Diritto Tributario
Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 13719 - pubb. 24/11/2015
Nullità di atti tributari e legge 241 del 1990
Cassazione civile, sez. V, tributaria, 09 Novembre 2015, n. 22803. Est. Chindemi.
Nullità di atti tributari – Applicabilità dell’art. 21-septies l. 241/1990 – Esclusione
Alla sanzione della "nullità" comminata dall’art. 42, comma tre, Dpr n. 600/1973, all’avviso di accertamento privo di sottoscrizione, delle indicazioni e della motivazione di cui al precedente comma 2, o ad al quale non risulti allegata la documentazione non anteriormente conosciuta dal contribuente, al pari delle altre norme che prevedono analoghe ipotesi di "nullità" degli atti tributari nelle diverse discipline d’imposta, non è direttamente applicabile il regime normativo di diritto sostanziale e processuale dei vizi di "nullità" dell’atto amministrativo - che hanno trovato riconoscimento positivo nell’art. 21 septies della legge n. 241/1990, e sistemazione processuale nell’art. 31, comma quattro, del D.lgs. 2 luglio 2010 n. 104, (CPA) nell’autonoma azione di accertamento della nullità sottoposta a termine di decadenza, e nella attribuzione del potere di rilevazione "ex officio" da parte del Giudice amministrativo -, atteso che l’ordinamento tributario costituisce un sottosistema del diritto amministrativo, con il quale è in rapporto di "species ad genus", potendo pertanto trovare applicazione le norme generali sugli atti del procedimento amministrativo soltanto nei limiti in cui non siano derogate o non risultino incompatibili con le norme speciali di diritto tributario che disciplinano gli atti del procedimento impositivo, ostando alla generale estensione del regime normativo di diritto amministrativo, la scelta operata dal Legislatore, nella sua piena discrezionalità politica, di ricomprende nella categoria unitaria della "nullità tributaria" indifferentemente tutti i vizi ritenuti tali da inficiare la validità dell’atto tributario, riconducendoli, indipendentemente dalla peculiare natura di ciascuno, nello schema della invalidità-annullabilità, dovendo essere gli stessi tempestivamente fatti valere dal contribuente mediante impugnazione da proporsi, con ricorso, entro il termine di decadenza di cui all’art. 21 D.lgs. n. 546/1992, in difetto del quale il provvedimento tributario - pure se affetto da vizio "nullità" - si consolida, divenendo definitivo e legittimando l’Amministrazione finanziaria alla riscossione coattiva della imposta. Consegue che si pone in oggettivo conflitto con il sistema normativo tributario l’affermazione secondo cui, in difetto di tempestiva impugnazione dell’atto impositivo affetto da "nullità", tale vizio possa comunque essere fatto valere per la prima volta dal contribuente con la impugnazione dell’atto consequenziale, ovvero che, emergendo il vizio dagli stessi atti processuali, possa, comunque, essere rilevato di ufficio dal Giudice tributario, anche in difetto di norma di legge che attribuisca espressamente tale potere".
La cd delega "in bianco", priva del nominativo soggetto delegato deve quindi essere considerata nulla non essendo possibile verificare agevolmente da parte del contribuente se il delegatario avesse il potere di sottoscrivere l’atto impugnato e non essendo ragionevole attribuire al contribuente una tale indagine amministrativa al fine di verificare la legittimità dell’atto. (Redazione IL CASO.it) (riproduzione riservata)
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