Tributario


Il Caso.it, Sez. Articoli e Saggi - Data pubblicazione 20/09/2016 Scarica PDF

Voluntary disclosure. L'applicabilità della sanzione per la violazione del monitoraggio fiscale all'anno 2009

Paolo M. Tabellini, Avvocato in Milano


Sommario. 1. Premesse. – 2. L’opinione di una Direzione provinciale dell’Agenzia delle Entrate. – 3. Sul collegamento del quadro RW con la dichiarazione dei redditi. – 4. Natura ed identità della violazione del “monitoraggio fiscale”. – 5. Le norme applicabili alla violazione dell’obbligo del monitoraggio per l’anno 2009. La circolare n. 10/E del 13 marzo 2015. – 6. Conclusioni.


     

1. Premesse. Il caso concreto

Il “caso” concreto, peraltro assai frequente, è quello di un soggetto residente in Italia che, pur avendo detenuto attività finanziarie (ad es.) in un conto “cifrato” presso una banca svizzera, sin dal (ad es.) 2008, abbia sempre presentato la propria dichiarazione dei redditi, omettendovi il quadro RW del monitoraggio fiscale[1]. Questo contribuente ha deciso di avvalersi della procedura di collaborazione volontaria istituita dalla l. n.186/2014 ed ha presentato richiesta di accesso per gli anni 2010, 2011, 2012 e 2013, ritenendo che, in relazione all’anno 2009, l’Amministrazione finanziaria sia decaduta, tanto dall’accertamento dei redditi, quanto dalla contestazione della violazione del monitoraggio fiscale

Sennonché, proprio in relazione a tale “caso”, tutte le Direzioni Provinciali, dell’Agenzia delle Entrate, ritengono l’Amministrazione finanziaria decaduta solo dall’imponibilità dei redditi, non anche dalla contestabilità della violazione del “monitoraggio”, prevista dall’art. 5, comma 2, del d.l. 167/1990[2]. E, poiché pretendono di conoscere l’ammontare delle attività esterodetenute al quale commisurare la sanzione (anche per il 2009), invitano il contribuente a presentare “una nuova istanza in cui sia indicato il dato mancante per il 2009 utilizzando il medesimo canale informatico utilizzato per il primo invio.

Io ritengo, invece, che, per l’anno 2009, non sia contestabile la violazione del monitoraggio fiscale quando, per tale anno, il contribuente abbia presentato la propria dichiarazione dei redditi.

Ho avuto occasione di esporre gli argomenti sui quali fondavo le mie convinzioni ad una Direzione Provinciale, dell’Agenzia delle Entrate (la Direzione), che ha avuto la cortesia di rispondermi con una lettera che ha il pregio di un’ampia ed articolata motivazione (la Lettera).

Ringrazio la Direzione per la cortese risposta, che riporto testualmente nel paragrafo seguente, in caratteri corsivi, ma soprattutto la complimento per aver offerto l’opportunità, non soltanto a me, ma a quanti sono coinvolti, a vario titolo, dalle problematiche della voluntary disclosure, di conoscere le ragioni, finalmente scritte, sulle quali l’Amministrazione finanziaria fonda la contestabilità della violazione anche per l’anno 2009.

 

2. L’opinione di una Direzione provinciale dell’Agenzia delle Entrate

Ecco il testo, in corsivo, della lettera pervenutami:

Egregio Professore, facendo seguito al precedente colloquio con il dott. …., e tenuto conto di quanto da Lei anticipato con le memorie Le comunichiamo quanto segue: l’interpretazione da Lei resa non appare conforme né alla prassi ministeriale né alla normativa di riferimento. Come giustamente Lei osserva, il quadro RW della dichiarazione è stato inserito con una pluralità di finalità tra cui quella principale di effettuare un monitoraggio fiscale delle consistenze detenute all’estero dai contribuenti; monitoraggio volto, cioè, anche ad evitare che sfuggissero ad imposizione eventuali redditi prodotti da investimenti detenuti all’estero, o con i quali tali investimenti sono stati realizzati. Tuttavia, contrariamente a quanto lei osserva, benché il modello faccia parte della “dichiarazione dei redditi” lo stesso può e deve essere trasmesso anche nei casi in cui i contribuenti non abbiano alcun reddito da dichiarare (o abbiano redditi che possono dichiarare con il modello 730) laddove siano soggetti ad obbligo di monitoraggio degli investimenti detenuti all’estero. Ciò detto, il modello non è funzionale, fino al periodo di imposta 2011 (dal 2012 il modello serve anche alla determinazione dell’IVIE e dell’IVAFE) a determinare alcuna base imponibile né a liquidare alcuna imposta, con la conseguenza che eventuali errori ed omissioni commessi nella redazione dello stesso (o, come nel caso del suo cliente, la totale omissione della presentazione del modello) configurano una violazione formale, nell’accezione di violazione formale (e non meramente formale) rinvenibile nella circolare Circolare del Ministero delle Finanze - n. 23 E del 25 gennaio 1999. Si tratta, in pratica di un’irregolarità di natura formale, in quanto non incidente sulla determinazione del tributo, che tuttavia ha arrecato evidente ostacolo al compimento dei controlli. La diretta conseguenza della mancata correlazione della sanzione ad alcun tributo sono le seguenti:

- Impossibilità di irrogazione immediata della sanzione contestualmente ad avviso di accertamento ex art. 17 del d.lgs. 472/1997 (non essendo la sanzione collegata ad alcun tributo);

- Necessità di irrogazione della sanzione tributaria mediante la procedura di cui all’articolo 16 del d.lgs. 472/1997 (non essendo prevista per le sanzioni amministrative tributarie l’irrogazione mediante la procedura dell’ordinanza ingiunzione di cui alla L. 689/1981).

Per quanto riguarda la decadenza del termine di notifica dell’atto di contestazione, l’articolo 20 recita testualmente che lo stesso è notificato “entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui è avvenuta la violazione o nel diverso termine previsto per l’accertamento dei singoli tributi”. Come già indicato, la violazione commessa omettendo la trasmissione del quadro RW in sede di presentazione della dichiarazione dei redditi per l’anno 2009, non è collegata ad alcun tributo specifico, con la conseguenza che gli ordinari termini decadenziali per la notifica dell’atto di contestazione sono spirati al 31/12/2015 (31 dicembre del quinto anno successivo a quello di commissione della violazione, concretizzatasi nel corso del 2010 quando è stato trasmesso il modello di dichiarazione relativa al 2009). Detti termini, come le sarà noto, sono stati prorogati, esclusivamente in ambito di “collaborazione volontaria”, al 31/12/2016 dall’articolo 2 comma 1 del D.L. 153/2015, convertito, con modificazioni, dalla legge 20 novembre 2015 n. 187. Con la presente la informo che l’Ufficio non può modificare l’istanza presenta dal contribuente e pertanto la invito a trasmettere una nuova istanza in cui sia indicato il dato mancante per il 2009, utilizzando il medesimo canale informatico utilizzato per il primo invio. L’istanza così emendata verrà valutata nei termini dallo stesso Ufficio. Tale adempimento consentirà al suo cliente di usufruire anche per il 2009 del regime previsto dalla procedura di collaborazione volontaria”.

 

3. Sul collegamento del quadro R.W. con la dichiarazione dei redditi

Devo soffermarmi preliminarmente sull’origine del quadro RW (“monitoraggio fiscale”), trascrivendo quanto già riferii alla Direzione e cioè che esso assolve, non una “pluralità di finalità”, come la Lettera afferma, ma (soltanto) una duplice funzione:

i) costruire periodicamente la «Bilancia dei pagamenti e la posizione patrimoniale sull’estero dell’Italia»[3];

ii) identificare i soggetti ai quali attribuire la titolarità di manifestazioni di “capacità contributiva” (Cass. N.17051/2010)[4], fonti di prelievo fiscale.

La suprema Corte ricorda, in tale sentenza, che il controllo dei movimenti dei capitali da e per l’estero, istituito dopo che la Direttiva comunitaria n. 88-361-CEE, del 24 giugno 1988, ebbe imposto l’abolizione del “monopolio dei cambi e delle valute”, fu definito, per decreto interministeriale, “monitoraggio fiscale, proprio perché preordinato a “monitorare i trasferimenti di valuta da e per l’estero, quali manifestazioni di capacità contributiva"[5].

Il collegamento del “monitoraggio fiscale” con la “capacità contributiva”, affermato dalla sentenza Suprema Corte e dal decreto, però, non evoca soltanto il principio costituzionale dell’art. 53, ma richiama la specifica disciplina positiva prevista dalle norme dell’art. 6 del d. l. 167/1990 (Tassazione presuntiva); le quali prescrivono, sin dalla prima edizione del 1990[6], l’imposizione presuntiva dei redditi derivanti dalle attività finanziarie costituite all’estero e non dichiarate. Questo spiega la stretta connessione fra monitoraggio fiscale e dichiarazione dei redditi ed evidenzia perché, sin dal momento della sua istituzione (anno 1990), si ritenne necessario trasferire il “monitoraggio” in un “quadro” della dichiarazione dei redditi, quale parte integrante di essa: appunto il quadro RW.

Diventa pertanto impossibile condividere le affermazioni della Direzione, secondo cui: i) “il modello non è funzionale …a determinare alcuna base imponibile né a liquidare alcuna imposta”; ii) “la violazione commessa omettendo la trasmissione del quadro RW in sede di presentazione della dichiarazione dei redditi per l’anno 2009, non è collegata ad alcun tributo specifico”. E’ infatti sufficiente leggere le norme del predetto art. 6, che peraltro richiamano espressamente la “dichiarazione dei redditi”, per rendersi conto che esse istituiscono un presupposto (presuntivo) d’imposta sui redditi, stabilendone anche i criteri di determinazione.

Le mie conclusioni sono puntualmente confortate dalla giurisprudenza della Suprema Corte (n. 17051/2010), che richiama proprio le norme dell’art. 6, affermando: “La presunzione (legale, suscettibile, secondo dispone in prosieguo lo stesso art. 6, di ‘prova contraria’) di fruttuosità (nella ‘misura pari al tasso ufficiale medio di sconto vigente in Italia nel relativo periodo di imposta’ fissata dalla norma) delle somme e degli altri ‘strumenti’ finanziari ‘trasferiti o costituiti all’estero’ e, quindi, di redditività fiscale degli stessi (univocamente desumibile dall’obbligo di dichiarare, comunque, i ‘redditi effettivi’) evidenzia l’indissolubile collegamento genetico e funzionale esistente tra la sanzione irrogata per la ‘disponibilità di capitali all’estero’ e l’imponibilità fiscale dei redditi presuntivamente tratti da quella ‘disponibilità’”.

 

4. Natura ed identità della violazione (del monitoraggio fiscale) prevista dal d. l. 167/1990

La giurisprudenza riferita esclude che possa essere condivisa anche l’altra affermazione della Direzione, secondo cui “la totale omissione della presentazione del modello” configurerebbe “una violazione formale, nell’accezione di violazione formale (e non meramente formale)”, trattandosi “in pratica di un’irregolarità di natura formale, in quanto non incidente sulla determinazione del tributo”. La mancata presentazione del quadro RW, infatti, sottrae materia imponibile al prelievo fiscale; tanto è vero che, per gli anni successi al 2009, l’Agenzia non si limita ad applicare la sanzione per la violazione del monitoraggio, ma recupera tutte le imposte che avrebbe riscosso se il contribuente avesse presentato il quadro RW.

Che poi si tratti di violazione sicuramente sostanziale lo si desume anche dal fatto che, proprio in considerazione della diversa pericolosità, ai fini del prelievo fiscale, che la violazione assume, in funzione del regime tributario applicato nel territorio dove le attività illegalmente esportate sono detenute, il legislatore ha considerevolmente aumentato la sanzione tutte le volte in cui tale territorio è un paradiso fiscale[7]. Se la violazione al monitoraggio fosse stata “formale [8], sarebbe mancata qualsiasi evasione anche solo potenziale e non sarebbe stato necessario commisurare la sanzione alla maggiore dannosità della violazione consumata (con la detenzione dei capitali in un territorio a regime fiscale privilegiato), perché non vi sarebbe stato mai alcun danno per l’erario, in termini di minor gettito.

E, si badi, trattasi di violazione connotata, non soltanto da pregnante sostanza, ma anche da “specialità”. Afferma infatti la Corte: “L’indicata finalità (‘monitorare i trasferimenti di valuta da e per l’estero, quali manifestazioni di capacità contributiva’) perseguita dalla norma evidenzia la non sussumibilità della relativa violazione nella generale nozione di omessa, ovvero di inesatta od incompleta indicazione di ‘dati rilevanti... per la determinazione del tributo’ punite dal D.Lg. 18 dicembre 1997, n. 471, art. 8, comma 1, e, di conseguenza, impongono di confermare il principio per il quale (Cass., trib., 11 giugno 2003 n. 9320) ‘la specialità della previsione sanzionatoria de qua - contenuta in un testo di legge avente ad oggetto esclusivamente il c.d. monitoraggio fiscale ed integrato ... da altro testo normativo (D Lgs. 30 aprile 1997, n. 125) recante norme in materia di circolazione transfrontaliera di capitali, in attuazione della direttiva 91-308-CEE - rende palese la volontà dei legislatore di sanzionare in modo specifico ed autonomo le violazioni di cui al più volle menzionato D.L. 167 del 1990, art. 4: con la conseguenza che la relativa disciplina deve ritenersi non essere stata tacitamente abrogata, per incompatibilità (contrasto) delle rispettive previsioni, dell’invocato D.Lg. n. 471 del 1997, art. 16 comma 2".

 

5. La circolare n. 10/E del 13 marzo 2015. Le norme applicabili alla violazione dell’obbligo del monitoraggio per l’anno 2009

Afferma infine la Lettera:

Come già indicato, la violazione commessa omettendo la trasmissione del quadro RW in sede di presentazione della dichiarazione dei redditi per l’anno 2009, non è collegata ad alcun tributo specifico”.

Anche questa è una affermazione che non può essere condivisa. Il rapporto fra monitoraggio ed imposizione dei redditi, che la Suprema Corte definisce “indissolubile collegamento genetico e funzionale”, è a tal punto necessario alla cognizione dei redditi imputabili ai capitali estero detenuti illegalmente da costituirne strumento di prelievo indeclinabile. Pertanto diventa gioco forza inaccettabile anche il successivo periodo della Lettera:

con la conseguenza che gli ordinari termini decadenziali per la notifica dell’atto di contestazione sono spirati al 31/12/2015 (31 dicembre del quinto anno successivo a quello di commissione della violazione, concretizzatasi nel corso del 2010 quando è stato trasmesso il modello di dichiarazione relativa al 2009).

Una volta accertato il collegamento del monitoraggio con l’imposizione sui redditi, deve infatti applicarsi l’ultima parte del comma 1, dell’art. 20 del d.lgs 472/1997, la quale rinvia, per la disciplina della decadenza, al “diverso termine previsto per l’accertamento dei singoli tributi”. “Diverso termine” che, in questo caso, trattandosi di imposte sui redditi, è quello stabilito dalle norme dell’art. 43, commi 1 e 2, del d.p.r. n. 600/1973, ossia di 4 anni (se la dichiarazione dei redditi è stata presentata) e di 5 anni (se la dichiarazione dei redditi non è presentata).

Ma il dato singolare è che l’opinione manifestata da tutte Direzioni Provinciali – e, dunque, non soltanto dalla Direzione – è in contrasto con gli stessi principi affermati nella circ. n. 10/E del 13 marzo 2015, la quale chiarisce (pag. 51), nel paragrafo 5.1. rubricatoI termini di decadenza per la contestazione delle violazioni in materia di monitoraggio fiscale”:

Ai sensi dell’articolo 20 del decreto legislativo, 18 dicembre 1997, n. 472, il termine ordinario di decadenza per la notificazione dell’atto di contestazione delle violazioni in materia di monitoraggio fiscale è fissato al 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui è avvenuta la violazione, salvo il diverso termine previsto per l’accertamento dei singoli tributi, di cui si dirà nel successivo paragrafo, rinviando, così al paragrafo 5.2.

E, nel paragrafo successivo 5.2., di pag. 44 ss., rubricato I termini di decadenza della potestà di accertamento nell’ambito delle procedure di collaborazione volontaria, precisa:

“….La decadenza dei termini per l’accertamento è disciplinata dall’articolo 43 del d.P.R n. 600 del 1973, e dall’articolo 57 del d.P.R. n. 633 del 1972, che dispongono che gli avvisi di accertamento devono essere notificati a pena di decadenza entro il 31 dicembre del quarto anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione o del quinto anno successivo, nel caso di omessa presentazione della dichiarazione o di presentazione di una dichiarazione nulla.Pertanto, dovranno essere ricomprese nella procedura tutte quelle infedeltà dichiarative commesse nei periodi d’imposta dal 2010 al 2013, mentre in caso di omessa dichiarazione dovranno essere oggetto di emersione anche le violazioni della specie commesse a partire dal periodo d’imposta 2009”.

Questo paragrafo della circolare, da applicarsi al monitoraggio anche in forza del rinvio contenuto nel paragrafo precedente (“salvo il diverso termine previsto per l’accertamento dei singoli tributi, di cui si dirà nel successivo paragrafo”), scioglie definitivamente ogni residua riserva, pur ammesso che una qualche riserva fosse ancora legittima dopo la giurisprudenza della Suprema Corte.

 

6. Conclusioni

Ringrazio la Direzione per la cortese risposta ed il contributo offerto alla conoscenza della posizione dell’Agenzia; ma devo osservare, riassumendo quanto precede, che le conclusioni alle quali essa perviene sono fondate esclusivamente sulla pretesa natura “formale” della violazione alla disciplina del “monitoraggio fiscale” e sull’altrettanto pretesa autonomia del quadro RW, rispetto all’imposizione sui redditi ed alla dichiarazione dei redditi.

Premesso che tali argomenti sono del tutto ignorati dalla circolare n. 10/E – che si limita a stabilire l’applicabilità dell’art. 20, comma 1 del d.lgs n. 472/1997 – è però evidente che, una volta dimostrati, con il conforto dell’ineccepibile e consolidata giurisprudenza della Suprema Corte, lo stretto collegamento del quadro RW con l’imposizione sui redditi, quindi con la dichiarazione annuale, e la conseguente natura, sicuramente sostanziale, della violazione alla disciplina del monitoraggio, le conclusioni della Direzione perdono qualsiasi fondamento e devono essere abbandonate. Ed infatti, se alla contestazione della violazione sono applicabili, in forza di tale collegamento, le norme relative all’accertamento delle imposte sui redditi (art. 20, comma 1, ultima parte, del d.lgs. 472/1997) e se, per queste norme, valgono i quattro o i cinque anni, a seconda che sia stata presentata o meno tale dichiarazione (art. 43 del d.p.r. n. 600/1973, commi 1 e 2), è evidente che gli stessi termini valgono anche per la contestazione della violazione del monitoraggio. Donde il corollario che la sanzione conseguente potrà irrogarsi per l’anno 2009, solo quando, per tale anno, non sia stata presentata la dichiarazione dei redditi.



[1] Ricordo che l’obbligo della presentazione del quadro RW (c.d. monitoraggio fiscale) è previsto dall’art. 4, comma 1, del d.l. decreto-legge 28 giugno 1990, n. 167, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 1990, n. 227. L’art. 5, comma 2, dello stesso decreto, stabilisce, a sua volta: “2. La violazione dell'obbligo di dichiarazione previsto nell’articolo 4, comma 1, è punita con la sanzione amministrativa pecuniaria dal 3 al 15 per cento dell'ammontare degli importi non dichiarati. La violazione di cui al periodo precedente relativa alla detenzione di investimenti all'estero ovvero di attività estere di natura finanziaria negli Stati o territori a regime fiscale privilegiato di cui al decreto del Ministro delle finanze 4 maggio 1999, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 107 del 10 maggio 1999, e al decreto del Ministro dell'economia e delle finanze 21 novembre 2001, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 273 del 23 novembre 2001, è punita con la sanzione amministrativa pecuniaria dal 6 al 30 per cento dell'ammontare degli importi non dichiarati. Nel caso in cui la dichiarazione prevista dall’articolo 4, comma 1, sia presentata entro novanta giorni dal termine, si applica la sanzione di euro 258”.

[2] Cfr., retro, nota n.1.

[3] È la funzione c.d. valutaria, cfr., Banca D’Italia - Ufficio Italiano Cambi, Manuale della bilancia dei pagamenti e della posizione patrimoniale sull’estero dell’Italia, Roma, Giugno 2004.


[4] È la funzione c.d. tributaria, cfr.. Cass. 21 luglio 2010, n. 17051, richiamata da Cass., 27 maggio 2011, n. 11715, nonché da Cass. 18 dicembre 2014, n. 26848.

[5] La sentenza richiama il Decreto del 27 aprile 1990, entrato in vigore dal 14 maggio 1990, emanato di concerto fra il Ministro del Commercio con l'estero ed il Ministro del Tesoro per rendere operante la “direttiva CEE del 24 giugno 1988 per l'attuazione dell'art. 67 del trattato di Roma in materia di liberalizzazione dei movimenti di capitali”.

[6] “1. Per i soggetti di cui all'articolo 4, comma 1, le somme di denaro, i certificati in serie o di massa od i titoli trasferiti o costituiti all’estero, senza che ne risultino dichiarati i redditi effettivi, si presumono, salvo prova contraria, fruttiferi in misura pari al tasso ufficiale medio di sconto vigente in Italia nel relativo periodo d'imposta, a meno che, in sede di dichiarazione dei redditi, venga specificato che si tratta di redditi la cui percezione avviene in un successivo periodo d'imposta….”. Questo è il testo del 1990. Il testo attualmente in vigore, peraltro sostanzialmente equivalente, è quello risultante dalle modifiche introdotte dall'art. 9, comma 1, lett. e), L. 6 agosto 2013, n. 97 (c.d. legge europea) .

[7] Cfr., retro, nota n. 1.

[8] Sulla identità delle violazioni “formali” cfr. Cass. n. 5897 dell'8 marzo 2013; ma anche Cass. n. 17051/2010, che, proprio con riferimento alla violazione delle norme sul monitoraggio parla di elevata “offensività” della violazione.



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