Bancario


Il Caso.it, Sez. Articoli e Saggi - Data pubblicazione 15/01/2018 Scarica PDF

Ancora una pronuncia sulla rilevanza del c.d. limite di finanziabilità ai fini della validità dei finanziamenti fondiari

Giorgio Tarzia, Avvocato in Milano


Sommario: 1. Premessa – 2. Le decisioni della giurisprudenza di legittimità sul c.d. limite di finanziabilità nei finanziamenti fondiari – 3. L’argomento di quella giurisprudenza valorizzato e sviluppato dal Tribunale di Vicenza – 4. Il credito ai consumatori per l’acquisto di immobili residenziali e la valutazione degli immobili – 5. Le disposizioni di attuazione emanate dalla Banca d’Italia – 6. Le ulteriori motivazioni necessarie per la risposta sul tema controverso – 7. Conclusione

 

 

1. Premessa

A distanza di pochi mesi dall’inatteso revirement della Cassazione[1], un Giudice di merito torna sul controverso interrogativo se il c.d. limite di finanziabilità prescritto dall’Autorità di Vigilanza sul sistema bancario per i finanziamenti fondiari sia requisito di validità del contratto, ovvero norma di comportamento attinente la sana e prudente gestione delle banche; e con l’ordinanza qui pubblicata[2], dopo una diffusa critica dell’ultima pronuncia della Cassazione, esprime alcune riflessioni che in parte riprendono quelle dell’antecedente giurisprudenza di legittimità[3], e per altra parte esaminano l’incidenza che su tale questione possano avere un successivo intervento del legislatore[4] sul testo unico bancario, di cui fra poco si dirà, nonchè alcune conseguenti disposizioni di vigilanza della Banca d’Italia[5].

Nel provvedimento qui pubblicato vi sono dunque alcuni nuovi spunti di riflessione sul tema, che meritano di essere segnalati e commentati.

 

2. Le decisioni della giurisprudenza di legittimità sul c.d limite di finanziabilità nei finanziamenti fondiari

Per la migliore comprensione di quanto si dirà al riguardo, occorre anzitutto rammentare che le sentenze “capostipite” di fine anno 2013 della Cassazione avevano escluso che, in caso di finanziamento fondiario “eccessivo” (rispetto alla prescrizione dell’Autorità di vigilanza sul rapporto fra il suo ammontare ed il valore della garanzia ipotecaria acquisita a tutela dell’obbligazione restitutoria) il contratto potesse essere a posteriori invalidato vuoi sotto l’aspetto di una “nullità testuale” riconducibile al disposto dell’art. 117 del testo unico bancario[6], vuoi sotto l’aspetto di una “nullità virtuale” per violazione di un interesse tutelato da una norma imperativa, dunque per un vizio riconducibile al disposto del primo comma dell’art. 1418 c.c..

La sentenza dissenziente della Cassazione, sopravvenuta nel luglio 2017[7], alla quale la prima parte dell’ordinanza del Tribunale di Vicenza rivolge una motivata critica, aveva condiviso l’impossibilità di ravvisare nel superamento del c.d. limite di finanziabilità una “nullità testuale” sulla base del disposto dell’art. 117 del testo unico bancario, ravvisando però in quella fattispecie una “nullità virtuale” per violazione di norma imperativa, tale essendo, a suo avviso, la previsione da parte della Banca d’Italia del c.d. limite di finanziabilità[8].

 

3. L’argomento di quella giurisprudenza valorizzato e sviluppato dal Tribunale di Vicenza

Le sentenze di fine anno 2013 della Cassazione avevano in motivazione osservato, fra l’altro, che il rispetto o meno del prudenziale “scarto di garanzia” fra l’ammontare del finanziamento ed il valore dell’immobile ipotecato per la tutela del credito restitutorio non soltanto non è rilevabile dal contratto, e che un accertamento al riguardo non può che avvenire tramite valutazioni dell’immobile “esterne” rispetto al contenuto contrattuale, ma altresì che tali stime sono, per loro natura, “suscettibili di opinabilità, e soggette a margini di incertezza valutativa”.

Su questo accenno porta ora l’attenzione l’ordinanza del Tribunale di Vicenza, e lo sviluppa osservando che la valutazione degli immobili potrebbe, oltretutto, avvenire con vari alternativi criteri, potendo essere presi in considerazione “il valore di mercato al momento dell’erogazione del mutuo”, ovvero “il valore che il bene avrebbe in ipotesi di inadempimento e conseguente necessità di liquidazione giudiziale”, o ancora “il valore catastale, con gli aggiustamenti del caso”, e magari anche altri possibili valori, ma la dissonante pronuncia della Cassazione “sul punto nulla dice e nulla può dire, perché i possibili criteri di stima sono tanti e vari, e dire per sentenza che se ne deve adottare uno piuttosto che un altro ha il carattere, più che di una scelta improntata a discrezionalità tecnica, dell’arbitrio”.

Dunque, senza riprendere tutti gli altri passi dell’iter logico che nel 2013 aveva condotto la Cassazione a disattendere la tesi di una possibile invalidità del contratto di mutuo “eccessivo”, il Tribunale di Vicenza valorizza, al riguardo, il silenzio normativo sui criteri da adottare, nelle singole fattispecie, per stabilire se il c.d. limite di finanziabilità fosse stato rispettato o meno, e ritiene che ciò basti a far escludere che la stima a posteriori dell’immobile ipotecato a garanzia del finanziamento possa condurre ad invalidare il contratto di mutuo, essendo “ontologicamente inconciliabile che una norma preveda un requisito a pena di nullità, come vorrebbe la Cassazione, senza preoccuparsi di fornire elementi per definire quel requisito, ogni volta che esso non appaia di palmare e intuibile comprensione”.

 

4. Il credito ai consumatori per l’acquisto di immobili residenziali e la valutazione degli immobili

Al di là di questa motivazione che, come già detto, riprende e sviluppa un accenno già contenuto nella precorsa giurisprudenza della Cassazione, occorre ora soffermarsi anche sul seguito dell’ordinanza, che per un ulteriore approfondimento del tema controverso ha voluto prendere in esame lo jus superveniens di cui al D.Lgs. 21 aprile 2016 n. 72, nonché le disposizioni della Banca d’Italia che ne sono conseguite[9].

All’introduzione, alcuni anni addietro[10], nel testo unico bancario della normativa sul “credito ai consumatori”, con gli artt. da 121 a 126 del Capo secondo del Titolo sesto (cioè del Titolo dedicato alla “trasparenza delle condizioni contrattuali e rapporti con i clienti”), si è aggiunto, più di recente, l’inserimento degli artt. da 120 quinquies a 120 noviesdecies, sotto la rubrica “Credito immobiliare ai consumatori”; e ciò per dare attuazione, con il D.Lgs. 11 aprile 2016 n. 72, alla direttiva comunitaria n. 214/17 sui “Contratti di credito ai consumatori relativi a beni immobili residenziali” (oltrechè ad altre materie che qui non rilevano)[11].

La più recente normativa ora citata non ha ancora dato luogo, per quanto consta, a pronunce giurisprudenziali, ma ha già formato oggetto di plurimi commenti dottrinari[12]. Essa sostituisce solo in parte quella di cui agli artt. da 38 a 41 del Testo unico bancario, in quanto normativa speciale applicabile ai mutui concessi ai “consumatori” (tali essendo le persone fisiche che agiscono per scopi estranei all’attività imprenditoriale, commerciale, artigianale o professionale eventualmente svolta), e finalizzati all’acquisizione, da parte dei beneficiari, di un immobile residenziale[13]; dunque la disciplina di cui agli artt. da 38 a 41 del Testo unico bancario continuerà ad applicarsi ai finanziamenti a medio e lungo termine garantiti da ipoteca di primo grado sugli immobili concessi alle società, agli Enti privati diversi dalle società, agli imprenditori, oltre ai lavoratori autonomi nell’esercizio delle loro attività imprenditoriali o professionali, o anche a persone fisiche al di fuori dell’esercizio di attività imprenditoriali e professionali, purchè non si tratti di finanziamenti come sopra finalizzati.

Dunque, l’osservazione della speciale disciplina introdotta per i mutui immobiliari dal D.Lgs. n. 72/2016 non influisce direttamente sulla questione risolta dalle varie pronunce di legittimità citate all’inizio, tutte rese in controversie fallimentari sorte con la contestazione, nella sede della verifica del passivo, della validità di finanziamenti fondiari concessi ad imprenditori poi falliti, dunque in fattispecie che ricadevano nella disciplina generale dei finanziamenti fondiari, e non in quella speciale per il credito ai consumatori finalizzato all’acquisto di immobili residenziali.

Detto ciò, non sembra giustificato il dubbio espresso in un passo della motivazione dell’ordinanza del Tribunale di Vicenza, nel senso che il recente revirement della Cassazione sul tema della validità o meno dei finanziamenti fondiari eccedenti il c.d. limite di finanziabilità non sia condivisibile “quanto meno per i mutui stipulati anteriormente al D.Lgs. n. 72/2016”, visto che per quelli successivi “esiste ora un quadro di riferimento anche per ciò che concerne i criteri di stima”. Semmai, quel dubbio andrebbe riferito ai soli finanziamenti rientranti nell’ambito di applicabilità della nuova normativa a tutela dei consumatori, ma non ha ragion d’essere per i finanziamenti fondiari che in quell’ambito non rientrano.

Al di là di ciò, ai nostri fini è interessante rilevare che nella recente normativa, dopo avere ripetuto, nell’art. 120 undecies, l’obbligo del finanziatore di svolgere una “verifica del merito creditizio” del richiedente, che già era stata espressa nell’art. 124 bis per la più ampia disciplina sul “credito ai consumatori” introdotta alcuni anni addietro, il legislatore si è occupato anche della “valutazione dei beni immobili”, dicendo nell’art. 120 duodecies:

- che “i finanziatori applicano standard affidabili per la valutazione dei beni immobili residenziali ai fini della concessione di credito garantito da ipoteca, e quando la valutazione è condotta da soggetti terzi, i finanziatori assicurano che questi ultimi adottino standard affidabili”

- che “la valutazione è svolta da persone competenti sotto il profilo professionale, e indipendenti dal processo di commercializzazione del credito, in modo da poter fornire una valutazione imparziale ed obiettiva, documentata su supporto cartaceo o su altro supporto durevole”

- che “la Banca d’Italia detta disposizioni di attuazione del presente articolo, tenendo anche conto della banca dati dell’Osservatorio del mercato immobiliare dell’Agenzia delle Entrate; ai fini del comma 1 può essere prevista l’applicazione di standard elaborati in sede di autoregolamentazione”.

Quanto alla norma di comportamento che precede quella ora trascritta, quella cioè sulla verifica del merito creditizio, la dottrina aveva già rilevato che il legislatore nulla ha specificato sulle conseguenze nella sua eventuale inosservanza, né questa lacuna può essere colmata leggendo la direttiva comunitaria attuata dal D.Lgs. n. 72/2016, perché in sede comunitaria si era preferito lasciare agli Stati membri di eventualmente sanzionare tale inosservanza[14], ed allora si deve ritenere che “in mancanza di un esplicito divieto di concessione del credito il contratto di finanziamento stipulato in violazione dell’art. 120 undecies sia senz’altro valido”[15].

Analogamente dovrà dirsi per l’eventuale inosservanza della norma di comportamento degli intermediari relativa alla valutazione degli immobili presi in garanzia del credito ai consumatori per l’acquisto di immobili residenziali; anche qui il legislatore nulla dice sulle conseguenze della sua eventuale inosservanza, ed allora dovrebbe essere ovvia la conclusione che, se non è affetto da nullità il contratto non preceduto dalla verifica del merito creditizio del consumatore voluta dall’art. 120 undecies, nemmeno può esserlo il contratto non preceduto da un’adeguata valutazione dei beni immobili secondo il disposto dell’art. 120 duodecies.

Nell’uno e nell’altro caso il silenzio del legislatore può spiegarsi, a nostro avviso, perché sarebbe stato anomalo far dipendere la validità di un contratto dalla eventuale inosservanza di direttive su comportamenti pre-contrattuali del finanziatore enunciati in modo generico, e che, di per sé, non appaiono suscettibili di un contenuto precettivo specifico.

       

5. Le disposizioni di attuazione emanate dalla Banca d’Italia

Come si è visto, nella parte finale l’art. 120 duodecies dice che “la Banca d’Italia detta disposizioni di attuazione del presente articolo, tenendo anche conto della banca dati dell’Osservatorio del mercato immobiliare dell’Agenzia delle Entrate”, ed ancora che “ai fini del comma 1 può essere prevista l’applicazione di standard elaborati in sede di autoregolamentazione”.

Con riferimento a queste disposizioni, l’ordinanza qui in commento osserva che le “disposizioni di attuazione” ivi menzionate hanno dato luogo al diciassettesimo aggiornamento della circolare n. 285/2013 della Banca d’Italia: in essa, nel capitolo dedicato alla “valutazione di immobili posti a garanzia delle operazioni”, al par. 22 si prescrive anzitutto che le politiche ed i processi di valutazione posti a garanzia delle operazioni siano approvati dall’Organo di supervisione strategica dall’interno della Banca, su proposta dell’Organo con funzione di gestione, verificandone l’adeguatezza e la funzionalità in coerenza con il processo di gestione dei rischi; nei sottoparagrafi successivi la circolare si occupa dei “requisiti di professionalità e indipendenza dei periti”, poi dell’”affidamento dell’attività di valutazione degli immobili posti a garanzia delle esposizioni a periti esterni”, infine della “attività di valutazione degli immobili posti a garanzia delle esposizioni”, e qui dispone che “l’immobile deve essere stimato ad un valore non superiore al valore di mercato”.

Senza soffermarsi sulle molteplici e dettagliate indicazioni contenute nei paragrafi di cui si è fatto cenno, quel che l’ordinanza in commento tiene a sottolineare è che la circolare attuativa della disposizione contenuta nell’art. 120 duodecies del testo unico bancario riguarda, come è fatto palese dalla sua intitolazione, le “disposizioni di vigilanza delle banche”, dunque conferma, nel campo specifico del credito ai consumatori per l’acquisto di immobili residenziali, quel che le sentenze del 2013 della Cassazione, per la più generale fattispecie dei finanziamenti fondiari di cui agli artt. 38-41 del Testo unico bancario, avevano detto a proposito del c.d. limite di finanziabilità stabilito per quei finanziamenti: cioè che si tratta di disposizione riguardante la vigilanza prudenziale sulle banche ed il contenimento dei rischi nella concessione del credito, tanto più necessario nelle operazioni a medio-lungo termine, ove, nel corso degli anni, possono variare, anche in modo significativo, sia la situazione economico-patrimoniale dei mutuatari, sia il valore degli immobili ab initio presi in garanzia di un mutuo.

Conclusivamente, dopo avere richiamato le disposizioni di cui al D.Lgs. n. 72/2016 ed essersi posto l’interrogativo di cui dianzi si è detto, il Tribunale di Vicenza chiude il discorso con una risposta a quell’interrogativo, nel senso che il decreto “nel dettare norme per una corretta valutazione del valore del collateral, non pare presupporre che dalla loro violazione debba discendere la nullità del contratto”.

 

6. Le ulteriori motivazioni necessarie per la risposta sul tema controverso

A completamento di queste note, va detto che le condivisibili motivazioni dell’ordinanza del Tribunale di Vicenza hanno sviluppato solo alcune delle ragioni, già sinteticamente esposte nella giurisprudenza della Cassazione antecedente all’ultimo revirement, che conducevano ad escludere che il c.d. limite di finanziabilità facesse parte del contenuto dei contratti di finanziamento fondiario voluto dalla Banca d’Italia sulla base del potere ad essa attribuito dall’art. 117 del Testo unico bancario, con la sanzione di nullità dei contratti difformi; soggiungendo che ciò era reso ancor più manifesto dall’assenza di indicazioni normative circa i metodi valutativi degli immobili a garanzia dei mutui, con la conseguente arbitrarietà di una invalidazione ex post del contratto sulla base di stime basate su criteri affidati alla unilaterale scelta dello stimatore, non predeterminati, e, soprattutto, non riconducibili ad indicazioni normative.

La critica al recente revirement della Cassazione, che si legge nell’ordinanza del Tribunale di Vicenza, andrebbe però completata rammentando altresì le ragioni che avevano indotto l’antecedente giurisprudenza di legittimità a negare, per i finanziamenti fondiari “eccessivi”, non solo una nullità testuale ricollegabile al disposto dell’art. 117 del Testo unico bancario, ma altresì una nullità virtuale per violazione di norma imperativa a sensi del primo comma dell’art. 1418 c.c..

Di questo secondo aspetto l’ordinanza qui commentata non si occupa, ma anch’esso, ovviamente, è necessario per giungere alla conclusione sancita dalla precorsa giurisprudenza di legittimità.

A tale riguardo, l’argomento risolutivo appare ancor oggi essere quello che non ogni violazione di norma imperativa può dare luogo ad una nullità contrattuale, ma solo quella che pone il contratto in contrasto con lo specifico interesse che la norma imperativa intende tutelare[16]: ed allora, se è vero che il limite di finanziabilità è stato dal legislatore demandato all’Autorità di vigilanza sul sistema bancario proprio perché attiene alla “vigilanza prudenziale” sul contenimento dei rischi nella concessione di credito, non si può non condividere l’osservazione delle precedenti sentenze della Cassazione nel senso che, ponendo in dubbio la validità (inter partes)dei finanziamenti fondiari “eccedenti”, ciò comporterebbe, addirittura, la lesione dell’interesse che la norma sul limite di finanziabilità ha inteso tutelare.

E rileva altresì, ai fini della risposta sul tema qui nuovamente affrontato dal Tribunale di Vicenza, la ratio delle speciali tutele accordate dalla normativa del Testo unico bancario ai finanziamenti fondiari, individuata dalla Consulta allorquando fu investita del dubbio di violazione del principio costituzionale di eguaglianza per la preferenza accordata dal legislatore a quei finanziamenti: com’è noto, la sentenza n. 175/2004[17] ebbe a dire che quella speciale disciplina era frutto di una legittima scelta di politica economica, avendo il legislatore voluto “favorire la mobilizzazione della proprietà immobiliare ampliando la possibilità di fare ricorso a finanziamenti potenzialmente idonei anche a consentire il superamento di situazioni di crisi”.

Da ciò si traeva conferma che il legislatore aveva inteso agevolare, nei rapporti bancari, il ricorso ai finanziamenti fondiari soprattutto nell’interesse degli imprenditori, contemperando però tale interesse, che ovviamente era nel senso di ottenere finanziamenti il più possibile ampi, con l’esigenza di contenere il rischio per le banche erogatrici, a tal fine demandando all’Autorità di vigilanza sul sistema bancario di dettare prescrizioni finalizzate a tale contenimento.

Questi, ripetesi, erano e sono gli argomenti “centrali” per escludere che l’eventuale inosservanza del c.d. limite di finanziabilità si ponga in contrasto con l’interesse tutelato da una norma imperativa, e possa quindi dare luogo ad una “nullità virtuale” del contratto di finanziamento.

D’altra parte, non esistono norme imperative attinenti al contenimento dei rischi nemmeno nelle altre tipologie del credito bancario, che può anche non essere assistito da nessuna garanzia; tutta questa materia attiene, ripetesi, alla “sana e prudente gestione” delle banche, vigilata dalla Banca d’Italia anche con possibili interventi sanzionatori[18].

 

7. Conclusione

Conclusivamente, l’ordinanza del Tribunale di Vicenza ha portato un contributo alla soluzione interpretativa sul tema del limite di finanziabilità nei finanziamenti fondiari, cioè sulla rilevanza o meno della sua osservanza ai fini della validità del contratto; e ciò con motivazioni che, come si è visto, potrebbero non essere di per sé sole sufficienti ad avallare la risposta della giurisprudenza di legittimità anteriore all’ultimo revirement, ma che si aggiungono, con ulteriori condivisibili osservazioni, all’iter logico seguito da quella giurisprudenza, alle cui conclusioni, pertanto, il Tribunale si è attenuto per la decisione della controversia sottoposta al suo esame.



[1] con la sentenza 13 luglio 2017 n. 17352, che si può leggere in Fallimento 2017, 1274

[2] resa in un giudizio di opposizione all’esecuzione promossa da un creditore fondiario, e contrastata dal mutuatario con un’eccezione di nullità del finanziamento che a suo tempo aveva chiesto ed ottenuto in quanto “eccessivo” rispetto all’importo che la Banca avrebbe dovuto accordargli per osservare il limite di finanziabilità

[3] che sembrava ormai consolidata, dopo che alle due coeve sentenze “capostipite” n. 26672 del 28 novembre 2013 e n. 27380 del 6 dicembre 2013 erano seguite altre conformi pronunce, con l’ordinanza 4 novembre 2015 n. 22466 (pronunciata a sensi dell’art. 380 bis c.p.c.) indi con le sentenze 7 marzo 2016 n. 4471 e 24 giugno 2016 n. 13164

[4] con il D.Lgs. 21 aprile 2016 n. 72 emanato in attuazione della Direttiva comunitaria n. 2014/17

[5] specificamente la circolare n. 263 del 27 dicembre 2006, più volte aggiornata, e la circolare n. 285 del 17 dicembre 2013, entrambe menzionate nel provvedimento del Tribunale

[6] e specificamente dell’ultimo comma di quella norma, secondo il quale “la Banca d’Italia può prescrivere che determinati contratti individuati attraverso una particolare denominazione, o sulla base di specifici criteri qualificativi, abbiano un contenuto tipico determinato”, comminando la sanzione della nullità per i contratti difformi

[7] citata nella nota 1 che precede

[8] pur trattandosi di normativa secondaria, alla quale, secondo un’autorevole dottrina civilistica, non potrebbe comunque riferirsi il primo comma dell’art. 1418 c.c.: v. al riguardo GALGANO, Della nullità del contratto, in Comm. cod. civ. Scialoja-Branca, sub art. 1418, p. 83

[9] cioè le circolari menzionate nella nota 5

[10] con il D.Lgs. 13 agosto 2010 n. 141

[11] com’è noto, quella direttiva era stata elaborata, in sede comunitaria, per disciplinare il mercato del credito bancario per l’acquisto di immobili, soprattutto in ragione delle gravi turbative economiche conseguite alla diffusione dei c.d. mutui sub-prime, e dei danni che aveva arrecato sia agli intermediari che agli acquirenti l’erogazione di tali mutui al di fuori di ogni regola prudenziale; ed è stato anche rilevato che le regole dettate per il credito ai consumatori, sia in generale, sia per l’acquisto di immobili, si propongono altresì l’obbiettivo di prevenire il sovraindebitamento del consumatore (e quest’ultima è una ratio che, ovviamente, non si può trasferire al credito bancario alle imprese)

[12] si vedano, ex multis, ROSSI, Il nuovo D.Lgs. 21 aprile 2016 n. 72, c’è davvero aria di cambiamenti in materia di mutui bancari? in Contratto e impresa 2016, 1493 sgg., nonché VISCONTI, La disciplina del credito immobiliare ai consumatori introdotta nel TUB dal D.Lgs. n. 72/2016, in Immobili e proprietà 2016, 489 sgg.; la Direttiva comunitaria era stata commentata da PELLECCHIA in La direttiva sui contratti di credito ai consumatori relativi a beni immobili residenziali, in Banca, borsa tit. cred. 2016, I. 206 sgg., da CALVO, Le regole generali di condotta dei creditori, intermediari e rappresentanti nella direttiva 2014/17/UE, in Corriere giur. 2015, 823 sgg., da RUMI, Profili privatistici della nuova disciplina sul credito relativo agli immobili residenziali, in Contratti 2015, 78, oltrechè da altri Autori citati in nota alle trattazioni qui segnalate

[13] i contratti di credito in vario modo a ciò finalizzati sono elencati nel nuovo art. 120 sexies

[14] nell’ordinamento francese, ad esempio, l’inosservanza dell’obbligo precontrattuale di verifica della solvibilità del consumatore è sanzionata con la decadenza del diritto del creditore agli interessi, interpretata dalla Court de Cassation nel senso che resterebbero dovuti solo gli interessi al tasso legale e non quelli convenzionali, e su tale previsione normativa è intervenuta la Corte di giustizia UE con la sentenza resa nella causa n. C565/12, dicendo che essa non si pone in contrasto con le direttive comunitarie; non risulterebbero, invece, previsioni sanzionatorie negli ordinamenti di altri Stati membri dell’Unione, comunque non ve ne sono nel nostro ordinamento

[15] così ROSSI, op. cit. alla nota 12, p. 1509, ed in precedenza, con riferimento alla disciplina del credito al consumo generale, anche PIEPOLI, Sovrindebitamento e credito responsabile, in Banca, borsa, tit. cred. 2013, I, 38 sgg. (alla pag. 60)

[16] v. ancora GALGANO, op. cit. alla nota 8, ed amplius DE NOVA, Il contratto contrario a norme imperative, in Riv. crit. dir. priv. 1985, 435 sgg.; ancor più drasticamente MIRABELLI, in Dei contratti in generale, in Comm. Utet, IV, sub art. 418 c.c., p. 487, ritiene che sarebbe “priva di fondamento e di giustificazione una tendenza giurisprudenziale che colpisce di nullità anche negozi che si assumono contrari a precetti imperativi ma per i quali la sanzione di nullità non è prevista”

[17] pubblicata in Fallimento 2004, 864

[18] l’art. 53 del Testo unico bancario si occupa infatti nel comma 1, fra l’altro, del contenimento del rischio creditizio, ed il successivo comma 3 prevede i possibili interventi sanzionatori per l’inosservanza di quanto disposto dal comma 1


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