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Il Caso.it, Sez. Articoli e Saggi - Data pubblicazione 07/04/2017 Scarica PDF
Dell'affido condiviso. Dalla residenza privilegiata alla partecipazione dei genitori alla quotidianità dei figli
Giorgio Jachia, Magistrato1. Capacità genitoriali omogenee
1.1 Risposta giurisdizionale
L’affido condiviso attua al contempo il diritto di ogni genitore a mantenere, istruire ed educare i figli (art. 30 cost.) ed il diritto della prole (art. 315 bis primo comma c.c.) a mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno dei genitori nonché di ricevere cura, educazione, istruzione e assistenza morale da entrambi e di conservare rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale.
Ciò non di meno, ai sensi degli artt. 337 bis e ter c.c. l’affido condiviso è inequivocabilmente funzionalizzato alla realizzazione dell’interesse morale e materiale della prole e per questa ragione, dopo e nonostante la crisi della coppia, i provvedimenti giudiziari dovrebbero mirare alla conservazione del rapporto dei minori con entrambi i genitori, alla concessione ai medesimi di pari opportunità quando abbiano capacità genitoriali omogenee o, viceversa, all’attribuzione loro di compiti di cura differenti.
Penso quindi che oggi (dopo così tanti anni dalla sua introduzione) si dovrebbe quantomeno auspicare che il principio della responsabilità genitoriale affidata ad entrambi i genitori si esplichi con il mantenimento diretto (integrato dall'erogazione eventuale di un assegno perequativo) e con l'attribuzione ad entrambi i genitori di momenti (quand’anche differenti) di partecipazione alla quotidianità dei figli, perché altrimenti non si potrebbe realizzare una concreta bigenitorialità. Proprio perché, tanto per salvaguardare l’interesse della prole ad una relativa stabilità logistica quanto per attribuire significativi ruoli ad entrambi i genitori, nessuno pensa più di attuare l’affido condiviso mediante la fiscale pariteticità tra i genitori dei tempi di fruizione della prole si debbono predisporre e proporre schemi (da adeguare al crescere ed al divenire della prole), fondati sulle pari opportunità per i figli di rapportarsi con ciascun genitore in funzione dei propri desideri e delle proprie esigenze e sulle concrete capacità dei genitori.
La partecipazione, del resto, di ognuno dei due genitori ad aspetti variabili della vita quotidiana comporta che entrambi possano godere realmente di pari opportunità anche nel loro lavoro e nella loro nuova vita privata.
Parimenti il coinvolgimento effettivo del padre e della madre nella vita della prole evita il veder sbiadire e pian piano scomparire la figura di uno dei genitori per effetto di una separazione che è e dovrebbe restare interna alla coppia.
1.2 Minimo sindacale o cura del minore?
Secondo una interpretazione molto restrittiva il compito di una Sezione Famiglia di fronte ad una coppia genitoriale in crisi consiste nell’individuare il genitore collocatario, nell’assegnargli la casa famigliare e nel conformare il diritto di visita del non collocatario. In tale ottica il tempo che deve passare la prole presso ciascun genitore può essere determinato attribuendo al non collocatario il minimo sindacale dei due w.e. alternati ed un pomeriggio alla settimana (vale a dire meno del 20% del tempo e solo 2 pernottamenti su 28).
Oppure progressivamente si concede al collocatario circa il 35% distribuito tra due w.e. alternati dal venerdì alle ore 13 al lunedì mattina ed un notte infrasettimanale alla settimana (8 pernottamenti su 28); in altri casi si attribuiscono 2 w.e. alternati dal venerdì alle ore 13 al lunedì mattina ed un notte infrasettimanale nella settimana che si conclude con il w.e. di propria pertinenza e due notti infrasettimanali nella settimana che si conclude con il w.e. dell’altro (vale a dire circa il 40% per 12 pernottamenti su 28).
Pare il caso, invece, di confrontarsi con la riflessione in corso in merito all’applicazione effettiva dell’affidamento condiviso. Tra i tanti contributi non vanno ignorati quelli resi da Giuseppe Buffone il quale auspica il passaggio dall'affidamento condiviso all'affidamento paritario (in altalex 07.07.15, Salvo diversi accordi dei genitori, i figli minori hanno diritto a trascorrere pari tempi di permanenza presso l’uno e l’altro genitore, a prescindere dalla residenza), dalla sezione famiglia del Tribunale di Brindisi nelle recentissime Linee Guida ove si afferma che ciascun genitore partecipa alla quotidianità dei figli e da Marino Maglietta con particolare riguardo al significato ed agli effetti dell’introduzione nel dettato normativo della parola cura e quindi all’obbligo per l’Autorità Giudiziaria di coinvolgere entrambi i genitori nella vita quotidiana dei figli, anche spartendo tra loro compiti e specifiche responsabilità educative dei minori.
1.3 Affido condiviso senza riferimenti all’assegnazione della casa familiare
A mio parere il tema dell’assegnazione della casa familiare dovrebbe essere affrontato dal Giudice dopo quello dell’affido condiviso perché i due istituti rispondono ad esigenze del minore del tutto differenti.
Infatti sul sito del Ministero della giustizia si propone una nozione di affido condiviso senza alcun riferimento al collocatario ed all’assegnazione della casa familiare.
Si leggono, dopo il titolo “Affidamento condiviso”, poche ma chiarissime espressioni indicative di una precisa interpretazione dell’istituto del tutto distaccata dalla questione della residenza abituale del minore: “E’ disciplinato dalla legge 8 febbraio 2006 n. 54che stabilisce l'affidamento dei figli minori ad entrambi i genitori ed il diritto del minore, anche in caso di separazione personale dei genitori, di: 1) mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascun genitore; 2) ricevere da entrambi i genitori la necessaria cura, educazione e istruzione; 3) conservare rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale. Il provvedimento del giudice, con esclusivo riferimento all’interesse morale o materiale del minore determina: a) tempi e modalità della presenza dei figli minori presso ciascun genitore; b) come e in quale misura ciascun genitore contribuisce al mantenimento, cura, istruzione e educazione dei figli. Il minore è affidato ad un solo genitore (affidamento esclusivo) soltanto nel caso in cui l’affidamento condiviso è contrario all’interesse del minore.”
1.4 Eventualità del collocatario
Nell’ottica qui recepita il collocamento preferenziale presso uno dei genitori è una condizione eventuale del tutto distinta da quella obbligatoria inerente la residenza abituale. Sul sito del Tribunale di Genova, appunto, (modulo separazione consensuale) si precisa che il collocamento preferenziale è una condizione particolare che va apposta quando e “se ricorre la condizione”.
Quindi se l’assetto sistematico vigente promana un assoluto disfavore per l’affido esclusivo (da disporre solo se l’affidamento condiviso risulti in concreto contrario all’interesse morale e materiale del minore) vi è da chiedersi se non emergano elementi per riscontrare un disfavore in concreto anche per il collocamento, non previsto dal legislatore e più in generale una disapprovazione per ripartizioni fortemente squilibrate della frequentazione con i due genitori.
Conferma di questa lettura si ha nelle decisioni merito (cfr., Tribunale Roma, sez. I, 20/01/2015 n. 1310; Corte appello Bologna, sez. I, 14/04/2016 n. 625) secondo le quali i tempi di permanenza dei minori possono essere suddivisi in modo paritario tra i due genitori e ciò non di meno: a) può essere attribuita ad uno di essi la casa familiare; b) può essere attribuito ad uno di essi un assegno perequativo per il mantenimento indiretto del minore; c) può essere fissata la residenza abituale del minore.
1.5 Domicilio, residenza abituale e casa familiare
Va subito rammentato che il Tribunale può, se ne ricorrono le condizioni, disporre l’effettiva alternanza paritaria del minore presso il padre e la madre (cfr., Tribunale di Firenze, ordinanza 9 aprile 2012) e può stabilire la domiciliazione presso entrambi i genitori.
Quindi la fissazione del domicilio o dei domicili del minore è un problema successivo rispetto alla determinazione dell’affido condiviso e risponde a profili del tutto interni all’organizzazione della famiglia in crisi.
La determinazione della residenza abituale ha, invece, finalità pubblicistiche inerenti l’individuazione dell’Autorità Giudiziaria competente ed è quindi una clausola essenziale dei provvedimenti inerenti il minore, ma è anch’essa la conseguenza di tutte le scelte compiute con riguardo ai tempi ed ai modi dell’organizzazione della vita dei minori.
Infine l’assegnazione della casa familiare mira a garantire la continuità del vivere quotidiano della prole nel consueto habitat domestico per il tempo in cui rimarranno con il genitore assegnatario. Ciò non di meno deve essere valutato se in concreto l’assegnazione al coniuge non proprietario della casa sia la soluzione più opportuna per la prole tenuto conto che in una situazione di equilibrio dinamico i figli potrebbero essere più felici di abitare con il genitore in una casa in affitto più centrale piuttosto che nella casa atavica e periferica “espropriata” all’altro genitore.
Va poi tenuto conto dell’orientamento giurisprudenziale (cfr., Trib. Milano, sez. IX civ., ordinanza 25 ottobre 2016) secondo il quale il mantenimento della prole può realizzarsi attraverso modalità adempitive diverse dal versamento di una somma di denaro e, in particolare, può essere realizzato anche mediante concessione del godimento della casa familiare; in tale ottica il godimento della casa familiare costituisce un valore economico corrispondente di regola, al canone ricavabile dalla locazione dell'immobile del quale il giudice deve tener conto ai fini della determinazione dell'assegno dovuto all'altro coniuge per il mantenimento della prole; pertanto, il genitore titolare della casa che la lasci per i figli, versa, mediante la casa stessa, un mantenimento in natura di cui deve tenersi conto e di cui viceversa non si tiene conto nel caso in cui in concreto emerga che per i figli è più opportuno un “fresh start”.
1.6 L’assegno di mantenimento dei figli
Con riferimento soltanto agli aspetti qui esaminati (e tralasciando tutti gli altri) si deve soltanto osservare che l’art. 337-ter, comma 4, c.c. ai fini della determinazione dell’eventuale assegno per il mantenimento non attribuisce rilevanza al ruolo di “collocatario” del genitore percettore dell’assegno perequativo od alla residenza anagrafica dei minori; tant’è che potrebbe accadere che il genitore collocatario, se notevolmente più ricco, debba versarlo all’altro, alla luce del fatto che si devono esaminare anche altri criteri (fondamentalmente il reddito) oltre ai tempi di permanenza ed ai compiti di cura attribuiti ad ognuno dei genitori. In astratto e per assurdo se presso il genitore assegnatario della casa di proprietà dell’altro i figli si recano solo a dormire mentre l’altro genitore li cura per tutta la giornata non spetta l’assegno di mantenimento al collocatario perché nei suoi tempi di permanenza non vi sono spese. Parimenti non spetta se pranzano (cfr., Corte appello Bologna, sez. I, 14/04/2016, n. 625) presso il padre e cenano presso la madre che è assegnataria della casa familiare di proprietà del padre quando i due genitori dispongono dello stesso reddito.
Va invece segnalato che si possono compensare differenze non eccessive di reddito attribuendo per intero i capitoli di spesa più pesanti al genitore più abbiente all’interno della forma diretta del mantenimento.
2. Nuova terminologia
2.1 Una prima premessa, linguistica
Tutto quanto fin qui esposto ci porta dapprima a compiere due fugaci premesse e poi a proporre di assumere provvedimenti in cui da un lato sia più evidente la funzionalizzazione all’interesse concreto del minore e dall’altro l’utilizzo di una terminologia più aderente al testo normativo.
La prima premessa deriva da riflessioni estrapolate (senza alcuna pretesa di completezza) dalla filosofia del linguaggio ed in particolare dalle teorie esposte da John Langshaw Austin in “How to Do Things with Words” laddove attraverso la dicotomia fra gli enunciati “constativi” (enunciati veri/falsi, che dicono e non fanno) e gli enunciati “performativi” (enunciati che fanno qualcosa) osserva che le espressioni verbali siano in realtà un’azione pratica.
Certo è che oggi il linguaggio giuridico del diritto di famiglia può essere descritto e studiato in quanto azione perché le espressioni usate nei provvedimenti performano la vita dei destinatari.
Collocazione preferenziale è (a parere non solo dello scrivente) un’espressione performativa non univoca ed attributiva ad uno dei coniugi di una sfera di poteri da utilizzarsi con consapevolezza nei soli casi in cui sia necessario per ragione concrete da spiegarsi nel provvedimento (altrimenti purtroppo ingenerando non solo false aspettative di prevalenza ma anche significativi conflitti).
2.2 Una seconda premessa, normativa
La seconda premessa, normativa, può sembrare banale ma è invece essenziale in quanto in molti commenti si pone la prevalenza della questione della fissazione della residenza abituale del minore senza comprendere che essa va compiuta all’esito di una serie complessa di decisioni tutte per così dire funzionalizzate.
Infatti la chiave di volta del sistema del diritto dei genitori in crisi è il secondo comma dell’art. 337 ter c.c. che specifica con una norma imperativa che il compito dell’Autorità Giudiziaria è di concretizzare il diritto del minore di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno dei genitori, di ricevere cura, educazione, istruzione e assistenza morale da entrambi e di conservare rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale.
Tale inderogabile architrave dispone che il giudice adotta i provvedimenti relativi alla prole con esclusivo riferimento all'interesse morale e materiale dei minori.
Le successive norme indicano il contenuto dei provvedimenti da assumere (nell’ordine) preservando il diritto del minore di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno dei genitori : I) modalità dell’affido congiunto, condiviso od esclusivo; II) determinazione dei compiti di cura in capo ad ogni genitore; III) determinazione e dei tempi e delle modalità della presenza dei minori presso ciascun genitore; IV) fissazione della misura e del modo con cui ciascuno di essi deve contribuire al mantenimento, alla cura, all'istruzione e all'educazione dei figli; V) assegnazione della casa familiare; VI) individuazione della residenza abituale e del domicilio o dei domicili.
Quindi (cfr Cassazione civile, sez. VI, I; 19/07/2016, ord. n. 14728) l’interesse del minore ai sensi dell’art. 337 ter c.c. costituisce il parametro essenziale di riferimento per l’adozione dei provvedimenti relativi alla prole: pertanto il giudice deve salvaguardare il diritto del minore di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno dei genitori, di ricevere cura, educazione, istruzione e assistenza morale da entrambi e di conservare rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale.
2.3 Cura e provvedimenti funzionalizzati
Poste queste due premesse, ribadito che in astratto il condividere esperienze costituisce l’elemento essenziale della relazione genitore-figlio, contrapposta la concezione imperniata sull’assegno di mantenimento, non può non essere formulata la proposta di: 1) utilizzare una terminologia più aderente al dettato normativo e più idonea a perfomare nelle famiglie la bigenitorialità; 2) individuare in concreto l’interesse di ogni singolo minore; 3) ripartire sempre almeno alcuni compiti di cura del minore (anche per controbilanciare eventuali minori presenze); 4) determinare in maniera significativa il tempo e le modalità della presenza presso ciascun genitore in funzione delle pari opportunità di accesso del minore ai genitori.
Attribuire il 20% del tempo mensile o non stabilire compiti di cura vuol dire allontanare un genitore dalla quotidianità del bambino con effetti irrimediabili sulla relazione genitoriale e sulla crescita psicologica del minore.
Non è certo impossibile evitare di utilizzare termini equivoci che hanno assunto plurimi significati nel corso del tempo e che ingenerano false aspettative di prevalenza come ad esempio “collocatario” ed invece descrivere specificatamente i tempi attribuiti al padre ed alla madre.
Non è certo impossibile conferire al genitore meno temporalmente presente il potere di decidere sport ed attività parascolastiche ed il dovere di accompagnarlo.
Soprattutto in tutti i casi in cui emergano conflitti genitoriali gravi l’attribuzione esclusiva al genitore estromesso di singoli compiti di ordinaria cura modifica immediatamente gli equilibri e migliora la relazione con il minore.
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