità della «elezione diretta del sindaco e del consiglio metropolitano».

La sentenza n. 50 del 2015 di questa Corte – aggiunge la resistente – con il prevedere «che il carattere rappresentativo ed elettivo degli organi di governo del territorio non venga meno in caso di elezioni di secondo grado», lascerebbe appunto «evince[re] che il principio da rispettare anche da parte della Regione è quello della rappresentatività e non del tipo di procedimento elettorale».

4.3.– La tesi difensiva della Regione Siciliana – che tende a confinare i «principi di grande riforma economica e sociale per la disciplina di città e aree metropolitane», di cui al comma 5 dell’art. 1 della legge n. 56 del 2014, esclusivamente nel nuovo assetto funzionale degli enti di area vasta, negandone l’estensione al meccanismo di elezione di secondo grado degli organi delle Città metropolitane e delle Province – non è condivisibile.

Questa Corte ha già avuto occasione di affermare che «il novellato art. 114 Cost., nel richiamare al proprio interno, per la prima volta, l’ente territoriale Città metropolitana, ha imposto alla Repubblica il dovere della sua concreta istituzione. È proprio, infatti, tale esigenza costituzionale che fonda la competenza legislativa statale alla istituzione del nuovo ente, che non potrebbe, del resto, avere modalità di disciplina e struttura diversificate da Regione a Regione, senza con ciò porsi in contrasto con il disegno costituzionale che presuppone livelli di governo che abbiano una disciplina uniforme, almeno con riferimento agli aspetti essenziali» (sentenza n. 50 del 2015). Ed ha più volte ribadito che l’intervento di riordino di Province e Città metropolitane, di cui alla citata legge n. 56 del 2014, rientra nella competenza esclusiva statale nella materia «legislazione elettorale, organi di governo e funzioni fondamentali di Comuni, Province e Città metropolitane», ex art. 117, secondo comma, lettera p), Cost. (sentenze n. 32 del 2017, n. 202 e n. 159 del 2016).

Il “modello di governo di secondo grado”, adottato dal legislatore statale, diversamente da quanto sostenuto dalla Regione, rientra, tra gli «aspetti essenziali» del complesso disegno riformatore che si riflette nella legge stessa.

I previsti meccanismi di elezione indiretta degli organi di vertice dei nuovi «enti di area vasta» sono, infatti, funzionali al perseguito obiettivo di semplificazione dell’ordinamento degli enti territoriali, nel quadro della ridisegnata geografia istituzionale, e contestualmente rispondono ad un fisiologico fine di risparmio dei costi connessi all’elezione diretta.

Né rileva, in contrario, il disposto del comma 22 dell’art. 1 della legge n. 56 del 2014, invocato dalla Regione nella parte in cui afferma che «[l]o statuto della città metropolitana può prevedere l’elezione diretta del sindaco e del consiglio metropolitano».

Detta disposizione non configura, infatti, il preteso “modello alternativo” di elezione diretta del Sindaco e del Consiglio metropolitano, che la Regione Siciliana ritiene di poter adottare a suo piacimento. Prevede, invece, perché una tale opzione possa realizzarsi, una serie di necessarie condizioni: l’elezione diretta deve essere prevista «dallo statuto della città metropolitana»; può attuarsi con il sistema elettorale da determinarsi «con legge statale»; presuppone, inoltre, la previa articolazione del territorio del Comune capoluogo in più Comuni, su proposta del Comune capoluogo, con deliberazione del consiglio comunale, da sottoporre a referendum tra tutti i cittadini della Città metropolitana.

Le numerose e gravose condizioni – cui il legislatore del 2014 ha inteso subordinare la deroga al sistema generale di elezione indiretta degli organi di vertice degli enti di area vasta – risultano così sintomatiche dell’importanza che riveste, nella prospettiva del mutamento della geografia istituzionale e della semplificazione dell’ordinamento degli enti locali, la previsione sull’istituzione degli enti di secondo grado, quale aspetto-cardine del nuovo sistema.

Le disposizioni sulla elezione indiretta degli organi territoriali, contenute nella legge n. 56 del 2014, si qualificano, dunque, come «norme fondamentali delle riforme economico-sociali, che, in base all’art. 14 dello statuto speciale per la regione siciliana, costituiscono un limite anche all’esercizio delle competenze legislative di tipo esclusivo» (sentenza n. 153 del 1995; nello stesso senso sentenza n. 265 del 2013).

I parametri costituzionali ritualmente richiamati nell’odierno ricorso finiscono, quindi, con il riempire di contenuti il “limite” statutario contestualmente evocato, conseguendo, dalla correlativa violazione, l’illegittimità costituzionale delle disposizioni regionali sin qui esaminate.

E ciò a prescindere dall’ulteriore profilo di contrasto – diretto – delle nuove disposizioni regionali sulla elezione a suffragio universale del Presidente e del Consiglio del libero Consorzio comunale con l’art. 15 dello statuto di autonomia della Regione Siciliana, che ha riconfigurato le «soppress[e]» circoscrizioni provinciali su base, appunto, di “consorzi” tra comuni.

5.– Risultano, di conseguenza, costituzionalmente illegittimi anche i successivi artt. 5 e 7 della legge in esame: il primo in quanto disciplina il procedimento per le elezioni dirette previsto dai precedenti artt. da 1 a 4; il secondo nelle parti in cui regola, sub lettera b), la cessazione dalla carica di Presidente del libero Consorzio comunale e, sub lettera c), la cessazione dalla carica di Sindaco metropolitano; e detta, sub lettera e), una «Norma transitoria in materia di gestione commissariale degli enti di area vasta», nelle more dell’insediamento degli organi da eleggere a suffragio universale.

6.– L’art. 6 della legge reg. Siciliana n. 17 del 2017 – nel prevedere l’attribuzione di una «indennità di carica» al Presidente del libero Consorzio comunale ed al Sindaco metropolitano, nonostante la gratuità di siffatti incarichi prevista dalla legge n. 56 del 2014 – presenta, a sua volta, analoghi profili di illegittimità costituzionale.

La gratuità nell’esercizio delle funzioni – voluta dalla legge n. 56 del 2014 (che, in coerenza a questo obiettivo, ha fatto coincidere i sindaci metropolitani con i sindaci del Comune capoluogo, già percettori di un emolumento come tali) – costituisce, infatti, un profilo conseguenziale del principio di elezione indiretta degli organi di vertice dei ridisegnati enti territoriali, volto a ridurre la spesa corrente e a razionalizzare i costi degli enti locali; con la conseguenza che la Regione a statuto speciale, pur nel rispetto della sua autonomia, non può derogarvi.

7.– Anche la questione di legittimità costituzionale degli artt. 3 e 4 della legge in esame – nella residua parte in cui prevedono un numero di componenti del Consiglio del libero Consorzio comunale e del Consiglio metropolitano superiore alle soglie, rispettivamente, stabilite (per il consiglio provinciale e per il consiglio metropolitano) nei commi 67 e 20 dell’art. 1 della legge n. 56 del 2014 – è fondata.

I citati commi 67 e 20 fissano, infatti, in modo preciso ed uniforme il numero dei componenti dei suddetti organi consiliari, in rapporto alla popolazione insistente sul relativo territorio, in coerenza all’obiettivo di contenimento della struttura degli enti in questione e ad un’esigenza di risparmio di costi, che – anche indipendentemente dalla debenza di una indennità di carica (ciò che i censurati artt. 3 e 4 della legge regionale escludono) – sono, comunque, quelli collegati al funzionamento di una macchina organizzativa più appesantita e agli esborsi che un siffatto appesantimento comporta (anche in termini di rimborso delle spese vive).

La previsione della composizione numerica degli organi consiliari si inserisce pure essa, dunque, nel processo di ridimensionamento degli enti di area vasta come enti di secondo grado, e rappresenta uno dei fondamentali passaggi attuativi della correlata riforma.

Con la conseguenza che – nel prevedere che, nella sola Regione Siciliana, il numero dei componenti degli organi territoriali consiliari possa superare quello stabilito, sulla base di prefissati criteri, dal legislatore statale – la normativa regionale viola, anche per tal profilo, i richiamati parametri costituzionali.

8.– Va conclusivamente, pertanto, dichiarata l’illegittimità costituzionale degli artt. da 1 a 6 e 7, lettere b), c) ed e), della legge reg. Siciliana n. 17 del 2017.

9.– Resta assorbita l’istanza di sospensione.

 

Per Questi Motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara l’illegittimità costituzionale degli artt. da 1 a 6 e 7, lettere b), c) ed e), della legge della Regione Siciliana 11 agosto 2017, n. 17 (Disposizioni in materia di elezione diretta del Presidente del libero Consorzio comunale e del Consiglio del libero Consorzio comunale nonché del Sindaco metropolitano e del Consiglio metropolitano).

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 4 luglio 2018.